Cass. Sez. III n. 35925 del 4 novembre 2025 (UP 2 ott 2025)
Pres. Di Nicola Est. Galanti Ric. Borgese
Rifiuti.Natura permanente del reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti
Il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all' art. 255, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l'adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l'inizio della fase di consumazione che si protrae sino all'ottemperanza all'ordine ricevuto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10/12/2021 del Tribunale di Reggio Calabria condannava Elvira Teresa Borgese in ordine alla contravvenzione di cui all’articolo 255 d. lgs. 152/2006 alla pena di euro 2.000,00 di ammenda.
2. Avverso tale sentenza l’imputata propone appello, convertito in ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo di ricorso chiede, con un primo motivo, assolversi l’imputata ai sensi dell’articolo 530 cod. proc. pen. perché il fatto non sussiste, l’imputata non lo ha commesso ovvero non costituisce reato.
2.2. Col secondo motivo deduce l’intervenuta prescrizione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Ed invero, è assolutamente consolidato, e dev'essere qui ribadito, il principio secondo cui, in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l'atto deve limitarsi, a norma dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l'oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l'esistenza di una voluntas impugnationis, consistente nell'intento di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (Sez. U, n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221; Sez. 5, n. 7403/2014 del 26/09/2013, Bergantini, Rv. 259532; Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Arena, Rv. 257117.
Tuttavia, questa Corte (Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, De Cicco, Rv. 277945 – 01; Sez. 3, n. 14720 del 13/03/2024, Tricomi, n.m.; Sez. 3, n. 29218 del 02/07/2025, Maiorano, n.m.) ha anche affermato che è inammissibile l'impugnazione proposta con mezzo di gravame diverso da quello prescritto, quando dall'esame dell'atto si tragga la conclusione che la parte abbia effettivamente voluto ed esattamente denominato il mezzo di gravame non consentito dalla legge.
Né, rileva la sentenza De Cicco, dianzi citata, la soluzione adottata si pone in contraddizione con la previsione contenuta nell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., atteso che l'applicazione della disposizione sopra riportata presuppone che, ad onta della denominazione ad essa attribuita dalla parte, la impugnazione abbia le caratteristiche proprio del mezzo di gravame proponibile di fronte ad un giudice di verso da quello, invece, prescelto dal ricorrente e che, pertanto, in sede di interpretazione dell'atto sia possibile attribuire all'atto stesso una qualificazione diversa da quella apparente.
Laddove, invece, il mezzo di impugnazione abbia le caratteristiche, sostanziali e formali, dello strumento di rivalutazione processuale esperibile, in via astratta, di fronte al giudice prescelto, ed emerga in termini di chiarezza che esso sia stato consapevolmente utilizzato per come lo stesso appare dalla parte ricorrente, non entra in gioco la tematica relativa all'incompetenza del giudice adito, essendo questo astrattamente competente, ma esclusivamente la questione della inammissibilità del mezzo di impugnazione effettivamente e consapevolmente adottato dalla parte ricorrente. In una tale fattispecie non viene, quindi, in discussione la necessità di procedere alla trasmissione degli atti al giudice competente, ma solo la valutazione della ammissibilità o meno nel caso concreto del mezzo processuale da parte del giudice in astratto competente per quello.
Valutazione che, quanto al caso di specie, deve essere espressa nei termini della inammissibilità del primo motivo di ricorso, avendo la ricorrente voluto esperire uno strumento di impugnazione non consentito, sviluppando censure strutturate nelle forme tipiche dello strumento impugnatorio prescelto (valga per tutte la richiesta di assoluzione).
3. E’ invece astrattamente ammissibile il secondo motivo, relativo alla prescrizione del reato; la doglianza, tuttavia, in concreto è generica.
Correttamente il Procuratore generale rammenta che il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all' art. 255, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha natura di reato permanente, nel quale la scadenza del termine per l'adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l'inizio della fase di consumazione che si protrae sino all'ottemperanza all'ordine ricevuto (Sez. 3 n. 39430 del 12/06/2018, Rv. 273841 – 01) e che il ricorrente non ha documentato quanto dedotto in relazione all’avvenuta ottemperanza dell’ordine sindacale, per cui il motivo è inammissibile in relazione alla violazione del principio della c.d. “autosufficienza” del ricorso.
4. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
5. La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso, 02/10/2025




