Consiglio di Stato Sez. IV n. 3610 del 22 aprile 2024
Urbanistica.Rapporto tra certificato di abitabilità e permesso di costruire
Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e (oggi) risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio. In sostanza, la verifica di conformità edilizia effettuata ai fini del rilascio di tale certificato è svolta esclusivamente nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità
Pubblicato il 22/04/2024
N. 03610/2024REG.PROV.COLL.
N. 05142/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5142 del 2019, proposto dal Condominio via Campanile nn. 85/87/89/91- Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Turturiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di Napoli in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Fabio Maria Ferrari e Anna Ivana Furnari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione quinta) n. 1175/2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 febbraio 2024 la consigliera Silvia Martino;
Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del contendere è il provvedimento del 26 giugno 2013 con cui il Comune di Napoli ha revocato il contributo concesso al Condominio odierno appellante per interventi di recupero di parti comuni dell’edificio nell’ambito del Progetto “Sirena 3”, pari all'importo di euro 150.000,00.
1.1. Il provvedimento di revoca è motivato in ragione della mancanza in capo al Condominio della conformità edilizia del fabbricato, il quale costituisce requisito ineludibile ai fini della concessione del contributo economico.
Dall’istruttoria effettuata dal Comune è infatti emerso:
- che il fabbricato risulta interessato da manufatti abusivi (verande, vano caldaia, varchi di accesso, guardiania del portiere e vari ulteriori corpi di fabbrica) non contemplati nel titolo edilizio rilasciato dall’Amministrazione competente o difformi da esso;
- che in ordine ai predetti manufatti non è stata fornita prova della presentazione dell’istanza di concessione in sanatoria.
1.2. Avverso siffatto provvedimento, con il ricorso di primo grado, il condominio ha articolato quattro mezzi di gravame (estesi da pag. 6 a pag. 17).
2. Il T.a.r., nella resistenza del Comune di Napoli, ha:
- respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione (capo non impugnato);
- respinto il ricorso nel merito:
- condannato il ricorrente al pagamento delle spese di lite.
3. L’appello del condominio di via Napoli, rimasto soccombente, è affidato ai seguenti motivi:
I. Error in judicando. Violazione dei principi di leale collaborazione. Violazione art. 97 Cost.
Il primo giudice non avrebbe compreso appieno la censura con la quale si era prospettato come il Comune di Napoli - dopo aver richiesto delucidazioni su un determinato aspetto e avendo il condominio, per il tramite dei suoi rappresentanti, controdedotto – avesse opposto ad arte nuove ragioni ostative in precedenza non paventate.
Infatti - se nella nota dell’11 luglio 2012, il Comune si era limitato a richiedere i grafici delle sole facciate posteriori dell’edificio con evidenziazione delle eventuali porzioni oggetto di condono - nel provvedimento di revoca e nella pregressa nota del 18 marzo 2013, erano state opposte al condominio ricorrente tutta una serie di nuove ragioni ostative (presenza di baracche ed altro), in precedenza non contestate.
II. Error in judicando. Presupposto erroneo e totale travisamento dei fatti.
Secondo il T.a.r. il condominio appellante non avrebbe fornito la prova della conformità urbanistica di alcuni “corpi postumi” presenti nell’edificio.
Relativamente agli abusi rilevati dall’Amministrazione, viene precisato quanto segue.
II.1. In primo luogo, il corpo di fabbrica in muratura di mq 12,00 per una volumetria di mc 36,00 con una tettoia che sporge di m. 1,20 circa per metà larghezza di detto manufatto, costituirebbe un mero volume tecnico in quanto ospita la “sala caldaia”, la quale sarebbe stata eseguita contemporaneamente alla costruzione originaria e non avrebbe mai avuto altra destinazione; peraltro, anche a tale manufatto farebbe riferimento il certificato di agibilità n. 07388 del 28 marzo 1979.
II.2. Il provvedimento di revoca richiama poi i tre varchi originariamente previsti nel progetto per accesso alle aree retrostanti.
