Corte di Giustizia (Prima Sezione) 20 gennaio 2021
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Accesso del pubblico all’informazione in materia ambientale – Progetto di costruzione di infrastrutture “Stuttgart 21” – Rigetto di una domanda di informazione ambientale – Articolo 4, paragrafo 1 – Motivi di rifiuto – Nozione di “comunicazioni interne” – Portata – Limitazione nel tempo della tutela di siffatte comunicazioni»
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
20 gennaio 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Accesso del pubblico all’informazione in materia ambientale – Progetto di costruzione di infrastrutture “Stuttgart 21” – Rigetto di una domanda di informazione ambientale – Articolo 4, paragrafo 1 – Motivi di rifiuto – Nozione di “comunicazioni interne” – Portata – Limitazione nel tempo della tutela di siffatte comunicazioni»
Nella causa C‑619/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), con decisione dell’8 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 19 agosto 2019, nel procedimento
Land Baden-Württemberg
contro
D.R.,
con l’intervento di:
Deutsche Bahn AG,
Vertreter des Bundesinteresses beim Bundesverwaltungsgericht,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da J.‑C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, L. Bay Larsen, C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen, giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il Land Baden-Württemberg, da G. Torsten, Rechtsanwalt;
– per D.R., da F.‑U. Mann, Rechtsanwalt;
– per la Deutsche Bahn AG, da T. Krappel, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, da J. Möller e S. Eisenberg, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, da M. Browne, J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti;
– per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, in qualità di agente, assistito da C. Knight, barrister;
– per la Commissione europea, da G. Gattinara e M. Noll‑Ehlers, in qualità di agenti;
– per il governo norvegese, da L.‑M. Moen Jünge e K. Isaksen, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 luglio 2020,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Land Baden-Württemberg (Land Baden-Württemberg, Germania) e D.R., in merito ad una richiesta di informazioni ambientali diretta ad ottenere l’accesso a taluni documenti dello Staatsministerium Baden-Württemberg (Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg) relativi al progetto di costruzione di infrastrutture di trasporto e sviluppo urbano, denominato «Stuttgart 21», nello Stuttgarter Schlossgarten (parco del castello di Stoccarda, Germania).
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), al suo articolo 4, paragrafo 3, così dispone:
«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta:
(...)
c) se riguarda documenti ancora in corso di elaborazione o comunicazioni interne delle autorità pubbliche, qualora tale deroga sia prevista dalla legge o dalla prassi nazionale, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.
(...)».
Diritto dell’Unione
Il regolamento (CE) n. 1049/2001
4 Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), al suo articolo 4, paragrafo 3, prevede quanto segue:
«L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.
L’accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, qualora la divulgazione del documento pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».
Il regolamento (CE) n. 1367/2006
5 L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), così recita:
«Il regolamento [n. 1049/2001] si applica a tutte le richieste di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle istituzioni e dagli organi [dell’Unione] senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, la nazionalità o la residenza del richiedente e, qualora si tratti di persone giuridiche, sull’ubicazione della sede legale o del centro effettivo delle loro attività.
(...)».
6 L’articolo 6 del regolamento n. 1367/2006, intitolato «Applicazione delle eccezioni relative alla richiesta di accesso alle informazioni ambientali», al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:
«Per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento [n. 1049/2001], eccezion fatta per le indagini (…), si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente. Circa le altre eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento [n. 1049/2001], i motivi del rifiuto di accesso vanno interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione e del fatto che le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente».
La direttiva 2003/4
7 I considerando 1, 5 e 16 della direttiva 2003/4 sono così formulati:
«(1) Un rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente.
(...)
(5) Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha firmato la [convenzione di Aarhus]. Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con quelle di tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea.
(...)
(16) Il diritto all’informazione implica che la divulgazione dell’informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle. Le ragioni del rifiuto dovrebbero essere comunicate al richiedente entro il periodo stabilito dalla presente direttiva».
