Consiglio di Stato Sez. V n. 8432 del 3' ottobre 2025
Beni ambientali.Opere per cui non è necessaria l’autorizzazione paesaggistica
Le opere per cui non è necessaria l’autorizzazione paesaggistica sono solo ed esclusivamente quelle di cui all’art. 149 del d.lgs. n. 42 del 2004 e, cioè, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili; il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio, conservazione. Per tutte le altre opere è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, come confermato dall’art. 146, comma 4, (secondo cui l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio, quali appunto la d.i.a., s.c.i.a. o c.i.l.a) e dal successivo art. 167, comma 4, (secondo cui, in caso di assenza della autorizzazione paesaggistica, è possibile la successiva sanatoria solo per quegli interventi che non abbiano determinato creazione di superfici utili o aumento di quelli legittimamente realizzati, per l’impiego di materiali in difformità o per lavori di mera manutenzione ordinaria o straordinaria) della legge n. 42 del 2004. Il regolamento n. 31 del 2017, che è fonte subordinata rispetto al d.lgs. n. 42 del 2004, non può alterare tale sistema (l’art. 146 autorizza l’adozione di un regolamento per disciplinare procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità e non per introdurre deroghe o modifiche del d.lgs. n. 42 del 2004).
Pubblicato il 30/10/2025
N. 08432/2025REG.PROV.COLL.
N. 08744/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8744 del 2022, proposto da Cioffi Alfonso, in proprio e quale legale rappresentante della "San Cosma Country House S.r.l.", e Carmela Sorrentino, rappresentati e difesi dall’avvocato Andrea Di Lieto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ravello, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - sezione staccata di Salerno (sezione seconda) n. 920/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 22 ottobre 2025 il Cons. Francesca Picardi e udito per le parti appellanti l’Avvocato Di Lieto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Alfonso Cioffi, in proprio e quale legale rappresentante della San Cosma Country House s.r.l., e Carmela Sorrentino hanno impugnato l’ordinanza del Comune di Ravello n. 48 del 2019, notificata in data 7 gennaio 2020, con cui è stata ordinata, per assenza o difformità dai titoli abilitativi, la demolizione dell’ampliamento del fabbricato destinato a country house al piano secondo, consistente in trasformazione - con ampliamento della superficie utile e del volume complessivo - dell’ambiente corridoio in camera da letto, con l’adiacente realizzazione di un bagno avente accesso diretto dalla camera; dell’ampliamento di un manufatto posto all’interno del fondo agricolo, al foglio 8 part. 2861, di superficie utile complessiva di 39,36 mq; della casetta prefabbricata in legno installata all'interno del fondo, di altezza interna 2,30 m ai lati e 2,76 m al colmo; della superficie pavimentata con massetto cementizio e coperta da una tettoia; degli interventi pertinenziali nelle aree esterne (sistemazione di una grotta per servizi connessi all'attività di country house; pedana in legno a copertura di una vasca; tettoia; opere esterne connesse all’uso della vasca oggetto della s.c.i.a. n. 1003/2016; gazebo; interventi di manutenzione della vasca irrigua). Successivamente hanno formulato motivi aggiunti avverso il provvedimento n. 5254 del 20 aprile 2020, con cui sono state dichiarate non ammissibili le C.I.L.A. prot. nn. 4327, 4329, 4333, le C.I.L. prot. nn. 4331, 4332 e 4336, nonché la S.C.I.A. prot. n. 4335, tutte presentate dai ricorrenti in data 25 marzo 2020.
2. Il T.a.r. ha rigettato il ricorso, vista l’incontestabile natura abusiva delle opere in contestazione. Nella sentenza si legge che “ove gli illeciti edilizi ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica”.
Parimenti sono stati rigettati i motivi aggiunti, in quanto, da un lato, non opera il modulo procedimentale delle garanzie partecipative ex art. 10-bis legge n. 241 del 1990, per le opere soggette CILA e SCIA e, dall’altro lato, manca la richiesta di sanatoria paesaggistica ex art. 167 d.lgs. 42 del 2004 per ciascuna singola opera e non è prevista la CILA in sanatoria né dall’art. 6-bis, né dagli artt. 36 e 37 del d. P.R. 380/01.
