QUALE LA “RAGIONEVOLEZZA” DELLE SANZIONI PENALI ? (IL TRASPORTO DI RIFIUTI PERICOLOSI SENZA FORMULARIO).
di Alberto PIEROBON
1.- Breve premessa; 2. - La tematica di cui trattasi (introduzione); 3.- La “ricostruzione” (schematica) del puzzle; 4. - La problematica (primi elementi); 5. - Ulteriori elementi di riflessione; 6. - Il “fatto” e la sua rilevanza (o irrilevanza); 7. - Per una visione non agnostica delle sanzioni; 8. - Uno Stato “criminogeno”? La possibilità di rimediare con (la “forza” de) la giurisprudenza; 9. - La “ragionevolezza” quale criterio di “opportunità razionale empirica” (ovvero una via di uscita “pratica”).
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Breve premessa.
E’ sorta, ed è stata nel tempo alimentata - invero facilmente (a causa dell’obiettivo caos normativo)-, la querelle relativa alla tematica delle sanzioni penali SISTRI, in particolare sul trasporto di rifiuti pericolosi e sulla (asseritamente intervenuta) depenalizzazione del medesimo comportamento tenuto “fuori” dal predetto sistema 1.
La dottrina ha avuto modo di intrattenersi sul punto e molta parte di essa ha esattamente e doviziosamente ricostruito la disciplina in parola, tra altro, ben rappresentando l’assurdità venutasi a creare dal nostro legislatore, con i suoi plurimi interventi.
Rimane in “gobba” agli operatori di pazientemente seguire la difficoltosa lettura ricostruttiva in parte qua, altresì considerando l’affanno nel seguire i tanti problemi quotidiani (vieppiù ingigantiti dalla crisi economica), talchè essi operatori sovente non riescono a farsi una propria idea sulla questione, rimettendosi – come spesso accade - alle notizie estratte, se non propinate, dal WEB e/o dai “tam tam” del circuito degli operatori.
Annoverandoci tra i modesti artigiani della materia2, ci accingiamo a sorvolare la tematica in parola. In proposito, sia consentito richiamare i nostri interventi sul SISTRI3, nel mentre ci pare qui utile qui riprendere dei “vecchi” (giammai polverosi) testi - sui quali ci siamo,un tempo, formati -, per quanto qui ci interessa, soprattutto rifacendosi al pensiero del grande G. Bettiol4 (in particolare, per taluni aspetti problematici, giova richiamare le Sue “Istituzioni”5).
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La tematica di cui trattasi (introduzione).
Come accennato, tra le sanzioni SISTRI assume rilievo penale il trasporto di rifiuti pericolosi effettuato in assenza della copia cartacea della scheda SISTRI – area movimentazione.
Mentre, il medesimo trasporto effettuato senza formulario (o con formulario riportante dati incompleti o inesatti) dai soggetti non aderenti al SISTRI, non rileverebbe penalmente (bensì come sanzione amministrativa), fatta salva l’ipotesi dell’art.483 c.p.6 ovvero per la produzione o l’utilizzazione di un certificato di analisi falso7.
In effetti, il SISTRI (teoricamente, non certo operativamente) sussumendo nella sua fattispecie tutti i trasporti di rifiuti pericolosi avrebbe dovuto “coprire”, con la ivi apprestata (propria) sanzione, anche queste attività.
Ne deriva – come vedremo – che la mancata messa a regime del SISTRI avrebbe comportato (dal punto di vista penale) un vuoto sanzionatorio per i trasporti di rifiuti pericolosi effettuati, appunto, “fuori SISTRI”, cosicchè essi non sarebbero più sanzionabili penalmente8.
Riteniamo, per quanto si dirà oltre, che la tesi della non sanzionabilità penale dei suddetti comportamenti non sia condivisibile.
In via preliminare e generale, tra le novità del sistema sanzionatorio SISTRI, giova rammentare:
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l’art. 258 del D.Lgs. n.152/2006 – d’ora in poi “codice ambientale” - (tenuta di registri di carico e scarico e compilazione dei formulari di trasporto)9 che è stato modificato dall’art.35 del D.Lgs. n.205/2010;
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il “nuovo” art.260-bis, codice ambientale, relativo all’inadempimento al SISTRI (introdotto dall’art.36 del D.Lgs. n.205/2010);
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il “nuovo” art. 260-ter, codice ambientale, relativo alle sanzioni amministrative e accessorie per fermo e confisca.
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La “ricostruzione” (schematica) del puzzle.
Cercando di schematizzare, per quanto possibile, abbiamo che l’art.16, comma 1, del D.Lgs. n. 205/2010 ha riscritto gli artt. 186; 188; 188-bis; 188-ter; 189; 190; 193 (che non sono in vigore: vedasi oltre).
Il comma 2, del medesimo art. 16, prevede che tutto l’articolo entri in vigore dopo la scadenza del termine (peraltro ancora prorogato) di cui all’art.12, comma 2, del D.M. 17 dicembre 2009, talchè sembra che10:
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rimangano vigenti gli articoli nella versione “precedente” a quelli “attuali” del succitato art.16, comma 1;
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la scadenza del suddetto termine si applichi anche le sanzioni di cui all’art.188-bis (art. 39, comma 1, del D.Lgs. n. 205/2010), per cui sarebbero inapplicabili le sanzioni di cui alle succitate “novità” degli artt.188-193;
Ora, con riferimento all’art.258 del codice ambientale, si avrebbe:
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l’applicabilità dell’art.258, nella versione “originaria”, fino al 25 dicembre 2010;
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l’inapplicabilità dell’art.258, nel testo “vigente” col D.Lgs. n.205/2010, essendo quest’ultimo riferito al SISTRI (ora com’è noto “sospeso”, dopo plurimi rinvii);
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l’applicabilità dell’art. 258, nella versione previgente (“originaria”) al D.Lgs. n.205/2010, ma solo dall’entrata in vigore dell’art.4, comma 2, lett.”b” del D.Lgs. 7 luglio 2011, n.121 (cioè dal 16 agosto 2011)11;
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l’inapplicabilità dell’art.258, “vecchio”, dal 25 dicembre 2010 fino al 16 agosto 2011, proprio per la “dimenticanza-pasticcio” del legislatore che è qui intervenuto prociclicamente al SISTRI, non in modo organico e chiaro.