8 A termini dell’articolo 1 della direttiva in parola:
«Gli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti:
a) garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio;
b) garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale (...)».
9 L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) “informazione ambientale” qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:
a) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;
(...)
c) le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;
(...)
f) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti di interesse culturale e gli edifici nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c);
2) “autorità pubblica”:
a) il governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;
(...)
3) “informazione detenuta da un’autorità pubblica”: l’informazione ambientale che è in suo possesso e che è stata prodotta o ricevuta da detta autorità;
(...)
5) “richiedente”: ogni persona fisica o giuridica che chiede l’informazione ambientale;
(...)».
10 L’articolo 3 della direttiva citata, intitolato «Accesso all’informazione ambientale su richiesta», al suo paragrafo 1, così recita:
«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».
11 A norma dell’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Eccezioni»:
«1. Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta nei seguenti casi:
(...)
d) se la richiesta riguarda materiale in corso di completamento ovvero documenti o dati incompleti;
e) se la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.
Qualora una richiesta venga respinta sulla base del fatto che riguarda materiale in corso di completamento, l’autorità pubblica riporta il nome dell’autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale sarà pronto.
2. Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:
a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche qualora essa sia prevista dal diritto;
(...)
I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.
(...)
4. L’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per loro conto e oggetto di richiesta è messa a disposizione in maniera parziale quando è possibile estrarre dal resto dell’informazione richiesta le informazioni indicate al paragrafo 1, lettere d) ed e), o al paragrafo 2.
5. Il rifiuto di mettere a disposizione, in tutto o in parte, l’informazione richiesta è notificato al richiedente (…). La notifica precisa i motivi del rifiuto ed informa il richiedente della procedura di riesame di cui all’articolo 6».
Diritto tedesco
12 L’articolo 28, paragrafo 2, punto 2, dell’Umweltverwaltungsgesetz Baden-Württemberg (legge del Land Baden-Württemberg in materia di gestione dell’ambiente), del 25 novembre 2014 (GBl. 2014, 592), quale modificato dall’articolo 1 della legge del 28 novembre 2018 (GBl. 2018, 439), prevede quanto segue:
«Nei limiti in cui una richiesta riguardi comunicazioni interne degli organismi tenuti a fornire informazioni ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, essa deve essere respinta, salvo in caso di prevalente interesse pubblico alla divulgazione».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
13 Il procedimento principale verte sulla domanda che una persona fisica, vale a dire D.R., ha inviato al Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg, diretta ad ottenere documenti relativi all’abbattimento di alberi nel parco del castello di Stoccarda, nel mese di ottobre 2010, che ha avuto luogo nell’ambito della realizzazione del progetto di costruzione di infrastrutture e sviluppo urbano «Stuttgart 21».
14 Tali documenti contengono, da un lato, un’informazione trasmessa alla direzione del Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg, relativa allo svolgimento dei lavori della commissione d’inchiesta interessata, in merito all’intervento della polizia, il 30 settembre 2010, nel parco del castello di Stoccarda e, dall’altro, note di tale Ministero relative all’attuazione di una procedura di conciliazione, il 10 e il 23 novembre 2010, nell’ambito del progetto «Stuttgart 21».
15 Il ricorso contenzioso, proposto da D.R. avverso la decisione di diniego di accesso che gli era stata opposta, è stato respinto in primo grado, ma accolto dal Verwaltungsgerichtshof Baden-Württemberg (Tribunale amministrativo superiore del Land Baden-Württemberg, Germania). Quest’ultimo, dopo aver constatato che la domanda oggetto del procedimento principale riguardava informazioni ambientali, ha dichiarato che alcun motivo di rifiuto di accesso si applicava ai documenti richiesti da D.R. Per quanto riguarda, in particolare, il motivo di rifiuto previsto per le «comunicazioni interne» delle autorità pubbliche, esso non potrebbe più essere invocato dopo la conclusione del processo decisionale dell’autorità alla quale è stata chiesta la comunicazione.
