Dalla giornata seminariale svoltasi in Bologna (18 MAGGIO 2012): resoconto e prime considerazioni.
di Alberto Pierobon
Dalla giornata seminariale svoltasi in Bologna (18 MAGGIO 2012)1: resoconto e prime considerazioni2.
di Alberto pierobon
Emilio CASALINI3:ringrazia gli organizzatori per l’evento e per l’invito, considerata anche la propria sensibilità in materia ambientale e i recenti lavori svolti sulla tematica del SISTRI, indi avvia la prima parte della discussione “istituzionale”, comunicando che il Dott. Giuseppe BORTONE della Regione si scusa per non poter essere presente per impegni di lavoro, quindi passa la parola al Presidente Mara RONCUZZI.
Mara RONCUZZI4: prende l’avvio dal contributo, inserito nel Manuale, di Giuseppe ALLEGRI5, poiché questo autore affronta tematiche assai vicine alle tematiche che gli amministratori degli enti locali sono soliti coltivare, nel confronto, con i comitati e i movimenti, più che con i cittadini. In particolare, l’Assessore si sofferma sulle problematiche connesse alla localizzazione di impianti e/o comunque alla difficoltà di comunicare, in materia ambientale, tra l’amministrazione ed i comitati-cittadini-utenti.
In altre parole è necessario trovare e calibrare un modo efficace, trasparente e democratico col quale avviare forme di coinvolgimento e di partecipazione democratica dei suddetti soggetti nelle scelte ambientali che l’ente locale intraprende e/o che intende intraprendere (anche in fase programmatoria e pianificatoria).
In effetti, la problematica dell’accesso e delle informazioni ambientali è fortemente interconnessa alla partecipazione, quale esigenza che sembra ancora essere in forte tensione, soprattutto nell’ambito localistico, alla ricerca di arrivare ad un qualche equilibrio tra le esigenze delle amministrazioni locali e quelle delle comunità variamente rappresentate e/o rappresentabili. Insomma, il tema riguarda l’attuazione (quotidiana) dell’azione amministrativa e collettiva dei diritti che essa implica e pure dischiude, ciò non solo giuridicamente parlando, quanto, piuttosto, nella governance che può diventare un meccanismo rispondente (in un interscambio mezzo-fine-obiettivo tra i vari, e diversi, soggetti e oggetti) alle esigenze di cui trattasi.
Alessandro ROSSI6: il primo impatto col Manuale è costituito da una sorta di dissuasività, stante la sua ciclopicità, di oltre 1700 pagine.
Ma questa impressione viene subito meno, una volta saggiata la qualità, l’originalità e la ampiezza tematica dei vari contributi che coprono tutta la materia ambientale, soprattutto quella interessante gli enti locali e i soggetti strumentali.
Guardando alla propria esperienza maturata, che va dall’ambiente all’energia (non tralasciando, anzi evidenziando, la crisi delle tre “e”: environment, energy, economy), il relatore si sofferma brevemente sul contributo di Francesco Lucà, relativo all’ICI e all’energia “fotovoltaica”7, in quanto sintomatico delle contraddizioni italiane laddove si riportano le diverse, quasi opposte, posizioni sulla questione per diversi enti: da una parte l’agenzia dell’entrate, dall’altra l’agenzia del territorio. Inoltre, nel Manuale si trovano conferme di altri aspetti spesso sottaciuti o trascurati, quali, tra altre questioni, la carsicità nella fabbricazione delle leggi, dove alacri funzionari ministeriali (spesso “complottando” con esperti privati o con lobbies) studiano come meglio congeniare (anche in senso tecnico) la disposizione normativa, dove, addirittura, una virgola può fare la differenza, dove i tecnici più che assistere alle altrui scelte politiche possono incanalare la disciplina, e così via8.
Altro aspetto da evidenziare è la emersione di uno scostamento (che diventa una vera iattura) nel rapporto per così dire dello euro/tempo (vedasi, esemplificativamente, la sostenibilità di certuni progetti su orizzonti temporali di sette anni che possono, a seconda dei casi, assumere valenza di incentivazioni/disincentivazioni, etc.), laddove la diversità tra il tempo “aziendale” e quello “politico” davvero determina il successo, o la disfatta, di molte iniziative o intraprese e, nel complesso, per la politica energetica e/o ambientale.
Anche gli obiettivi comunitari del “20-20-20” sembrano essere destinati al fallimento ove non si azionino in modo serio i famosi “patti tra i sindaci” tenendo, appunto, conto di questi aspetti economici e finanziari che ora francamente sono assenti. Infine, sembra preferibile non limitarsi ad utilizzare il termine di “ciclo” di gestione dei rifiuti, proprio perché, ormai, non si tratta più di un “ciclo”, di un inizio con una fine, quale confine di sapore linguistico e categoriale più che reale: occorre quindi andare oltre e capire ed inseguire la gestione nella sua reale dinamica…
Giovanni FANTINI9: si sofferma doviziosamente sulle sanzioni10, indicando vari aspetti problematici, tra altro, soprattutto, i seguenti:
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Le “diverse” sanzioni di cui alla Parte IV^ (rifiuti e bonifiche) del Codice ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 ss.mm. ii.) e le sanzioni previste per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.). Infatti, per l’AIA le sanzioni sono indicate dall’art.29 quattordecies del codice ambientale, mentre per i rifiuti le sanzioni si ritrovano negli artt.255-263 del medesimo codice. La prima domanda è se ricorre (o meno) nell’applicazione il rapporto di specialità. In proposito, la nota del Ministero dell’ Ambiente, datata 7 febbraio 2012, inoltrata all’ISPRA, sembra confermare la tesi della specialità. La giurisprudenza deve ancora intervenire sulle ultime novità, per cui sarà utile seguire il diritto vivente.
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il sistema punitivo, anche in materia ambientale, del “doppio binario”: ovvero la convivenza tra le sanzioni penali e quelle amministrative;
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Le sanzioni (delle quali si auspica un'applicazione graduale vista la complessità della situazione) previste per il SISTRI e l’avvio della loro operatività;
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L’estensione della responsabilità amministrativa d’impresa ai reati in materia rifiuti, da parte del D.Lgs. 7 luglio 2011, n.121, il quale ha, appunto, esteso la cosiddetta “231 ambientale” (vedasi: art.256 gestione illecita rifiuti; art. 258, comma 4: falsificazione di certificati di analisi; art.259: traffico illecito; art.260 attività organizzata per il traffico illecito);
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I requisiti per la delega delle funzioni aziendali: in proposito si veda la giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha indicato varie condizioni circa l’efficacia della delega (si vedano le chiarissime slides del relatore nel sito dell’UPI);
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Altri aspetti di politica criminale, con la preoccupazione per le ultime sanzioni apprestate per il SISTRI (art. 258 e nuovo art.260-bis mod. anche dal D.Lgs. 7 luglio 2011, n.121), le quali, come accennato, sembrano essere sproporzionate come sanzioni amministrative pecuniarie previste per: l’omessa iscrizione al SISTRI; l’omesso pagamento del contributo di iscrizione; l’omessa compilazione del registro cronologico o della scheda SISTRI area movimentazione; l’inserimento di informazioni incomplete o inesatte. Le sanzioni penali riguardano invece l’alterazione di certificati e di analisi (art.483 c.p.); oppure l’alterazione fraudolenta della scheda (cartacea) del SISTRI. Interessante è quanto ha illustrato il relatore sul meccanismo/istituto del “ravvedimento operoso” entro 30 giorni alla commissione del fatto (dall’accertamento?), che esclude l’applicazione delle sanzioni.
Per Emilio CASALINI occorre una sempre maggiore, nonchè diffusa, trasparenza, a tutti i livelli, in particolare sull’ambiente.
Occorre altresì una maggiore attenzione da parte dei controllori. Per esempio, se qualcuno si prendesse la pena di controllare perché, in ingresso di un impianto di biomasse ubicato nel Nord Italia, avviene il conferimento di materiale cippato proveniente da Lecce, già il buon senso comune basterebbe (di per sé) ad attenzionare i controllori su siffatte operazioni, in quanto questi “giri” non sembrano “stare in piedi” dal punto di vista economico, a tacer d’altro. Inoltre, nell’ambito del lavoro che il moderatore ha condotto sul SISTRI (e che è durato circa 4 mesi)11, egli ha avuto occasione di soffermarsi sulla abilità – intesa anche come tecnica - nel “nascondere” entro le leggi le richieste provenienti dalla parte privata. Infatti, dalle intercettazioni sul SISTRI è chiaramente evincibile (se non udibile) come un manager Selex-Finmeccanica avesse a suo tempo caldeggiato un alto dirigente ministeriale proprio per “novellare” la disciplina SISTRI, inserendovi sanzioni altamente dissuasive, ovvero tali da obbligare (anche come spauracchio) i soggetti tenuti all’iscrizione al sistema a provvedere senza indugio al pagamento e alla regolarizzazione (che serviva però e soprattutto a far girare il sistema contrattuale come congeniato tra le parti,al fine di garantire un “futuro” al SISTRI).
Che queste sanzioni abbiano quindi un altro fine e che siano obiettivamente sproporzionate pare essere fuor di dubbio anche per i relatori.
Altre questioni riguardano il SISTRI nelle sue problematiche tecnologiche e operative (fermo restando che le attrezzature sono in grado di sostenere un impatto di traffico 4 volte superiore a quello atteso), in particolare nell’adeguamento della pubblica amministrazione a tutti questi cambiamenti, adeguamenti che impongono maggiore attenzione anche nella modulazione dei servizi e delle attività rivolte agli utenti, etc.
In tal senso il moderatore invita il relatore Brandolini a portare, nel suo intervento, la propria esperienza e visione di ex amministratore del Comune di Ravenna, oltre che di (attuale) manager dell’Hera.
Filippo BRANDOLINI12: si sofferma su aspetti connessi alle reti e alle scelte strategiche del Gruppo Hera in connessione con le località interessate, segnalando anche la particolarità, si potrebbe dire “antropologica”, circa la impostazione di taluni servizi che vanno opportunamente differenziati, tenendo conto di questo aspetto (sintomatica è l’esperienza della raccolta differenziata), altresì indubbia importanza assume la rendicontazione delle attività svolte in sede progettuale e poi applicativa13.
L’Hera opera in servizi fondamentali per l’ambiente, sempre più improntati alla sostenibilità, il che comporta il mettere assieme diversi aspetti non solo tecnici, organizzativi.
Così, per esempio, l’Hera ha istituito un articolato sistema di incentivi ai dirigenti, incentivazioni che sono connesse agli obiettivi ex ante fissati in sede strategica (per esempio riguardo alla raccolta differenziata, all’intercettazione “commerciale” dei rifiuti speciali – al di là della separazione gestionale coi rifiuti urbani - al contatto con i clienti produttori di rifiuti speciali,etc. contemplando forme di comunicazione anche ambientale, non solo economica, etc.), dicevamo, obiettivi prefissati che poi si saldano agli effettivi risultati ottenuti nel tempo.
E anche la famosa responsabilità ex “231” qui assume grande interesse, in una visione, per l’appunto, rivolta ai servizi non solo pubblici.
Giuseppe GIOVE14: quanto mai attuale è la precarietà scientifica additata dal Popper.
Com’è noto la normativa penale ambientale presenta elementi disvaloriali, basti ricordare la nota distinzione tra il reato formale e quello sostanziale.
Sarebbe ora di smetterla nel fermarci (e di investire le energie e le poche risorse messe a disposizione dei controllori) al reato di pericolo astratto, ove la concretezza del danno - inteso come lesione ambientale - non si realizza, proprio perché trattasi di un reato formale.
Anche le norme tecniche consentono un aggiramento dell’ordinamento giuridico che va aggiornato su questi aspetti, essendo frutto di una risalente concezione.
Così pure la nota questione della prescrizione e della sua decorrenza (del dies a quo).
Ancora, occorre distinguere chi professionalmente svolge attività criminale nella gestione dei rifiuti, dai soggetti che non sono organizzati.
Peraltro, l’organizzazione criminale in materia ambientale consente maggiori poteri (e quindi possibili risultati di sostanza) in capo alla polizia giudiziaria.
Con la prescrizione l’effetto estintivo della pena trascina, come vanificazione, anche le misure accessorie: per esempio, per quanto riguarda il ripristino dei luoghi, per cui vengono anche vanificate le decisioni del magistrato penale, cosicchè la collettività viene a pagare i costi ambientali al posto dell’autore del reato.
La sanzione del danno economico non può determinarsi ex post, necessita da parte dell’ente pubblico tutelarsi prima, con fidejussioni, con cauzioni, etc. al fine di evitare, per esempio, il fenomeno dei “fallimenti pilotati” che sono progettati proprio al fine di non imputare ai protagonisti della gestione di cui trattasi gli oneri connessi alle bonifiche ed altro ancora.
Ecco la opportunità di pensare a un nuovo diritto penale, e pure processuale, onde consentire un vero, effettivo, contrasto alla criminalità ambientale15.
Ultimamente, con la responsabilità penale delle persone giuridiche, qualche passo si sta facendo in avanti (non vale più il societas delinquere non potest) inserendo delle responsabilità parallele, ulteriori, oltre le famose “teste di legno”.
Alberto PIEROBON: l’intenzione era, in questa sede, non potendo affrontare tutti gli argomenti del Manuale, di dare degli spunti in chiave metodologica e classificatoria, per esempio sul tema dei rifiuti pubblici e di quelli privati, ciò oltre la tradizionale visione gestionale (duale, manichea), che è venuta peraltro appassendosi nella pratica (sbiadendo le originarie funzioni pubblicistiche), dove i soggetti e gli oggetti, il più delle volte, si “miscelano” e si confondono (con alchimie varie), entro la cittadella pubblica (alla quale accedono col “cavallo di troia” delle società miste, delle concessioni, etc. per utilizzare il regime di privativa,preferenziale e agevolato nella gestione, etc. non senza creare delle asimmetrie informative per il titolare del servizio).
Ma, tralasciando questi aspetti, andando come si suol dire “a braccio”, si ritiene utile, anzitutto, rispondere ad alcune sollecitazioni provenienti dai precedenti, interessanti, interventi.
Una precisazione doverosa: questo Manuale non è solo di Pierobon, bensì di 56 autori.
Non si tratta, come si può notare, di studenti e/o di persone che obbediscono ad uno schema e/o ad una scuola di pensiero.
Gli autori sanno bene di cosa stanno parlando, in quanto operano da anni nel settore, talvolta essendo dei riferimenti, anche nazionali, nella tematica da loro affrontata e/o per il ruolo rivestito, etc.
E’, quindi, un volume fuori da settarismi, da appartenenze, da condizionamenti, da partite doppie: qui ognuno scrive in base alla propria esperienza, e il ruolo del curatore (talvolta egli stesso autore) è spesso rizosomatico, utilizzando le note, che cercano di cucire i ben 66 capitoli, in una lettura di insieme e di richiamo16.
In altre parole, si tratta di un volume decisamente e orgogliosamente libero, talvolta contraddittorio in alcuni suoi contributi (per esempio relativamente ai rifiuti pericolosi, alla caratteristica dell’H14, alle metodiche di analisi, etc.), ma ciò, si ripete, è voluto, proprio per consentire al lettore di farsi una propria idea e di formulare un proprio giudizio sulla realtà investigata nei casi specifici.
Insomma, si vorrebbe tendere ad una “scuola dei fatti” che non è conchiusa in formali costruzioni e/o in certezze scientifiche, bensì aperta, opinata e/o opinabile, al contempo onesta intellettualmente e professionalmente.
E, rieccoci, al metodo che diventa,a nostro parere, la verità più preziosa e feconda.
La prima parte metodologica17 è consigliata, per la sua….. pietrosità, a chi soffre di insonnia, ma contiene per chi abbia la pazienza di infliggersi la sua lettura, delle pepite da disseppellire….
Infine, circa l’attualità del Manuale, esso ambisce a contenere - per dirla alla Giannini - delle “invarianti”.
In ogni caso, per ogni novità normativa escono (quasi in istantanea) i nostri commenti pubblicati, soprattutto, nel circuito della Maggioli18 e poi inseriti nel nostro sito19, tutto sempre collegato (rinviante) al Manuale, che rimane quindi non solo un valido riferimento ma, paradossalmente, aggiornato nel tempo, nonostante l’incessante ipertrofia legislativa e la proliferazione giurisprudenziale e dottrinale in materia ambientale e dei servizi pubblici locali.
Per quanto riguarda le osservazioni svolte dall’Assessore Roncuzzi è vero che la problematica della partecipazione nell’azione amministrativa (e nelle scelte di politica ambientale, sia che riguardino la localizzazione impiantistica che aspetti più generali) segnala la necessità di trovare nuove forme di rappresentanza, tant’è che esse sono in fase per così dire “sperimentativa”, ovvero da “laboratorio”, per esempio nel Comune di Napoli, grazie all’assessore ai Beni Comuni, il Prof. Alberto Lucarelli20.
Circa le questioni suscitate dall’esperto dell’ANCI, dott. Rossi, è vero che la finanziarizzazione sta imponendosi rispetto agli aspetti cosiddetti “fattuali” (e lo vedremo meglio poi, essendo un argomento a noi caro), ed è altresì vero che le tecniche condotte dagli esperti genieri legislativi portano a risultati applicativi dove una virgola può cambiare molto della situazione oggetto dell’intervento (si veda, per esempio, le definizioni, la parte imballaggi, etc. del codice ambientale), però eclatanti sono i rapporti tra la normativa primaria, quella secondaria e quella tecnica, dove, per esempio, stante il richiamo “a cascata” (con rinvio cogente) alle norme tecniche (non armonizzate), queste assumono valenza normativa, ma con la caratteristica che,ove trattasi di norme UNI, debbono essere acquistate (circa 120 euro cadauna: per la plastica le norme UNIPLAST 10667 richiamate dal D.M. 5 febbraio 1998, sono circa 17 per cui chi vuole rispettare la disciplina specifica deve.. mettere mano al portafoglio!), con buona pace per il noto principio della ignoranza inescusabile e/o della scusabilità dell’ignoranza penale (laddove rilevi), e pure con un deficit democratico connesso alla redazione della norma che avviene nei ristretti Comitati tecnici, con la soverchiante presenza di rappresentanti “privati”, persino di coloro che sono interessati a vendere attrezzature, più che limitarsi a chiarire le processistiche tecniche-tecnologiche necessarie a garantire un prodotto in senso prestazionale e/o di scambio sul mercato, etc..
Ancora, spesso le norme vengono congeniate in modo tale da sembrare pasticciate se non erronee.
Però, considerando che spesso la paternità di queste norme va attribuita a magistrati di alta esperienza e conoscenza giuridica, si tratta forse di norme “volute”, cioè intenzionalmente “difettate” (una sorta di bomba ad orologeria).
Per cui laddove, come dire, la norma venga “stressata”nel suo scandirsi a vari livelli,cioè pensata sul banco di prova di un contenzioso dove i periti, alfine, cambiano le carte in tavola rispetto alla lettura della norma, assistiamo spesso all’assoluzione degli autori delle violazioni normative, proprio avvalendosi delle norme tecniche e/o di trucchetti procedimentali e/o utilizzando le scappatoie della prova processuale.
Ecco che, paradossalmente, la norma tecnica assume, a nostro avviso, talvolta una importanza persino maggiore delle norme di rango superiore.
Lo sa bene anche chi gestisce i rifiuti, per cui se la norma tecnica prevede un limite di accettabilità di una “impurezza” (notare il termine) del massimo dell’1% per un rifiuto, può accadere che il gestore, come dire… aggiunga omeopaticamente altri rifiuti (facendoli a un certo punto sparire quelli “sgraditi”) rimanendo entro quel limite legale di percentuale di impurezza: ecco che la norma viene rispettata, i controllori non vedono nulla, e, dal punto di vista economico, i risultati per il gestore ci sono, eccome!
Altra questione trascurata è che si continua a perseverare nell’errore di considerare i rifiuti nella loro materialità, mentre oggigiorno questo aspetto diventa il vettore della finanziarizzazione, attraverso meccanismi contrattuali, societari, finanziari, etc21.
Lo sanno bene le organizzazioni criminali con i colletti bianchi, che si avvalgono di studi legali e contabili di primario livello mondiale, studiando espedienti tali per cui siccome, è il contratto che crea ricchezza (non più la “cosa” intesa nella sua materialità) e che la redistribuisce, ecco che il rifiuto diventa una occasione per questi affari.
Qui, la lettura (ad esempio fiscale) di certe operazioni diventa istruttiva, facendo meglio capire la gestione del rifiuto, per cui non necessariamente pare “strano” che un impianto utilizzi come combustibile un materiale lignocellulosico provenienti dall’est europa rispetto ai propri ubicati in prossimità (con i quali potrebbe diminuire le spese di prevenzione incendi o di manutenzione dei boschi per esempio).
Ciò dipende da tutto un insieme di fattori e di circostanze che vanno valutate nel caso concreto, incrociando tutti i dati, le informazioni e la documentazione e ragionando dal punto di vista degli effetti economici.
La finanziarizzazione ambientale, giocoforza, cresce con le occasioni di mercato.
Si vedano, per esempio, i certificati di cui alle quote di emissione del “protocollo di Kyoto” che vengono collocati sul mercato finanziario mondiale, donde la ricerca di discariche è l’occasione di innesco dell’affare (molte volte, beneficiando anche di contributi, provvidenze e/o fondi pubblici). Gli imprenditori (faccendieri, ma non solo) corrono, per esempio, per il mondo a cercare discariche esaurite quale affare finanziario, disinteressandosi della realtà industriale o commerciale, ma prima ancora non pensando minimamente alla questione ambientale.
Qui, sintomaticamente, possiamo trovare dei fondi lussemburghesi che fanno “cassetta” delle quote kyoto acquisite dai privati, per poi immetterle nel mercato al momento più opportuno, nel frattempo questi fondi stipulano accordi con le controparti, di sapore altamente ingegneristico-finanziario.
Affrontiamo, ora, il mercato dei rifiuti di imballaggio primario di bevande usate per segnalare cosa c’è “dietro” alla disciplina.
Come sappiamo il sistema italiano è improntato ai consorzi di filiera CONAI che attraverso l’immesso nel mercato degli imballaggi da parte dei produttori, tramite i distributori, incassa un certo contributo ambientale Conai (“CAC”: fino a poco tempo fa di €/tonn. 165, ora di €/tonn. 120) il quale serve a finanziare la riciclabilità (tramite intercetto dei flussi dei rifiuti presenti) di siffatti rifiuti, riciclabilità che deve raggiungere certi obiettivi di percentuali annue.
Alcuni soggetti privati (trasformatori e gestori di rifiuti) affermano che sarebbero in grado di gestire questi flussi - migliorando la bontà merceologica e con maggiore efficacia di intercetto del materiale - ad un costo di circa €/tonn. 50, invece degli attuali €/tonn. 120 del CAC.
La normativa attuale (cfr. l’art.221 e ss. del codice ambientale) prevede che questi soggetti possano dar vita ai consorzi volontari - a certe condizioni e procedure - potendo sostituirsi ai consorzi obbligatori.
Con il recente decreto legge n.1/2012, il Governo Monti sembrava volesse, finalmente, liberalizzare anche questo settore22, solo che, in sede di conversione, si è giunti ad inserire una condizione che palesemente contraddice questo spirito liberalizzatore, poiché il Consorzio volontario deve operare “su base territoriale nazionale”.
Questa è, a di poco, una beffa che vede le forze di destra e di sinistra unite per mantenere ingessato l’attuale “monopolio”, evitando che nell’interesse del consumatore emergano nuovi soggetti per gestire questi materiali diversamente dai consorzi obbligatori e con costi minori.
Se guardiamo al nostro grafico relativo all’acquisto delle bottiglie di bevande usate di PET, del costo di acquisto del materiale vergine, del costo di acquisto delle scaglie di PET rigenerate, etc., pur assumendo tutte le cautele del caso, soprattutto di ordine metodologico (sia per la difficoltà di reperire dati attendibili, sia perché essi vanno interpretati per effetto del sistema delle aste, loro calendarizzazione, loro modalità – prima al ribasso poi al rialzo, etc. – e pure nella considerazione dei mercati di altri operatori europei che approfittano delle nostre contingenze di un mercato oligopolistico e collusivo) troviamo una chiara conferma (e un obiettivo riscontro) dell’esistenza di un mercato che segue perlopiù logiche finanziarie, rispetto a quelle classicamente industriali, ovvero troviamo un mercato che insegue il riferimento al prezzo del petrolio (ciò anche per estrazione culturale di molti managers), e che è assai condizionato (se non alterato) dal sistema delle aste Corepla.
Tant’è che, addirittura, come ci si avvede, nel secondo semestre 2011 abbiamo una dinamica aberrante: gli operatori hanno svenduto il riciclato (anche in perdita rispetto ai costi di carico) pur di “realizzare” e/o di rientrare in un mercato che presenta un andamento da “ottovolante”, dove, appunto imperano gli aspetti finanziari rispetto a quelli “reali”23.
Circa gli aspetti sanzionatori, ci si limita a segnalare – come ben sanno gli operatori del settore - che i soggetti criminali organizzati non temono i controlli, perché sono preparati a rappresentare in modo coerente e documentale la loro gestione.
Piuttosto, ancora una volta, sono i poveracci e/o i disgraziati a incappare nelle sanzioni, soprattutto per errori banali, dimenticanze, etc..
La criminalità è infatti, da questo punto di vista, ben attrezzata conoscendo i trucchi per blindare la propria attività.
Ecco perchè servono dei controlli che integrino quelli cartacei e informatici, sapendo comprendere la gestione più che la normativa.
Il pensiero del SISTRI, teoricamente, è utile nell’istantaneità temporale e nello spezzare la relazione tra i soggetti attori della gestione, potenziando il produttore che diventa il dominus dell’affidamento dei propri rifiuti ai soggetti “successivi” alla produzione.
Purtroppo, le numerose deroghe e/o le agevolazioni concesse (con criteri spesso lobbistici) a numerosi soggetti sembrano aver creato degli “spazi”, dei “vuoti”, nei “passaggi” tra i soggetti, dove si ricorre alla Scheda cartacea per erigere dei “ponti”, in una pretesa coerenza che fa sprofondare il pensiero originario e dove il sistema si è piegato al procacciamento delle entrate e alla ricerca di consenso nella società civile.
Del resto, la sproporzione (evidenziata dai nostri relatori) sulle sanzioni si sbilancia nella serialità applicativa (senza considerare i comportamenti bagatellari) nei confronti dei soggetti sprovveduti e/o male organizzati, persino laddove questi ultimi riescano a dimostrare la piena ricostruibilità delle operazioni e/o la correttezza dei dati inseriti.
Ragion per cui, a noi pare, occorra rimaneggiare funditus il sistema sotto vari profili: prima nella sua “visione” (pensiero), e poi nella sua architettura organizzativa, informatica-informativa e processistica.
Tiziano TESSARO24: Le suggestioni in questa giornata non sono mancate. Quel che emerge è la necessità di andare oltre la forma, di trovare il movente anche economico delle operazioni.
Non è un caso che lo storico francese François Furet nella sua critica della rivoluzione francese indicasse la borghesia come attore del cambiamento, proprio perché il motore fu economico, prima che gli astratti diritti per sé stessi.
Non è nemmeno un caso che l’amico Pierobon abbia indicato la necessità di leggere anche nel diritto ambientale taluni aspetti economici-fattuali, addirittura partendo da altre prospettive e da diverse branche del diritto (quale quello fiscale), per poi tornare a rileggere (anzi, a leggere “meglio”) il diritto ambientale.
Poi l’ipertrofia legislativa complica la vita agli interpreti.
Tra altro, in questa epoca assistiamo a fenomeni abbastanza singolari, dove Ministri incaricati della semplificazione normativa, invece di procedere alle vere semplificazioni, accendono (si badi: materialmente parlando) un falò per bruciare le gazzette ufficiali della Repubblica Italiana, al contempo bruciando anche ruoli e simbologie che non dovrebbero essere così disinvoltamente dimenticate, ecco che forse c’è qualcosa che non torna in tutto questo…..anche dal punto di vista erariale.
Nella gestione dei servizi pubblici locali pare venga meno un certo controllo e una certa presenza pubblica (anche nelle società miste) che meglio garantisce l’interesse pubblico, mentre quello privato trova altre forme, per esempio il fatto che la giurisdizione nelle controversie gestionali di una società ancorchè pubblica (totalitaria o mista), venga rimesso alla giurisdizione ordinaria comporta che la questione venga avviata, approcciata e valutata su basi diverse, dove, tra altro, manca un pubblico ministero che avvia il contenzioso, il quale invece rimane, appunto, nella volontà delle parti e rimesso alle regole del gioco del contenzioso ordinario-civilistico.
Andando al tema assegnato del danno e della responsabilità ambientale25, occorre partire dalla nozione di ambiente come bene immateriale unitario, fruibile dalla collettività, oltre che dai singoli (vedasi la sentenza della Corte Costituzionale 30 dicembre 1987, n. 641), il danno arrecato all’ambiente è quindi pubblico, il risarcimento va allo Stato e qui la giurisdizione della Corte dei Conti è stata nel tempo espansiva fintantoché il legislatore con l’art.19 della Legge 8 luglio 1986, n.349 ha, come dire.. bloccato questa tendenza.
La condotta del danno riguarda l’alterazione, il deterioramento, la distruzione parziale o totale dell’ambiente.
L’azione è percorribile anche dagli enti locali per ripristino o (in caso di sua impossibilità) per la liquidazione monetaria in via equitativa.
Ora l’art. 300 e seguenti del codice ambientale indica la responsabilità diretta (competenza G.O.) e quella indiretta (con azione di rivalsa della Corte dei Conti).
Ecco alcuni esempi sintomatici di questi aspetti:
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il danno pubblico per mancata raccolta differenziata nella regione Campania (in particolare Napoli) di cui alla Corte dei Conti 9 dicembre 2009, n.149226;
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il danno da esecuzione dei lavori di rinascimento della spiaggia del Poetto (provincia di Cagliari) mal eseguiti, se non inutili, con danno all’immagine, etc. (Corte dei Conti 21 luglio 2009, n.1003);
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il danno per omessa vigilanza dell’ente pubblico riguardo alla realizzazione di un sentiero montano avvenuto difformemente dai vincoli paesaggistici (Corte dei Conti di Trento, 27 maggio 2009, n.35).
Sono possibili, da parte degli enti titolari della proprietà o dei proprietari danneggiati altre azioni petitorie, possessorie e risarcitorie (art.313, comma 7 codice ambientale).
Per quanto riguarda l’attivazione da parte del Ministero dell’Ambiente, della Procura della Corte dei Conti si veda l’art.313, comma 6, del codice ambientale.
Insomma, l’ambiente secondo una lettura costituzionalmente orientata (vedasi le sentenze della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, del 16 febbraio 2011, nn. 3811,3812,3813 e del 18 febbraio 2011, nn.3936,3937,3938,3939) giunge ad una prospettiva collettiva, quale patrimonio del Paese, talchè risulta indubbiamente ribadita la tesi dell’interesse pubblicistico (della competenza della giurisdizione della Corte dei Conti; dell’ampliamento della legittimazione attiva; del rafforzamento dell’ambiente inteso come fascio di diritti fondamentali; etc.etc.).
Giuseppe PIPERATA27: ricorda come gli esordi del diritto ambientale, quantomeno quello svolto nei primi corsi universitari, orecchiasse ad altri settori (in particolare l’urbanistica), talvolta diventando una specie di diritto suddito,fino ad assumere una propria fisionomia, via via crescente e anzi prevalente, che poi è sempre trasversale, in quanto sempre richiama le altre discipline e conoscenze (non solo giuridiche).
Il Manuale, anche da questo punto di vista, è decisamente ambizioso, peraltro nascendo (ecco la sfida) in un momento di difficoltà del mercato editoriale “cartaceo” e presentandosi in una mole di oltre 1700 pagine di commenti e/o analisi che coprono tutti gli aspetti tematici, nella consapevolezza (e lo si dice da esperto giurista) che per affrontare questa materia non bastano solo gli occhiali del diritto ambientale, infatti, non a caso il titolo del Manuale non è “di diritto ambientale”, ma pure, “di gestione ambientale”.
Per chi abbia una qualche conoscenza della materia sa che bisogna partire dalla gestione per comprendere le situazioni ricadenti nell’area del diritto ambientale, in altri termini, come accade in altri campi di investigazione giuridica, il diritto è qui limitato e limitante ove non venga ampliato con (e interrelato a) gli aspetti tecnici, organizzativi, economici oltre che, appunto, quelli giuridici. Il sottotitolo <Analisi giuridica,economica, tecnica e organizzativa> ne dà esattamente conto. Inoltre, il Manuale è stato davvero coraggioso inserendosi, oltre alle citate variabili, in una contingenza che vede il diritto ambientale per così dire… terremotato, con continui aggiornamenti non solo mensili, non solo settimanali, ma financo giornalieri.
In effetti, il volume si mantiene attuale proprio perché non si limita al diritto (arrendendosi ed arrestandosi alla sua variabilità), bensì indica idee,ricostruzioni, decostruzioni, percorsi, alternative, etc. che proprio si mantengono al di là dei sismi normativi.
Peraltro, gli aspetti di aggiornamento vengono comunque sempre colmati tramite gli interventi puntuali del nostro curatore, nell’ambito delle riviste di settore (in particolare delle edizioni Maggioli, successivamente diffuse, gratuitamente, nel WEB) che si richiamano alle parti del volume, mantenendo così un collegamento continuo e fresco con le novità.
Per quanto riguarda la materia di elezione, cioè i servizi pubblici locali, come segnalato nel Manuale tutto è cambiato in questi ultimi anni, e tutto sta cambiando, soprattutto nel servizio idrico integrato (acqua) e nel servizio integrato di gestione dei rifiuti.
Prova ne siano i recenti orientamenti della Corte Costituzionale che hanno stoppato l’invasività delle regioni (per esempio della Regione Puglia) i quali enti, sulla scorta, per esempio, degli esiti referendari hanno diversamente disciplinato il settore acquedottistico dal punto di vista dei servizi pubblici locali, etc.
Insomma si tratta di aspetti, quelli ambientali e dei servizi pubblici locali ambientali, in continuo divenire, in continuo studio e sperimentazione per questo si richiedono nuovi metodi e approcci come quelli esibiti da questo Manuale.
Alfonso ANDRETTA28: si intrattiene sull’analisi di rischio sanitaria connessa alle emissioni in atmosfera.
L’analisi di rischio consente ai tecnici di stimare (pur con delle obiettive limitazioni) il rischio per la salute umana connesso alla specifica situazione di inquinamento.
Nel Manuale è stato sviluppata una metodica riferita agli impianti di incenerimento ed altri, al loro impatto atmosferico, etc.
Gli effetti negativi per la salute umana possono derivare sostanzialmente, da tre elementi:
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da inalazione;
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da contatto dermico;
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da ingestione.
Occorre cioè capire se il contaminante (e quale sia la sua tossicità che è correlata alla stima del rischio) sia presente in aria, acqua, alimenti, etc. In proposito esiste un protocollo HHRAP29 utile per effettuare lo studio dell’impatto sulla salute derivanti dalle emissioni in atmosfera.
Si segnala come finora non sia stato investigato il danno da rischio sanitario indoors (cioè dentro gli ambienti, anche domestici), essendo stato osservato solo il danno nella situazione da esposizione outdoor: ecco un futuro percorso per questi studi e analisi.
Emilio CASALINI: ringrazia i relatori, trovando molto interessanti questi aspetti di cui si parla poco (per esempio dell’inquinamento indoor) e che dovrebbero essere approfonditi.
Considerato l’avvenuto sforamento dell’orario chiede a Pierobon di accennare quali possano essere i rischi e le tendenze intravvedibili in campo ambientale.
Alberto PIEROBON: in estrema sintesi segnaliamo, con invito alla lettura di questi aspetti nel Manuale: l’esternalizzazione delle funzioni pubbliche e/o la loro abdicazione alle logiche privatistiche e/o mercatistiche (si vedano le presunzioni di legittimità connesse all’adozione di sistemi di certificazione di qualità – a mo’ di check list - che comportano agevolazioni,con riduzione dei controlli per i soggetti che li ottengono), tanto sembra rinvigorire il pensiero “debole” della rappresentazione materiale e formale della gestione dei rifiuti.
Inoltre, la proliferazione delle vie di fuga dalla codicistica (Parte IV^) sui rifiuti, tramite disposizioni e leggine varie che non specificano, bensì decodificano (alla IRTI) e che (in una logica di mercato) portano, anche grazie alla normativa tecnica, molte sostanze fuori dalla più rigida (e sanzionata) disciplina dei rifiuti (vedasi, esemplificativamente, la specialità delle discipline sui sottoprodotti, sulla cessazione della qualificazione di rifiuto, dei RAEE, dei pneumatici fuori uso, delle terre e rocce da scavo, e così via).
Inoltre, lo utilizzo di espedienti vari, tipo la frammentazione gestionale come forma (non solo giuridica) di aggiramento, ove si sbiadiscono (o si ricostruiscono, secondo una diversa lettura, depistante e fallace) le concatenazioni di vari singoli atti, occultando (con la pianificazione e la messa in atto di negozi indiretti o altro) gli effetti ulteriori (cioè economici, gli affari) derivanti dalla gestione, la quale rincorre, soprattutto, logiche finanziarie più che industriali.
L’esempio, che è stato qui solo accennato, degli imballaggi di bevande usate è sintomatico di una beffa che comporta oneri a carico della persona fisica “debole” (ma pure del sistema pubblico locale): per la mancata copertura totale dei costi di raccolta degli imballaggi, di cui al corrispettivo consorzio di filiera CONAI che copre solo una parte (il noto “delta costo” di cui all’accordo quadro ANCI-CONAI) dei costi gestionali pubblici, e che quindi, per la restante parte, questi costi sono finanziati dagli utenti-cittadini tramite i proventi della tarsu - tariffa, senza poi considerare anche il costo internalizzato - questa volta dal consumatore - nella bottiglia acquistata, che viene utilizzato dai consorzi obbligatori per una siffatta gestione, etc. etc.30.
1 Organizzata dall’UPI Emilia Romagna, in collaborazione con ANCI Emilia Romagna e Maggioli Editore, patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Il titolo dell’evento è “Le novità in materia ambientale per gli Enti Locali e le loro aziende dal 2011 agli ultimi decreti e alla normativa in cantiere. Il tema dei rifiuti e le nuove responsabilità nelle forme e nei moduli funzionali/gestionali degli Enti Locali” Nell’occasione è stato presentato il “Nuovo Manuale di diritto e gestione dell’ambiente”, Rimini, 2012.Il Seminario è stato accreditato presso l’Ordine degli Avvocati di Bologna (n.4 crediti).
2 Avvertiamo che trattasi di un resoconto, redatto sulla base di appunti, di ricordi circa gli interventi dei relatori e delle loro slides. Gli atti (slides) al momento depositati dai relatori, sono inseriti e leggibili nel sito dell’UPI Emilia Romagna.
3 Moderatore del dibattito. Giornalista RAI, collaboratore del programma televisivo (RAI3) di “Report”.
4 Presidente Commissione Ambiente UPI Emilia-Romagna – Assessore Ambiente Provincia di Ravenna.
5 Si tratta del contributo di Giuseppe ALLEGRI, <La partecipazione per una nuova governance in materia ambientale? Brevi appunti>, pagg.161-172. D’ora in poi indicheremo i contributi inseriti nel Manuale riportando la sola numerazione delle pagine.
6 Responsabile Energia-Ambiente ANCI Emilia-Romagna.
7 Si tratta del contributo di Francesco LUCA’, <L’applicazione dell’ICI agli impianti fotovoltaici: aspetti fiscali e finanziari>, pagg. 1231-1248.
8 Su questi aspetti vedasi Luigi MICHIELI, La norma ambientale: l’iter in Parlamento tra incertezze e ripensamenti, pagg.139-160 e la nota del curatore.
9 Avvocato, responsabile dell’Area Affari istituzionali e Legali dell’ARPA Emilia-Romagna. In precedenza il relatore ha avuto modo di commentare - in modo serio, preciso e completo - tutto il sistema sanzionatorio e le disposizioni transitorie e finali della Parte IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 nel <Nuovo codice dell’ambiente> (a cura di Nicola LUGARESI e di Silvia BERTAZZO), Rimini, 2009, pagg. 1016-1068. Peccato quindi che Egli non abbia potuto, per impegni di lavoro, aderire alla nostra iniziativa di cui al Manuale in parola.
10 Nel Manuale, tra altro, si vedano Giancarla BALDASSO, L’illecito amministrativo ambientale in particolare il procedimento sanzionatorio, pagg. 1459-1475 e di Otello BIGOLIN, La delega di responsabilità in materia ambientale, pagg. 1575-1589.
11 Vedasi la puntata di Report del 13 maggio 2012.
12 Responsabile del coordinamento politiche ambientali di Confservizi Emilia-Romagna e Presidente di Hera Ambiente SpA.
13 Sugli aspetti contabili si rinvia a Mauro BELLESIA, La contabilità ambientale: considerazioni e proposte, pagg.1141-1172 che affronta i fondamenti delle misurazioni contabili, i sistemi contabili utilizzati dagli enti locali, la contabilità ambientale, le affinità tra l’analisi ambientale e l’analisi consolidata del “gruppo ente locale”, il concetto degli stakeholder, le sperimentazioni in Italia, le metodologie della contabilità ambientale negli enti locali, le certificazioni ambientali, etc. etc.
14 Comandante regionale Emilia-Romagna del Corpo forestale dello Stato.
15Si vedano, tra altri, i contributi di Sergio COSTA, Le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, i rapporti con l’associazione a delinquere e l’associazione a delinquere di stampo mafioso alla luce della legge 136/2010, pagg. 1589-1630; Amedeo POSTIGLIONE, L’esperienza del giudice penale in materia ambientale, pagg. 1639-1545; Salvatore CARLI, Appalti di igiene urbana. Devianza nelle procedure di affidamento, pagg.1323-1337.
16 Per l’indice del Nuovo Manuale si veda http://www.pierobon.eu/anno-2012/nuovo-manuale-diritto-gestione-ambiente/.
17 Di Alberto PIEROBON, Metodi e sfondamenti: prime ipotesi, pagg. 37-84. Prossimamente questa parte sarà sviluppata in modo pratico, con esempi e casistiche di lavoro, in uno apposito scritto, cercando, per quanto possibile, di essere divulgativo (ovvero più comprensibile per la maggioranza dei lettori non addetti al settore).
18 Non solo nella rivista Gazzetta enti locali on line, ma pure in altre: Comuni d’Italia, Guidambiente, L’Ufficio Tecnico, Tributi degli enti locali, Rivista trimestrale degli appalti, etc. etc. Altri, diversi, studi e/o analisi (a seconda della platea dei lettori e degli argomenti) trovano pubblicazione in altre riviste di diversi editori: Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente delle Edizioni Tellus di Roma; Azienditalia e Finanza&Tributi del Gruppo Ipsoa, etc. etc.
19 www.pierobon.eu dove sono stati inseriti oltre 420 nostri articoli, commenti, scritti vari, con aggiornamenti, almeno, a cadenza settimanale.
20 Di Alberto LUCARELLI vedasi il contributo, Diritto pubblico europeo dell’economia e modelli di gestione del servizio idrico, pagg. 1405-1411.
21 Si permette rinviare al nostro capitolo, La cosiddetta “finanziarizzazione” dell’ambiente: primi spunti di riflessione, pagg. 1273-1288 oltre alle molte note in calce ai vari contributi che, direttamente e indirettamente, lambiscono la questione. Si veda anche Daniele D’AMICO, Il mutamento climatico, l’ambiente e il settore finanziario, pagg. 1249-1272.
22 Si veda, tra altri, il nostro commento, pubblicato in Gazzetta enti locali on line, Ai comuni conviene ora gestire i propri rifiuti fuori dal sistema consortile?
23 Sulla tematica si rinvia allo scritto pubblicato nella rivista “L’Ufficio Tecnico”, edizioni Maggioli,2012, corredato di grafici e di tabelle esplicative.
24 Già Segretario Generale Enti Locali, già Segretario Generale del TAR Veneto, Magistrato alla Corte dei Conti di Venezia. Ha scritto, con R. AGNOLETTO, il denso contributo <La responsabilità amministrativa e ambientale: la ricostruzione del danno ambientale a danno erariale>, pagg. 1509-1562.
25 Oltre allo scritto di T.TESSARO-R.AGNOLETTO, sempre nel Manuale si veda di Stefano LEONI, Il risarcimento del danno ambientale, pagg.1439-1455.
26 Sull’argomento si veda il contributo di A.MINGARELLI, Vice Procuratore Generale della Corte dei Conti di Venezia, <Le valutazioni e gli interventi della Corte dei Conti sull’operato e la funzione dei Commissari per l’emergenza rifiuti>, pag. 1477-1504.
27 Professore associato di Diritto Amministrativo, Università IUAV di Venezia, Docente SPISA. E’ autore del contributo, I servizi pubblici e l’ambiente, pagg. 1411-1438. Altri contributi sui servizi pubblici inseriti nel Manuale sono,oltre a quelli già citati: Alberto Pierobon, Introduzione ai servizi pubblici locali, pagg. 1289-1322; Gabriele Testa, Recenti limitazioni per gli enti locali nella gestione dei servizi ambientali mediante società pubbliche, pagg. 1341-1382; Maurizio Lucca, Il contratto di servizio, pagg. 1385-1404; etc.
28 Docente di Impianti di trattamento sanitario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Modena e di Reggio Emilia e Responsabile tecnico di SGM Ingegneria. E’ autore, assieme a Nico Priori, del contributo, Analisi di rischio sanitario connesso alle emissioni in atmosfera: concetti generali, Pagg. 751-784. Sull’atmosfera si vedano poi: Alberto Pierobon, L’aria. Introduzione, pagg. 731-750; Andrea Forni e Giuseppe Brogna, Gas climateranti: Protocollo di kyoto, Emission trading e bilanci di CO2 di termovalorizzazione di rifiuti, pagg. 785-808; Francesco Musco e Domenico Patassini, Mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici: valutazione di efficacia di piani e politiche in Usa, in Europa e in Italia, pagg. 809-832.
29 Human Health Risk Assessment Protocol, protocollo di valutazione redatto dall’U.S. EPA che sembra essere un riferimento internazionale (vedi la versione di settembre 2005) per l’applicazione dell’analisi del rischio associato ad emissioni in atmosfera da impianti di combustione.
30 Su questi aspetti si rinvia allo scritto di analisi del mercato pubblicato nella rivista L’Ufficio Tecnico, 2012. Mentre un altro articolo (sui costi del servizio pubblico e di quello alternativo, correlati allo scenario di mercato) è di imminente pubblicazione sempre nella rivista L’Ufficio Tecnico, Maggioli.