TAR Friuli V.G. Sez. I n. 525 del 15 luglio 2010
Elettrosmog.Stazioni radiobase e tariffe
L’art. 93, comma 1 del D.Lgs . n. 259 del 2003 si limita a stabilire, in via di principio, che: “Le pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”. Trattasi di una enunciazione che chiaramente risponde all’esigenza di non gravare finanziariamente l’espletamento di un servizio che risponde ad un comprovato interesse della collettività. Occorre, però, subito aggiungere che non confligge con questa previsione la sottoposizione ad una previsione tariffaria per la collocazione od il mantenimento (come accaduto nel caso di specie) di una stazione radio base.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00525/2010 REG.SEN.
N. 00051/2010 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 51 del 2010, proposto da:
Vodafone Omnitel N.V., rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Mantovan, Gianni Sadar, con domicilio eletto presso Gianni Sadar Avv. in Trieste, via Filzi 8;
contro
Comune di Udine, rappresentato e difeso dagli avv. Riccarda Faggiani, Giangiacomo Martinuzzi, Giuseppe Sbisa', con domicilio eletto presso Giuseppe Sbisa' Avv. in Trieste, via Donota 3;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della determinazione del Dirigente di Servizio dd. 20 ottobre 2009, nella parte in cui subordina il rinnovo della concessione in uso di una porzione di suolo pubblico nell'ambito del parcheggio dello Stadio Friuli alla corresponsione di un canone fissato unilateralmente, nonchè delle note dd. 14.1.2009 e 17.11.2009; delle deliberazioni del Consiglio comunale di Udine dd. 25 ottobre 2004 e dd. 16 febbraio 2009.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2010 il dott. Vincenzo Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, rubricato al n. 51/10, la società Vodafone Omnitel N.V., ha chiesto l’annullamento, previa misura cautelare:
1) della determinazione del Dirigente di Servizio del Comune di Udine n. 2009/4902/59 del 20 ottobre 2009, nella parte in cui ha subordinato il rinnovo della concessione in uso di una porzione di suolo pubblico nell’ambito del parcheggio dello Stadio Friuli alla corresponsione di un canone fissato unilateralmente, nonché di ogni altro atto del procedimento, in particolare dalle note, rispettivamente PG/U 0006817 del 14.1.2009 e PG/U 0138326 del 17.11.2009;
2) della deliberazione del Consiglio comunale di Udine n. 131 d’ord., adottata il 25 ottobre 2004, con la quale si modifica l’allegato A) della deliberazione consiliare n. 18 del 26.01.04 introducendo a pagina 69, punto 13, la “Tariffa onnicomprensiva installazione antenne di telefonia mobile e/o installazioni radio base”, in quanto occorrer possa;
3) della deliberazione del Consiglio comunale di Udine n. 18 del 16 febbraio 2009, con la quale si approvano le tariffe contenute nell’allegato sub A), limitatamente alla “Tariffa onnicomprensiva installazione antenne di telefonia mobile e/o installazioni radio base” di cui al n. 14, pag. 49, del predetto allegato;
4) di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale.
La ricorrente premette che con convenzione n. 56169 di rep. notaio Bruno Panella in data 31.1.2000 il Comune di Udine concedeva in uso ad Omnitel Pronto Italia S.p.a, (ora Vodafone Omnitel N.V.) una porzione di terreno, di circa 70 mq., nell’ambito del parcheggio dello stadio Friuli, per l’installazione di una stazione radio base, dietro corresponsione di un canone di L. 10.000.000, da aggiornarsi annualmente secondo la variazione ISTAT; la concessione aveva la durata di 9 anni, decorrenti dalla data di inizio dei lavori (2 febbraio 2003). Prima della scadenza della convenzione, e precisamente in data 26.1.1.2008, Vodafone, essendo entrato in vigore il codice delle comunicazioni elettroniche ed avendo accertato, giusta dichiarazione del Direttore del Dipartimento Territorio ed Ambiente PG/U 0061376 del 22.5.2008, che l’area in questione aveva natura demaniale, chiedeva il rinnovo della concessione “dietro corresponsione del canone o della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche ai sensi e per gli effetti dell’art. 93 del D. Lgs. 1° agosto 2003, n. 259”
La istanza – ricorda la ricorrente - veniva decisa con la determinazione del Dirigente di Servizio indicata in epigrafe, comunicata a Vodafone con nota del 17 novembre 2009.