3. Avverso tale sentenza l’originario ricorrente ha proposto appello, deducendo: 1) l’erroneità della sentenza, in quanto dagli artt. 146 e 167 del d.lgs. 42 del 2004, oltre che dal d.P.R. n. 31 del 2017 e del relativo allegato A, emerge che non sono sottoposte ad autorizzazione paesaggistica talune tipologie di interventi e che, comunque, anche per le opere sottoposte ad autorizzazione paesaggistica, sussiste la possibilità di assentire in sanatoria quanto realizzato sine titulo; 2) la violazione degli artt. 7 e 10-bis della legge n. 241 del 1990, 146 e 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, del d.P.R. n. 31 del 2017, Allegato A e degli artt. 3, 6, 10, 22, 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, oltre all’omessa pronuncia sul secondo e terzo dei motivi aggiunti, in quanto la sentenza si è limitata ad affermare l’inapplicabilità delle garanzie procedimentali a CILA e SCIA, senza tenere conto che, nel caso di specie, riguardando opere già realizzate, integrano vere e proprie richieste di sanatoria.
L’appellante ha anche riproposto i due motivi del ricorso introduttivo, oltre al secondo ed al terzo dei motivi aggiunti, non esaminati dal giudice di primo grado – ricorso introduttivo: 1) violazione degli artt. 3, 6, 10, 22, 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, degli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 e del d.PR. n. 31 del 2017, Allegato A, oltre all’eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e di motivazione; 2) violazione degli artt. 3, 22, 27, 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, oltre all’eccesso di potere per carenza istruttoria, difetto di motivazione e di presupposti; motivi aggiunti: 2) violazione degli artt. 3, 6, 10, 22, 31, 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 20001, degli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, 5, 26, e 17 della legge della Regione Campania n. 35 del 1987 e del d.P.R. n. 31 del 2017, allegato A, oltre all’eccesso di potere per carenza istruttoria, travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e di motivazione; 3) violazione degli artt. 3, 6, 10, 20, 31, 36 e 37 del. d.P.R. n. 380 del 2001, degli artt. 5 e 17 della legge della Regione Campania n. 35 del 1987 e degli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, oltre all’eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza istruttoria, erroneità dei presupposti e di motivazione.
Non si è costituito in giudizio il Comune di Ravello.
All’udienza di smaltimento del 2 ottobre 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
4. L’appello è solo parzialmente fondato.
4.1. Il primo motivo, avente ad oggetto il rigetto del ricorso introduttivo, deve essere rigettato, in virtù dell’orientamento consolidato della giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui l'art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 riconosce all’Amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l'adozione di provvedimenti di demolizione in presenza di opere realizzate in zone vincolate, in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall'intervento edilizio non autorizzato, anche in ipotesi di opere assentibili con d.i.a., prive di autorizzazione paesaggistica (così Cons. Stato, 9 gennaio 2023, n. 237, secondo cui, ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, in relazione a interventi realizzati in area paesaggisticamente vincolata, è doverosa la demolizione d'ufficio di tutti gli interventi realizzati sine titulo e non solamente di quelli che avrebbero richiesto il previo rilascio di un permesso di costruire; Cons. Stato, 6 novembre 2023, n. 9557, per la quale l’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette zone, essendo legittimo l’esercizio del potere repressivo in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l’intervento edilizio nella zona vincolata; Cons. Stato, 28 febbraio 2023, n. 2083, secondo cui in materia di abusi edilizi, ove gli illeciti ricadano in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore, gli stessi risultano soggetti alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, con la conseguenza che, quand’anche si ritenessero le opere pertinenziali o precarie e, quindi, assentibili con mera DIA, l’applicazione della sanzione demolitoria è, comunque, doverosa ove non sia stata ottenuta alcuna autorizzazione paesistica”).
La tesi dell’appellante, secondo cui le opere contestate (o quantomeno alcune di esse) non necessitano, in base al combinato disposto degli artt. 146 e 167 del d.lgs.42 del 2004, oltre che dal d.P.R. n. 31 del 2017 e del relativo allegato A, l’autorizzazione paesaggistica, non è condivisibile.
Le opere per cui non è necessaria l’autorizzazione paesaggistica sono solo ed esclusivamente quelle di cui all’art. 149 del d.lgs. n. 42 del 2004 e, cioè, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili; il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio, conservazione. Per tutte le altre opere è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, come confermato dall’art. 146, comma 4, (secondo cui l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio, quali appunto la d.i.a., s.c.i.a. o c.i.l.a) e dal successivo art. 167, comma 4, (secondo cui, in caso di assenza della autorizzazione paesaggistica, è possibile la successiva sanatoria solo per quegli interventi che non abbiano determinato creazione di superfici utili o aumento di quelli legittimamente realizzati, per l’impiego di materiali in difformità o per lavori di mera manutenzione ordinaria o straordinaria) della legge n. 42 del 2004. Il regolamento n. 31 del 2017, che è fonte subordinata rispetto al d.lgs. n. 42 del 2004, non può alterare tale sistema (l’art. 146 autorizza l’adozione di un regolamento per disciplinare procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità e non per introdurre deroghe o modifiche del d.lgs. n. 42 del 2004).