16 Tale sentenza è stata contestata dal Land Baden-Württemberg nell’ambito di un ricorso per cassazione (Revision) da esso proposto dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania).
17 Tale giudice muove dalla premessa che D.R. chiedeva l’accesso a informazioni ambientali, quali definite all’articolo 2, punto 1, lettera c), della direttiva 2003/4, che sono detenute da un’autorità pubblica. Con le sue questioni, esso intende determinare se occorra qualificare tali informazioni come «comunicazioni interne» che rientrerebbero pertanto nel motivo di rifiuto previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 e, eventualmente, se l’applicabilità di tale motivo di rifiuto sia limitata nel tempo.
18 Per quanto riguarda la prima questione posta, il Bundesverwaltungsgericht rileva che la direttiva 2003/4 non definisce la nozione di «comunicazioni interne», ma richiede, conformemente al suo articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, prima frase, che i motivi di rifiuto elencati in tale articolo siano interpretati in modo restrittivo.
19 Alla luce di tale regola interpretativa, il Bundesverwaltungsgericht ritiene che il termine «interno» possa comprendere le informazioni che non hanno lasciato la sfera interna di un’autorità, ad eccezione di quelle destinate ad essere divulgate. Per quanto riguarda il termine «comunicazione», si porrebbe la questione se esso designi informazioni di una certa qualità e, in particolare, se esso esiga che queste siano indirizzate ad un destinatario.
20 Peraltro, dal documento pubblicato dalla Commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La convenzione di Aarhus, guida all’applicazione» (Seconda edizione, 2014) (in prosieguo: la «guida all’applicazione della convenzione di Aarhus»), emergerebbe che, in taluni paesi, la deroga prevista per le «comunicazioni interne» ha lo scopo di tutelare le opinioni personali dei funzionari, ma non riguarda documenti fattuali.
21 Quanto alla seconda e alla terza questione poste, relative all’ambito di applicazione ratione temporis dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, il giudice del rinvio ritiene che il tenore letterale di tale disposizione osti ad una limitazione rigorosa della sua applicazione nel tempo. Nulla di diverso deriverebbe dalla corrispondente disposizione della convenzione di Aarhus nonché dalla sua guida all’applicazione. Diverso sarebbe il caso del motivo di rifiuto di accesso previsto all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), di tale direttiva riguardante materiale in corso di completamento nonché documenti e dati incompleti, il cui stesso tenore letterale limiterebbe la sua applicazione nel tempo.
22 Per quanto riguarda i documenti interni detenuti dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione europea nonché dalla Commissione europea, l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 consentirebbe peraltro la loro tutela dopo la conclusione del processo decisionale. Il regolamento n. 1367/2006, adottato specificamente al fine di applicare la convenzione di Aarhus alle istituzioni dell’Unione, non avrebbe modificato tale regola.
23 Il motivo di rifiuto previsto per le «comunicazioni interne» dovrebbe inoltre essere paragonato a quello sancito all’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4, che mira a tutelare la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche. Infatti, quest’ultimo motivo si applicherebbe anche dopo la conclusione dei processi decisionali, come risulterebbe dalla sentenza della Corte del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau (C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 57). Un’interpretazione estensiva del motivo di rifiuto previsto per le «comunicazioni interne» rischierebbe quindi di svuotare di significato quello relativo alla riservatezza delle deliberazioni.
24 Peraltro, alla luce del requisito di interpretazione restrittiva dei motivi di rifiuto, il Bundesverwaltungsgericht ritiene che la ponderazione degli interessi tutelati dalla divulgazione e dal rifiuto di divulgare, richiesta dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), e paragrafo 2, secondo comma, seconda frase, della direttiva 2003/4, possa limitare l’invocabilità del motivo di rifiuto previsto per le «comunicazioni interne», in particolare quando, con il tempo, diminuirebbe l’interesse al mantenimento della riservatezza delle informazioni.