Pur essendosi ridotta la superficie concessa in uso da 70 a 40 mq., il canone richiesto – continua la ricorrente - invece aumentava ad € 16.586,44, essendosi applicata l’apposita voce tariffaria, introdotta con delibera consiliare n. 131 del 25.10.2004 e modificata con delibera dello stesso Consiglio n. 18 del 16.2.2009, di € 382,00/mq..
A sostegno del gravame la ricorrente società Vodafone ha dedotto i seguenti mezzi:
1. — Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 93 del D. Lgs. 1.8.03, n. 259; 63 del D. Lgs. 13.12.1997, n. 446 e 27 del regolamento comunale per l’applicazione del COSAP. - Invalidità derivata.
Il D.Lgs. 15.12.1997, n. 446 – esordisce la ricorrente - attribuisce a comuni e province il potere di “disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo che per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi” (art. 52, co. 1); con tale regolamento gli enti locali possono disciplinare, tra l’altro, l’occupazione “di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile”, di “tratti di strada situati all’interno dei centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti” e di “aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge”; l’occupazione è subordinata “al pagamento di un canone, da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa” (art. 63, Co. 1). Il decreto indica i criteri che devono informare il regolamento, in particolare la tariffa: la quale è determinata “sulla base della classificazione di cui alla lett. b) (cioè secondo la categoria di importanza delle strade, aree e spazi pubblici, n.d.r.), dell’entità dell’occupazione, espressa in metri quadrati o lineari, del valore economico della disponibilità dell’area nonché del sacrificio imposto alla collettività, con previsione di coefficienti moltiplicatori per specifiche attività esercitate dai titolari delle concessioni anche in relazione alle modalità dell’occupazione” (art. 63, Co. 2, lett. c).
Solo “per le occupazioni del territorio comunale”, da parte di “aziende di erogazione dei pubblici servizi”, “il canone è commisurato al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle sottoindicate classi di comuni:
I) fino a 20.0000 abitanti, lire 1250 per utenza
Il) oltre 20.000 abitanti, lire 1250 per utenza” (art. 63, Co. 2, lett. f, n. 1).
Sempre in forza dell’art. 63 in esame il regolamento deve inserire tra i propri criteri informatori la “previsione di speciali agevolazioni, per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico” (lett. e).
A questo punto la deducente ricorda che il Comune di Udine, con la deliberazione consiliare n. 181 del 29.11.1999, ha adottato il “regolamento per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche” classificando le strade ed aree pubbliche in tre categorie (art. 20), indicando i criteri “ordinari” per la determinazione del canone (art. 25), prevedendo, tra l’altro, di “accordare riduzioni del canone per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e/o preordinate ad opere o lavori di pubblica utilità” (art. 27, co. 3); ha, infine, determinato criteri “particolari” per la determinazione del canone relativo ad occupazioni realizzate da aziende erogatrici di pubblici servizi (art. 26).
Successivamente all’emanazione di questo regolamento comunale – continua l’istante - l’art. 93 del codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, a proposito del criterio da applicare per la definizione del canone per l’occupazione di aree pubbliche finalizzata alla installazione di impianti per telefonia mobile, ha stabilito, al primo comma, che le regioni, le province, i comuni e le pubbliche amministrazioni in genere “non possono imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”; e, al secondo comma, dopo aver precisato che “gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne l’ente locale, ovvero l’ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’ente locale”, ha disposto: “Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base all’articolo 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo guanto previsto dal comma 2, lettera e), del medesimo articolo”.
Il Consiglio comunale di Udine, a sua volta, con la delibera n. 131/04, premesso che “si rappresenta la necessità di istituire un canone di concessione per l’installazione di stazioni radio base”, ha modificato l’allegato A della deliberazione consiliare n. 18 del 26.1.2004 introducendo una apposita voce di tariffa, differenziata a seconda che l’impianto vada ad insistere all’interno o all’esterno della “circonvallazione cittadina”; tariffa poi “aggiornata” con la delibera n. 18 del 16.2.2009.
Senonché – puntualizza la ricorrente - il secondo comma dell’art. 93 del codice delle comunicazioni elettroniche non demanda all’ente locale la determinazione di un’apposita tariffa per la occupazione di aree pubbliche con infrastrutture di comunicazione elettronica, ma la previsione di una apposita riduzione della tariffa stabilita per le occupazioni con manufatti di altra tipologia: previsione già contenuta nel terzo comma dell’art. 27 del regolamento comunale, che attribuisce alla Giunta comunale il potere di “accordare riduzioni del canone per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e/o preordinate ad opere o lavori di pubblica utilità”: sicuramente applicabile nel caso di specie, proprio in considerazione del fatto che la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica “è di preminente interesse generale ” (art. 3, co. 1, D. Lgs. 259/2003) e che i relativi impianti hanno “carattere di pubblica utilità” (art. 90, co. 1, D. Lgs. 251 cit.).