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La problematica (primi elementi).
Senza soffermarci sui soggetti che sono tenuti, o meno, al SISTRI (e quindi alle “diverse” sanzioni richiamabili per il medesimo trasporto), la complicazione di questo mosaico normativo, come accennato deriva soprattutto dal “fallimento-differimento” del SISTRI, dai suoi numerosi rinvii, fino all’attuale sospensione del sistema12.
In altri termini, le suddette sanzioni del codice ambientale sono state redatte pensando all’avvento del SISTRI, quale “attrattore-fusore” di certune attività (nel caso che ci riguarda il trasporto dei rifiuti pericolosi) soddisfacendo, di per sé, col suo “sistema”, alle esigenze pubblicistiche connesse alla tutela dell’ambiente perseguite con la tracciabilità, la controllabilità, etc. del trasporto de quo.
Al contempo, il legislatore pensando alla messa “a regime” del SISTRI, secondo i termini che via via sono slittati nel tempo, non si è preoccupato di intervenire13 su talune fattispecie per così dire “NO SISTRI”, quale quella in esame, in tal modo complessificando (anziché semplificando) la lettura diacronica delle sanzioni e la loro applicabilità alle diverse fattispecie.
Ne viene che, secondo la lettura che va per la maggiore, rispettosa del formalismo giuridico – se non del cosiddetto “legalismo”14 - , il trasporto illecito di rifiuti pericolosi “fuori” SISTRI, sarebbe stato depenalizzato, con efficacia retroattiva ex art. 2 c.p.15, ovvero richiamandosi al noto principio di irretroattività delle norme incriminatrici (o di quelle recanti trattamento penale più sfavorevole), e pure della retroattività della legge penale più favorevole per il reo16.
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Ulteriori elementi di riflessione.
Tra altro, siamo forse in presenza di una abrogazione espressa, della medesima fattispecie, tale da impedire l’ultrattività della norma penale?
A noi non sembra così essere, poiché una abolizione del reato avviene solo allorquando <per l’oggettiva perdita del disvalore del fatto, il legislatore sia pervenuto ad una valutazione di totale inoffensività e di piena liceità della condotta originariamente incriminata (cfr., in tal senso, Cass. SS.UU., 7 novembre 2000, n.27)>17.
Nel nostro caso il legislatore si è obiettivamente (censurabilmente) “addormentato” (anzi la sua letargia continua…), creando un bel po’ di confusione, ma pure l’occasione per approfondire questa tematica che dischiude altri orizzonti di metodo18.
Merita qui rilevare come la volutas legis, ricavabile dai continui interventi legislativi, deponga chiaramente per tenere in vita l’art.258 “vecchia” versione del codice ambientale, tramite il, per così dire, successivo “subentro” dell’art.258 “nuova” versione del codice ambientale, ovvero allorquando diverrà effettivamente concretato (più che disciplinato e annunciato nella sua, sempre imminente, operatività) il SISTRI.
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Il “fatto” e la sua rilevanza (o irrilevanza).
Questi “fatti” – trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario - in quanto contemplano un comportamento potenzialmente lesivo dell’ambiente (e quindi reputato abbisognevole di tutela), venivano considerati quali reati prima del “SISTRI-pensiero”, essi fatti però non mutano (nella struttura e nell’essenza della fattispecie) con l’avvento del SISTRI19.
Ora, per le note traversie del legislatore, i medesimi fatti (con rapporto di continenza tra vecchia e nuova norma) tramite novatio legis vengono trattati diversamente, per quanto riguarda la loro vigenza (transitorietà).
E, tanto è avvenuto senza valutare il giudizio di disvalore alla base dell’illecito che persiste in entrambi i fatti-comportamenti della fattispecie incriminatrice. Cioè non è mutata la valutazione comparativa tra la tutela e la pericolosità della condotta.
Più esattamente, ciò è avvenuto sia con riguardo all’art.258, per così dire “vecchia” versione, sia con l’art.258 nella versione “sistrizzata”; con l’aggravante che il legislatore (accortosi della confusione creatasi) ha ristabilito – erroneamente, solo per un periodo – la sanzione “vecchia” (ante SISTRI) con ciò (a noi pare) presumendosi l’invarianza del giudizio di disvalore di cui sopra.
E’ quindi auspicabile – se non necessario - un intervento quantomeno giurisprudenziale chiaro, ma anche “coraggioso”.
Il punto, a noi pare, è stabilire se le condotte di cui trattasi siano sostanzialmente le medesime o se vi sia stata una frattura tra le due fattispecie penali, con conseguente abrogazione.
Nel caso del SISTRI – lo ribadiamo - la logica è quella di sussumere nell’ambito del sistema informatico e informativo della tracciabilità le informazioni della prevista scheda, dinamicizzandole nella temporalità del SISTRI, comunque finalizzando siffatte informazioni alla tracciabilità e al controllo (anche a posteriori).
Nel caso del trasporto di rifiuti “fuori SISTRI” (rectius, “prima” del SISTRI), si riscontrano attività uguali, svolte dal medesimo soggetto con riferimento al medesimo oggetto (rifiuti pericolosi).
Qui, ora, le cose cambiano: la deterrenza penale sparisce, l’interesse alla gestione di siffatti rifiuti (si badi: maggiormente “profittevole” rispetto ai rifiuti non pericolosi) potrebbe far propendere per le gestioni illecite, etc. In ogni caso rimane ferma la finalità,anche in questi casi (cioè fuori del SISTRI), della tracciabilità e del controllo a’ fini di tutela ambientale e quale…. spauracchio per le violazioni alla disciplina de qua (soprattutto nei confronti della criminalità organizzata).
Però,ora, il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario non sarebbe più penalmente perseguibile, e ciò (si badi: solamente) “grazie” alla melassa normativa “combinata” dal sonno del legislatore riguardo al SISTRI e normativa transitoria (nel “viaggio” applicativo del SISTRI).