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato che le opere in esame, “in ragione della loro numerosità, dispiegano un significativo impatto sull’assetto urbanistico-edilizio circostante” e lo stesso ricorrente, odierno appellante, ha riconosciuto che alcune di loro comportano anche un aumento di volumetria e superficie. Invero, le uniche opere che non comportano un aumento di volumetria sono quelle di cui al n. 5 dell’ordine di demolizione impugnato, che, comunque, non sono riconducibili all’art. 149 citato, in quanto alterano lo stato dei luoghi preesistente, sicché esse richiedono l’autorizzazione paesaggistica.
Il rigetto di tale motivo dell’appello esclude la necessità di esame dei motivi del ricorso introduttivo riproposti, che, comunque, non possono considerarsi assorbiti e, quindi, suscettibili di riproposizione, essendo stati rigettati esplicitamente o implicitamente.
4.2. Il secondo motivo, avente ad oggetto il rigetto dei motivi aggiunti, è fondato, in quanto il T.a.r., attenendosi al modulo utilizzato dai ricorrenti, ha effettuato una interpretazione delle istanze formulate senza tenere conto del loro contenuto effettivo e della qualificazione operata dalla stessa Amministrazione, che nel provvedimento di inammissibilità ha fatto riferimento alla sanatoria richiesta con tali istanze. Le conclusioni a cui è giunta la sentenza si fondano, quindi, su un accertamento di fatto inesatto.
Occorre, pertanto, esaminare i motivi aggiunti proposti in primo grado avverso il provvedimento n. 5254 del 20 aprile 2020, con cui sono state dichiate inammissibili le C.I.L.A. prot. nn. 4327, 4329, 4333, le C.I.L. prot. nn. 4331, 4332 e 4336, nonché la S.C.I.A. prot. n. 4335, tutte presentate in data 25 marzo 2020, distinguendo le opere che comportano un aumento di volumetria e superficie (quelle di cui ai n. 1, 2, 3 e 4 dell’ordinanza di demolizione) da quelle che non comportano aumento di volume e superficie (quelle di cui al n. 5).
Relativamente alle prime i motivi aggiunti devono essere rigettati richiamando quanto già esposto al punto 4.1., in quanto tali opere non solo esigono l’accertamento di conformità, ma non sono neppure suscettibili di sanatoria, come si ricava dall’art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004, secondo cui, in caso di assenza della autorizzazione paesaggistica, è possibile la successiva sanatoria solo per quegli interventi che non abbiano determinato creazione di superfici utili o aumento di quelli legittimamente realizzati, per l’impiego di materiali in difformità o per lavori di mera manutenzione ordinaria o straordinaria.
Relativamente alle seconde, invece, la stessa Amministrazione, nel provvedimento impugnato, ha qualificato le comunicazioni inviate come richieste di sanatoria, superando il dato meramente formale collegato all’uso, da parte dei ricorrenti appellanti, dei moduli previsti per la c.i.l.a., la c.i.a., la s.c.i.a. A ciò si aggiunga che l’uso di un modulo erroneo non è previsto quale causa di inammissibilità di una istanza amministrativa, potendo al più giustificare una erronea interpretazione del suo contenuto, che, al contrario, nel caso di specie, è stato correttamente individuato. Da tale premesse deriva, limitatamente alle opere di cui al punto 5 dell’originaria ordinanza di demolizione, la fondatezza dell’ultimo dei motivi aggiunti, con cui si è lamentato che la dichiarazione di non ammissibilità delle domande di sanatoria non è stata preceduta dalla valutazione sotto il profilo paesaggistico. Difatti, dallo stesso provvedimento impugnato (ultimo passaggio motivazionale) si evince che tali opere potrebbero essere oggetto di accertamento di conformità ex artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 o compatibilità paesaggistica ex art. 167 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004. Né il rigetto (in rito e non nel merito) è giustificato dalla visione unitaria delle opere, posto che, proprio nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione ha tenuto distinte le opere di cui al punto 5 dalle altre.
5.In conclusione, il primo motivo di appello deve essere rigettato, mentre il secondo motivo di appello va accolto e conseguentemente riformata la sentenza impugnata, con accoglimento del terzo motivo aggiunto limitatamente alle opere di cui al punto 5 dell’ordinanza di demolizione.
Le spese di entrambi i gradi di giudizio devono essere integralmente compensate stante la soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, rigettato il primo motivo, accoglie il secondo e conseguentemente, in riforma della impugnata sentenza, accoglie il terzo motivo aggiunto proposto in primo grado nei limiti di cui in motivazione.
Spese integralmente compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2025 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere
Francesca Picardi, Consigliere, Estensore