Perciò – deduce la ricorrente - stabilendo l’art. 93 del D.Lgs. 259/03 che, per tali occupazioni di suolo pubblico, si applichi la lett. e) dell’art. 63 del D. Lgs. 466/1997, ne deriva l’obbligatorietà della “previsione di speciali agevolazioni”: il potere discrezionale conferito alla Giunta dall’art. 27, Co. 3, del regolamento comunale, in tal caso, proprio per la prevalenza da accordarsi alla sopravvenuta norma legislativa, diviene vincolante; detto altrimenti, la Giunta comunale avrebbe dovuto accordare una riduzione del canone per la concessione in uso dell’area pubblica in questione, non già il Consiglio stabilire una nuova tariffa, nell’erroneo convincimento, come si legge nella delibera n. 13 1/2004, che la fattispecie non risulti già disciplinata.
In definitiva, con l’adozione e la modifica delle deliberazioni di Consiglio indicate in epigrafe e con la applicazione della nuova tariffa in sede di rinnovo della concessione, il Comune di Udine, quanto alle prime, è incorso nella violazione e falsa applicazione degli artt. 93, co. 2, D. Lgs. 1.8.03, n. 259, 63, commi 1 e 2, D. Lgs. 15.12.97, n. 446 e 27, co. 3, reg. com.le, quanto alla seconda, nella invalidità derivata.
2. — Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 93 D. Lgs. 259/03 e 63 D Lgs. 446/97 - Invalidità derivata.
Poiché il Comune, con le delibere ora impugnate, non ha rivisto né la classificazione in categorie di importanza delle strade (art. 20), né i criteri ordinari e particolari di determinazione del canone (artt. 25 e 26), ha in realtà elaborato – sostiene la ricorrente - un nuovo criterio per la definizione del canone per l’occupazione di aree pubbliche con stazioni radio base, diverso da quelli indicati tassativamente dal legislatore con l’art. 63, comma 2, del D. Lgs. 446: con la conseguenza, di grande rilievo, che la misura unitaria di tariffa viene stabilita direttamente dal Consiglio comunale anziché dal legislatore statale; infatti, prevedendo una tariffa di € 360,00/240,00 prima e di € 460,00/382,00 ora, per ciascun metro quadrato di superficie occupata, a seconda che l’impianto si trovi all’interno o all’esterno della circonvallazione cittadina, non ha fatto riferimento né al parametro indicato dall’art. 63, Co. 2, lett, c), nè a quello di cui alla lett. f) del medesimo comma: nel primo caso – si è detto - il canone è determinato analiticamente e commisurato alla superficie effettivamente occupata, mentre nel secondo caso è determinato forfetariamente e commisurato al numero di utenze servite: parametro, quest’ultimo, non utilizzabile per la telefonia mobile, non potendosi avere mai un collegamento stabile tra utente (cellulare) ed impianto (SRB) ubicato nel territorio di un determinato Comune, come avviene per altri servizi a rete (acqua, luce, gas, ecc.).
Nel caso degli impianti per telefonia mobile, invece, il Comune di Udine – si duole la ricorrente - ha stabilito la tariffa forfetariamente ma arbitrariamente e con riferimento all’estensione della superficie occupata: basti pensare che pretende un canone di € 16.586,44, mentre quello dovuto, secondo la tariffa vigente e per di più senza alcuna riduzione, sarebbe ammontato ad € 1.273,24 (cifra quest’ultima risultante dalla moltiplicazione della tariffa annua per metro quadrato per la zona 3 e per la tipologia “chioschi giornali — distributore carburante — opere visibili non ricadenti in altre tipologie’, pari ad € 29,324, per i 43,42 metri quadrati di superficie concessa): ciò utilizzando le “tariffe occupazioni permanenti”, in vigore dal 10 gennaio 2004, fissate con deliberazione giuntale n. 818 del 16 dicembre 2003.
In definitiva, la nuova tariffa, istituita ed aggiornata con le deliberazioni consiliari impugnate – conclude l’istante - è illegittima sia perché viola i criteri legislativi stabiliti per la sua determinazione, sia perché non prevede alcuna specifica agevolazione per fornitura di reti comunicazione elettronica; conseguentemente è viziata, per invalidità derivata, anche la concreta imposizione del canone ad opera della determina dirigenziale.