All’uopo, non sembra irrilevante ricordare come le sanzioni SISTRI, almeno per come emerso dalle indagini giudiziarie in corso20, sembrano siano state – fuori da logiche di giustizia, addirittura per …. “ingiustizia! - intenzionalmente “aggravate”, solo per indurre (col terrore delle sanzioni) i soggetti ad iscriversi al medesimo “sistema” (all’obbedienza), al fine di consentire il rispetto, se non il “successo”, del formidabile (si fa per dire) contratto stipulato tra il Ministero dell’Ambiente e la affidataria del servizio (Selex).
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Per una visione non agnostica delle sanzioni.
In via generale, va osservato come una lettura per così dire “agnostica” delle pene, come semplice previsione letterale, ovvero come semplice <reazione>21 non possa considerarsi corretta, giacchè <l’interprete deve guardare (con la sua coscienza) al contenuto>22 e vedere <la validità rifacendosi alla valutazione dalla quale è nata la norma come giudizio>23.
In effetti, <l’effettività va giudicata (..) commisurandola ad una coscienza normativa>24 che attribuisce un significato giuridico al fatto, poiché <il significato giuridico non sta dentro il fatto, ma è ricevuto dal fatto>25.
Insomma, è necessaria una sorta di <comprensione integrativa>26, ovvero una interpretazione teleologica che avvenga <tenendo presente lo scopo delle singole norme che si identifica con il bene giuridico tutelato>27
Pensare, quindi, che la sarabanda del SISTRI (che spesso è stato condizionato,come visto, nella sua disciplina, da elementi come dire… extragiuridici!) abbia, nelle sue “pezze” e nei vari “ripensamenti”, comportato una innovazione per le sanzioni da trasporto di rifiuti pericolosi tale da consentire una sostanziale impunità (penalmente parlando) per il passato, non ci pare sia “ragionevole”.
Recentemente sono state segnalate (se non agitate) due sentenze della Cassazione penale a favore dell’intervenuta depenalizzazione del trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario,etc.
Invero, la sentenza della Cassazione penale, Sez.III^, decisa il 21 giugno 2011 (dep. il 27 luglio 2011), n.29973/11 si è limitata ad affermare (punto 7) <che in questa sede non è necessario approfondire le questioni derivanti dalla suddetta modifica legislativa e gli eventuali problemi di continuità normativa, in quanto deve ritenersi che la fattispecie oggetto del giudizio già sulla base della disciplina vigente all’epoca del fatto costituiva – in astratto – un illecito amministrativo e non un illecito penale. E ciò perché da quanto emerge dalle due sentenze di merito, non risulta che si trattasse di rifiuti pericolosi e che quindi si dovesse applicare la sanzione penale prevista per il trasporto di rifiuti pericolosi dal vecchio testo dell’art. 258, comma 4>.
La successiva sentenza della Cass. penale, Sez.III^, decisa il 22 febbraio 2012 (dep. Il 24 aprile 2012), n.15732/12 non sembra essere condivisibile, quantomeno, per aver attribuito alla precedente (succitata) sentenza conclusioni che non ci sembrano essere state affermate dalla Corte. Peraltro, il precedente giurisprudenziale in Italia non assume certo valore vincolante.
Ci saremmo aspettati da parte della giurisprudenza, come già detto, almeno per i profili che qui interessano, un esito più chiaro e maggiormente coraggioso.
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Uno Stato “criminogeno”? La possibilità di rimediare con (la “forza” de) la giurisprudenza.
Diversamente, non ci resta che intravvedere (come abbiamo avuto occasione di ribadire sin dall’originarsi della questione) una sorta di comportamento criminogeno da parte dello Stato.
Lo Stato, infatti, <è criminogeno con la sua opera sconnessa, se è male ordinato>28.
Inoltre, questa sorta di opportunismo che possiamo tacciare come “utilitaristico” è <tecnicamente disastroso con la procedimentalizzazione del diritto sostanziale>29, nonostante che - dal punto di vista delle regole di successione delle norme nel tempo – la differenziazione tra diritto penale sostanziale e diritto penale processuale venga scolorendosi 30.
Ecco che, tornando alle questioni di teoria generale, il giudizio sull’illiceità deve precedere (sempre) qualunque procedimento logico 31, arrivando fino a consentire al giudice (non più illuministicamente “bocca della legge”)32 di riempire questi vuoti, oltre la compatibilità della formula linguistica del legislatore, avendo – appunto - a riferimento il perseguimento degli scopi 33 .
Osservava sempre il Bettiol che, <A nostro avviso una via di mezzo, vale a dire una interpretazione letterale teleologicamente orientata, è ancora la più sicura e la più rispondente a quelle esigenze di sostanza che una democrazia penale deve essere pure sempre in grado di tutelare o di esprimere. La sicurezza giuridica deve essere ancorata ad un dato di sostanza entro ben chiari limiti formali>34.
Pervero, la <mentalità penalistica dominante tra i teorici e tra i pratici (…) poggia sui significati ultimi della legalità penale, sui valori sostanziali sottesi alla legge intesa come fonte esclusiva del diritto penale – unica manifestazione ammessa del diritto stesso: la legittimazione democratica del diritto penale risulterebbe infranta se si ammettesse che il potere giudiziario partecipa alla creazione del diritto penale. La giurisprudenza penale dovrebbe,ancor oggi, coincidere con la legislazione. Tale legittimazione, però, a sua volta si rivela sublimata in termini formali, mentre il significato della legge dipende in prevalenza dai giudici. La soluzione legalista non recede nemmeno di fronte all’avvertimento che, nonostante la legge penale sia in ipotesi massimamente carica di determinatezza, il contributo della creatività giurisprudenziale alla formazione del diritto penale rimarrebbe “non interstiziale” – per dirla alla Nuvolone -, ovvero l’interpretazione rimarrebbe “sottilmente creativa, una continua, immediata creazione” per dirla con Bettiol che richiama Pugliatti e Capograssi. La determinatezza, invero, attiene alla certezza in senso stretto, prevedibilità e quindi garanzia nell’aspetto statico, mentre l’irretroattività di cui si discute attiene all’aspetto dinamico della certezza e della garanzia, in senso ampio, cioè nel tempo, le quali nella menzionata mutevolezza rischiano di trovare il proprio pregiudizio>35.
