TAR Veneto Sez. II n. 913 del 9 luglio 2021
Urbanistica.Autonoma impugnabilità del certificato di destinazione urbanistica
 
Il certificato di destinazione urbanistica, in quanto privo di una efficacia provvedimentale propria, non ha alcuna concreta lesività; il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione. Gli eventuali errori in esso contenuti potranno essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati sulla base dell’erroneo certificato di destinazione urbanistica

Pubblicato il 09/07/2021

N. 00913/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00910/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 910 del 2020, proposto da
Domenico Boscolo Chio, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Papa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Chioggia, via S. Marco 629/A;

contro

Comune di Chioggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Debora Perini, Umberto Balducci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Umberto Balducci in Chioggia, corso del Popolo 1193;

per l'annullamento

del provvedimento di “archiviazione”/diniego, sottoscritto dal dirigente del settore urbanistica del Comune di Chioggia, protocollo 27880 del 26.6.2020 con il quale è stata negata la riclassificazione urbanistica del terreno sito in Chioggia e catastalmente distinto con il fg. 38, mapp. 410, 509, 1158 e 1159, ed è stato negato persino un credito edilizio da utilizzare altrove;

del certificato di destinazione urbanistica protocollo 29261 del 6.7.2020, o comunque per la dichiarazione della sua illegittimità, nella parte in cui certifica la destinazione del terreno sopra indicato come “impianti speciali” pubblici, nonostante la sopravvenuta decadenza del vincolo;

del diniego di pagamento di un'indennità o di un risarcimento, protocollo 36162 datato 14 agosto 2020;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Chioggia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2021 il dott. Marco Rinaldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente espone di essere proprietario di un lotto di terreno sito nel centro urbano di Chioggia, prospiciente sulla strada pubblica (nei pressi di un incrocio), lungo la quale tutti i terreni sono già edificati (case, negozi, magazzini) o in corso di edificazione, soggetto a vincolo, imposto dalla Variante al PRG approvata nel 2009, per costruire “impianti speciali pubblici”.

Nel presente giudizio egli, muovendo dalla natura espropriativa del vicolo gravante sul suo terreno - vincolo finalizzato alla costruzione di “impianti speciali pubblici”, di fatto mai realizzati dal 2009 ad oggi - ha impugnato gli atti in epigrafe indicati (diniego di riclassificazione urbanistica dell’area; certificato di destinazione urbanistica; diniego di corresponsione dell’indennizzo previsto in caso di reiterazione di vincoli espropriativi), deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; ha, altresì, chiesto il risarcimento dei danni.

Si è costituito in giudizio l’Ente Civico contrastando le avverse pretese.

All’udienza pubblica in epigrafe indicata la causa è passata in decisione.

Il ricorso va dichiarato in parte inammissibile e in parte fondato, nei limiti di seguito precisati.

Il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione in relazione alla domanda con cui il ricorrente, sul presupposto della natura espropriativa del vicolo imposto dalla Variante al PRG approvata nel 2009 e della sua intervenuta reiterazione, chiede la corresponsione dell’indennizzo dovuto in caso di reiterazione dei vincoli espropriativi.

Le controversie concernenti il riconoscimento del diritto all'indennizzo per reiterazione di vincoli di inedificabilità sostanzialmente espropriativi appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto sia l'art. 34, comma 3, lett. b), del d.lg. n. 80 del 1998, come modificato dall'art. 7, l. n. 205 del 2000, sia l'art. 39, comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001 attribuiscono alla Corte d'Appello la cognizione delle relative controversie.

Va quindi declinata la giurisdizione di questo Tribunale Amministrativo Regionale in favore del Giudice Ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta nei termini di legge (art. 59 l. n. 69/2009; art. 11 c.p.a.).

La domanda con cui il ricorrente chiede l’annullamento del certificato di destinazione urbanistica rilasciatogli dal Comune deve essere dichiarata inammissibile per originaria carenza d’interesse perché proposta contro un atto non provvedimentale, privo di autonoma efficacia lesiva.