25 Infine, se l’ambito di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 dovesse essere limitato nel tempo, al fine di determinarne la portata, la durata dei processi decisionali non sarebbe sempre un criterio adeguato. Infatti, nell’ambito di una procedura amministrativa, ogni esame di informazioni ambientali non sfocerebbe nell’adozione di una decisione.
26 Date siffatte circostanze, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva [2003/4] debba essere interpretato nel senso che la nozione di “comunicazioni interne” comprende tutte le comunicazioni che non lasciano l’ambito interno di un organismo tenuto a fornire informazioni.
2) Se la tutela delle “comunicazioni interne” di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva [2003/4] si applichi senza limiti di tempo.
3) In caso di risposta negativa alla seconda questione: se la tutela delle “comunicazioni interne” di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva [2003/4] si applichi solo fino a quando non sia stata adottata una decisione o non sia stato concluso un altro procedimento amministrativo da parte dell’organismo tenuto a fornire informazioni».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
27 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «comunicazioni interne» comprende tutte le informazioni che non lasciano la sfera interna di un’autorità pubblica.
28 In via preliminare, occorre ricordare che, adottando la direttiva 2003/4, il legislatore dell’Unione ha inteso garantire la compatibilità del diritto dell’Unione con la convenzione di Aarhus prevedendo un regime generale volto a garantire che ogni richiedente, a norma dell’articolo 2, punto 5, di tale direttiva, abbia un diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di queste ultime senza che sia obbligato a far valere un interesse (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 31).
29 Occorre inoltre sottolineare che il diritto di accesso garantito dalla direttiva 2003/4 si applica solo ove le informazioni richieste rientrino nelle prescrizioni relative all’accesso del pubblico da essa previste, il che presuppone in particolare che esse costituiscano «informazioni ambientali» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva in parola, circostanza che, nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 32).
30 Per quanto riguarda le finalità della direttiva 2003/4, il suo articolo 1 precisa in particolare che essa mira a garantire il diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche e a che tali informazioni siano rese d’ufficio progressivamente disponibili e diffuse presso il pubblico (sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 39).
31 Tuttavia, il legislatore dell’Unione ha previsto, all’articolo 4 della direttiva 2003/4, che gli Stati membri possano introdurre eccezioni al diritto di accesso alle informazioni ambientali. Nei limiti in cui tali eccezioni siano state effettivamente recepite nel diritto nazionale, le autorità pubbliche possono invocarle per opporsi alle richieste di informazioni ad esse pervenute.
32 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’articolo 28, paragrafo 2, punto 2, della legge del Baden-Württemberg in materia di gestione dell’ambiente ha recepito l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, in forza della quale una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta nei casi in cui la domanda riguardi comunicazioni interne, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.
33 Come emerge dal sistema generale della direttiva 2003/4 e, segnatamente, dal suo articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, nonché dal suo sedicesimo considerando, il diritto alle informazioni significa che la divulgazione delle informazioni dovrebbe essere la regola generale e che le autorità pubbliche dovrebbero essere autorizzate ad opporre un rifiuto ad una richiesta di informazioni ambientali solo in taluni casi specifici chiaramente definiti. Le eccezioni al diritto di accesso dovrebbero essere dunque interpretate restrittivamente in modo da ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgare (sentenza del 28 luglio 2011, Office of Communications, C‑71/10, EU:C:2011:525, punto 22).
34 Inoltre, per giurisprudenza consolidata, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo significato e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Unione europea di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 37).
35 È alla luce di tali considerazioni che occorre interpretare l’eccezione al diritto di accesso prevista all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, per le comunicazioni interne.
36 Per quanto riguarda la nozione di «comunicazioni interne», occorre rilevare che la direttiva 2003/4 non la definisce e non contiene alcun richiamo al diritto degli Stati membri al riguardo. Occorre pertanto fornirne un’interpretazione autonoma, conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 34 della presente sentenza.
