TAR Campania (NA) Sez. VIII n. 393 del 18 gennaio 2018
Urbanistica.Nuova istanza di sanatoria per gli stessi abusi

La semplice presentazione di una nuova istanza di sanatoria, in assenza di una specifica dichiarazione in senso contrario, non costituisce una rinuncia all’istanza presentata precedentemente, né fa venir meno l’interesse alla decisione sulla prima, tanto più se le due istanze dovessero differire per natura e presupposti di accoglimento.


Pubblicato il 18/01/2018

N. 00393/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01629/2017 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1629 del 2017, proposto da:
Carlo Bianchi, rappresentato e difeso dall'avv. Bartolo Vincenzo Vesce, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vincenzo Mottola in Napoli, Centro Direzionale Isola E4;

contro

Comune di Apice, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Bartolomeo Pasquale, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Raffaello Iorio in Napoli, via Calata San Marco, n.13;
Comune di Apice - Responsabile Servizio Area Tecnica non costituito in giudizio;

nei confronti di

Istituto Autonomo Case Popolari di Benevento non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a - del provvedimento di cui alla nota prot. n. 1345 del 13.02.2017 del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Apice, comunicato a mezzo racc. A/R, pervenuta in data 23.02.2017, con cui si respinge l’istanza di sanatoria e conferma l’ordinanza di demolizione n. 3 del 22.02.2016;

b – dell'ordinanza del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Apice n. 3 del 22.02.2016 di demolizione delle opere, come integrata e modificata con ordinanza n. 5 del 13.05.2016, che del pari s'impugna, di cui il Comune dichiara la "conferma" e, quindi, il ripristino degli effetti in conseguenza dell'emanazione del provvedimento impugnato sub a);

c - ove e per quanto di ragione, di tutti gli atti resi nel corso del procedimento ed in particolare delle note comunali prot. n. 4226 del 13.05.2016, 18.10.2016, prot. n. 10919 del 30.11.2016 e prot. n. 560 20.01.2017;

per l'accertamento e la declaratoria

del silenzio - assenso formatosi, ai sensi dell'art. 35, comma 18, L. 47/1985, sulla domanda di condono edilizio prot. n. 2914 del 31.03.1987;

nonché per il risarcimento

del danno ingiusto, ex art. 30 c.p.a., oltre interessi e rivalutazione monetaria, come per legge, fino alla data di effettivo soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Apice;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2017 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente risulta assegnatario di un alloggio in fabbricato per civile abitazione dello IACP, sito alla Via S. Francesco di Assisi n. 4/E del Comune di Apice di cui, dal 1999, è divenuto successivamente proprietario, in forza di atto di compravendita stipulato dinanzi al Notaio Delli Veneri, rep. n. 45457 del 13.09.1999.

Il medesimo ricorrente aveva nel frattempo realizzato (nel 1976), nel cortile dell’edificio di proprietà dell'IACP (sulla particella catastale n. 121), un box-garage pertinenziale all'abitazione in assenza di titolo abilitativo edilizio.

In data 31.3.1987, il ricorrente ha presentato domanda di condono edilizio (prot. n. 2914), ai sensi degli artt. 31 e ss. della L. n. 47/85, per il box-garage in questione, provvedendo al versamento delle somme dovute a titolo di oblazione.

Il medesimo ricorrente assume di aver ricevuto espressa autorizzazione dello IACP della Provincia di Benevento, in qualità di proprietario dell'area, alla realizzazione ed al mantenimento del box auto, formalizzata con atto prot. n. 4924 del 03.04.1996.

Il Comune, con ordinanza n. 3 del 22 febbraio 2016, poi integrata con ordinanza n. 5 del 13.05.2016, ha ordinato la demolizione delle opere e il ripristino dello stato dei luoghi.

Il ricorrente, in data 20 settembre 2016, ha presentato una istanza avente a oggetto il rilascio del permesso di costruire relativo alla sanatoria e l’adeguamento sismico del vano garage.

Il Comune in questione, con provvedimento di cui alla nota prot. n. 1345 del 13 febbraio 2017, ha respinto l’istanza di sanatoria presentata il 20 settembre 2016, per l’assenza di disponibilità dell’area e ha confermato l’ordine di demolizione n. 3 del 22 febbraio 2016.

Parte ricorrente ha impugnato sia il rigetto dell’istanza di sanatoria, che la medesima parte ricorrente asserisce essere riferita alla suindicata pratica di condono edilizio presentata in data 31.03.1987, prot. n. 2914, sia l’atto di conferma dell’ordinanza n. 3 del 22 febbraio 2016, nonchè quest’ultima ordinanza unitamente alla sua integrazione con ordinanza n. 5 del 13.05.2016, chiedendone l’annullamento per articolati motivi.

