La “evoluzione” della nozione di rifiuto
di Mauro Sanna
Relazione tenuta al corso "Gestione dei Rifiuti" Rispescia (GR) maggio 2003 presso il Centro Studi di diritto Ambientale dei CEAG - Legambiente
La
nozione di rifiuto, la sua classificazione e le esclusioni alla specifica
disciplina, sono dettate rispettivamente dagli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs.
22/97.
In
considerazione delle numerose modifiche, integrazioni ed abrogazioni a
cui tali articoli sono stati
sottoposti nel tempo, al fine di comprendere come si sia pervenuti all’attuale
stesura, e per una migliore comprensione delle disposizioni vigenti, si ritiene
utile procedere ad una ricostruzione delle norme succedutesi nel tempo.
La
definizione di rifiuto contenuta nell’articolo 6 primo comma, che
adotta integralmente la formulazione contenuta nella direttiva europea, prevede
che si deve considerare come rifiuto: “qualsiasi sostanza od oggetto che
rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si
disfi o abbia deciso l’obbligo di disfarsi”.
Tale
definizione ha sostituito nel 1997, quella precedente prevista dal D.P.R.
915/82, che prevedeva che “per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od
oggetto derivante da attività umane o da cicli naturali, abbandonato o
destinato all’abbandono”.
La definizione adottata nel D.Lgs. 22/97 successivamente non è stata più modificata, né sono state previste deroghe, né poteva essere altrimenti, considerato che essa deriva direttamente da quanto previsto in materia dalla disciplina comunitaria.
Solo
con la legge 8 agosto 2002 n. 178 articolo 14, è stata emanata una disposizione
contenente l’interpretazione autentica della nozione di rifiuto, per la cui
discussione si rinvia ad altri scritti specifici sull’argomento.
Essa
prevede:
-
“Le parole : “si disfi”, “abbia deciso” o “abbia l’obbligo
di disfarsi” di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, di seguito
denominato “decreto legislativo n. 22”, si interpretano come segue:
a)
“si disfi”: qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo
diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o
sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C
del decreto legislativo n. 22;
b)
“abbia deciso”: la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento
e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22,
sostanze, materiali o beni;
c)
“abbia l’obbligo di disfarsi”: l’obbligo di avviare un materiale,
una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o smaltimento, stabilito da una
disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto
dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i
medesimi siano compresi nell’elenco dei rifiuti di cui all’allegato D del
decreto legislativo n. 22.
-
Non ricorre la decisione di disfarsi, di cui alle lettere b) e c) del
comma 1, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo
ove sussista una delle seguenti condizioni:
a)
se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo,
senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare
pregiudizio all’ambiente;
b)
se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente
riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo,
dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna
operazione di recupero tra quelle individuate
nell’allegato C del decreto legislativo n. 22”.
Anche
tale interpretazione autentica non modificata e non potrebbe fare altrimenti, la
nozione originaria di rifiuto.
L’articolo
7 del D.Lgs. 22/97 contiene i criteri per la classificazione dei rifiuti.
Le
parti di questo articolo che hanno subito le maggiori modifiche sono stati i
commi terzo e quarto, esso nella iniziale stesura, prevedeva che:
“Sono
rifiuti urbani:
a)
i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione;
b)
i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi
diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per
quantità e qualità, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera g);
c)
i rifiuti provenienti dalla spazzamento delle strade;
d)
i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti
sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque
soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei
corsi d’acqua;
e)
i rifiuti vegetali provenienti da aree versi, quali giardini, parchi e
aree cimiteriali;
f)
i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri
rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli ci cui alle
lettere b), c) ed e)”.
“Sono rifiuti speciali:
a)
i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b)
i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché
i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo;
c)
i rifiuti da lavorazioni industriali;
d)
i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e)
i rifiuti da attività commerciali;
f)
i rifiuti da attività di servizio;
g)
i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti,
i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delel acque e
dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h)
i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i)
i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l)
i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti”;
“Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell’elenco D”.
Il comma 4 è stato integrato dal D.Lgs. 389/97 prevedendo che “sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell’elenco di cui all’allegato D sulla base degli allegati G, H ed I”.
Tale
integrazione ai fini della identificazione dei rifiuti pericolosi era del tutto
superflua, considerato che questi erano comunque quelli previsti dall’allegato
D per la cui compilazione, avente
la Commissione Europea aveva già
tenuto conto di questi allegati.