37 Per quanto riguarda, in primo luogo, il termine «comunicazione», utilizzato all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, si deve considerare che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 20 e 21 delle sue conclusioni, tale termine riguarda un’informazione indirizzata da un autore a un destinatario, fermo restando che tale destinatario può essere tanto un’entità astratta, quali i «membri» di un’amministrazione o il «consiglio di amministrazione» di una persona giuridica, quanto una persona specifica appartenente ad un’entità siffatta, quale un agente o un funzionario.
38 La suddetta interpretazione della nozione di «comunicazione» è corroborata dal contesto in cui si inserisce l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4.
39 Infatti, l’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Aarhus prevede un’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali nel caso in cui una richiesta riguardi documenti in corso di elaborazione o comunicazioni interne delle autorità pubbliche. Tale disposizione distingue quindi la nozione di «documento» da quella di «comunicazione».
40 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 23 e 24 delle sue conclusioni, la stessa distinzione è stata ripresa dal legislatore dell’Unione che ha recepito l’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Aarhus con due disposizioni distinte. Da un lato, l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), della direttiva 2003/4 contiene un’eccezione relativa a materiale in corso di completamento ovvero documenti o dati incompleti e, dall’altro, l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), di tale direttiva prevede un’eccezione relativa alle comunicazioni interne. Ne consegue che occorre attribuire un significato distinto alle nozioni di «comunicazione» e di «materiale/documento». In particolare, contrariamente alla prima nozione, la seconda non riguarda necessariamente un’informazione indirizzata a qualcuno.
41 Per quanto riguarda, in secondo luogo, il termine «interno», dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2003/4 risulta che le informazioni ambientali alle quali tale direttiva cerca di dare accesso sono detenute dalle autorità pubbliche. Conformemente all’articolo 2, punto 3, della direttiva in parola, ciò vale per le informazioni che sono in possesso di un’autorità e che sono state ricevute o prodotte dalla stessa. In altri termini, le autorità pubbliche che detengono un’informazione ambientale possono disporne, trattarla e analizzarla internamente, nonché decidere in merito alla sua divulgazione.
42 Ne consegue che non tutte le informazioni ambientali detenute da un’autorità pubblica sono necessariamente «interne». Ciò si verifica soltanto nel caso di un’informazione che non lasci la sfera interna di un’autorità pubblica, in particolare, qualora essa non sia stata divulgata a terzi o non sia stata messa a disposizione del pubblico.
43 Nell’ipotesi in cui un’autorità pubblica detenga un’informazione ambientale da essa ricevuta da una fonte esterna, tale informazione può anche essere «interna» se non è stata o non avrebbe dovuto essere messa a disposizione del pubblico prima della sua ricezione da parte di detta autorità e se non lascia la sfera interna di tale autorità dopo la sua ricezione da parte di quest’ultima.
44 Tale interpretazione del termine «interno» è corroborata dall’obiettivo perseguito dall’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali prevista per le comunicazioni interne. A tal proposito, emerge dalle spiegazioni relative all’articolo 4 della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale presentata dalla Commissione il 29 giugno 2000 [COM(2000) 402 definitivo – COD 2000/0169, GU 2000, C 337 E, pag. 156] che, al pari dell’eccezione riguardante materiale in corso di completamento ovvero documenti incompleti, quella che consente di negare l’accesso alle comunicazioni interne mira a rispondere all’esigenza delle autorità pubbliche di disporre di uno spazio protetto al fine di proseguire il lavoro di riflessione e condurre dibattiti interni.
45 Una siffatta esigenza è stata altresì riconosciuta per quanto riguarda le informazioni ambientali detenute dalle istituzioni dell’Unione di cui al regolamento n. 1049/2001.
46 Tale regolamento si applica a tutte le domande di accesso alle informazioni ambientali. Ai sensi del suo articolo 4, paragrafo 3, le istituzioni dell’Unione hanno la possibilità di rifiutare l’accesso ai documenti per uso interno o contenenti riflessioni per uso interno. La suddetta disposizione mira quindi a garantire che tali istituzioni possano beneficiare di uno spazio di riflessione al fine di poter decidere sulle scelte politiche da operare e sulle proposte eventualmente da presentare (v., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punti 99 e 109).