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La “ragionevolezza” quale criterio di “opportunità razionale empirica” (una via di uscita “pratica”?).
Così, l’antigiuridicità - in una concezione rigorosamente unitaria - si ha quando un fatto è in contrasto con le esigenze di una norma giuridica, perché lede quel particolare bene che la norma tutela36.
Si deve quindi andare al <perché del comando>37, fino a considerare la politica legislativa, ove la discrezionalità del legislatore ordinario è incensurabile (ed ecco il rapporto tra i diversi poteri!), però (si badi) con l’unico limite della manifesta irragionevolezza38.
Con ciò si viene rinviati, come ben osserva un fine costituzionalista, ad una diversa forma di razionalità che non si riduce alla legalità (essenzialmente, razionalità-rispetto-al-fine) ma alla costituzionalità (razionalità-rispetto-ai valori) da intendersi come ragionevolezza, non essendo più sufficienti le logiche di tipo deduttivo (di cui al tradizionale modello giuspositivistico), perché occorre spingersi a verificare la conformità in senso ampio della legge alle disposizioni costituzionali (non fermarsi alla loro non incompatibilità), ovvero <ricercare il fondamento giustificativo della disciplina normativa, per controllarne la corrispondenza non già solo ad un esterno parametro (la disposizione costituzionale), ma ad una interna istanza di plausibilità o persuasività, ossia di ragionevolezza, che consenta l’attuazione dei suddetti valori>39.
Occorre ricordare che <nel giudizio costituzionale vengono a confronto l’oggetto (la legge) e il parametro (l’enunciato o gli enunciati costituzionali), esso “implica un duplice ricorso alla ragionevolezza”, una duplex interpretatio: dei verba Constitutionis e dei verba legis. Ciò non esclude che la ragionevolezza, oltre che “canone interpretativo”, possa essere inteso e si manifesti come “criterio di giudizio”: il primo, sempre operante in ogni specie di interpretazione, il secondo solo eventualmente, a seguito del risultato interpretativo>40.
Inoltre, <il controllo di ragionevolezza stricto sensu è rivolto a rilevare le oggettive irrazionalità delle leggi, indipendentemente da privilegi soggettivi e quindi a prescindere da schemi di giudizio trilaterali, implicando invece verifiche di coerenza, di congruità o di proporzionalità di scelte legislative rispetto alle fattispecie disciplinate>41.
La <rivalutazione della razionalità pratica implicata nel discorso che valorizza la normatività del fattuale è comprensibile e condivisibile in una situazione centrifuga e esplosiva della galassia giuridica> anche se il rischio (di una mancata sintesi politica tra il pluralismo dei valori e degli interessi) è quello ideologico; purtuttavia è la <medialità del diritto, alla sua capacità di essere – al di sopra del progetto politico e dell’indirizzo normativo – espressione e medium del sociale (..) che comporta una riflessione sull’effettività in chiave antinormativa e, talvolta, si inserisce in un forte impegno antistatuale>42.
Ecco che occorre porsi la domanda della <portata della ragionevolezza, cioè di quel criterio di opportunità razionale empirica, che ha molto da spartire con l’idea di giustizia e soprattutto con la “promessa di giustizia” che tende a porsi quale principio costituente del diritto stesso, nel quale semmai, l’unità del diritto deve essere ricercata, fuori cioè da inaderenti quando non pericolose visioni di un’autorità omogenea dello Stato, ormai sostituita da processi di differenziazione e dunque di pluralizzazione sociale. La ragionevolezza implica la considerazione anche sintetica di tutti i valori costituzionali in gioco, tramite i noti bilanciamenti>43 ove <il principio di offensività (e il bene giuridico ad esso imprescindibilmente legato) diventa uno dei criteri, non l’unico, utilizzati dalla Corte>44.
E, a noi (sommessamente) sembra, che al di là della ancora (così pare) prevalente lettura interpretativa45 ancorata al dato letterale e/o formalistico che sia, dell’avvicendamento (rectius, affastellamento) normativo in parte qua, occorra una lettura “pratica” nel senso bettoliano del termine, recuperando (ed applicando) il criterio (e le lenti) della “ragionevolezza”.
1 Ex multis, si vedano: V.VATTANI, Per la Cassazione il trasporto di rifiuti (pericolosi) sarebbe privo di sanzioni, ma la legge vigente prevede (chiaramente) il contrario e dispone di specifici illeciti anche penali, www.dirittoambient.net; M.SANTOLOCI, Nessuna vacatio legis per le sanzioni sul trasporto: dopo le modifiche del D.Lgs. n.205/10, fino al 1.6.2011 si applica l’ordinario sistema sanzionatorio del D.Lgs. n.152/06 (parte IV), www.dirittoambiente.net; M.SANTOLOCI, Il D.Lgs. n.121/2011 conferma che non esiste alcun “vuoto normativo” per le sanzioni penali per il trasporto di rifiuti pericolosi in violazione del formulario, www.dirittoambiente.net; G.AMENDOLA, Ma è vero che il quarto decreto correttivo sui rifiuti ha liberalizzato il trasporto di rifiuti industriali anche pericolosi? www.dirittoambiente.net; O.SAIA, Abolitio criminis: dopo il danno la beffa, www.focusambiente.it; S. DE ROSA, SISTRI e sistema sanzionatorio: Errare humanum est, perseverare autem diabolicum!, www.lexambiente.it; A.L.VERGINE, Disposizioni penali maldestramente redatte, decisioni correttamente assunte, immeritate critiche (nota a Cass. pen. n. 15732/2012), Ambiente&Sviluppo, n.7/2012 e www.lexambiente.it; P. FIMIANI, Formulario: il punto sul sistema sanzionatorio, Rifiuti. Bollettino di informazione normativa, n.7/2012.