L’allegato
D, d’altra parte allo stato attuale è stato di fatto abrogato dalla decisione
2001/118/CE e successive modificazioni ed integrazioni che hanno previsto un
nuovo elenco di rifiuti, individuando i rifiuti pericolosi nell’ambito
dell’allegato stesso, contraddistinguendoli
con un asterisco.
Il
comma 3, dell’articolo 7 ha subito invece nel tempo numerose modifiche.
L’articolo
11 della legge 22 febbraio 2002 n. 16 che ha convertito con modifiche il D.L.
28.12.2001 n. 452, ha aggiunto al comma 3 la lettera “l-bis, integrando i
rifiuti speciali con il “combustibile derivato dai rifiuti qualora non rivesta
le caratteristiche qualitative individuate da norme tecniche finalizzate a
definirne contenuti e usi compatibili con la tutela dell’ambiente”.
La
legge 6.5.2002 n. 82 che ha convertito in legge con modifiche il D.L. 7.3.2002
n. 22, ha così modificato la lett. c) relativa ai rifiuti speciali: “con i
rifiuti da lavorazioni industriali fatto salvo quanto previsto dall’articolo
8, comma 1, lett. fquater”.
L’articolo 17 della legge 21.12.2001 n. 443 ha poi però previsto che:
- “Il comma 3, lettera b), dell’articolo 7 ed il comma 1, lettera f-bis) dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 22 del 1997, si interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall’ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, semprechè la composizione media dell’intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti” (comma 17).
I successivi commi hanno poi disciplinato anche le modalità di gestione di tali materiali:
- “Il rispetto dei limiti di cui al comma 17 è verificato mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall’allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non richieda un limite inferiore”(comma 18).
- “Per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti. Rilevati e macinati anche la destinazione a differenti cicli di produzione industriale, ivi incluso il riempimento delle cave coltivate, nonché la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall’autorità amministrativa competente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 18 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità di rimodellazione ambientale del territorio interessato” (comma 19).
L’articolo 7 è stato poi ulteriormente modificato dall’articolo 23 della legge 31.7.2002 n. 179, anche già modificate, prevedendo che:
- “all’articolo 7, comma 3, lettera l-bis), sono soppresse le parole da: ”qualora” sino a: “tutela ambientale”.
L’articolo 8 del D.Lgs. 22, che inizialmente prevedeva che:
- “Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera, nonché, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge:
a) i rifiuti radioattivi;
b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell’attività agricola;
d) le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità d’impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche ed integrazioni. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l’impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 33;
e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
f) i materiali esplosivi in disuso.
- Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente decreto:
a) i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole o di conduzione dei fondi rustici comprese le terre da coltivazione provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli;
b) le frazioni merceologiche provenienti da raccolte finalizzate effettuate direttamente da associazioni, organizzazioni ed istituzioni che operano per scopi ambientali o caritatevoli, senza fini di lucro;
c) i materiali non pericolosi che derivano dall’attività di scavo.
- Le attività di recupero di cui all’allegato C effettuate nel medesimo luogo di produzione dei rifiuti, ad eccezione del recupero dei rifiuti come combustibile o altro mezzo per produrre energia, in quanto parte integrante del ciclo di produzione, sono escluse dal campo di applicazione del presente decreto.
- Le disposizioni del presente decreto si applicano agli scarti dell’industria alimentare destinati al consumo umano od animale qualora gli stessi non siano disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria”.
Appena sette mesi dopo la sua emanazione è stato integralmente modificato dal D.Lgs. 8 novembre 1997 n. 389 che ha notevolmente limitato le tipologie di rifiuti esclusi dalla disciplina prevista dal D.Lgs. 22/97, esso ha previsto:
- “Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera, nonché, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge:
a) i rifiuti radioattivi;
b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell’attività agricola;
d) le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità d’impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche ed integrazioni. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l’impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 33;
e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
f) i materiali esplosivi in disuso”.
Successivamente la legge 23 marzo 2001 n. 93 ha integrato tale articolo prevedendo che “f-bis) le terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti; f-ter) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto”.
Tale articolo è stato poi interpretato insieme con la lett. b) dell’articolo 7, come sopra riportato dall’articolo 17 della L. 21.12.2001 n. 443.