47 Alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 37 a 46 della presente sentenza, l’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali, prevista all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 per le comunicazioni interne, deve essere intesa nel senso che riguarda le informazioni che circolano all’interno di un’autorità pubblica e che, alla data della domanda di accesso, non hanno lasciato la sfera interna di quest’ultima, eventualmente dopo la loro ricezione da parte di tale autorità, in particolare in seguito alla loro divulgazione a terzi o alla loro messa a disposizione del pubblico.
48 Certamente, come ricordato al punto 33 della presente sentenza, le eccezioni al diritto di accesso dovrebbero essere interpretate restrittivamente, in modo da ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgare. Tuttavia, tale regola interpretativa non può limitare la portata dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 in violazione del suo tenore letterale.
49 Ne deriva che la circostanza che un’informazione ambientale possa lasciare la sfera interna di un’autorità pubblica in un determinato momento, in particolare quando è destinata ad essere pubblicata in futuro, non può far perdere immediatamente alla comunicazione che la contiene il suo carattere interno.
50 Inoltre, dal tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 non emerge in alcun modo che la nozione di «comunicazioni interne» debba essere interpretata nel senso che essa copre unicamente le opinioni personali degli agenti di un’autorità pubblica e i documenti essenziali o, ancora, che essa non comprende le informazioni di fatto. Dette limitazioni sarebbero per giunta incompatibili con l’obiettivo della disposizione di cui trattasi, vale a dire la creazione, a favore delle autorità pubbliche, di uno spazio protetto al fine di proseguire il lavoro di riflessione e condurre dibattiti interni.
51 La presa in considerazione della convenzione di Aarhus nonché della sua guida all’applicazione non può nemmeno comportare una limitazione della portata della nozione di «comunicazioni interne» quale menzionata ai punti 20, 49 e 50 della presente sentenza. Da un lato, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, lo stesso articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Aarhus non restringe la portata delle «comunicazioni interne» in funzione del loro contenuto o della loro importanza. D’altro lato, nella sua sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a. (C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 27) la Corte ha dichiarato che, sebbene la guida all’applicazione della Convenzione di Aarhus possa essere considerata un documento esplicativo, idoneo eventualmente ad essere preso in considerazione, tra altri elementi rilevanti, al fine di interpretarla, le analisi ivi contenute non hanno alcuna forza vincolante e sono prive della portata normativa propria delle disposizioni della convenzione.
52 Nel caso di specie, secondo le informazioni contenute nella decisione di rinvio, i documenti oggetto della domanda di accesso di cui trattasi nel procedimento principale contengono, da un lato, un’informazione trasmessa alla direzione del Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg e, dall’altro, note di tale Ministero, relative all’attuazione di una procedura di conciliazione. Dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che si trattasse di informazioni aventi un’origine esterna a detto Ministero. Fatte salve le verifiche incombenti al giudice del rinvio, risulta che tali documenti siano stati redatti al fine di trasmettere informazioni all’interno del Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg e che essi non abbiano lasciato la sfera interna di tale amministrazione. Ne consegue che tali documenti potrebbero essere qualificati come «comunicazioni interne», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4.
53 Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione posta dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «comunicazioni interne» comprende tutte le informazioni che circolano all’interno di un’autorità pubblica e che, alla data della domanda di accesso, non hanno lasciato la sfera interna di tale autorità, eventualmente dopo la loro ricezione da parte di detta autorità e purché non siano state o non avrebbero dovuto essere messe a disposizione del pubblico prima della suddetta ricezione.
Sulla seconda questione
54 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che l’applicabilità dell’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali da esso prevista per le comunicazioni interne di un’autorità pubblica è limitata nel tempo.
55 Occorre rilevare che, al pari dell’articolo 4, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Aarhus, recepito nel diritto dell’Unione dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, quest’ultima disposizione non contiene alcun elemento che deponga a favore della limitazione della sua applicazione nel tempo. Neppure la guida all’applicazione della convenzione di Aarhus fornisce indicazioni al riguardo.