2 Pur consci dei nostri (umani) limiti, tant’è che spesso ci limiteremo a citare la dottrina penalistica o costituzionalistica più che a chiosarla. Siamo scettici di fronte alla varietà degli esperti che alimentano furiosamente il “mercato” ambientale anche avventurandosi in settori che presuppongono conoscenze ed esperienze di anni. Infatti oggigiorno assistiamo: ad ingegneri che autonomamente predispongono e implementano i cosiddetti “sistemi responsabilità ex 231” (i quali abbisognano, indubbiamente, della collaborazione di penalisti); di avvocati che si spacciano consulenti in trasporto ADR e in CLP (a tacer d’altro); di chimici e fisici che improvvisamente diventano finissimi giuristi; di giuristi che interpretano la normativa cosiddetta “tecnica” sconoscendo la gestione; e così via. Si è persa – a noi pare - la visione interdisciplinare, la conoscenza necessariamente condivisa tra un team di esperti di diverse materie, con implicita valorizzazione di aspetti organizzativi, etc.. Soprattutto, sembra essere venuta meno, con una società sempre più tecnicizzata e volta all’istantaneo commensurabile, l’umiltà di confrontarsi, di studiare una qualsivoglia tematica, nella consapevolezza (quale è la nostra) dei propri, inevitabili, limiti. Spesso, poi, sembra essere assente in molti la curiosità e la voglia di imparare fuori dalle “sette” o dall’ortodossia, etc., rilevando, invece, la spasmodica ricerca di fare i “piacioni” a tutti i costi, soddisfando il proprio ego, piuttosto che affrontare il difficile cambiamento che si ha in un franco rapporto soggetto-oggetto (senza poi considerare tra i diversi soggetti).
3 apparsi nella rivista Gazzetta enti locali on line, dove abbiamo cercato di inseguire la “schizofrenia” del SISTRI. Sia permesso rinviare ai recenti scritti: “SISTRI (tracciabilità dei rifiuti): novità dal d.l. “Passera”; Quale futuro per il SISTRI? Dopo quanto si apprende dai media. Mentre, per gli aspetti più di inquadramento del sistema e del c.d. “SISTRI- pensiero”, si vedano gli articoli apparsi in diverse riviste (L’Ufficio Tecnico; Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente; Azienditalia; etc.) tutti leggibili nel sito www.pierobon.eu e/o già richiamati nei succitati lavori. Infine, altri spunti sistematici (oltre ad un apposito capitolo sull’interoperabilità) si possono rinvenire nel (a cura di A.PIEROBON), Nuovo Manuale di diritto e gestione dell’ambiente, Rimini, 2012.
4 Pur avendo, in seguito, avuto modo di affaticarci su altri Manuali, ci ha sempre accompagnati l’impostazione e la profondità culturale del Bettiol (con ciò senza nulla togliere agli altri autorevoli studiosi). E, in questo tornare alla verde etade, non poteva certo passare inosservato (anzi!) il volume “Un diritto penale detto’’ragionevole’’. Raccontando Giuseppe Bettiol, Padova, 2005, di S. Riondato, Suo allievo, il quale ci ha riportato, coi ricordi, ad una visione, ad uno stile, ad una profondità culturale e filosofica che oggigiorno non sempre si ha il bene di incontrare.
5 G.BETTIOL, Istituzioni di diritto e procedura penale, Padova, 1980 (terza edizione). Nella prefazione alla prima edizione (del 1966) l’A. spiegava che <Se il mio “diritto penale” (…), tendenzialmente supera il concetto di reato come istituto puramente tecnico-giuridico per indagare sulla funzione etico-politica delle categorie della dogmatica penalistica, a maggior ragione queste mie “Istituzioni” (…) sono portate a considerare il reato, la pena e il processo sotto un profilo che chiamerei problematico (…) nel senso che questi fenomeni della vita sociale sono visti e discussi in termini prevalentemente politico-culturali. Dogmatica giuridica e politica non si presentano più come piani sovrapposti senza contatti tra di loro, ma come momenti o aspetti di un fenomeno che confluiscono tutti verso una visione unitaria, anche se complessa, del medesimo. Il perché delle cose nel loro divenire storico può essere più utile di una conoscenza immobile e formale della “cosa in sé”>.
6 <la sanzione penale di cui all’art.483 c.p. si applica solo a chi effettua certificati di analisi contenenti false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche del rifiuto, ovvero chi ne faccia uso durante il trasporto. Questa nuova disciplina – che si traduce di fatto in una depenalizzazione dell’ipotesi di trasporto di rifiuti pericolosi in assenza di formulario, attesa l’impossibilità ex lege di porla in essere, in quanto il formulario stesso sarebbe oggi sostituito, nel nuovo sistema SISTRI, dalla scheda di movimentazione (si veda l’art.260-bis,comma 7) – desta,almeno a una prima lettura, alcune perplessità> A.SCARCELLA, La disciplina in tema di SISTRI, Consiglio Superiore della magistratura, Genova 23 marzo 2012, slides.
7 La condotta <è oggi rilevante solo quando realizzata da “imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all’articolo 188 bis, comma 2 lettera a)> così A.L. VERGINE, Il sistema sanzionatorio penale della Parte IV del D.Lgs. n.152/2006 dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n.205/2010, in (a cura di F.GIAMPIETRO), La nuova disciplina dei rifiuti, Milano,2011, pagg. 304-305. Secondo una <seconda ipotesi, tutti i produttori di rifiuti pericolosi dovrebbero aderire al SISTRI e, pertanto, al trasporto di rifiuti pericolosi si applicherebbero sempre gli obblighi e le relative sanzioni specificatamente previsti dal nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti> A. SCARCELLA, cit..
8 <L’eliminazione di tale condotta penalmente rilevante, sarebbe sembrata meno folle di quanto non appaia oggi, considerato che il sistema SISTRI è stato previsto come sempre obbligatorio per chi trasporti rifiuti pericolosi, in ragione di ciò correttamente non si era più sanzionata la condotta di chi trasportasse rifiuti pericolosi senza formulario, in quanto gli stessi devono essere sempre trasportati nel rispetto del SISTRI, e la condotta penalmente rilevante è quella di cui al comma 7 dell’art.260, bis. Oggi, con il rinvio dell’entrata in vigore delle sanzioni del SISTRI, si debbono fare i conti con un “vuoto sanzionatorio” ingenuamente non previsto>, così A.L. VERGINE, Il sistema sanzionatorio penale della Parte IV del D.Lgs. n.152/2006 dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n.205/2010, cit., nota 62 di pagg. 308-309.
