Cass. Sez. III n. 35013 del 18 settembre 2024 (CC 3 lug 2024)
Pres. Ramacci Rel. Di Stasi Ric. Cirillo
Urbanistica.Demolizione e prevalenti interessi pubblici
Ai fini della incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato, il provvedimento amministrativo presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l'esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile. La delibera in questione può ritenersi legittimamente emanata qualora ricorrano le seguenti condizioni: 1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc. È generico il mero riferimento a una destinazione di interesse pubblico, atteso che non può giustificarsi l'interesse concreto al mantenimento dell'opera abusiva nel caso in cui, di fatto, la delibera costituisce, sostanzialmente, un atto di indirizzo politico, in quanto rimanda a successivi atti amministrativi, in tal modo rinviando la valutazione dei presupposti di legge cui l'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 condiziona la non operatività della demolizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 03/11/2023, il Tribunale di Napoli rigettava l’istanza, presentata nell’interesse di Cirillo Giuseppe, terzo interessato, di sospensione o revoca dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Napoili, sez. dist. di Afragola nei confronti di Capasso Ferdinando in data 23.4.1999 per il reato di cui all’art. 20 lett. c) l.n.47/85.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Cirillo Giuseppe, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione e travisamento del fatto in ordine agli effetti dell’acquisizione delle opere al patrimonio comunale per finalità di “social housing”.
Argomenta che la motivazione espressa dal Tribunale circa l’inidoneità della delibera del 26/07/2019 n. 53 - con la quale il Comune di Cardito dichiarava la prevalenza dell’interesse pubblico alla conservazione, in luogo della demolizione, dell’immobile sanzionato destinandolo in concreto ad edilizia residenziale sociale – era viziata da manifesta illogicità ed investiva valutazioni di discrezionalità amministrativa, involgenti profili di merito dell’ente, sindacabili in sede giurisdizionale solo per vizi di abnormità, manifesta illogicità, irragionevolezza o palese travisamento, vizi nella specie insussistenti.
Espone che: il dispositivo finale della delibera in questione era inequivoco nel destinare in via definitiva l’immobile ad “edilizia residenziale sociale”, in conformità a quanto previsto dagli artt. 31, comma 5, dpr n. 380/2001 e 1, comma 65, della L.r. n. 5/2013; l’obiettivo perseguito dalla delibera era di natura pubblica e non di favorire il soggetto condannato alla demolizione, nemmeno menzionato nel corpo dell’atto e, comunque, previsto dalle disposizioni normative summenzionate; la verifica in ordine alla sussistenza in capo all’occupante dei requisiti per concorrere alla assegnazione dell’alloggio spettava, inoltre, agli organi di gestione del comune e non al consiglio comunale; l’esecutato non occupava più l’immobile sanzionato, risultando residente altrove da diverso tempo; la legittimità della delibera era ulteriormente comprovata dal fatto che la destinazione di un immobile ad edilizia residenziale sociale è riconducibile ad un attività di natura pubblicistica, quale servizio di interesse economico generale; la delibera risultava conforme all’art. 31 d.P.R. n. 380/2001, costituente norma di principio.
Con il secondo motivo deduce difetto assoluto di motivazione e nullità dell’ordinanza.
Lamenta l’omesso esame delle note integrative depositate telematicamente in data 01/06/2023, con le quale si era richiamata la normativa sopravvenuta di cui alla legge n. 25 del 28 marzo 2022 nonché un recentissimo arresto giurisprudenziale della suddetta normativa aveva fatto applicazione.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Va premesso che, come emerge dall'ordinanza impugnata, Capasso Ferdinando, con sentenza divenuta irrevocabile il 12.6.1999, veniva condannato per il reato di cui all’art. 20 lett. B) l 47/1985 nonché per i reati previsti dalla normativa antisismica per aver eseguito opere edili “in assenza della concessione edilizia prescritta”, opere di cui veniva disposta la demolizione con la sentenza di condanna, ai sensi dell’art. 7, ultimo comma, l 47/1985; successivamente, il Comune di Cardito adottava due ordinanze di demolizione ai sensi dell’art. 4 l n. 47/1985 e, vista l’inottemperanza all’ordine, il Comune di Cardito prendeva atto dell’avvenuta acquisizione al patrimonio comunale delle opere e della relativa rea di sedime, con provvedimento n. 65 del 17.3.1998.
A seguito della notifica dell'ingiunzione a demolire, il Comune di Cardito, quale terzo interessato, proponeva dinanzi al Tribunale di Napoli incidente di esecuzione volto a ottenere la sospensione e revoca dell'ordine di demolizione, rappresentando che, con delibera n. 53 del 26.7.2019, il Consiglio Comunale di V aveva dichiarato il prevalente interesse pubblico all'acquisizione del manufatto al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, destinando l’immobile ad uso di “edilizia residenziale sociale”.
1.2. Ciò posto, va osservato che, secondo l’orientamento costante di questa Corte, che va qui ribadito, in tema di reati edilizi, in presenza di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune e alla destinazione ad alloggi per edilizia residenziale, ostativi all'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, il sindacato del giudice dell'esecuzione sull'atto amministrativo, concernendo il carattere attuale e non meramente eventuale di detto interesse, può avere ad oggetto l'esistenza di approfondimenti tecnico-amministrativi inerenti l'immobile che siano indice del fondamento e della specificità della decisione dell'organo comunale, in linea con il necessario coordinamento tra funzioni dell'organo comunale collegiale e valutazioni tecnico amministrative (Sez.3 n. 9098 del 15/01/2021, Rv. 281478 – 01; Sez. 3, n. 12529 del 14/01/2022, non mass.).