Ha chiesto, altresì, l’accertamento e la declaratoria del silenzio - assenso formatosi, ai sensi dell'art. 35, comma 18, L. 47/1985, sulla domanda di condono edilizio prot. n. 2914 del 31.03.1987, nonché il risarcimento del danno ingiusto, ex art. 30 c.p.a., oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Ha fondato il ricorso sui seguenti motivi:

I – Violazione di legge (art. 35 l. 47/85) - violazione del giusto procedimento – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – arbitrarietà –sviamento).

Il ricorrente sostiene, in sostanza, che sull’istanza di condono edilizio del 31.03.1987 si sarebbe a suo tempo formato il silenzio assenso.

II – Violazione di legge (art. 35 l. 47/85 - art. 21 nonies l. 241/1990 e ss.mm.ii.) - violazione dei principi dell'autotutela amministrativa – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di motivazione - iniquità - arbitrarietà – sviamento).

Sostiene la parte ricorrente che anche qualora si volessero inquadrare gli atti impugnati nel novero di atti di autotutela funzionali all'eliminazione degli effetti del silenzio – assenso, gli stessi sarebbero comunque illegittimi, in quanto assunti in violazione di quanto indicato nell’art. 21 nonies della L. 241/90 ai fini dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

Sarebbe, infatti, trascorso l’irragionevole lasso temporale di oltre un ventennio e non sarebbe stato motivato l’interesse pubblico all’annullamento dell’atto.

III - Violazione di legge (artt. 11 d.p.r. 380/2001 - in relazione art. 31 l. 47/85) – eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di motivazione – di istruttoria – arbitrarietà – iniquità – illogicità – sviamento).

La parte ricorrente deduce l'erroneità della motivazione posta a base dell'impugnato diniego, fondata sulla mancanza di legittimazione a richiedere l’istanza di condono edilizio, per la mancata titolarità del diritto di proprietà dell'area su cui è stato realizzato il box auto. Il ricorrente avrebbe, infatti, legittimamente presentato l'istanza di condono in qualità di assegnatario e conduttore di una unità immobiliare nel fabbricato a cui è pertinenziale l'area nella quale è stato realizzato il garage e, inoltre, all'istanza è stata allegata, nel 1996, l'espressa autorizzazione all'intervento da parte dell'Ente proprietario (IACP). Inoltre, con l’atto pubblico di compravendita del 13/9/1999, parte ricorrente è divenuta, medio tempore, proprietaria dell’unità immobiliare già condotta in locazione, facente parte del fabbricato dello IACP e delle relative aree pertinenziali su cui insiste il locale garage.

IV – Violazione di legge (artt. 3, 10, 27, 31, 33 e 37 d.p.r. 380/2001 - l.r.c. 19/2001 - art. 6 l.r.c. 19/2001 - art. 9 l. 122/1989) - violazione del giusto procedimento - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto – di istruttoria - di motivazione - arbitrarietà - iniquità - illogicità - sviamento - contraddittorietà e contrasto con i precedenti).

Il ricorrente censura l'ordinanza di demolizione n. 3 del 22.02.2016 sostenendo che non sussiste alcun abuso sanzionabile con la demolizione, in quanto:

- la realizzazione di parcheggi pertinenziali di unità immobiliare, in Campania, è soggetta, ex art. 6 L.R.C. 19/2001, a d.i.a., ed in ogni caso, a norma dell'art. 9 della L. 122/1989, non comporta aumento del carico urbanistico, potendo essere sempre autorizzata "in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti";

- il manufatto ha natura pertinenziale del manufatto, trattandosi di opera di scarsa consistenza, priva di incidenza sull'assetto urbanistico e a servizio del bene principale (appartamento), riconducibile al novero degli interventi pertinenziali minimi ex art 3 lett.e.6 del DPR 380/2001.

V – Violazione del giusto procedimento - eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria – di motivazione - arbitrarietà - iniquità - illogicità - sviamento).

Rileva la parte ricorrente che all’esito di un procedimento di sanatoria, l’amministrazione non può dichiarare di confermare l'ordinanza di demolizione precedentemente emessa. Il riesame dell'abusività dell'opera provocato dalla presa d’atto di una precedente domanda di condono, infatti, comporta la formazione di un provvedimento (di accoglimento o di rigetto) che vale comunque a superare il precedente provvedimento sanzionatorio, sicché, in caso di diniego, l'Amministrazione non può, come nel caso di specie, semplicisticamente dichiarare di confermare la precedente ordinanza di demolizione, ma deve emettere una nuova ingiunzione, fondata sul diverso ed autonomo presupposto della non sanabilità dell'intervento e con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi.