9 Art.258 del codice ambientale: prima dell’art.35 D.Lgs. n. 205/2010 (che cambia, dal 25 dicembre 2010, l’art. 258 riferendolo al SISTRI, senza disporre altro). Vedasi il nuovo comma 2-bis dell’art. 39 D.Lgs. 205/2010 introdotto dall’art.4, comma 2 del D.Lgs. n. 121/2011.
10 Al di là della nota questione della vacatio legis già segnalata dalla dottrina, fino all’avvio del SISTRI rimangono in vigore le sanzioni ante D.Lgs. n.205/2010 (vedasi però gli artt. 260-bis e 260-ter del codice ambientale), cioè l’art.258 nel testo precedente il cit. D.Lgs. n.205 e pure gli artt. 189-190 e 193 previgenti all’avvento del D.Lgs. n.205: vedasi altresì l’art.28, comma 2, del D.M. 28 febbraio 2011, n.52 (modificato con l’art. 1, comma 1, lett. “uu”, del D.M. 10 novembre 2011, n.219).
11 Che modifica l’art. 39 D.Lgs. n.205/2010, ivi inserendo un nuovo comma, il 2-bis che prevede l’applicazione delle sanzioni previste dall’art.258 – si badi: nella previgente formulazione - nei confronti di talune categorie di soggetti od imprese, trovando applicazione (dette sanzioni) per inadempimento degli obblighi di cui agli artt. 190 (registri carico scarico) e 193 (formulari) del D.Lgs. n.152/2012, ma ciò <fino alla decorrenza degli obblighi di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)>.
12 Art. 51 del decreto legge 22 giugno 2012, n.83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n.134.
13 con la chiarezza e certezza che ci si attendeva.
14 Che non è esente da rischi e/o derive, poiché <il dogma del legalismo è un frutto che cresce ancora troppo rigoglioso in molte ramificazioni del razionalismo critico penale odierno. Esso limita a priori la materia della scienza penalistica che, invece, dovrebbe ravvivare tra l’altro l’interesse per il problema delle fonti, riconsiderando anzitutto la giurisprudenza come Nuvolone auspicava già nel ‘46>, così S.RIONDATO, Retroattività del mutamento penale giurisprudenziale sfavorevole, tra legalità e ragionevolezza, in (a cura di U.VINCENTI), Diritto e clinica per l’analisi della decisione del caso. Atti del Seminario Internazionale di Studio. Padova, 27 e 28 gennaio 1999, Padova, 2000, pag.256.
15 In buona sintesi, l’art.2 c.p. <recepisce il principio generale della irretroattività della legge (articolo 25 Cos., articolo 11 disposizioni sulla legge in generale) integrandolo con quello della retroattività della legge più favorevole al reo, prendendo in considerazione tre distinte ipotesi: a) nuove incriminazioni, nel qual caso in base al disposto del primo comma viene applicato il principio della irretroattività; b) abolizione di incriminazioni precedenti che determinano (articolo 2, secondo comma) l’applicazione del principio della retroattività più favorevole al reo con la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali dell’eventuale condanna; c) nuove disposizioni soltanto modificative che determinano (articolo 2, comma terzo) l’applicabilità delle disposizioni – precedenti o successive – più favorevoli al reo e sempre che non sia già intervenuta una sentenza irrevocabile> L.RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, Padova, 2009, pag. 34.
16 Com’è noto, l’art. 25, comma 2, della Costituzione prevede che <nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso>. Perlatro, è stato fatto notare <che la Corte costituzionale ha ritenuto che il principio della retroattività benigna non assurga a rango costituzionale (Corte Cost. 16 gennaio 1978, n.6 … Corte Cost. 6 marzo 1995, n.80…>, così S. RIONDATO, Un diritto penale detto….cit., nota 26 di pag.7 ove continua <Pascalianamente il nostro Studioso [G. BETTIOL N.d.A.] intende evitare i due eccessi nella prassi “escludere la ragione, ammettere soltanto la ragione”. Nulla a che fare (…) con il diritto penale del sentimento (Gefuehlstrafrecht)>.
17 R. FANELLI, Sanzioni, Milano, 2008, pag. 478 il quale continua <Deve invece riconoscersi un fenomeno successorio, con conseguente applicazione dell’art.2, terzo comma, del c.p., quando, all’esito della comparazione e del raffronto tra gli elementi strutturali del contenuto normativo delle fattispecie incriminatrici, persiste, anche se mutato, il giudizio di disvalore astratto per effetto di un nesso di continuità ed omogeneità delle rispettive previsioni, e il significato lesivo del fatto storico sia riconducibile nel suo nucleo essenziale, secondo le regole proprie del concorso apparente di norme, ad una diversa e più mite categoria di illecito, tuttora penalmente rilevante, nonostante ed anzi proprio in conseguenza dell’intervento legislativo che, benché formalmente abrogativo, di fatto modifica l’ambito di applicabilità della previgente e diversa norma incriminatrice (Cass., SS.UU., 7 novembre 2000, n.27, cit.)>. Anche L.PRATI ricorda che quando <le leggi penali succedutesi, sebbene riferibili ad un medesimo fatto concreto, ne prendano in considerazione elementi differenti, non si ha successione di leggi, ma abolito criminis a cui segue una nuova fattispecie incriminatrice, inapplicabile retroattivamente (cfr. T.PADOVANI in Riv.it. dir. Proc. Pen.,1982, pp.1354 ss.)> così l’A. ne “Il danno ambientale e la bonifica di siti inquinati, Milano, 2008, nota 68 di pag. 145.
18 Questioni che (come tante altre) sembrano venire spesso affrontate (almeno da moltissimi operatori) come dire…. col prontuario in mano! Prendendo le distanze (talvolta in modi grossolani, se non volgari) da coloro (invero pochi) cercano di riportare i ragionamenti alla teoria generale del diritto, piuttosto che alle semplificazioni e alle banalizzazioni di cui si inzeppano discussioni e commentini in htlm.