3. — Violazione di legge. Violazione dell’art. 3 L. 8.7.1990, n. 241. Difetto di istruttoria e di motivazione. — Invalidità derivata.
Dopo aver di nuovo sottolineato che l’Amministrazione comunale, nell’istituire e nel modificare la tariffa non si è informata ad alcuno dei criteri legislativi preferendo indicare una misura unitaria determinata arbitrariamente per l’occupazione di suolo pubblico finalizzata all’installazione degli impianti per la telefonia mobile, la ricorrente ricorda nella premessa della deliberazione consiliare n. 131/2004 “si rappresenta la necessità di istituire un canone cli concessione per l’installazione di stazioni radio base” e che “si rende, pertanto, necessario integrare l’allegato A della deliberazione in oggetto (rectius su richiamata)” cioè “n. 18 del 26.01.2004 avente ad oggetto “Tariffe prestazioni nell’interesse di terzi, noleggi, concessioni d’uso di impianti e locali di proprietà comunale” e successive modificazioni”: integrazione che avviene “introducendo tra le tariffe di pertinenza del dipartimento sviluppo territoriale e qualità ambientale, quanto di seguito riportato:
Pagina 69 Punto 13.
Tariffa onnicomprensiva installazione antenne di telefonia mobile e/o installazione radio base:
-Collocate entro la circonvallazione cittadina (……)
€ 360,00 mq/annuo (non soggetto IVA)
L’importo minimo della concessione annuale è pari a € 18.000,00
- Collocate al di fuori della circonvallazione cittadina (……)
€ 240,00 mq/annuo (non soggetto IVA)
L’importo minimo della concessione annuale è pari a € 15.000,00. In caso di coabitazione di più gestori in un unico sito, la tariffa per ciascun gestore è quella sopra riportata, ridotta del 35%”.
Ma non si spiega – lamenta la ricorrente – perché si sia ravvisata la “necessità’ di istituire la nuova tariffa, quando il regolamento, come visto, consentiva di definire il canone anche per l’occupazione dell’area de qua; né si spiega in base a quali criteri si sia fissata la misura unitaria di tariffa e si sia suddiviso il territorio comunale in due zone, quando il regolamento aveva già. proceduto alla loro individuazione; anzi, dalla semplice lettura della deliberazione si dedurrebbe che il Consiglio ha improvvisato: basti pensare che la proposta, sottoposta dal Presidente al Consiglio, indicava il canone annuo minimo di € 12.000,00 per le occupazioni esterne alla circonvallazione e che è stato elevato a € 15.000,00 a seguito dell’emendamento «sottoscritto dall‘assessore Croattini e presentato nel corso dell’odierna seduta consiliare, così come modificato durante la discussione del sub emendamento presentato dal consigliere Zaccuri” (pagina 3 della deliberazione).
Analogo atteggiamento ha assunto il Consiglio in sede di “aggiornamento” di questa tariffa, con la delibera n. 18/2009: dunque le deliberazioni impugnate – a detta della ricorrente - sarebbero viziate anche per difetto di istruttoria e di motivazione ed il provvedimento applicativo per invalidità derivata.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Udine, chiedendo il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 9.6. 2010.
La infondatezza del gravame, come in prosieguo di trattazione dimostrata, esime il Collegio dal prendere in esame le eccezioni con le quali il resistente Comune di Udine ha, rispettivamente, dedotto: 1) il difetto di giurisdizione del giudice adito, dato che la causa sarebbe attratta nella giurisdizione del giudice ordinario; 2) la irricevibilità del ricorso, in quanto Vodafone sarebbe stata “a perfetta conoscenza, sin dalla comunicazione dirigenziale del 14 gennaio 2009, quindi da oltre un anno, che il rinnovo della concessione dell’area di proprietà comunale era condizionato al pagamento dell’importo di € 382,00 al metro quadro”; 3) l’inammissibilità del ricorso, sull’assunto che Vodafone avrebbe “prestato acquiescienza alla richiesta economica formulata dall’Ente con la precisata nota di data 14 gennaio 2009”, in quanto la odierna ricorrente, “con la nota 17 febbraio 2009, chiedeva esclusivamente di rettificare le dimensioni dell’area occupata, non opponendosi in alcun modo alla richiesta economica esplicitata dal Comune di Udine”; 4) la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sul rilievo che: “Risulta incontestato che il posizionamento della stazione radio base su area di proprietà dell’Ente è una scelta del ricorrente, che ben potrebbe determinarsi in modo diverso qualora non ritenesse più di propria convenienza l’utilizzo del sedime per cui è causa”.
