Cass. Sez. III n. 37187 del 14 novembre 2025 (UP 8 ott 2025)
Pres. Liberati Est. Di Stasi Ric. Pistarino
Rifiuti.Abbandono di rifiuti vecchia e nuova disciplina
Il recente d.l. 116\2015, entrato in vigore il 9/8/2025 e conv. in l. n. 247/2025, che ha modificato molte delle norme di cui al d.lgs 152/2006, ha previsto nel nuovo testo dell'art. 255, la contravvenzione di abbandono di rifiuti non pericolosi- che nei casi particolari di cui all'art. 255-bis si connota quale ipotesi delittuosa - e nel nuovo art. 255-ter il delitto di abbandono di rifiuti pericolosi, con un trattamento sanzionatorio che prevede anche ipotesi aggravate. Risulta, quindi, evidente che non può essere invocata l'abrogatio criminis in relazione alla condotta posta in essere antecedentemente e qualificata ai sensi dell'art. 256, comma 2 dlv 152\06, in quanto le modifiche in questione hanno solo diversificato le condotte a seconda dell'oggetto, mantenendone la rilevanza penale, e previsto pene più severe e nuove ipotesi delittuose.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 11/02/2025, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 15/12/2023 dal Tribunale di Imperia, con la quale Pistarino Luca era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 256, commi 1 e 2 d.lgs 152/2006- perché quale socio accomandatario della società PISTARINO LUIGI sas di Pistarino Luca & C, depositava rifiuti in modo incontrollato - e condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 1.800,00 di ammenda, con concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, articolando sei motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione dell'art. 533, comma 1, cod.pen. e difetto assoluto di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva confermato l'affermazione d responsabilità pur non emergendo dal compendio probatorio un solo elemento di prova che dimostrasse la commissione da parte dell'imputato della condotta contestata. La Corte di appello, poi, aveva omesso di considerare le dichiarazioni rese dai testi Tronca, D'Andrea e Tortorella; dalle risultanze istruttorie era emerso che gli operai del Pistarino avevano sempre depositato correttamente i rifiuti, che nel maggio 2021 presso il cantiere della Pistarino erano in corso lavori di allargamento della banchina con presenza di numerosi lavoratori e che l'etichettatura dei rifiuti era stata effettuata dalla ditta Grigolo Aronne, che si occupava di tale compito e di ogni aspetto relativo ai rifiuti; il Pistarino, pertanto, non poteva essere ritenuto responsabile di condotte, tra l'altro imprevedibili, tenute da altre persone.
Con il secondo motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 521 cod.proc.pen. e dell'art. 24 Cost.
Lamenta che la Corte di appello aveva ritenuto che la responsabilità del Pistarino consisteva nel non aver organizzato in modo adeguato in condizioni di sicurezza il deposito dei rifiuti e non aver vigilato sulla corretta esecuzione del deposito stesso; in tal modo la Corte di appello aveva sostanzialmente modificato il capo di imputazione, violando il principio di correlazione tra imputazione e sentenza e pregiudicando il diritto di difesa dell'imputato.
Con il terzo motivo deduce violazione dell'art. 49 cod.pen. e 13 e 25, comma 2 Cost.
Lamenta che il reato contestato era impossibile per il difetto del requisito di offensività, in quanto la ditta Grigolo, avrebbe comunque verificato e sistemato correttamente i rifiuti, come avvenuto dopo il controllo eseguito da Arpal Con il quarto motivo deduce omessa assunzione di prova decisiva.
Lamenta che la Corte di appello, come il giudice di prime cure, aveva rifiutato di consentire all'imputato di difendersi, rigettando la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria a mezzo dell'audizione del teste Grigolo Aronne, su fatti decisivi ai fini del decidere, teste che era stato revocato illegittimamente per superfluità dal Tribunale con ordinanza del 9.6.2023, impugnata con i motivi di appello.
Con il quinto motivo di ricorso deduce violazione dell'art. 131-bis cod.pen.
Lamenta che erroneamente la Corte di appello aveva disatteso la richiesta di applicazione del disposto dell'art. 131-bis cod.pen., nonostante dalle dichiarazioni rese dalla teste Tronca, fosse emerso che la quantità dei materiali era modesta, che il deposito dei materiali era finalizzato allo smaltimento da parte della ditta Grigolo, che era prassi eseguire un controllo in ordine alla rispondenza tra le etichette ed il contenuto dei bidoni, che il fatto era isolato e che dopo il controllo il Pistarino aveva «donato cautele volte a non incorrere nell'errore di posizionamento dei rifiuti; inoltre, l'audizione del teste Grigolo avrebbe consentito di provare la sussistenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 131-bis cod.pen.