Esse vennero tuttavia tamponati già all’atto della realizzazione dei fabbricati e non successivamente alla costruzione dell’intero complesso perché la proprietà unica fu costruita nello stato in cui si trova; pertanto, sia il volume che la superficie utile sarebbero compresi nel progetto approvato allegato alla licenza edilizia n. 55 del 23 settembre 1972.
II.3. Il manufatto presente sul terrazzo del corpo D di circa mq. 6,00 sarebbe un mero volume tecnico, esistente sin dalla costruzione originaria dell’intero complesso.
II.4. Il box in lamiera posto a lato della sala caldaia, di mq 9, sarebbe anch’esso una semplice baracca di cantiere.
II.5. Analogamente è a dirsi per il manufatto in lamiera all’angolo delle aree esterne di pertinenza posto alle spalle del fabbricato A, della consistenza di circa 9 mq.
II.6. Il prefabbricato adibito a guardiola del portiere collocato in corrispondenza dell’accesso principale della consistenza, di mq 6,00, esiste da quando fu costruito l’intero complesso.
Anche in questo caso il condominio invoca l’intervenuto rilascio del certificato di agibilità.
La guardiola costituirebbe altresì una pertinenza necessaria del parco alberato, ai sensi del regolamento edilizio del Comune di Napoli (art. 8, punto b).
II.7. Il piccolo prefabbricato posto alle spalle del corpo B della consistenza di circa 2 mq sarebbe semplicemente appoggiato al terreno nonché funzionale all’esecuzione dei lavori di ristrutturazione.
II.8. I locali seminterrati destinati a “deposito di materiali ad uso da destinarsi” riportati in licenza edilizia, furono costruiti e destinati sin da subito a parcheggi pertinenziali.
Anche in questo caso, secondo l’appellante, sarebbe determinante l’avvenuto rilascio del certificato di agibilità.
Troverebbe comunque applicazione l’art. 67 del Regolamento edilizio secondo cui non costituiscono difformità dalle opere assentite realizzazioni eccedenti il 2% dei parametri prescritti nel provvedimento autorizzativo (volume, superficie utile, altezza, rapporto di copertura), ad eccezione delle distanze tra le facciate (parametri certamente rispettati nel caso di specie).
III. Error in judicando. Violazione art. 34, comma 2 – ter del d.P.R. n. 380 del 20021. Presupposto erroneo e travisamento dei fatti.
Il T.a.r. non avrebbe inoltre considerato quanto previsto dalla disposizione in rubrica.
Il fabbricato – a dire del condominio appellante – avrebbe pertanto potuto presentare un’eccedenza fino a 600 mc del volume approvato con la licenza edilizia n. 55 del 1972, mantenendo la conformità alla licenza edilizia.
IV. Error in judicando. Violazione degli articoli 66 e 67 del c.p.a. Erroneo governo dei principi che regolano la prova nel processo amministrativo.
Il primo giudice non ha considerato che il condomino aveva inviato al Comune puntuali note tecniche di controdeduzione in data 26 aprile 2013.
In ogni caso, avrebbe dovuto essere disposta verificazione o consulenza tecnica.
4. Si è costituito, per resistere, il Comune di Napoli.
5. Il Comune ha depositato una memoria di replica in data 8 febbraio 2024.
6. L’appello è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 29 febbraio 2024.
7. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della memoria di replica prodotta dal Comune di Napoli.
Nel processo amministrativo la facoltà di replica discende infatti in via diretta dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che ove quest’ultima facoltà non sia stata esercitata (come nel caso in esame) non può consentirsi la produzione di memoria – definita solo formalmente di replica - dilatando il termine di produzione della memoria conclusionale (pari a trenta giorni e non a quello di venti giorni prima dell’udienza, riservato dal menzionato art. 73 appunto alle repliche; cfr. da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2022, n. 147).
In sostanza, il deposito della memoria di replica non può costituire un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali.
8. Ciò posto, nel merito, l’appello è infondato e deve essere respinto.
9. Sono anzitutto infondate le censure di carattere procedimentale.
Nella nota del 18 marzo 2013, prot. n. 219664, il Comune di Napoli ha elencato e descritto i manufatti risultati non conformi al titolo edilizio originario.
