Cass. Sez. III n. 21097 del 29 maggio 2007 (Ud. 27 mar. 2007)
Pres. Onorato Est. Marmo Ric. Campanari
Rifiuti. Discarica abusiva e responsabilità del proprietario dell’area

Risponde del reato di discarica abusiva anche il proprietario di un terreno sul quale altri soggetti abbiano accumulato ripetutamente rifiuti, quando risulti provato il suo concorso nella realizzazione e gestione della discarica, quanto meno con una condotta di compartecipazione agevolatrice degli autori del fatto condotta che può consistere anche in un comportamento omissivo quando il proprietario sia anche detentore dell'area e quindi in grado di impedire o porre fine all'abuso.

Svolgimento del processo

Con sentenza pronunciata il 13 ottobre 2004 il Tribunale di Civitavecchia, a seguito di giudizio abbreviato, dichiarava Domenico Campanari responsabile della contravvenzione di cui all’art. 51 comma 3 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 per avere, nella sua qualità di proprietario dell’area di 12 ettari circa, sita in Fiumicino, località Travagliata, gestito una discarica di mq 1.000 circa, non autorizzata, di materiale di risulta ed altro (per fatti accertati il 2 settembre 2003) e, concesse le circostanze attenuanti generiche, applicata la diminuente del rito, condannava l’imputato alla pena di mesi due e giorni venti di arresto ed euro 1.200,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, con pena sospesa e non menzione, ordinando la confisca dell’area sui cui era stata realizzata la discarica abusiva sottoposta a sequestro, la bonifica della stessa ed il ripristino dei luoghi a cura dell’ imputato.

Con sentenza pronunciata il 15 marzo e con motivazione depositata il 20 marzo 2006 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.

Con un unico articolato motivo il ricorrente lamenta la violazione di cui all’art. 606 lettera B) ed E) con riferimento all’art. 51 comma 3 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Deduce il ricorrente che la sentenza andava censurata sotto il profilo della illogicità della motivazione e della violazione di legge in ordine all’accertamento della consapevolezza, da parte di esso imputato, dell’abbandono dei rifiuti ad opera di terzi sul fondo di sua proprietà.

Il ricorrente deduce che il Tribunale prima e la Corte di Appello poi avevano affermato la sua colpevolezza in ordine al reato ascrittogli sulla base dell’accertamento di un comportamento permanente omissivo, senza considerare che i reati di realizzazione e di gestione di discarica non autorizzata e stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi senza autorizzazione erano reati permanenti che potevano realizzarsi solo in forma commissiva.

Essi quindi non potevano consistere nel mero mantenimento della discarica o dello stoccaggio realizzati da altri, in assenza di qualsiasi partecipazione attiva di esso ricorrente e in base alla sola consapevolezza della loro esistenza.

Il motivo è infondato.

Premesso che come ha specificato questa Corte (v. cass. pen. sez. III sent. 15 marzo 2005) risponde del reato di discarica abusiva anche il proprietario di un terreno sul quale altri soggetti abbiano accumulato ripetutamente rifiuti, quando risulti provato il suo concorso nella realizzazione e gestione della discarica, quanto meno con una condotta di compartecipazione agevolatrice degli autori del fatto, condotta che, a parere del Collegio, può consistere anche in un comportamento omissivo quando il proprietario sia anche detentore dell’area e quindi in grado di impedire o porre fine all’abuso, si rileva che la Corte di Appello ha comunque adeguatamente motivato in ordine alla partecipazione dell’imputato alla concretizzazione del fatto criminoso.

La Corte di Appello ha infatti rilevato come difficilmente ipotizzabile il fatto che “il proprietario di un fondo possa consentire ad altri di adibirlo a discarica senza essere in accordo con loro”. Né poteva ipotizzarsi che sia stato fatto a sua insaputa e senza il suo volere considerato che, essendo sul luogo al momento dell’accertamento da parte degli agenti della Polizia Municipale avrebbe di certo rappresentato e lamentato i fatti di cui sarebbe stato vittima. Infine, come riferito dagli operanti, l’imputato aveva eseguito opere di livellamento e dislivellamento del terreno, all’evidente fine di rendere più agevole l’accesso e gli scarichi”.

Alla luce della logica e coerente argomentazione della Corte va respinto il motivo di impugnazione.

Consegue al rigetto dei ricorso l’obbligo dell’imputato al pagamento delle spese processuali.