Con il sesto motivo deduce violazione dell'art. 185-bis d.lgs 152/2006 e falsa applicazione dell'art. 256, comma 1, d.lgs 152/2006 Lamenta che la mancata audizione del teste Grigolo non aveva consentito di provare che la condotta contestata poteva essere qualificata come deposito temporaneo o, comunque, i presupposti di applicabilità dell'art. 131-bis cod.pen.;
in tal modo la Corte era incorsa anche nella falsa applicazione dell'art. 256, comma 1, d.lgs 152/2006.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Il PG ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria, nella quale ha ribadito le doglianze mosse con il ricorso e replicato alla requisitoria del PG; in via subordinata ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata perché a seguito della novità normativa di cui al d.l 116/2025 il fatto contestato non costituisce più reato, prevedendo il nuovo testo dell'art. 256 d.lgs 152/2006 delitti e non più contravvenzioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili.
Il ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizio di motivazione e violazione di legge, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
Nei motivi in esame, infatti, si espongono censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, Rv. 235507; sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Rv. 235510; Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Rv. 235508).
Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8 non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez.6,n.27429 del 04/07/2006, Rv.234559; Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215; Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv.253099) ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148).
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si ha violazione del principio di correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito. La verifica dell'osservanza del principio di correlazione va, invero, condotta in funzione della salvaguardia del diritto di difesa dell'imputato cui il principio stesso è ispirato. Ne consegue che la sua violazione è ravvisabile soltanto qualora la fattispecie concreta - che realizza l'ipotesi astratta prevista dal legislatore e che è esposta nel capo di imputazione- venga mutata nei suoi elementi essenziali in modo tale da determinare uno stravolgimento dell'originaria contestazione, onde emerga dagli atti che su di essa l'imputato non ha avuto modo di difendersi.
Sicché "non sussiste violazione del principio di correlazione della sentenza all'accusa contestata quando nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, in quanto l'immutazione si verifica solo nel caso in cui tra i due episodi ricorra un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei 4 contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato, posto, così, a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza aver avuto nessun possibilità d'effettiva difesa" (cfr.Sez.6 n. 35120 del 13.6.2003; Sez.6,n.17799 del 06/02/2014,Rv.260156; Sez.6, n.899 del 11/11/2014, dep.12/01/2015 Rv.261925); ne consegue, pertanto, l'affermazione che "si ha violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza solo se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa" (Cfr.Sez.6 n.12156 del 5.3.2009; Sez.3, n.9916 del 12/11/2009, dep.11/03/2010, Rv.246226; Sez.6, n.6346 del 09/11/2012, dep.08/02/2013, Rv.254888; Sez.6, n.899 del 11/11/2014, dep.12/01/2015, Rv.261925).
Ed è stato osservato, inoltre, che ai fini della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen. deve tenersi conto non solo del fatto descritto in imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul materiale probatorio posto a fondamento della decisione (Sez.6, n.47527 del 13/11/2013, Rv.257278).
Nella specie, non vi è stata alcuna violazione del principio di correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza, avendo i Giudici di merito ritenuto la responsabilità dell'imputato in piena aderenza ai fatti contestati ed a tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione, mentre la doglianza proposta involge il merito della valutazione di responsabilità, ambito diverso da quello afferente alla verifica della correlazione tra contestazione e fatto ritenuto in sentenza.
3. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello è evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità.
La rinnovazione del dibattimento, infatti, postula una deroga alla presunzione di completezza della indagine istruttoria svolta in primo grado ed ha caratteristica di istituto eccezionale, nel senso che ad essa può farsi ricorso quando appaia assolutamente indispensabile, cioè nel solo caso in cui il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez.2,n.8106 del 26/04/2000, Rv.216532; Sez.2, n. 3458 del 01/12/2005,dep.27/01/2006, Rv.233391; Sez. 2, 15/05/2013, n. 36630; Sez. 2, 27/09/2013, n. 41808; Sez.U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 25/03/2016, Rv.266820 - 01).
Il giudice d'appello, inoltre, ha l'obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconducibile alla violazione 5 del diritto alla prova, non esercitato non per inerzia colpevole, ma per forza maggiore o per la sopravvenienza della prova dopo il giudizio, o quando la sua ammissione sia stata irragionevolmente negata dal giudice di primo grado.
In tutti gli altri casi, la rinnovazione del dibattimento è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale è tenuto a dar conto delle ragioni del rifiuto quanto meno in modo indiretto, dimostrando in positivo la sufficiente consistenza e la assorbente concludenza delle prove già acquisite (Sez. 2, n. 45739 del 04/11/2003, Rv. 226977).
Il provvedimento di rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello, infatti, può essere motivato anche implicitamente in presenza di un quadro probatorio definito, certo e non abbisognevole di approfondimenti indispensabili (Sez.6, n.11907 del 13/12/2013, dep.12/03/2014, Rv.259893;Sez.4, n.47095 del 02/12/2009, Rv.245996).
Nella specie, la Corte territoriale, ha esplicitamente motivato circa la non necessità di disporre l'audizione del teste Grigolo Aronne, a fronte della completezza del quadro istruttorio, con argomentazione adeguata e scevra da illogicità che si sottrae al sindacato di legittimità (pag. 5 della sentenza impugnata).