Il Comune di Apice si è costituito in giudizio resistendo al ricorso.

Ha dedotto in sede difensiva che la domanda di parte ricorrente del 20.09.2016 (prot. n. 8235), avente ad oggetto un’istanza di sanatoria, era stata formulata ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n.380, quale domanda di accertamento di conformità del garage realizzato abusivamente e non quale istanza di definizione del condono edilizio richiesto nel 31.03.1987.

Il medesimo Comune ha eccepito l’irricevibilità per tardività del ricorso nei confronti delle ordinanze n.3 del 22.02.2016 e n.5 del 12.05.2016, in quanto le stesse ordinanze sono state a suo tempo regolarmente notificate alla parte ricorrente e non tempestivamente gravate.

Ha eccepito, altresì, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Al riguardo il Comune sostiene che la parte ricorrente avrebbe presentato, per lo stesso abuso edilizio, prima una domanda di condono edilizio e poi una domanda di accertamento di conformità e che con la presentazione successiva della domanda di accertamento di conformità lo stesso ricorrente abbia di fatto abbandonato la domanda di condono edilizio.

Quanto al preteso silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio, il Comune deduce come la domanda di condono edilizio non risultasse completa della relativa e necessaria documentazione e, in particolare, della documentazione relativa alla legittimazione attiva del richiedente il condono. L’autorizzazione rilasciata dall’Istituto Autonomo per le Case Popolari della provincia di Benevento e datata 3.4.1996 con protocollo n.4924, non avrebbe legittimato il Sig. Bianchi Carlo a chiedere il condono edilizio.

DIRITTO

1) Il ricorso si palesa fondato nei termini che seguono.

In via preliminare il Collegio deve rilevare l’irricevibilità dell’impugnativa nei confronti dell’ordinanza n. 3 del 22.02.2016 di demolizione delle opere e dell’ordinanza n. 5 del 13.05.2016 di modifica e integrazione della prima.

Tali ordinanze sono state a suo tempo notificate alla parte ricorrente rispettivamente il 25.2.2016 e 17.5.2016 e, pertanto, l’impugnativa delle stesse nell’ambito di questo ricorso si palesa come tardiva.

Si deve, invece, rilevare l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso volto alla declaratoria del perfezionarsi del silenzio inadempimento per difetto di interesse, per aver presentato parte ricorrente una nuova istanza di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/2001, nel 2016, sostanzialmente rinunciando alla precedente istanza di condono edilizio.

Anche al di là della questione della qualificazione della domanda inerente alla sanatoria presentata nel 2016, che verrà affrontata più avanti, la semplice presentazione di una nuova istanza di sanatoria, in assenza di una specifica dichiarazione in senso contrario, non costituisce una rinuncia all’istanza presentata precedentemente, né fa venir meno l’interesse alla decisione sulla prima, tanto più se, come sostiene il Comune, le due istanze dovessero differire per natura e presupposti di accoglimento. In ogni caso, come di seguito specificato, il Collegio considera l’istanza del 2016 quale volta alla definizione della risalente pratica di condono edilizio ancora in corso, così che nessun dubbio può porsi sulla sussistenza dell’interesse ad agire.

2) Quanto al merito, il Collegio rileva come parte ricorrente non abbia dimostrato che si sia formato il silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio presentata il 31.3.1987.

Com’è noto, l'art. 35, commi 1 e 3, L. 28 febbraio 1985, n. 47, nel disciplinare il procedimento per la sanatoria, prevede che la domanda di concessione edilizia sia corredata della prova dell'eseguito versamento dell'oblazione e che alla stessa debbano essere allegati una serie di documenti che vengono specificamente indicati; da tale norma emerge come il silenzio assenso si possa formare soltanto in presenza di tutti i presupposti da essa indicati e, in particolare, in presenza di una documentazione completa degli elementi richiesti (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 27-03-2017, n. 213; Cons. Stato Sez. IV, 11-10-2017, n. 4703).

In tema di condono edilizio, sul piano oggettivo, la formazione del silenzio assenso richiede quale presupposto essenziale, oltre al completo pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione, che siano stati integralmente dimostrati gli ulteriori requisiti sostanziali relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell’amministrazione comunale (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, 22-11-2017, n. 1636).