Secondo una consolidata giurisprudenza, il certificato di destinazione urbanistica di cui all’art. 30 co. 2 e ss., del D.P.R. n. 380/2001 si configura come una certificazione redatta da un pubblico ufficiale avente carattere meramente dichiarativo e ricognitivo. In tal senso si è espresso il Consiglio di Stato, sez. IV, 26/08/2014 n. 4306 secondo il quale il CDU non ha carattere costitutivo degli effetti giuridici che dallo stesso risultano, atteso che la situazione giuridica attestata nel predetto certificato altro non è che la conseguenza di altri precedenti provvedimenti che hanno provveduto a determinarla (parimenti T.A.R. Roma, Sez. II, 06/03/2012 n. 2241; T.A.R. Brescia, Sez. I, 24/04/2012 n. 687; T.A.R. Torino, Sez. II, 18/06/2016 n. 887; T.A.R. Bari, Sez. III, 03/01/2018 n. 5; T.A.R. Milano, Sez. II, 21/07/2017 n. 434). Nello specifico, trattasi delle disposizioni degli strumenti urbanistici vigenti sull’area di interesse che lo stesso riporta. Sono queste ultime, in concreto, ad essere lesive della sfera giuridica del cittadino. Pertanto, il certificato, in quanto privo di una efficacia provvedimentale propria, non ha alcuna concreta lesività; il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione. Gli eventuali errori in esso contenuti potranno essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati sulla base dell’erroneo certificato di destinazione urbanistica (T.A.R. Milano, Sez. II, 04.11.2019 n. 2296; Consiglio di Stato, Sez. IV, 04.02.2014, n. 505; T.A.R. Catania, Sez. II, 03/07/2019, n. 1696; T.A.R. Milano, Sez. I, 24/03/2016, n. 586; T.A.R. Latina, Sez. II, 22/05/2013 n. 482, T.A.R. Brescia, Sez. I, 24/04/2012, n. 687 e 21/12/2011, n. 1779; T.A.R. Milano, Sez. II, 14/03/2011, n. 729 e Sez. IV, 06/10/2010, n. 6863).

Il ricorso proposto contro il diniego di riclassificazione urbanistica dell’area di proprietà del ricorrente è ammissibile (poichè proposto dal proprietario dell’area, ovvero da un soggetto che ha una posizione differenziata e qualificata rispetto alla generalità dei consociati nonché un concreto interesse alla riclassificazione del terreno) e fondato nei limiti che si vanno ad esporre.

Il diniego di riclassificazione urbanistica opposto al ricorrente è stato motivato dalla P.A. in ragione della mancata approvazione del P.A.T. e del RECRED (registro dei crediti edilizi).

Tale motivazione non è idonea a sostenere il diniego.

Il Comune non può rigettare l’istanza del privato, traendo pretesto da un proprio inadempimento o comunque da inerzie o ritardi nell’approvazione del Piano di Assetto del Territorio (previsto dalla L.R.V. n. 11/2004, non ancora attuata sul territorio comunale) e del registro dei crediti edilizi (obbligatorio dal 2019, ex art. 4 L.R.V. n. 14/2019, e non ancora istituito dal Comune resistente), ma deve valutare l’istanza sottoposta al suo vaglio alla luce della disciplina urbanistica vigente, chiarendo, una volta per tutte, la natura del vincolo (se conformativo od espropriativo ) gravante dal 2009 sulla proprietà del ricorrente e la sua attuale sorte (persistenza del vincolo conformativo versus decadenza del vincolo espropriativo, con obbligo del Comune di ripianificare l’area, divenuta zona bianca).

Le deduzioni svolte in giudizio dalla difesa del Comune, ad avviso della quale il vincolo gravante sul terreno del ricorrente non sarebbe decaduto poiché avente natura conformativa, non possono essere prese in considerazione in sede di decisione del presente ricorso poiché introducono elementi non esternati nel provvedimento impugnato e costituiscono un’inammissibile integrazione postuma della motivazione del diniego, basata esclusivamente sulla mancata approvazione del P.A.T. e del RECRED.

La giurisprudenza è consolidata nel ritenere inammissibile l'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. La motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 04/01/2021, n. 98). Ed invero, secondo la giurisprudenza formatasi sul tema, nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi. La motivazione costituisce infatti il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile (ex pluribus, Cons. Stato, III, 7 aprile 2014, n. 1629; Cons. Stato, VI, 19 ottobre 2018, n. 5984; vedi anche Corte cost., ordinanza 26 maggio 2015 n. 92).

La domanda di risarcimento del danno formulata dalla parte ricorrente deve essere respinta perché genericamente formulata e tenuto conto che il ricorrente (il quale nel 2009 non ha impugnato l’atto impositivo del vincolo) potrà, se del caso, ottenere il bene della vita cui aspira in sede di riedizione del potere.

Le spese di lite sono compensate per metà in ragione dell’articolato esito del giudizio (che vede il ricorrente soccombere in relazione ad alcune domande) e sono poste, per il resto, a carico del Comune, risultato soccombente in relazione alla domanda principale, costituente il vero cuore pulsante della vertenza, avente ad oggetto l’annullamento dell’impugnato diniego di classificazione urbanistica.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

a) dichiara il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda di corresponsione dell’indennizzo e individua quale giudice munito di giurisdizione il Giudice Ordinario, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta nei termini di legge

b) dichiara inammissibile l’azione di annullamento del certificato di destinazione urbanistica;

c) accoglie l’azione di annullamento proposta avverso il diniego di riclassificazione urbanistica e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato;

d) respinge l’azione risarcitoria.

Condanna il Comune di Chioggia a rifondere al ricorrente la metà delle spese di lite, liquidate in € 1500, oltre accessori e restituzione del contributo unificato, compensandole per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2021, tenutasi da remoto mediante videoconferenza, con l'intervento dei magistrati:

Alberto Pasi, Presidente

Marco Rinaldi, Primo Referendario, Estensore

Mariagiovanna Amorizzo, Referendario