Ragioni di economia processuale inducono il Collegio ad esaminare congiuntamente i tre mezzi.
Sembra opportuno, preliminarmente, definire il thema decidendum.
La società ricorrente contesta il quantum dovuto a titolo di “corrispettivo del canone annuo di occupazione ammontante ad euro 16.586,44”, per la concessione dell’utilizzo dell’area sita nell’ambito del parcheggio dello Stadio Friuli (N.C.T., Foglio 11 mappali 722 e 748) per il “mantenimento della stazione radio base per il servizio pubblico di telefonia mobile cellulare” (la convenzione precedente tra il Comune di Udine e la società Omnitel, cui è subentrata la società Vodafone, riguardava il periodo 3.2.2000-2.2.2009; la nuova convenzione ha durata di nove anni dal 3.2.2009): canone determinato – da ultimo – dalla deliberazione consiliare n. 131 del 25.10.2004, che ha modificato l’allegato A) della deliberazione consiliare n. 18 del 26.1.2004, introducendo “un canone di concessione per l’installazione di stazioni radio base e/o antenne di telefonia mobile”; trattasi di una tariffa di importo differenziato a seconda che le suddette strutture siano collocate o meno all’interno della circonvallazione cittadina.
Ciò posto, conviene prendere le mosse dal quadro normativo astrattamente riferibile al caso di cui alla presente controversia.
L’ art. 87 del D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (decreto recante il “Codice delle comunicazioni elettroniche”), così rubricato: “ Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici”, dispone che:
“1. L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi e, in specie, l'installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti, di ripetitori di servizi di comunicazione elettronica, di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS, per reti di diffusione, distribuzione e contribuzione dedicate alla televisione digitale terrestre, per reti a radiofrequenza dedicate alle emergenze sanitarie ed alla protezione civile, nonché per reti radio a larga banda punto-multipunto nelle bande di frequenza all'uopo assegnate, viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione.
2. L'istanza di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di cui al comma 1 è presentata all'Ente locale dai soggetti a tale fine abilitati. Al momento della presentazione della domanda, l'ufficio abilitato a riceverla indica al richiedente il nome del responsabile del procedimento.
3. L'istanza, conforme al modello A dell'allegato n. 13, realizzato al fine della sua acquisizione su supporti informatici e destinato alla formazione del catasto nazionale delle sorgenti elettromagnetiche di origine industriale, deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione, attraverso l'utilizzo di modelli predittivi conformi alle prescrizioni della CEI, non appena emanate. In caso di pluralità di domande, viene data precedenza a quelle presentate congiuntamente da più operatori. Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la denuncia di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13.
[……]
9. Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma.
10. Le opere debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, ovvero dalla formazione del silenzio-assenso”.
Il successivo art. 88 (Opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico) stabilisce che:
“1. Qualora l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica presupponga la realizzazione di opere civili o, comunque, l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico, i soggetti interessati sono tenuti a presentare apposita istanza conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello C di cui all'allegato n. 13, all'Ente locale ovvero alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree.
[……]
6. Il rilascio dell'autorizzazione comporta l'autorizzazione alla effettuazione degli scavi indicati nel progetto, nonché la concessione del suolo o sottosuolo pubblico necessario all'installazione delle infrastrutture. Il Comune può mettere a disposizione, direttamente o per il tramite di una società controllata, infrastrutture a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie.
[……]
L’art. 93 (Divieto di imporre altri oneri) così recita:
“1. Le pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge.
2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base all'articolo 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettera e), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507”.
L’art. 62 (Canone per l'installazione di mezzi pubblicitari) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (decreto recante la “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”) dispone che:
“1. I comuni possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, escludere l'applicazione, nel proprio territorio, dell'imposta comunale sulla pubblicità di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa.