In conclusione, il silenzio assenso previsto in tema di condono edilizio non si forma per il solo fatto dell'inutile decorso del termine perentorio prefissato per la pronuncia espressa dell'amministrazione comunale e del pagamento dell'oblazione nella misura determinata dall'istante, ma occorre, altresì, la prova della ricorrenza di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi ai quali è subordinata l'ammissibilità del condono (T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 03-10-2016, n. 4528).

Tale prova non può considerarsi essere stata data in sede di giudizio dalla parte ricorrente, che non ha depositato tutti gli atti inerenti alla pratica di condono, né ha fornito sufficienti elementi per permettere tale valutazione.

In tal senso, peraltro, anche il comportamento della parte ricorrente appare contraddittorio. L’affermato perfezionamento del silenzio assenso, infatti, si palesa incompatibile con la presentazione di una istanza nel 2016 che, ai sensi di quanto dichiarato dallo stesso ricorrente era volta alla definizione della pratica di condono edilizio, ai sensi dell’art. 9 della L.R. Campania 18.11.2004, n.10, che pertanto si riteneva ancora pendente e non concluso a seguito della formazione di un provvedimento tacito per silenzio assenso.

Quanto al provvedimento di cui alla nota prot. n. 1345 del 13.02.2017, di rigetto dell’istanza di sanatoria e di conferma dell’ordinanza di demolizione n. 3 del 22.02.2016, il Collegio rileva come, sebbene il tenore degli atti possa ingenerare dei dubbi, l’istanza presentata il 20 settembre 2016 debba qualificarsi come una istanza presentata al fine di addivenire alla definizione dell’istanza di condono edilizio del 31.3.1987, ex legge n. 47/85, e non quale istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380. In tal senso depongono un argomento testuale e uno di logica.

In primo luogo l’istanza richiama, seppure in via generica, la L.R. Campania n.10/2004, che ha previsto la procedura di definizione delle pratiche di condono edilizio ancora in corso.

Dal punto di vista logico, non risulterebbe ragionevole la presentazione di una istanza di accertamento di conformità ex novo (che ha dei requisiti sicuramente più stringenti), in pendenza di una istanza di condono edilizio, piuttosto che una istanza volta alla definizione del procedimento pendente, per cui nel dubbio ingenerato dal tenore dell’istanza va preferita quest’ultima interpretazione.

In tal senso, pertanto, il Collegio rileva come il provvedimento di rigetto, muovendo dall’interpretazione dell’istanza come domanda di accertamento di conformità, abbia riferito la motivazione del diniego all’attuale stato delle cose, ovvero all’assenza – in capo al richiedente – della proprietà del terreno su cui sorge il manufatto abusivo (terreno condominiale, avendo il ricorrente acquistato quale unico proprietario solo l’appartamento, mentre il terreno in questione ricade nell’ambito delle parti comuni). Non ha, infatti, considerato l’Amministrazione comunale la domanda presentata alla stregua di una istanza volta alla concessione del condono edilizio, con la necessità di valutare la sussistenza dei presupposti di legittimazione al momento della presentazione della richiesta stessa e l’esistenza o meno del consenso dell’allora Ente proprietario alla formulazione dell’istanza di sanatoria, consenso che parte ricorrente indica di aver avuto dallo stesso IACP.

L’atto di diniego di sanatoria e di conferma dell’ordine di demolizione va, pertanto, annullato. Conseguentemente il Comune si dovrà pronunciare sull’istanza di condono edilizio.

2) La domanda risarcitoria è, invece, da rigettare.

Parte ricorrente, infatti, dopo aver articolato la domanda in modo generico, non ha dato la benché minima prova dell’an dell’esistenza di un danno né alcun elemento di valutazione del quantum.

La necessità di specifici elementi probatori risultava, nel caso di specie, ancor più stringente, in quanto l’esistenza di un danno risarcibile non appare di normale configurabilità secondo criteri di comune logica.

3) Per le suesposte ragioni il ricorso va parzialmente accolto nei termini e limiti indicati, con annullamento del gravato atto prot. n. 1345 del 13.02.2017, e per il resto va dichiarato in parte irricevibile e in parte rigettato.

La domanda risarcitoria va rigettata.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La particolarità della fattispecie, le difficoltà interpretative inerenti al tenore degli atti inerenti alle istanze di sanatoria e la circostanza dell’accoglimento solo parziale de ricorso, costituiscono gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei termini e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla l’atto prot. n. 1345 del 13.02.2017, mentre per il resto in parte lo dichiara irricevibile e in parte lo rigetta.

Rigetta la domanda risarcitoria.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Italo Caso, Presidente

Michelangelo Maria Liguori, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Fabrizio D'Alessandri        Italo Caso