Anche l’articolo 23 della legge 31.7.2001 n. 139 che ha modificato l’articolo 7 ha anche modificato l’articolo 8 che ha previsto:
- “all’articolo 8, comma 1, dopo la lettera c), è inserita la seguente: “c-bis) i residui e le eccedenze derivanti dalle preparazioni nelle cucine di qualsiasi tipo di cibi solidi, cotti e crudi, non entrati nel circuito distributivo di somministrazione, destinati alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, nel rispetto della vigente legge”.
La
legge 6.5.2002 n. 82 che ha convertito in legge con modifiche il D.L. 7.3.2002
n. 22, ha integrato l’articolo 8
con la lettera f-quater che ha escluso dalla disciplina di
rifiuti “il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso
produttivo”.
Prevedendo
anche le modalità per il suo utilizzo:
- Negli impianti di combustione con potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 50 MW, è consentito l’uso del coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3 per cento in massa.
-
In deroga a quanto previsto all’allegato 3, parte B, punto B4, del
decreto del Ministro dell’ambiente 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 1990, l’uso del coke da
petrolio è consentito nel luogo di produzione anche per processi di combustione
mirati a produrre energia elettrica o termica con finalità non funzionali ai
processi propri della raffineria, purchè le emissioni rientrino nei limiti
stabiliti dalle disposizioni in materia.
-
Negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello
zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60 per cento con
il prodotto ottenuto è consentito l’uso del coke da petrolio con contenuto di
zolfo non superiore al 6 per cento in massa.
-
E’ in ogni caso vietato l’utilizzo del coke da petrolio nei forni per
la produzione della calce impiegata nell’industria alimentare”.
In conclusione gli articoli 6, 7 ed 8 nella loro stesura definitiva prevedono quanto qui di seguito riportato.
Art. 6 primo comma
“Qualsiasi
sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di
cui il detentore si disfi o abbia deciso l’obbligo di disfarsi”.
Art.
7
a)
“Sono rifiuti urbani:
b)
i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi
adibiti ad uso di civile abitazione;
c)
i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi
diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per
quantità e qualità, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera g);
d)
i rifiuti provenienti dalla spazzamento delle strade;
e)
i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti
sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque
soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei
corsi d’acqua;
f)
i rifiuti vegetali provenienti da aree versi, quali giardini, parchi e
aree cimiteriali;
g)
i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri
rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli ci cui alle
lettere b), c) ed e)”.
“Sono rifiuti speciali:
a)
i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b)
i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché
i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo;
c)
i rifiuti da lavorazioni industriali fatto salvo quanto previsto
dall’articolo 8, comma 1, lettere f-quater;
d)
i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e)
i rifiuti da attività commerciali;
f)
i rifiuti da attività di servizio;
g)
i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti,
i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delel acque e
dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
h)
i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i)
i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
l)
i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti”;
l
bis) i combustibili derivati da rifiuti.
“Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell’elenco di cui all’allegato della decisione 2001/118/CE e successive modificazioni ed integrazione, individuati con asterisco”.
Art. 8
- “Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera, nonché, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge:
a) i rifiuti radioattivi;
b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;
c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell’attività agricola;
d) le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità d’impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche ed integrazioni. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l’impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all’articolo 33;
e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido;
f) i materiali esplosivi in disuso”.
“f-bis) le terre e rocce da scavo destinate all’effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti;
f-ter) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto”.
“f-quater il coke di petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo”.
- “Negli impianti di combustione con potenza termica nominale, per singolo focolare, uguale o superiore a 50 MW, è consentito l’uso del coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3 per cento in massa.
-
In deroga a quanto previsto all’allegato 3, parte B, punto B4, del
decreto del Ministro dell’ambiente 12 luglio 1990, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 1990, l’uso del coke da
petrolio è consentito nel luogo di produzione anche per processi di combustione
mirati a produrre energia elettrica o termica con finalità non funzionali ai
processi propri della raffineria, purchè le emissioni rientrino nei limiti
stabiliti dalle disposizioni in materia.
-
Negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello
zolfo siano fissati o combinati in percentuale non inferiore al 60 per cento con
il prodotto ottenuto è consentito l’uso del coke da petrolio con contenuto di
zolfo non superiore al 6 per cento in massa.
-
E’ in ogni caso vietato l’utilizzo del coke da petrolio nei forni per
la produzione della calce impiegata nell’industria alimentare”.