2. Il regolamento è informato ai seguenti criteri:
a) individuazione della tipologia dei mezzi di effettuazione della pubblicità esterna che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ai sensi del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , e del relativo regolamento di attuazione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 ;
b) previsione delle procedure per il rilascio e per il rinnovo dell'autorizzazione;
c) indicazione delle modalità di impiego dei mezzi pubblicitari e delle modalità e termini di pagamento del canone;
d) determinazione della tariffa con criteri di ragionevolezza e gradualità tenendo conto della popolazione residente, della rilevanza dei flussi turistici presenti nel comune e delle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e dell'impatto ambientale in modo che detta tariffa, comprensiva dell'eventuale uso di aree comunali, non ecceda di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite ai sensi del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, per l'imposta comunale sulla pubblicità in relazione all'esposizione di cui alla lettera a) e deliberate dall'amministrazione comunale nell'anno solare antecedente l'adozione della delibera di sostituzione dell'imposta comunale sulla pubblicità con il canone;
e) equiparazione, ai soli fini del pagamento del canone, dei mezzi pubblicitari installati senza la preventiva autorizzazione a quelli autorizzati e previsione per l'installazione dei mezzi pubblicitari non autorizzati di sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore all'importo della relativa tariffa, né superiore al doppio della stessa tariffa;”
L’art. 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997 prevede, a sua volta, che:
“63. Canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche.
1. I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, escludere l'applicazione, nel proprio territorio, della tassa per occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. I comuni e le province possono, con regolamento adottato a norma dell'articolo 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa. Il pagamento del canone può essere anche previsto per l'occupazione di aree private soggette a servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge. Agli effetti del presente comma si comprendono nelle aree comunali i tratti di strada situati all'interno di centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuabili a norma dell'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
2. Il regolamento è informato ai seguenti criteri:
a) previsione delle procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;
b) classificazione in categorie di importanza delle strade, aree e spazi pubblici;
c) indicazione analitica della tariffa determinata sulla base della classificazione di cui alla lett. b), dell'entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari, del valore economico della disponibilità dell'area nonché del sacrificio imposto alla collettività, con previsione di coefficienti moltiplicatori per specifiche attività esercitate dai titolari delle concessioni anche in relazione alle modalità dell'occupazione;
d) indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone;
e) previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e, in particolare, per quelle aventi finalità politiche ed istituzionali;
f) previsione per le occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi medesimi, di un canone determinato forfetariamente come segue:
1) per le occupazioni del territorio comunale il canone è commisurato al numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa riferita alle sottoindicate classi di comuni:
I) fino a 20.000 abitanti, lire 1.500 per utenza;
II) oltre 20.000 abitanti, lire 1.250 per utenza;
2) per le occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura del 20 per cento dell'importo risultante dall'applicazione della misura unitaria di tariffa di cui al numero 1), per il numero complessivo delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo àmbito territoriale;
3) in ogni caso l'ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia non può essere inferiore a lire 1.000.000. La medesima misura di canone annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanenti di cui alla presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai pubblici servizi;
4) gli importi di cui al numero 1) sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente;
5) il numero complessivo delle utenze è quello risultante al 31 dicembre dell'anno precedente. Il canone è versato in un'unica soluzione entro il 30 aprile di ciascun anno. Il versamento è effettuato a mezzo di conto corrente postale intestato al comune o alla provincia recante, quale causale, l'indicazione del presente articolo. I comuni e le province possono prevedere termini e modalità diversi da quelli predetti inviando, nel mese di gennaio di ciascun anno, apposita comunicazione alle aziende di erogazione di pubblici servizi, fissando i termini per i conseguenti adempimenti in non meno di novanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione;
g) applicazione alle occupazioni abusive di un'indennità pari al canone maggiorato fino al 50 per cento, considerando permanenti le occupazioni abusive realizzate con impianti o manufatti di carattere stabile, mentre le occupazioni abusive temporanee si presumono effettuate dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di accertamento, redatto da competente pubblico ufficiale;
g-bis) previsione delle sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore all'ammontare della somma di cui alla lettera g), né superiore al doppio della stessa, ferme restando quelle stabilite dall'articolo 20, commi 4 e 5, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
3. Il canone è determinato sulla base della tariffa di cui al comma 2, con riferimento alla durata dell'occupazione e può essere maggiorato di eventuali effettivi e comprovati oneri di manutenzione in concreto derivanti dall'occupazione del suolo e del sottosuolo, che non siano, a qualsiasi titolo, già posti a carico delle aziende che eseguono i lavori. Per la determinazione della tassa prevista al comma 1 relativa alle occupazioni di cui alla lettera f) del comma 2, si applicano gli stessi criteri ivi previsti per la determinazione forfetaria del canone. Dalla misura complessiva del canone ovvero della tassa prevista al comma 1 va detratto l'importo di altri canoni previsti da disposizioni di legge, riscossi dal comune e dalla provincia per la medesima occupazione, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi”.