19 Non vi sarebbe qui <divergenza in ordine a elementi costitutivi tipici> come è stato affermato dal Tribunale di Ferrara in due sentenze (24 dicembre 2003 e 4 novembre 2003) relativamente all’effetto dell’abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n.1369 ad opera dell’art.85 D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276, sull’intermediazione e interposizione di lavoro. La riforma in materia è stata qualificata dal trib. Ferrara 4 novembre 2003 <una rivoluzione, un capovolgimento dei principi sottesi alla legge del 1960 (…) i requisiti essenziali dell’appalto di manodopera, che servivano di riferimento per determinare la fattispecie penalmente rilevante, diventano in buona sostanza requisiti essenziali di un contratto lecito. Non solo, la somministrazione del lavoro è ammessa anche a tempo indeterminato; e nei casi in cui avviene a tempo determinato (ragioni di carattere tecnico produttivo organizzativo o sostitutivo) è ammessa anche se riferita all’ordinaria attività dell’utilizzatore (…). Tra le due fattispecie non vi è continuità: esse divergono in ordine ad elementi costitutivi tipici che disegnano l’identità del fatto (…).La nuova fattispecie (..) non solo non ammette disvalore al meccanismo in sé della somministrazione di manodopera, ma introduce un elemento nuovo, caratterizzante la fattispecie penale, ossia la necessità di autorizzazione nel soggetto somministratore, estraneo alla normativa previgente> in proposito si veda L.VIOLA, Il contratto, Padova, 2009, pag. 1806.
20 Che si possono seguire nei resoconti delle sedute della Commissione bicamerale di inchiesta sulla gestione dei rifiuti (vedasi l’audio scaricabile dal sito di radio radicale).
21 G.BETTIOL, Istituzioni di diritto e procedura penale, Padova, 1980, pag.107 ss. parla di pena <intesa come reazione dell’ordine giuridico sconvolto o violato dall’azione del delinquente. Sotto questo profilo la pena è reazione> trattasi però di un <concetto troppo ampio perchè non ogni reazione ad un determinato illecito è una pena>. Invece, la pena <se tale vuole davvero essere e rimanere, è frutto di una riflessione. E’ un atto di ragione che determina una “reazione” proporzionata all’entità o gravità del reato perpetrato>, è <espressione di ragione e quindi la manifestazione di un’esigenza assoluta, vale a di re di un imperativo categorico. La pena trova in sé stessa la sua ragion d’essere perché è uno dei valori morali cardinali di un mondo legato al riconoscimento della dignità, della autonomia, della libertà dell’uomo!>. <La ragione della pena è quindi filosoficamente poggiata e legata all’idea della giustizia che è virtù morale cardinale cui deve ispirarsi non solo l’azione dell’individuo, ma anche e soprattutto l’azione dello Stato nel momento della legislazione e in quello della giurisdizione , cioè dell’applicazione concreta della legge al caso singolo (…) si punisce perché ciò è richiesto da un’esigenza di giustizia; anche se, per il tramite di una pena giusta, determinate finalità possono venir raggiunte, come quelle tipiche della prevenzione generale dei reati o quelle del recupero sociale o morale del reo (prevenzione speciale). Ma ciò è questione di fatto, non ragione dell’istituto della pena>. Donde <l’idea retributiva> che <anche politicamente si presenta come l’unica idea che possa venire incontro a quelle esigenze di democrazia personalistica che la cultura politica porta innanzi e che nella nostra Costituzione hanno trovato ampio, preciso riconoscimento nell’articolo 2, ove si parla dei diritti inviolabili della persona umana come di ultimo criterio di scelta in caso di antinomie o di contrasti interpretativi>.
22 S. RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 26. Oltre (pag. 87) si segnala come le norme e le definizioni non sono assiomatiche, occorre rapportarle al mondo dei valori.
23 S. RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 79.
24 N. IRTI, Significato giuridico dell’effettività, Napoli, 2009, pag.15.
25 N.IRTI, op.cit., pag. 27.
26 S. RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 13. Dove (pag.82) la <legge non è rigida ma flessibile, come concretizzazione che è storicizzazione>.
27 Così G.BETTIOL, Istituzioni di diritto e procedura penale, cit., pag.77 il quale precisava <Dice bene GREGORI quando afferma che in tal modo l’idea di bene giuridico “perde cristallinità logica, ma diviene categoria sostanziale che vivifica l’opera del legislatore e della scienza”. Sotto tale aspetto si parla anche di una funzione metodologica del bene giuridico, in quanto dalla sua individuazione si elaborano poi i concetti penalistici. Ma si tratta pur sempre del bene tutelato dalla singola norma penale, perché solo questo può avere carattere costitutivo. I criteri teleologici categoriali non devono invece considerarsi determinanti o costitutivi ai fini dell’interpretazione: sono prevalentemente criteri di comodo o di orientamento che non possono sovrapporsi alla realtà se questa è diversa>.
28 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 52.
29 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 59.
30 <Una distinzione che, in molti casi, ha significato collocare il settore processuale in un limbo negletto per cui eventuali conflitti tra norme derivanti da un loro susseguirsi nel tempo sarebbero dovuti essere risolti secondo paradigmi diversi da quelli previsti a livello costituzionale per la legge penale. Una diversità, ovviamente implicante minore tutela per l’imputato, soprattutto per ciò che concerne la negazione di una retroattività della norma “processuale” più favorevole> M.MONTAGNA, Procedimento probatorio e successione di norme nel tempo, in (a cura di A.GAITO), Diritto processuale penale. La prova penale, Torino, 2008, pagg. 142-143. La distinzione verrebbe meno alla luce dell’inviolabilità della libertà personale di cui all’art.13 Cost. cfr. pag. 146 et passim.
31 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 88.
32 <Potrà non piacere, ma bisogna riconoscere che il giudice partecipa a modo suo del potere politico, anche se occorre rimanere a favore di una subordinazione “ragionevole” del giudice, e in generale dei giuristi, alla legge, ma senza misconoscere il carattere innovativo della loro attività di produzione diretta o indiretta di diritto e la loro responsabilità “politica”> così S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 133.
33 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 89.
34 G.BETTIOL, Istituzioni di diritto e procedura penale, cit., pag.71.
35 S.RIONDATO, Retroattività del mutamento penale giurisprudenziale sfavorevole, tra legalità e ragionevolezza, cit., pag.242.