56 In particolare, contrariamente all’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), della direttiva 2003/4 e che riguarda materiale in corso di completamento nonché documenti e dati incompleti, quella prevista per le comunicazioni interne non è connessa al completamento o alla redazione di documenti. Essa non dipende neppure dal grado di avanzamento di una qualsiasi procedura amministrativa. La fine di una tale procedura o di una sua fase, caratterizzata dall’adozione di una decisione da parte di un’autorità pubblica o dal completamento di un documento, di conseguenza, non può essere determinante ai fini dell’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4.
57 La mancanza di una limitazione ratione temporis dell’ambito di applicazione di tale disposizione corrisponde al suo obiettivo, esposto ai punti 44 e 50 della presente sentenza, vale a dire la creazione, a favore delle autorità pubbliche, di uno spazio protetto al fine di proseguire il lavoro di riflessione e di condurre dibattiti interni. Infatti, come sostanzialmente osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 44 e 50 delle sue conclusioni, al fine di determinare se continui a sussistere la necessità di tutelare la libertà di pensiero dell’autore della comunicazione in questione e la facoltà di procedere liberamente a scambi di opinioni, si deve tener conto di tutte le circostanze di fatto e di diritto del caso alla data in cui le autorità competenti sono chiamate a pronunciarsi sulla domanda di cui sono investite, poiché, come risulta dal punto 34 della sentenza del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu e a. (C‑266/09, EU:C:2010:779), il diritto di accesso a informazioni ambientali diventa effettivo in tale data.
58 Se è vero che l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, non è limitata nel tempo, risulta tuttavia dalla stessa disposizione nonché dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva, che il rifiuto di accesso ad un’informazione ambientale con la motivazione che essa figura in una comunicazione interna deve sempre fondarsi su una ponderazione degli interessi in gioco.
59 A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che siffatta ponderazione va effettuata sulla base di un esame effettivo particolare di ciascuna situazione sottoposta alle autorità competenti nell’ambito di una domanda di accesso ad un’informazione ambientale presentata in base alla direttiva 2003/4, senza che sia escluso che il legislatore nazionale determini con una disposizione di carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi in gioco (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu e a., C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 58, nonché del 28 luglio 2011, Office of Communications, C‑71/10, EU:C:2011:525, punto 29).
60 Per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4, tale esame riveste un’importanza maggiore, dal momento che l’ambito di applicazione materiale dell’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali prevista dalla predetta disposizione per i documenti interni è particolarmente ampio. Pertanto, al fine di non svuotare di contenuto la direttiva 2003/4, la ponderazione degli interessi in gioco, richiesta dall’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), e paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva, deve essere rigorosamente circoscritta.
61 Poiché, come ricordato al punto 28 della presente sentenza, la direttiva 2003/4 mira a garantire che ogni richiedente, ai sensi dell’articolo 2, punto 5, di tale direttiva, abbia un diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di queste ultime senza che sia obbligato a far valere un interesse, l’autorità investita di una domanda di accesso non può esigere che tale richiedente le esponga un interesse particolare che giustifichi la divulgazione dell’informazione ambientale richiesta.
62 Dal considerando 1 della direttiva 2003/4 risulta che, tra i motivi che possono deporre a favore della divulgazione e di cui un’autorità deve comunque tener conto nella ponderazione degli interessi in gioco, figurano «[una maggior sensibilizzazione] alle questioni ambientali, (...) il libero scambio di opinioni, (...) una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia [ambientale] e, (...) [il miglioramento del]l’ambiente» (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Office of Communications, C‑71/10, EU:C:2011:525, punti 25 e 26).
63 Poiché, come ricordato al punto 59 della presente sentenza, l’esame di una domanda di accesso deve tener conto degli interessi specifici in gioco in ciascun caso specifico, l’autorità pubblica è altresì tenuta ad esaminare le indicazioni eventualmente fornite dal richiedente in merito ai motivi che possono giustificare la divulgazione delle informazioni richieste.