Va, poi, rilevato che il teste in questione era stato ammesso dal giudice di primo grado, ma poi, il provvedimento di ammissione era stato revocato all'udienza del 9.6.2023, presente il difensore dell'imputato, che nulla eccepiva in merito, né in tale udienza né in sede di precisazione delle conclusioni.
Il ricorrente, pertanto, non può dolersi della lamentata illegittimità della revoca del teste. Va ricordato, infatti, che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, è viziata da nullità di ordine generale a regime intermedio l'ordinanza con la quale il giudice abbia revocato il provvedimento di ammissione dei testi della difesa in difetto di motivazione sul necessario requisito della loro superfluità, integrando una violazione del diritto della parte di "difendersi provando", stabilito dal comma secondo dell'art. 495 cod. proc. pen., corrispondente al principio della "parità delle armi" sancito dall'art. 6, comma terzo, lett. d), della CEDU, al quale si richiama l'art. 111, comma secondo, della Costituzione in tema di contraddittorio tra le parti. Ne consegue che una siffatta nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell'art.
182 comma 2, cod.proc.pen., con la conseguenza che, in caso contrario, essa è sanata. Infatti, il disposto dell'art. 180 cod.proc.pen., secondo cui la nullità di ordine generale verificatasi nel corso del giudizio è deducibile dalla parte, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo, trova un limite nel disposto dell'art. 182 comma 2, cod.proc.pen., il quale prevede una eccezione alla regola della deducibilità appena illustrata, con riferimento al caso in cui la parte assista 6 al compimento dell'atto nullo. Per tale ipotesi è sancito che la parte, se non può eccepire la nullità prima del compimento dell'atto stesso, deve farlo immediatamente dopo (Cfr. Sez. 5, n. 16976 del 12/02/2020, Rv.279166 - 01; Sez.6, n. 53823 del 05/10/2017, Rv. 271732 - 01; Sez.5, n.51522 del 30/09/2013, Rv.257892; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli, Rv. 257891; Sez. 5, n.18351 del 17/02/2012, Rv. 252680, Sez.3, n.8159 del 26/11/2009, dep.02/03/2010, Rv.246255); nella specie, la doglianza tardivamente proposta in sede di appello era, quindi, inammissibile per intervenuta decadenza.
4. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel valutare la richiesta di applicazione del disposto di cui all'art. 131 bis cod.pen., ha denegato la configurabilità della causa di esclusione della punibilità rimarcando la gravità del fatto sulla base di una valutazione in senso negativo dell'oggetto e modalità dell'azione (pluralità di rifiuti oggetto di irregolare gestione e presenza anche di rifiuti pericolosi, sintomo di seria noncuranza della normativa di settore).
Le argomentazioni sono congrue e logiche e la motivazione, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
Del resto, questa Corte ha affermato che, ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131- bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez 6-n.55107 del 08/11/2018, Rv.274647 - 01).
5. Il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le censure mosse con il motivo in esame sono basate sulla lamentata mancata audizione del teste Grigolo Arannat, questione ritenuta manifestamente infondata al paragrafo 3, le cui argomentazioni vanno qui integralmente richiamate; a tanto consegue anche la manifesta infondatezza del presente motivo, i cui presupposti argomentativi si fondano su questione destituita di fondamento.
6.Infondata, infine, è la deduzione svolta nella memoria difensiva, secondo cui a seguito del d.l. 116/2025 il fatto contestato non costituisce più reato., Il ricorrente è stato ritenuto responsabile della contravvenzione di cui all'art. 256, comma 2, d.l. 152/2006 per la condotta di deposito incontrollato di rifiuti pericolosi e non pericolosi e gli è stato inflitto il trattamento sanzionatorio previsto, nel minimo edittale, per la condotta avente ad oggetto rifiuti pericolosi; il recente d.l., entrato in vigore il 9/8/2025 conv. in l. n. 247/2025, che ha modificato molte delle norme di cui al d.lgs 152/2006, ha previsto nel nuovo testo dell'art. 255, la contravvenzione di abbandono di rifiuti non pericolosi- che nei casi particolari di cui all'art. 255-bis si connota quale ipotesi delittuosa - e nel nuovo art. 255-ter il delitto di abbandono di rifiuti pericolosi, con un trattamento sanzionatorio che prevede anche ipotesi aggravate. Risulta, quindi, evidente che non può essere invocata l'abrogatio criminis in relazione alla condotta posta in essere dal ricorrente, in quanto le modifiche in questione hanno solo diversificato le condotte a seconda dell'oggetto, mantenendone la rilevanza penale, e previsto pene più severe e nuove ipotesi delittuose.
7. In definitiva, il ricorso è per alcuni motivi infondato e per altri inammissibile e va rigettato nel suo complesso, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'art.
616 cod.proc.pen, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/10/2025