36 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 108.
37 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 114.
38 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 118.
39 F. MODUGNO, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, Napoli,2007, pagg. 9-19. L’esimio A. evidenzia (pag. 47) che <alla logica formale –epagogico-deduttiva – propria del giuspositivismo è stata contrapposta cotesta logica dei valori; alla ragione classica (intesa nel senso della ragione-intelletto scientifica) la sempre più pervasiva ragionevolezza>, oltre (pag. 56) Egli ribadisce come la ragionevolezza sia <sempre e solo un metodo di interpretazione, e sia pure di quello che è stato definito come metodo problematico, ossia non apodittico, epagogico-deduttivo. E’ un metodo fondato su quella che A.G. CONTE designa come logica pro eretica o della preferenza, cioè della tendenza alla conformità piena ai parametri costituzionali>. Insomma (pagg.65-66), <i modi dell’argomentazione non sono quelli propri del metodo sillogistico tradizionale, ossia del diretto raffronto di compatibilità-incompatibilità tra parametro (norma costituzionale) e oggetto (norma legislativa) (…) ciò che induce a valutare funditus tutte le possibilità interpretative sia degli enunciati costituzionali sia di quelli legislativi (duplex interpretatio) secondo un’ermeneutica necessariamente problematica ispirata alla c.d. ragionevolezza come ragione attenuata, probabilistica. E l’interpretazione “problematica” ammette, per ciò stesso, una molteplicità di modi interpretativi e, quindi, applicativo-decisionali>. Ancora,(pag. 70) <Il procedimento argomentativo (la logica) si svolge secondo regole che non sono necessariamente quelle della logica classica – epagogico-deduttiva – bensì quelle della “ragione attenuata”, “modulata”, plurivalente, ossia della razionalità giustificativa della decisione, della logica del verosimile, del probabile, del ragionevole, propria di ogni discorso pratico, condizionata anche da scelte di carattere assiologico>.
L’A. argomenta come il parametro del controllo de quo sia totalmente esterno al diritto , ma non estraneo (pag. 29), anzi (pag. 32) è “interamente estero ad esso, in base a criteri di giustizia a priori rispetto ai contenuti dell’ordinamento giuridico (G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, 1988, 155)>. Difatti (pag. 46) la ragionevolezza è <logica dei valori (A.BALDASSARRE, Fonti normative, legalità e legittimità: l’unità della ragionevolezza, in Queste istituzioni, 1991, 64. La ragionevolezza è ricondotta “al mondo dei valori, e quindi alla fondamentale istanza di giustizia” da LEDDA, L’attività amministrativa, in Il diritto amministrativo degli anni ’80,1987,109)>, ancora, (pag. 51), <la ragionevolezza è intesa come “logica dei valori” (BALDASSARE) o come “autentica razionalità rispetto al valore” (D’ANDREA, Ragionevolezza e legittimazione del sistema, 2005, 370), ovvero, all’incontro, come logica discorsiva o argomentativa o procedurale, a partire o perfino indipendentemente o condizionatamente da “ragioni sostanziali” (HABERMAS, Fatti e norme, passim, 264 ss., specie 276 ss.; 285 ss.: sul ruolo e sulla legittimità della giurisprudenza costituzionale)>.
40 F. MODUGNO, op.cit., pag. 64 il quale prosegue <(in questo senso la TOSI, 282, la quale offre l’esempio dell’art. 112 Cost., secondo il quale “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”)>.
41 F. MODUGNO, op. cit.,pag. 12. Inoltre (pag.13), siccome i modi in cui si manifesta il giudizio di ragionevolezza sono vari, la ragionevolezza è meglio dispiegabile in ambiti tra i quali <la coerenza, la congruità o congruenza del mezzo legislativo a perseguire il fine, lo scopo (la ratio legis). Qui occorre distinguere tra la coerenza, da un lato, e la congruità o congruenza (proporzionalità) dall’altro)>, la incoerenza rileva anche <quando la legge è internamente contraddittoria, ossia contraddittoria con la ratio comune ai vari atti normativi vertenti su una stessa materia. Si tratta cioè di incompatibilità o incoerenza tra fini, principi, rationes legislativi>. Ove il giudizio riguardi procedure occorre (pag.90) <per “spezzare il circolo” (tra positività delle regole procedurali e interpretazione oggettiva del diritto vigente) “una ricostruzione della prassi interpretativa che proceda in termini di teoria del diritto e non semplicemente di dottrina giuridica”. Occorre, insomma porsi nella prospettiva della fondazione dell’argomentazione, della giustificazione “esterna”, del fondamento delle premesse del giudizio, ossia di una teoria del diritto comprensiva, come pretende DWORKIN, la quale però “non può essere soddisfatta dagli sforzi solipsistici del singolo giudice”>, è necessario (pag.91) fondare la teoria dell’argomentazione procedurale su una ragione procedurale per la quale <le qualità costitutive della validità d’un giudizio” non sono individuate “soltanto nella dimensione logica-semantica della costruzione e della connessione argomentativa, ma anche nella dimensione pragmatica dello stesso processo di fondazione”>.
42 A. CATANIA, Diritto positivo ed effettività, Napoli, 2009, pagg. 37-39.
43 S.RIONDATO, Retroattività del mutamento penale giurisprudenziale sfavorevole, tra legalità e ragionevolezza, cit.,pag. 253.
44 S.RIONDATO, Un diritto penale…cit., pag. 129.
45 Anche in questo caso (come in generale avviene) pare che la fondatezza di una affermazione si sostenga solo sul consenso prevalente degli operatori, sulla numerosità degli adepti ad una certuna posizione, sulla loro “forza” sociale e lobbistica, etc., costituendo così una sorta di tabù la “violazione”, utilizzando gli strumenti dell’isolamento o della denigrazione nei confronti degli eretici,in tal modo instillando (anche simbolicamente) la paura di come dire…. “perdersi” fuori dalla folla. Su alcuni esempi di dipendenza epistemica si veda una buona introduzione in M.C.AMORETTI-N.VASSALLO, Piccolo trattato di epistemologia, 2010.