Urbanistica.Istanza di sanatoria e demolizione
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 6504 del 27 novembre 2023
Urbanistica.Istanza di sanatoria e demolizione
La presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 d.p.r. 380/2011 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso ma determina una mera sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione con la conseguenza che, in caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia. Infatti, per i principi di legalità e di tipicità del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti, soltanto nei casi previsti dalla legge una successiva iniziativa procedimentale del destinatario dell'atto può essere idonea a determinare ipso iure la cessazione della sua efficacia. Diversamente da quanto previsto in materia di condono, nel caso di istanza di accertamento di conformità non vi è alcuna regola che determini la cessazione dell'efficacia dell'ordine di demolizione i cui effetti sono, quindi, meramente sospesi fino alla definizione del procedimento ex art. 36 d.p.r. n. 380/2001. Dunque la presentazione di una istanza di accertamento di conformità, infatti, ex art. 36 d.p.r. n. 380 del 2001, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso; non vi è pertanto alcuna automatica necessità per l'Amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. In caso di rigetto dell'istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l'ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia. La giustificazione di questo orientamento sta nell'evitare che l'ente locale, in caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, sia tenuto ad adottare un nuovo provvedimento di demolizione delle opere abusive, altrimenti finendosi per riconoscere in capo al privato, destinatario del provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale suo annullamento, quel medesimo provvedimento.
Ambiente in genere.Procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali
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Cass. Sez. III n. 685 del 9 gennaio 2024 (UP 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Moussa
Ambiente in genere.Procedura estintiva delle contravvenzioni ambientali
La procedura di cui agli articoli 318-bis e ss. d. lgs. 152/2006 non è obbligatoria, e l'omessa indicazione all'indagato, da parte dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 318-bis e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, delle prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni, non è causa di improcedibilità dell'azione penale. L'obbligatorietà della speciale procedura in esame non può, del resto, essere dedotta neppure dall'uso dell'indicativo utilizzato dal legislatore nella disposizione di cui all'art. 318-ter d.lgs. 152/06 ("... impartisce al contravventore un'apposita prescrizione asseverata tecnicamente ... "), poiché si tratta di una mera scelta di stile espositivo, atteso che, nei casi concreti, si possono verificare situazioni analoghe a quelle già esaminate nella disciplina della prevenzione degli infortuni sul lavoro, come nel caso in cui l'organo di vigilanza decida di non impartire alcuna prescrizione, perché non vi è alcunché da regolarizzare o perché la regolarizzazione è già avvenuta ed è congrua. La formale assenza della procedura estintiva non può condizionare l'esercizio dell'azione penale nei casi in cui, legittimamente, l'organo di vigilanza ritenga di non impartire alcuna prescrizione di regolarizzazione, tenuto conto che l'imputato può comunque richiedere di essere ammesso all'oblazione, sia in sede amministrativa, sia successivamente in sede giudiziaria e nella stessa misura agevolata.
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Sviluppo sostenibile.Localizzazione impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile
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TAR Umbria Sez. I n. 723 del 13 dicembre 2023
Sviluppo sostenibile.Localizzazione impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile
Non è fondato l’assunto secondo cui il quadro normativo di riferimento, di fonte statale e sovranazionale, sarebbe incompatibile con la possibilità di prevedere, per le aree idonee all’installazione di potenza eolica e fotovoltaica, limiti alla superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti espressi in percentuale sulla superficie dell’appezzamento di terreno. La tesi, infatti, trova testuale smentita nelle disposizioni dell’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, che prevedono che, nel definire principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, i decreti ministeriali ivi previsti dovranno, in via prioritaria, stabilire, proprio in riferimento alle aree idonee, tra le altre cose, «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie». Tale previsione è coerente con l’impostazione di fondo delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, orientate al concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), ma sempre tenendo conto delle esigenze, parimenti rilevanti, di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e della «tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili» (cfr. commi 1, 3 e 4 dell’art. 20). Dunque, proprio la normativa statale prevede ed anzi impone (art. 20, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021) che sia definita, per le aree idonee, la massima porzione occupabile dagli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, trattandosi di previsione con ogni evidenza finalizzata a scongiurare che la pur incentivata diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili determini un eccessivo consumo di suolo.
Rifiuti.Discarica abusiva confisca e diritti dei comproprietari
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Cass. Sez. III n. 686 del 9 gennaio 2024 (UP 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Rel. Corbetta Ric. Torelli
Rifiuti.Discarica abusiva confisca e diritti dei comproprietari
E’ ben vero che il provvedimento di confisca dell'area sulla quale risulta realizzata o gestita la discarica non autorizzata non può essere disposto dal giudice, con la sentenza di condanna, in caso di comproprietà dell'area stessa, allorché i comproprietari non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva, non avendo l'area una intrinseca criminalità in senso assoluto e potendo essere bonificata dai residui inquinanti. Tuttavia la restituzione dell'intero bene, ad uno o più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena disponibilità dell'immobile, con evidente elusione della ratio della norma, che va individuata nell'opposta esigenza di evitare che l'area interessata rimanga nella disponibilità del proprietario, il quale l’abbia già utilizzata come strumento del reato. Affinché, pertanto, il diritto del terzo estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre.
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Urbanistica.Caratteristiche della pertinenza
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 10730 del 12 dicembre 2023
Urbanistica.Caratteristiche della pertinenza
Dal punto di vista urbanistico-edilizio, la natura pertinenziale va negata in relazione agli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio a un fabbricato principale, non siano tuttavia coessenziali ma ulteriori rispetto a esso, in quanto suscettibili di un utilizzo autonomo e separato e in quanto occupanti aree e volumi diversi dal bene principale. Il vincolo pertinenziale è riconoscibile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa
Urbanistica.Permanenza del reato e capo di imputazione
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Cass. Sez. III n. 676 del 9 gennaio 2024 (UP 21 set 2023)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. My
Urbanistica.Permanenza del reato e capo di imputazione
In tema di reati edilizi, attesa la loro natura permanente, qualora il pubblico ministero si sia limitato ad indicare esclusivamente la data iniziale (o la data dell'accertamento) e non quella finale del reato, la permanenza deve ritenersi compresa nell'imputazione, per cui l'interessato è chiamato a difendersi nel processo in relazione anche alle condotte poste in essere successivamente alla data di contestazione. Poiché la permanenza del reato edilizio cessa o con l’ultimazione dei lavori o, prima ancora, con la loro definitiva cessazione (coattiva o spontanea), la prova dell’ultimazione dei lavori o della loro spontanea cessazione deve essere fornita dall’imputato, ove ciò non emerga nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
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- Rifiuti.Concordato preventivo ed oneri di smaltimento
- Acque.Contatto con sostanze inquinanti o pericolose delle acque meteoriche
- Urbanistica.Conseguenza omessa notifica ordinanza di demolizione
- Ecodelitti.Combustione illecita di rifiuti
- Ambiente in genere.Convenzione di Aarhus
- Urbanistica.Demolizione e sequestro delle opere abusive
- Ecodelitti.Ordine di ripristino e prescrizione del reato
- Urbanistica.Impugnazione ordinanza di demolizione e controinteressati
- Urbanistica.Rilevanza vincolo idrogeologico nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio
- Urbanistica.Attività di estrazione e sfruttamento di cave
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