Tale nota è stata riscontrata dal tecnico del condominio in data 26 aprile 2013.
Ulteriori osservazioni sono state poi inviate dal condominio in data 7 giugno 2013, in risposta alla comunicazione del 26 maggio 2013 con cui l’Amministrazione ha avviato il procedimento di decadenza dal contributo.
Le garanzie procedimentali, pertanto, sono state rigorosamente rispettate.
10. Sono poi incontestate, ed anzi sostanzialmente ammesse dal condominio, le seguenti circostanze di fatto:
- il fabbricato adibito a caldaia non era previsto dal progetto originariamente assentito;
- allo stesso modo, il tamponamento dei tre varchi presenti nei grafici allegati alla licenza edilizia del 1972, è avvenuto senza alcuna autorizzazione;
- il manufatto presente sul terrazzo del corpo D (anch’esso non riportato nei grafici), viene genericamente definito dal condominio quale “volume tecnico”, senza tuttavia chiarirne l’effettivo uso e la destinazione;
- anche la guardiola del portiere non era prevista nel progetto originario;
- la destinazione d’uso del piano seminterrato è stata modificata senza alcuna autorizzazione.
11. Relativamente alle suddette difformità è poi del tutto irrilevante l’avvenuto rilascio, nel 1979, del certificato di agibilità.
In disparte il fatto che non vi è alcuna prova dell’epoca in cui i manufatti abusivi furono realizzati, è noto che l’illiceità di un immobile sotto il profilo urbanistico-edilizio non può essere in alcun modo sanata dal conseguimento del certificato di agibilità.
Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono infatti collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene e (oggi) risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche.
Il rilascio del certificato di abitabilità non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio (ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2023, n. 25830).
In sostanza, la verifica di conformità edilizia effettuata ai fini del rilascio di tale certificato è svolta esclusivamente “nei limiti necessari a inferire l’assentibilità dell’agibilità; restando diverso e distinto il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non può ricavarsi da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità” (Cons. Stato, Sez. V, 11 aprile 2023, n. 3650).
12. Quanto all’ applicazione dell’art. 34, comma 2 ter del d. P.R. n. 380 del 2001, ovvero dell’art. 67 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli, si osserva quanto segue.
12.1. In primo luogo, la disposizione contenuta del Testo unico edilizia, non è stata esplicitamente richiamata nel ricorso di primo grado, sicché le relative deduzioni sono state articolate in appello in violazione del c.d. divieto dei nova.
In secondo luogo, il testo dell’art. 67 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli non è stato prodotto agli atti del giudizio e quindi non è possibile verificarne l’esatta formulazione.
12.2. Ad ogni buon conto, in entrambi i casi, si tratta di deduzioni inconferenti.
Le disposizioni invocate riguardano infatti il concetto di tolleranza costruttiva, attualmente compendiato nell’art. 34 bis del d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art. art. 10, comma 1, lett. p), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 (convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120), con contestuale abrogazione dell’art. 34, comma 2- ter.
Quest’ultimo prevedeva che “Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali”.
Risulta pertanto evidente che il concetto di “tolleranza costruttiva” si applica all’esecuzione delle unità immobiliari assentite e non già a superfetazioni o comunque a manufatti non presenti nel progetto autorizzato.
A ciò si aggiunga che del tutto estraneo a tale concetto rimane in ogni caso il cambiamento della destinazione d’uso, illecito pure perpetrato nella fattispecie in esame in cui i locali seminterrati previsti nella licenza edilizia n. 55 del 1972, originariamente destinati a deposito, sono stati trasformati senza alcuna autorizzazione in garage (determinazione n. 509278 del 26 giugno 2023, pag. 3).
12.3 In relazione alla chiarezza del contesto fattuale in cui è stata adottata la determinazione impugnata, non vi era quindi alcuna necessità di disporre verificazione o consulenza tecnica.
13. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.
13.1. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono regolate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 5142 del 2019, lo respinge.
Condanna il condominio appellante alla rifusione delle spese del grado in favore del Comune di Napoli, che liquida complessivamente in euro 5.000.00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Luca Monteferrante, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere