Il decreto-legge 29 maggio 2024 n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa-2
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Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa
(Secondo scritto di approfondimento)
di Massimo GRISANTI
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Il decreto-legge 29 maggio 2024 n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa-1
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Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa
(Primo scritto di approfondimento)
di Massimo GRISANTI
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Beni Ambientali.Beni paesaggistici e necessità di decreto di vincolo
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Beni paesaggistici e necessità di decreto di vincolo
(Nota critica alla sentenza n. 7019/2024 del Consiglio di Stato riguardante il centro storico di Firenze e comunque i centri storici UNESCO)
di Massimo GRISANTI
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Urbanistica.Manufatto precario
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 5977 del 5 luglio 2024
Urbanistica.Manufatto precario
In base all'articolo 3, comma 1, lettera e.5) del D.P.R. n. 380 del 2001, è qualificabile come nuova costruzione "l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”; il successivo articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del medesimo articolato normativo, include, invece, nell'attività edilizia libera “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all'amministrazione comunale”; da tali previsioni la giurisprudenza ha desunto la nozione di opera precaria, non soggetta a titolo abilitativo; in particolare, si è affermato che: “in ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a soddisfare un'esigenza temporanea. La giurisprudenza è concorde nel senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie”; è pertanto necessario un titolo edilizio per la realizzazione di “tutti quei manufatti che, anche se non necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale, […] ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”; la natura precaria di un manufatto, non può, quindi, essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo; nello stesso senso, è stato chiarito che “la precarietà dell'opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera e. 5, D.P.R. n. 380 del 2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante”.
Sviluppo sostenibile.Energia incentivata
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Consiglio di Stato Sez. II n. 5859 del 2 luglio 2024
Sviluppo sostenibile.Energia incentivata
Il concetto di “energia incentivata” di cui all’art. 21, comma 5, del D.M. 6 luglio 2012 va necessariamente inteso quale energia tradottasi in incentivi, in considerazione del rilievo che l’“energia incentivata” è - in forza dell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.M. 18 dicembre 2008 - l’“energia elettrica avente diritto agli incentivi”. Infatti, secondo la citata previsione del 2008 “energia elettrica incentivata è la quantità di energia elettrica avente diritto agli incentivi di cui al presente decreto. L’energia elettrica incentivata, determinata dal GSE secondo le modalità dettagliate nell’allegato A, è stimata in via presuntiva nella fase di qualifica dell’impianto e riconosciuta successivamente in funzione della produzione annua netta o, in acconto, in funzione della producibilità attesa ai fini del rilascio dei certificati verdi, ovvero in funzione dell’energia immessa nel sistema elettrico per l’attribuzione della tariffa fissa onnicomprensiva”. Detta disposizione ha, infatti, sancito una chiara equivalenza tra energia nominale ed energia incentivata attestata dai certificati verdi, questi ultimi definiti dall’art. 2, comma 1, lett. o), dlgs n. 387/2003 secondo cui sono tali i “diritti di cui al comma 3 dell’art. 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, rilasciati nell’ambito dell’applicazione delle direttive di cui al comma 5 dell’art. 11 del medesimo decreto legislativo”. Inoltre, l’art. 3, comma 1, del D.M. 18 dicembre 2008 statuisce che “La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, con esclusione della fonte solare, è incentivata mediante il rilascio dei certificati verdi di cui al titolo II del presente decreto, alle condizioni e secondo le modalità ivi previste. La produzione di energia elettrica mediante gli impianti di cui all’art. 9, comma 2, continua a beneficiare dei certificati verdi secondo le modalità e alle condizioni ivi richiamate.” (cfr. altresì Titolo II [artt. 8 e ss.] del D.M. 18 dicembre 2018).
Urbanistica.Demolizione opere abusive su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici
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Consiglio di Stato Sez. II n. 5811 del 1 luglio 2024
Urbanistica.Demolizione opere abusive su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici
L’art. 35 TUE prevede che, qualora sia accertata la realizzazione di interventi in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o parziale difformità dal medesimo, “su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il dirigente o il responsabile dell'ufficio, previa diffida non rinnovabile, ordina al responsabile dell'abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, dandone comunicazione all'ente proprietario del suolo”. Rispetto a tali opere costituisce un presupposto indefettibile della successiva ordinanza di demolizione la diffida emanata, ai sensi dell’art. 35, la quale individua il tipo di abuso realizzato su aree di proprietà di enti pubblici.
- Rifiuti.Tariffe
- Urbanistica.Onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia abusiva
- Urbanistica.Osservazioni formulate dai proprietari interessati dal piano regolatore
- Beni ambientali.La Corte costituzionale interviene ancora sulla disciplina di tutela costiera.
- Rifiuti.Abbandono e responsabilità omissiva
- Urbanistica.È da rimeditare l’acquisito concetto di momento di cessazione della condotta illecita nell’abuso edilizio
- Urbanistica.Realizzazione prima della decadenza del permesso di costruire di opere non completate
- Ambiente in genere.AIA e concentrazione nel medesimo procedimento di attività aventi differente natura e presupposti
- Beni ambientali.Riserva naturale e misure di salvaguardia
- Ulteriori note in ordine al decreto-legge 29 maggio 2024 n. 69 cosiddetto salva casa all’indomani della sua conversione
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