Cass. Pen. Sez. III n. 31184 del 9 novembre 2020 (Up. 23 set. 2020)
Pres. Izzo Est. Noviello Ric. Maddaloni
Urbanistica.Apertura e coltivazione di cava e reato urbanistico
Per l'apertura e la coltivazione di una cava non è richiesto il permesso di costruire ond'è che in materia non è configurabile il reato di cui all'art. 44 comma 1, lett. b) dpr 380\01; ciò in considerazione del fatto che, in materia di cave e torbiere, l'autorità comunale non ha potere di controllo, ne' sotto forma di autorizzazione, ne' di concessione, perché l'attività urbanistica è strettamente correlata agli insediamenti sul territorio e, per quanto questi possano diversificarsi, è certo che non è tale una attività estrattiva. Va tuttavia precisato che l'attività di apertura e coltivazione di cava pur non richiedendo il preventivo rilascio della concessione edilizia, deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell’art. 44 lett. a) del DPR 380/01
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 novembre 2019, la Corte di Appello di Napoli riformava parzialmente la sentenza del tribunale di Benevento del 27 novembre 2017, pronunziata nei confronti di Maddaloni Silvestro e con cui, derubricato il reato di cui al capo 2) relativo al reato ex art. 181 comma 1 bis del Dlgs. 42/04, rideterminava la pena applicata.
2. Avverso la suindicata pronuncia Maddaloni Silvestro propone ricorso per cassazione con un unico motivo di impugnazione.
2. Lamenta, in particolare, il vizio di violazione di legge e quello di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 44 lett. c) del DPR 309/90. Oltre a quello di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena. Con motivazione apodittica, la corte avrebbe qualificato l’attività di estrazione di tufo come non inquadrabile in quella di ricomposizione ambientale per la quale era stata rilasciata autorizzazione. Quanto alla motivazione circa il trattamento sanzionatorio, si osserva che i precedenti penali richiamati a supporto della condivisione, con il primo giudice, del diniego delle attenuanti generiche, non sarebbero né specifici né numerosi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, deve ricordarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per l'apertura e la coltivazione di una cava non è richiesta la concessione edilizia del sindaco, ond'è che in materia non è configurabile il già previsto reato di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, comma 1, lett. b) (Sez. Un., 18.6.1993, n. 11, Antonelli, m. 194494); ciò in considerazione del fatto che, in materia di cave e torbiere, l'autorità comunale non ha potere di controllo, ne' sotto forma di autorizzazione, ne' di concessione, perché l'attività urbanistica è strettamente correlata agli insediamenti sul territorio e, per quanto questi possano diversificarsi, è certo che non è tale una attività estrattiva (Sez. 3, 1.7.1996, n. 2864, Scacco, m. 206288). Va tuttavia precisato che l'attività di apertura e coltivazione di cava pur non richiedendo il preventivo rilascio della concessione edilizia, deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell’art. 44 lett. a) del DPR 380/01 (Sez. F., 26.8.2008, n. 39056, Iuliano, rv. 241268; Sez. 3, 21.3.2002, n. 26140, Guida rv. 222415; Sez. 3, 1.12.1995, n. 460/96, Mazzocco, rv. 203552). Consegue che la mancanza o il venire meno della autorizzazione, non può configurare il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art.44, lett. b) (cfr. Sez. 3, n. 35602 del 07/06/2016 Rv. 268005 – 01 Arcuti; Sez. 3, n. 33162 del 26/02/2013 Rv. 255960 – 01 D'Alessandro). Tenendo conto dei suindicati principi, che escludono la necessità del permesso di costruire per attività estrattiva di cava, e della contestazione, invece, per una tale condotta, relativa alla consumazione del reato ex art. 44 lett. c) DPR 309/90, sul rilievo esplicito della assenza del predetto permesso, la decisione contestata risulta inerente ad una fattispecie concreta non riconducibile al reato di cui al capo di imputazione; cosicchè si impone d’ufficio, ex art. 129 cod. proc. pen., il rilievo dell’insussistenza del reato ascritto. Peraltro, la motivazione formulata, secondo cui in mancanza di non meglio precisate “autorizzazioni” sussisterebbe la fattispecie contravvenzionale contestata, appare palesemente insussistente perché apparente.
2. Infondata è invece la censura circa il diniego delle attenuanti, siccome incentrata in una mera contestazione unilaterale circa la qualità e quantità dei precedenti penali, peraltro indimostrata. Quanto alla censura sulla pena essa rimane superflua in ragione del rinvio disposto ai fini della relativa rideterminazione.
3. Si impone quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al capo 1 di cui all’art. 44 lett. c) DPR 380/01 perché il fatto, tipico, non sussiste; con rigetto nel resto del ricorso e rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli per la rideterminazione della pena per il residuo capo 2. Visto l’art. 624 cod. proc. pen. va dichiarata l’irrevocabilità della setenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato relativamente al capo 2 di cui all’art. 181 Dlgs. 42/04. .
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo 1 (art. 44 lett. c, DPR 380/01), perché il fatto non sussiste. Rigetta il ricorso nel resto e rinvia per la rideterminazione della pena per il residuo capo 2 ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Visto l’art. 624 cod. proc. pen. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato relativamente al capo 2).
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2019