Con la richiamata sentenza n. 9098 del 2021, è stato altresì ribadito che, ai fini della incompatibilità dell'esecuzione dell'ordinanza di demolizione con la delibera consiliare dichiarativa dell'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato, il provvedimento amministrativo presuppone che tale evenienza sia attuale e non meramente eventuale, non essendo consentito interrompere l'esecuzione penale per un tempo non definito e non prevedibile (cfr. Sez. 3 n. 41339, del 06/11/2008, non mass., che ha affermato che la delibera in questione può ritenersi legittimamente emanata qualora ricorrano le seguenti condizioni: «1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell'ipotesi di costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest'ultimo caso l'assenza di contrasto deve essere accertata dall'amministrazione preposta alla tutela del vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio pubblico, ecc).
È stato così affermato, in continuità con un consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 11419 del 29/01/2013 Rv. 254421) che è generico il mero riferimento a una destinazione di interesse pubblico, atteso che non può giustificarsi l'interesse concreto al mantenimento dell'opera abusiva nel caso in cui, di fatto, la delibera costituisce, sostanzialmente, un atto di indirizzo politico, in quanto rimanda a successivi atti amministrativi, in tal modo rinviando la valutazione dei presupposti di legge cui l'art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 condiziona la non operatività della demolizione.
Va anche evidenziato che, in fattispecie analoga a quella per cui si procede, questa Corte (Sez. 3, n. 38749 del 09/07/2018, non mass.) ha già affermato il condivisibile principio secondo cui "sottraendo l'opera abusiva al suo normale destino di demolizione previsto per legge, la delibera comunale che dichiara l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma deve dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, dovendosi ulteriormente precisare come non possano sopperire all'esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell'opera abusiva sia giustificato dalla sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all'esito di adeguata istruttoria".
1.3. Nella specie, l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo dei suesposti principi di diritto, evidenziando che la delibera consiliare n. 53 del 26.07.2019, con la quale il Comune di Cardito disponeva l'utilizzo dell'immobile in conformità con la l.r. n. 5 del 2013 a finalità di housing sociale, aveva un contenuto generico; in particolare, la destinazione del bene alla predetta finalità risultava palesemente generica, in quanto il Comune, nonostante l’adozione di un regolamento contenente linee direttive sui criteri di assegnazione, si era limitato a destinare l’immobile ad housing sociale, mantenendo tuttavia l’attuale destinazione ad uso dell’occupante, sebbene il manufatto, con la relativa area di sedime, fosse stato acquisito fin dal 1998 al patrimonio comunale; deve aggiungersi che neppure è emerso che il Comune abbia riscosso un canone per tale utilizzo, fatto anomalo e suscettibile di valutazione anche in altra sede.
In definitiva, il Giudice di merito, con argomentazioni corrette ed adeguate, ha rilevato che il "prevalente interesse pubblico" risulta individuato in maniera generica rispetto alla demolizione del manufatto, essendo del tutto generico il riferimento a iniziative di housing sociale, e, quindi, la delibera, per come sintetizzata nell'ordinanza gravata, è illegittima e va disapplicata, perchè sorretta non da finalità specifiche, ma da mere dichiarazioni di intenti.
1.4. Rispetto a tale adeguata e corretta motivazione, il ricorrente propone censure meramente contestative e generiche, limitandosi a ribadire il contenuto della delibera – correttamente valutato dal giudice in linea con i principi suesposti - oppure ad opporre inesistenti limiti al sindacato del giudice dell'esecuzione - posto che la verifica dell'attualità e concretezza dell'interesse pubblico rinvenuto rispetto all'opera abusiva non incide sull'esplicazione del potere discrezionale dell'Amministrazione, ma risponde all'obbligo del giudice penale di sindacare l'effettivo rispetto dei requisiti obiettivi della delibera comunale (cfr in termini Sez.3 n. 9098 del 15/01/2021, Rv.281478 – 01, cit).
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Va ricordato che questa Corte (Sez.5,n.24437 del 17/01/2019, Rv.276511 – 01) ha affermato che la parte che deduce l'omessa valutazione di memorie difensive ha l'onere di indicare, pena la genericità del motivo di impugnazione, l'argomento decisivo contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato, in quanto l'omessa valutazione di memorie difensive non costituisce causa di nullità della decisione, ma può unicamente incidere sulla tenuta logico-giuridica della motivazione (cfr Sez. 1, n.26536 del 24/06/2020, Rv. 279578, secondo cui l'omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive).
Nella specie, invero, il ricorrente si limita a riportare sinteticamente il contenuto della memoria e non evidenzia, in maniera specifica, quale sia l’elemento decisivo non valutato dal Giudice di merito, la cui decisione è sorretta da motivazione adeguata e logica motivazione nonché corretta in punto di diritto.
Ne consegue la genericità della doglianza e, quindi, l’inammissibilità del motivo di ricorso in esame.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 03/07/2024