64 Inoltre, le autorità pubbliche investite di una domanda di accesso alle informazioni ambientali contenute in una comunicazione interna devono prendere in considerazione il tempo trascorso dall’elaborazione di tale comunicazione e delle informazioni in essa contenute. Infatti, l’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 può applicarsi solo nel periodo in cui la tutela è giustificata con riguardo al contenuto di una siffatta comunicazione (v., per analogia, sentenza del 26 gennaio 2010, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑362/08 P, EU:C:2010:40, punto 56).
65 In particolare, sebbene, alla luce dell’obiettivo di creare, a favore delle autorità pubbliche, uno spazio protetto al fine di proseguire il lavoro di riflessione e condurre dibattiti interni, informazioni contenute in una comunicazione interna possano essere validamente non divulgate alla data della domanda di accesso, un’autorità pubblica può essere invece indotta a ritenere che, stante la loro risalenza nel tempo da quando sono state elaborate, esse siano divenute storiche e abbiano perso, per questo motivo, il carattere sensibile ad esse connesso, in quanto è trascorso un determinato periodo di tempo dalla loro elaborazione (v., per analogia, sentenza del 19 giugno 2018, Baumeister, C‑15/16, EU:C:2018:464, punto 54).
66 Peraltro, nell’ambito dell’esame di una domanda di accesso a informazioni ambientali, l’autorità pubblica adita deve verificare, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2003/4, se talune delle informazioni richieste possano essere dissociate da quelle coperte dall’eccezione al diritto di accesso applicabile, in modo che essa possa procedere a una divulgazione parziale.
67 Il rispetto di tutti gli obblighi che, come risulta dai punti da 58 a 66 della presente sentenza, incombono alle autorità pubbliche in sede di esame di una domanda di accesso alle informazioni ambientali, tra cui, in particolare, la ponderazione degli interessi in gioco, deve essere verificabile per l’interessato e poter essere oggetto di un controllo nell’ambito dei procedimenti di ricorso amministrativo e giurisdizionale previsti a livello nazionale, conformemente all’articolo 6 della direttiva 2003/4.
68 Al fine di soddisfare tale requisito, l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/4 prevede che una decisione di diniego di accesso sia notificata al richiedente e contenga i motivi di rifiuto su cui si fonda.
69 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, tale obbligo di motivazione non è soddisfatto quando un’autorità pubblica si limita a fare formalmente riferimento a una delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/4. Al contrario, l’autorità pubblica che adotta una decisione di diniego di accesso a informazioni ambientali deve esporre le ragioni per cui ritiene che la divulgazione di siffatte informazioni potrebbe recare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dalle eccezioni invocate. Il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (v., per analogia, sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76).
70 Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda e terza dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che l’applicabilità dell’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali da esso prevista per le comunicazioni interne di un’autorità pubblica non è limitata nel tempo. Tuttavia, tale eccezione può applicarsi solo nel periodo in cui la tutela dell’informazione richiesta è giustificata.
Sulla terza questione
71 Alla luce della risposta fornita alla seconda questione, non occorre più rispondere alla terza questione.
Sulle spese
72 Nei confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «comunicazioni interne» comprende tutte le informazioni che circolano all’interno di un’autorità pubblica e che, alla data della domanda di accesso, non hanno lasciato la sfera interna di tale autorità, eventualmente dopo la loro ricezione da parte di detta autorità e purché non siano state o non avrebbero dovuto essere messe a disposizione del pubblico prima della suddetta ricezione.
2) L’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera e), della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che l’applicabilità dell’eccezione al diritto di accesso alle informazioni ambientali da esso prevista per le comunicazioni interne di un’autorità pubblica non è limitata nel tempo. Tuttavia, tale eccezione può applicarsi solo nel periodo in cui la tutela dell’informazione richiesta è giustificata.
Firme