L’art. 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (disposizione successivamente abrogata) stabilisce, infine, che:
“ Reti e servizi di telecomunicazioni.
1. L'installazione non in esclusiva delle reti di telecomunicazione via cavo o che utilizzano frequenze terrestri è subordinata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, al rilascio di licenza da parte dell'Autorità. A decorrere dalla stessa data l'esercizio delle reti di telecomunicazione e la fornitura di servizi di telecomunicazioni sono subordinati al rilascio di licenze e autorizzazioni da parte dell'Autorità. L'installazione di stazioni terrestri per i servizi via satellite disciplinata ai sensi delle procedure previste nel decreto legislativo 11 febbraio 1997 n. 55, è soggetta ad autorizzazione rilasciata dall'Autorità.
2. Le licenze e le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rilasciate sulla base delle disposizioni contenute nel regolamento di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545 , convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650.
3. L'installazione delle reti di telecomunicazione che transitano su beni pubblici è subordinata al rilascio di concessione per l'uso del suolo pubblico da parte dei comuni e comunque in modo non discriminatorio tra i diversi soggetti richiedenti. In tali concessioni i comuni possono prevedere obblighi di natura civica. A tal fine l'Autorità emana un regolamento che disciplina in linea generale le modalità ed i limiti con cui possono essere previsti gli stessi obblighi, la cui validità si estende anche alle concessioni precedentemente rilasciate, su richiesta dei comuni interessati. L'installazione delle reti dorsali, così come definite in un apposito regolamento emanato dall'Autorità, è soggetta esclusivamente al rilascio di licenza da parte della stessa Autorità. I provvedimenti di cui al presente comma, nonché le concessioni di radiodiffusione previste nel piano di assegnazione costituiscono dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle relative opere. Le aree acquisite entrano a far parte del patrimonio indisponibile del comune. Per l'acquisizione dei pareri, autorizzazioni e nulla osta previsti in materia ambientale, edilizia e sanitaria è indetta, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 , e successive modificazioni, una conferenza di servizi. Alle reti realizzate ai sensi degli articoli 184 e 214 del testo unico in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 , si applicano le disposizioni dello stesso testo unico relative alle limitazioni legali della proprietà e al diritto di servitù. Sono comunque fatte salve le competenze in materia paesistica e urbanistica delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
[……]”
Sin qui l’essenziale quadro normativo di riferimento.
Il Collegio osserva che l’impianto attoreo ruota intorno all’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 93 del D. Lgs. n. 259/03, che avrebbe dovuto comportare la fissazione, da parte del Comune, del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche con le riduzioni di cui alla lettera e) dell’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997.
Come si è visto, il richiamato art. 93 (Divieto di imporre altri oneri) così recita:
“1. Le pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge.
2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base all'articolo 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettera e), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507”.
A sua volta, l’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997 stabilisce che l’apposito regolamento ivi previsto è “informato ai seguenti criteri:
[……]
e) previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e, in particolare, per quelle aventi finalità politiche ed istituzionali;
[……]”.
Il Collegio esprime l’avviso che nel caso di cui alla attuale controversia non trovi applicazione l’art. 93, comma 2 del D.Lgs . n. 259 del 2003.
Innanzitutto, è a dirsi che il comma 1 si limita a stabilire, in via di principio, che: “Le pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”.
Trattasi di una enunciazione che chiaramente risponde all’esigenza di non gravare finanziariamente l’espletamento di un servizio che risponde ad un comprovato interesse della collettività
Occorre, però, subito aggiungere che non confligge con questa previsione la sottoposizione ad una previsione tariffaria per la collocazione od il mantenimento (come accaduto nel caso di specie) di una stazione radio base.
Il comma 2 dell’art. 93 ha una valenza più specifica, riannodata, tuttavia, sempre ad aspetti squisitamente economici, e, segnatamente ai rapporti intercorrenti tra gli operatori che forniscono le reti di comunicazione elettronica e l’Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, nella fase relativa alla installazione delle reti stesse.
La disposizione prevede, da un lato, che: “Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale”; dall’altro, che: “Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base all'articolo 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettera e), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507”.
Questa seconda previsione – evocata dalla società ricorrente – si riferisce, de plano, alla fase di esecuzione degli interventi de quibus – l’installazione delle reti di comunicazione elettronica - come risulta dal cenno all’art. 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (che, come si è visto, si riferisce a sua volta alla medesima fase), nonché dalla locuzione “esecuzione delle opere di cui al Codice”: la quale allude verosimilmente all’art. 88 del D.Lgs. n. 259 del 2003.
