Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n.39601 del 28 ottobre 2024 (CC 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Bannino
Urbanistica.Giudice esecuzione e demolizione
Il giudice dell’esecuzione non ha la competenza funzionale a emendare l’errore materiale contenuto nella sentenza di condanna irrevocabile per il reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (e/o per quello di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004) che ometta di ordinare la demolizione del manufatto abusivo e/o la rimessione in pristino.
Consiglio di Stato, Sez. VI n. 8072 del 8 ottobre 2024
Urbanistica.Varianti in senso stretto al permesso di costruire e variazioni essenziali.
Le variazioni essenziali vengono assoggettate al più severo regime sanzionatorio proprio della totale difformità, mentre quelle non essenziali restano ascritte al vizio della parziale difformità, correlato alle sanzioni stabilite prima dall’art. 12 della legge n. 47 del 1985 e, di seguito, dall’art. 34 t.u. edilizia. Ai sensi dell'art. 32 t.u. edilizia è configurabile una variante essenziale ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell’originario progetto edificatorio, tale da comportare il mutamento della destinazione d’uso implicante alterazione degli standard, l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica; la nozione in esame non ricomprende, invece, le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. Ai sensi degli artt. 31 e 32 t.u. edilizia, si è in presenza di difformità totali del manufatto o variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, allorché i lavori riguardino un’opera ‘diversa’ da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione, mentre si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera. Le difformità eccedenti la soglia del 2 per cento, ancorché risalenti nel tempo, restano variazioni non essenziali, che integrano una parziale difformità. Mentre le varianti in senso stretto al permesso di costruire e cioè le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare e accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire; le variazioni “essenziali”, giacché caratterizzate da incompatibilità con il progetto edificatorio originario in base ai parametri ricavabili, in via esemplificativa, dall’art. 32 t.u. edilizia, sono soggette al rilascio di un permesso a costruire del tutto nuovo e autonomo rispetto a quello originario. Nella sentenza si richiama la rilevanza di tali nozioni emersa dall’art. 36-bis d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dal d.l. n. 69 del 2024, convertito con l. n. 105 del 2024.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8073 del 8 ottobre 2024
Elettrosmog.Stazioni radio base e rispetto dei limiti della distanza dalle strade
Anche le stazioni radio base risultano assoggettate al rispetto dei limiti della distanza dalle strade. Fermo tale preliminare rilievo occorre poi evidenziare che la stessa formulazione letterale dell’art. 26, comma 2 del Reg. attuazione del Codice della strada (ad avviso del quale “le distanze dal confine stradale, da rispettare […] non possono essere inferiori a […]”) rende evidente che il legislatore si è limitato a prevedere, in tale sede, il rispetto di una distanza minima, senza, al contempo prevedere, specularmente, il divieto di estendere la stessa. Le fasce di rispetto stradale, in attuazione delle norme poste dal codice della strada, non costituiscono vincoli urbanistici, ma misure poste a tutela della sicurezza stradale, che comportano l'inedificabilità delle aree interessate e sono a tal fine recepite nella strumentazione urbanistica primaria. Si tratta di un vincolo posto a tutela della sicurezza della circolazione ed ha carattere assoluto ed inderogabile conformando in tal senso la proprietà privata. Ne consegue che, sul piano urbanistico, ciascun Comune conserva il potere, in sede di adozione del proprio strumento generale di governo del territorio, di prevedere discrezionalmente una diversa distanza, purché non inferiore a quella minima di legge e, comunque, non manifestamente eccessiva o sproporzionata rispetto al perseguimento degli interessi pubblici in gioco (id est non solo la salvaguardia della sicurezza stradale e quella degli abitanti delle zone circostanti le arterie viarie, ma anche quella la garanzia della possibilità di ampliamento di queste ultime, o di realizzare strutture connesse, minimizzando l’impatto dell’occupazione e della espropriazione dei suoli privati
Cass. Sez. III n.39600 del 28 ottobre 2024 (UP 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. De Lucia
Caccia e animali.Reato di maltrattamenti di animali
Non è sufficiente a integrare il reato di cui all'art. 727 cp una qualsiasi sofferenza dell'animale; occorre anche che essa sia grave. Poiché la norma pretende una corrispondenza biunivoca tra la sofferenza dell'animale e le modalità della sua detenzione, è dall'analisi di queste ultime e dal grado di incompatibilità con la natura dell'animale stesso che deve essere desunta la gravità della sua sofferenza. Se è innegabilmente vero che il concetto di gravità della sofferenza necessario per la condotta prevista dall'art. 727 c.p., è diverso dal concetto di grave danno alla salute (dell'animale) contemplato nell'art. 544 ter c.p., è comunque indispensabile che le sofferenze cui gli animali mal custoditi devono essere sottoposti debbano raggiungere un livello tale da rendere assolutamente inconciliabile la condizione in cui vengono tenuti con la condizione propria dell'animale in situazione di benessere. Tale giudizio va espresso con riferimento alle situazioni contingenti, essendo evidente che una temporanea situazione di disagio dell'animale non può essere confusa con la situazione contra legem enunciata dall'art. 727 citato, comma 2.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8296 del 16 ottobre 2024
Beni culturali.Termine per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio ed interessi sensibili di tutela del patrimonio storico ed artistico.
È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, e 117 comma 1 della Costituzione, con riferimento agli artt. 1, lett. b) e d), e 5 lett. a) e c) della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società firmata a Faro il 27 ottobre 2005, nella parte in cui, a fronte di un provvedimento a carattere autorizzativo (quale, nel caso di specie, l’attestato di libera circolazione di un’opera) ma incidente su un interesse sensibile e di rango costituzionale, come la tutela del patrimonio storico e artistico, contempla, per l’adozione del provvedimento di annullamento, il rispetto di un limite temporale fisso di dodici mesi. La previsione di un termine de quo si pone in contrasto con il parametro costituzionale di ragionevolezza, con la stessa protezione del primario bene costituzionale dell’integrità, con la responsabilità individuale e collettiva nei confronti dell’eredità culturale, con l’obbligo dello Stato italiano a “riconoscere l’interesse pubblico associato agli elementi dell’eredità culturale, con il valore del buon andamento dell’amministrazione.
Consiglio di Stato Sez. VI n. 8155 del 11 ottobre 2024
Beni Ambientali.Rapporti tra aspetti paesaggistici e disciplina urbanistica
Il parametro di riferimento per la valutazione dell’aspetto paesaggistico di un manufatto non coincide con la disciplina urbanistico-edilizia, ma nella specifica disciplina dettata per lo specifico vincolo. Il fatto che sono stati rilasciati i titoli edilizi, pur in assenza dell’autorizzazione paesaggistica, non può in alcun modo legittimare anche sotto il profilo paesaggistico il fabbricato. Tale esito si porrebbe in contrasto con il principio secondo il quale l’interesse paesaggistico debba essere sempre valutato espressamente anche nell’ambito del bilanciamento con altri interessi pubblici. Esiste un principio di autonomia anche tra l’illecito urbanistico-edilizio e l’illecito paesaggistico, come anche un’autonomia tra i correlati procedimenti e regimi sanzionatori. Per giurisprudenza consolidata, la disciplina urbanistica e quella paesaggistica si completano al fine di garantire una tutela integrata del territorio, ma il titolo edilizio è diverso da quello autonoma paesaggistico, in quanto diverse sono le finalità perseguite
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