Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2985, del 12 giugno 2014
Urbanistica.Opera abusiva e unitarietà dell'immobile

Costituisce principio consolidato quello per cui l'opera abusiva va identificata con riferimento alla unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione in più unità abitative, e non essendo consentita la presentazione di distinte domande per aggirare il limite di volumetria normativamente previsto. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02985/2014REG.PROV.COLL.

N. 06832/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6832 del 2012, proposto da Antonio Marzano, Antonietta Dolciame, rappresentati e difesi dall'avvocato Ferdinando Del Mondo, con domicilio eletto presso Marco Salzano in Roma, via Pusiano, 15;

contro

Comune di Caivano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Toscano, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE II n. 4478/2011, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Caivano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014 il consigliere Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato Corbjons per delega dell’avvocato Toscano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. I signori Marzano Antonio e Dolciame Antonietta (in seguito “ricorrenti”), con il ricorso n. 3376 del 2008 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, hanno chiesto l’annullamento del provvedimento n. 5263 del 27 marzo 2008 con il quale il Comune di Caivano ha respinto la domanda di condono edilizio presentata il 10 dicembre 2004, prot. n. 21.77.

Il condono, chiesto dai ricorrenti in relazione a 2 distinte unità abitative poste al secondo piano di uno stabile sito in località Pascarola, Via Cicerone s.n.c., è stato negato per il mancato versamento dell'intera oblazione dovuta e degli oneri concessori e la mancata presentazione dell'istanza di condono edilizio (anche) per la restante porzione di fabbricato situata al piano terra e primo piano.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione seconda, con la sentenza n. 4478 del 2011, ha respinto il ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento, a favore dell’Amministrazione resistente, delle spese del giudizio liquidate in euro 1.500,00.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

4. All’udienza del 20 maggio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza gravata si richiama, anzitutto, che il condono può essere richiesto per le costruzioni che, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, avevano avuto un ampliamento non superiore a 750 mc, o, per le nuove costruzioni, per una cubatura non superiore ai 750 mc per singola richiesta, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3000mc (art. 39, comma 1, della legge n. 724 del 1994 richiamato dall’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003).

Si respinge quindi il primo motivo di ricorso, con cui era stato dedotto che, non superando il fabbricato interessato dalla domanda di condono complessivamente i 3000 m³, e avendo le nuove unità abitative realizzate dimensioni inferiori ai 750 m³, la mancata presentazione della domanda per le altre unità immobiliari dell’edificio non escluderebbe la possibilità di ottenere il beneficio richiesto.

Afferma al riguardo il primo giudice che:

-a) la giurisprudenza ha chiarito che il limite massimo di cubatura va riferito all’immobile o al complesso immobiliare nella sua unitarietà, ove è stato realizzato l'abuso edilizio in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione dell'opera in più unità abitative; non è possibile perciò utilizzare separate domande per aggirare il limite di volumetria previsto di 750mc, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero complesso, trattandosi di limite inderogabile per escludere in radice la realizzazione di opere abusive (si citano: Corte Costituzionale, 23 luglio 1996, n. 302; Consiglio di Stato, sez. V, 3 marzo 2001, n. 1229; Cassazione penale, sez. III, 19 aprile 2005, n. 20161);

-b) ciò che vale nel caso di specie poiché i ricorrenti, risultando responsabili della realizzazione dell’intero manufatto abusivo (come da motivazione del provvedimento di diniego), non avrebbero potuto presentare una domanda di condono anche per le restanti parti dell’edificio (piano terra e primo piano), poiché altrimenti sarebbero incorsi nel superamento del limite dei 750 mc. per singola richiesta, entro il quale la domanda poteva essere legittimamente accolta.

Sono poi respinti i restanti motivi, con cui era stato dedotto, quanto all’oblazione, che il mancato versamento nella misura intera non comporterebbe il diniego del condono ma il solo pagamento del saldo maggiorato degli interessi e, quanto agli oneri concessori, che l’Amministrazione non avrebbe potuto negare il condono per il loro mancato versamento, non avendo adottato la delibera sui criteri di determinazione dell'importo ai sensi dell'articolo 16 del d.p.r. n. 380 del 2001.

Nella sentenza si afferma al riguardo che:

- c) nessuna censura è stata dedotta sulla determinazione dell’oblazione da parte dell’Amministrazione, con l’indicazione di eventuali errori nei calcoli delle differenze richieste rispetto a quanto versato, neppure a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della istanza, di cui si fa menzione nei dinieghi;

- d) la mancanza di una specifica deliberazione comunale sui criteri di determinazione degli oneri concessori, ai sensi dell'articolo 16 del d.p.r. n. 380 del 2001 e della legge regionale della Campania 18 novembre 2004, n. 10, non ha rilievo; il diniego impugnato si fonda infatti sul mancato versamento degli oneri così come dichiarati dagli stessi ricorrenti al momento della presentazione delle domande di condono, ai sensi della disciplina normativa richiamata, avendo rilevato il Comune che essi avevano versato oneri concessori per € 1500, su un importo dichiarato pari a € 7757,75, da incrementare inoltre del 100%, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge regionale n. 10 del 2004.