Come si è visto, quest’ultima disposizione così recita:
“(Opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico) stabilisce che:
“1. Qualora l'installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica presupponga la realizzazione di opere civili o, comunque, l'effettuazione di scavi e l'occupazione di suolo pubblico, i soggetti interessati sono tenuti a presentare apposita istanza conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello C di cui all'allegato n. 13, all'Ente locale ovvero alla figura soggettiva pubblica proprietaria delle aree.
[……]
6. Il rilascio dell'autorizzazione comporta l'autorizzazione alla effettuazione degli scavi indicati nel progetto, nonché la concessione del suolo o sottosuolo pubblico necessario all'installazione delle infrastrutture. Il Comune può mettere a disposizione, direttamente o per il tramite di una società controllata, infrastrutture a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie.
[……]”
Corollario del discorso sin qui svolto è che – non versandosi nella fattispecie per cui è causa nella fase di realizzazione delle reti di comunicazione elettronica, bensì in quella successiva dell’esercizio del servizio relativo mediante occupazione di un’area pubblica – non è applicabile l’inciso del comma 2 dell’art. 93 afferente la previsione di speciali agevolazioni di cui fa cenno l’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997.
Il primo mezzo, pertanto, non merita condivisione, essendo fondato su una lettura erronea dell’impianto normativo di riferimento.
Non miglior sorte ha il secondo mezzo, incentrato sul fatto che la nuova tariffa, parametrata solo alla superficie occupata, violerebbe i criteri predeterminati dall’art. 63 e non prevederebbe nessuna speciale agevolazione.
Circa questo secondo profilo si è già detto.
Quanto al primo, è a dire che il Comune si è avvalso di un potere discrezionale, che è stato esercitato non in modo manifestamente irrazionale od illogico e, comunque, è stato esercitato nell’ambito della cornice normativa di cui all’art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997: questa norma – lo si è visto – prevede che il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche venga determinato sulla base di tutta una serie di criteri.
E’a dire che questi criteri abbracciano uno spettro elevato di ipotesi, tra le quali ben può essere ascritta la fattispecie per cui è causa: v., in particolare, i punti b) e c): “b) classificazione in categorie di importanza delle strade, aree e spazi pubblici; c) indicazione analitica della tariffa determinata sulla base della classificazione di cui alla lett. b), dell'entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari, del valore economico della disponibilità dell'area nonché del sacrificio imposto alla collettività, con previsione di coefficienti moltiplicatori per specifiche attività esercitate dai titolari delle concessioni anche in relazione alle modalità dell'occupazione;”.
Neppure il terzo ed ultimo motivo merita condivisione.
Con esso si contesta all’intimato Comune la dichiarata “necessità di istituire un canone di concessione per l’installazione di stazioni radio base” (così la deliberazione consiliare n. 131/2004), senza che emergano da quest’atto i criteri di fissazione della misura unitaria della tariffa e di suddivisione del territorio comunale in due zone.
Il Collegio osserva che, versandosi in tema di atto normativo, non occorreva che la deliberazione n. 131 fosse supportata da un apparato giustificativo (v. art. 3, comma 2 della legge n. 241 del 1990).
Ciò posto, occorre ribadire, da un lato, che l’opposta determinazione tariffaria sembra porsi nell’alveo del ripetuto art. 63 e, comunque, non appare collidere con i principi di logica e di razionalità.
Basti considerare che gli impianti in questione hanno un indubbio impatto ambientale e paesaggistico (con riflessi anche sulla salute pubblica, secondo una tesi peraltro non ancora comprovata da evidenze scientifiche certe): in questa ottica non può sostenersi la estemporaneità della differenziazione della tariffa in ragione della collocazione dell’impianto (dentro o fuori la circonvallazione cittadina).
Il quantum sfugge, poi, ad un sindacato di legittimità, trasmodando in un sindacato più propriamente di merito; in ogni caso, tenuto conto dalla peculiarità degli impianti e della loro interrelazione con il territorio circostante (in particolare con il grado di urbanizzazione e di fruizione), la misura del canone introdotto con la deliberazione impugnata non sembra porsi in contrasto con i ripetuti principi di logicità e razionalità.
In conclusione, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.
Le spese del giudizio possono venire compensate.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente FF
Vincenzo Farina, Consigliere, Estensore
Rita De Piero, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2010