2. Nell’appello si deduce che la sentenza è erronea:

- a) in quanto fa riferimento al solo limite dei 750mc, trascurando che la normativa di legge prevede espressamente la possibilità di più richieste di titolo abilitativo incluse in un’unica nuova costruzione purché questa non superi, nel complesso, i 3000mc, valendo ciò nella specie poiché il fabbricato nella sua unitarietà non supera i 3000mc, le singole unità oggetto delle domande di condono non eccedono i 750mc, il loro completamento funzionale è avvenuto entro il 31 dicembre 1993;

- b) essendo inesatta la statuizione sulla carenza di censura riguardo all’oblazione, poiché non è in questione il relativo criterio di calcolo ma si verte in tema di pagamento dell’oblazione come disciplinato dalla normativa in materia (decreto-legge n. 269 del 2003, Allegato 1/2.; art. 2, commi 40 e 41, della legge n. 662 del 1996 riguardo al mancato pagamento dell’importo superiore alla misura minima);

- c) così come altrettanto errata è quella riguardo agli oneri concessori, considerato, da un lato, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 196 del 2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Allegato 1 del sopra citato decreto-legge, nella parte recante la misura dell’anticipazione degli oneri, dovendo perciò i Comuni determinare gli oneri sulla base della legge regionale (art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001) e non avendo a ciò provveduto il Comune di Caivano, e, dall’altro, che, essendo stato liquidato l’importo di euro 7757,75 in virtù di una norma poi dichiarata costituzionalmente illegittima, non è sufficiente ritenere il mancato versamento dell’intero importo ragione del rigetto della domanda di condono senza motivare l’incongruità del versamento eseguito rispetto a quello dovuto.

3. Nella memoria di costituzione del Comune appellato si eccepisce l’irricevibilità dell’appello per tardività per essere stato notificato oltre il termine lungo di sei mesi decorrenti dalla pubblicazione della (non notificata) sentenza di primo grado.

4. L’eccezione è fondata.

La sentenza di primo grado, non notificata, è stata infatti pubblicata il 23 settembre 2011, l’appello è stato notificato il 30 agosto 2012, e perciò ben oltre il termine lungo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, previsto dall’art. 92, comma 3, c.p.a., considerato anche che, come chiarito da questo Consiglio, l'art. 2 delle norme transitorie di cui all'Allegato 3 c.p.a. limita l'ultrattività della disciplina previgente ai soli termini in corso alla data di entrata in vigore del codice (16 settembre 2010), sicché il nuovo termine lungo d'impugnazione, di sei mesi, si applica a tutte le sentenze pubblicate successivamente a tale data, a prescindere da quella dell’instaurazione del rapporto processuale di primo grado (Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1968; Sez. VI, 20 dicembre 2013, n. 6154).

5. Fermo quanto sopra il Collegio rileva peraltro l’infondatezza dell’appello nel merito riguardo, anzitutto, alla asserita frazionabilità delle domande di condono.

Questo Consiglio ha infatti chiarito (Sez. VI, 5 settembre 2012, n. 4711), con giurisprudenza da cui non vi è qui motivo per discostarsi, che “costituisce principio consolidato … quello per cui l'opera abusiva va identificata con riferimento alla unitarietà dell'immobile o del complesso immobiliare, ove sia stato realizzato in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione in più unità abitative (Consiglio di Stato, sez. V, 3 marzo 2001, n. 1229), e non essendo consentita la presentazione di distinte domande per aggirare il limite di volumetria normativamente previsto (Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 1996, n. 302).”

Questi principi si applicano al caso in esame, considerato che il condono è stato richiesto per il solo secondo e ultimo piano del fabbricato in questione; che, come riportato nel provvedimento comunale impugnato (n. 5263 del 2008) e non contestato dai ricorrenti, il fabbricato è completamente abusivo risultando i ricorrenti stessi responsabili della sua intera realizzazione; che si è perciò prodotta la fattispecie del frazionamento delle domande di condono obbiettivamente elusiva del limite di volumetria consentito; risultando di conseguenza legittima la motivazione del provvedimento in quanto vi si rileva la mancata presentazione dell’istanza di condono per le parti restanti del fabbricato.

Ne consegue la legittimità del provvedimento stesso in quanto fondato su più motivi uno dei quali già di per sé idoneo a darne giustificazione.

6. Per quanto sopra considerato l’appello deve essere dichiarato irricevibile per tardività della notificazione.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) dichiara irricevibile l’appello in l’appello in epigrafe n. 6832 del 2012, come da motivazione.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento a favore del Comune di Caivano delle spese del presente grado del giudizio che liquida euro 3.000 (tremila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2014, con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Vito Carella, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/06/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)