Corte di Giustizia (Prima Sezione) 15 aprile 2021
«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche – Articolo 2, punto 2 – Nozione di “autorità pubblica” – Organi o istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario – Informazioni contenute nel fascicolo di un procedimento giurisdizionale chiuso»
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
15 aprile 2021 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di Aarhus – Direttiva 2003/4/CE – Diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche – Articolo 2, punto 2 – Nozione di “autorità pubblica” – Organi o istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario – Informazioni contenute nel fascicolo di un procedimento giurisdizionale chiuso»
Nella causa C‑470/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 21 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 17 giugno 2019, nel procedimento
Friends of the Irish Environment Ltd
contro
Commissioner for Environmental Information,
con l’intervento di:
Courts Service of Ireland,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione (relatore), R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, M. Ilešič, facenti funzioni di giudici della Prima Sezione, M. Safjan e N. Jääskinen, giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: C. Strömholm, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 settembre 2020,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Friends of the Irish Environment Ltd, da J. Kenny, BL, O. Clarke e A. Jackson, solicitors, nonché da J. Healy, SC;
– per il Commissioner for Environmental Information, da F. Valentine, BL, E. Egan, SC, e R. Minch, solicitor;
– per il Courts Service of Ireland, da C. Donnelly, BL, B. Murray e M. Collins, SC, nonché da M. Costelloe e H. Gibbons, solicitors;
– per l’Irlanda, da M. Browne, G. Hodge e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da A. Carroll, BL, e da C. Toland, SC;
– per il governo polacco, da B. Majczyna e D. Krawczyk, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, da G. Gattinara e C. Cunniffe, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 dicembre 2020,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Friends of the Irish Environment Ltd e il Commissioner for Environmental Information (commissario per l’informazione ambientale, Irlanda; in prosieguo: il «Commissioner for Environmental Information») in merito all’accesso al fascicolo del procedimento giurisdizionale di una causa conclusa.
Contesto normativo
Diritto internazionale
3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, firmata ad Aarhus il 25 giugno 1998 ed approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), al suo articolo 2, punto 2, così dispone:
«Ai fini della presente convenzione, si intende per:
2) «autorità pubblica»:
a) l’amministrazione pubblica a livello nazionale, regionale o ad altro livello;
b) le persone fisiche o giuridiche che, in base al diritto nazionale, esercitano funzioni amministrative pubbliche, ivi compresi compiti, attività o servizi specifici aventi attinenza con l’ambiente;
c) qualsiasi altra persona fisica o giuridica che abbia responsabilità o funzioni pubbliche o presti servizi pubblici aventi attinenza con l’ambiente sotto il controllo degli organi o delle persone di cui alla lettera a) o b);
(...)
La presente definizione non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo».
4 L’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione di Aarhus prevede che, fatte salve determinate riserve, ciascuna parte deve provvedere affinché, nel quadro della loro legislazione nazionale, le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico le informazioni relative all’ambiente loro richieste.
5 L’articolo 4, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus dispone quanto segue:
«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:
(...)
c) il corso della giustizia, il diritto di ogni persona ad un processo equo o il potere delle pubbliche autorità di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare;
(...)
I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell’eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell’ambiente».
Diritto dell’Unione
6 I considerando 1, 5, 11 e 16 della direttiva 2003/4 enunciano:
«(1) Un rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente.
(...)
(5) (...) Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con quelle d[ella convenzione di Aarhus] in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea.
(...)
(11) Per tener conto del principio di cui all’articolo 6 del Trattato, vale a dire che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente dovrebbero essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, la definizione di autorità pubbliche dovrebbe essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l’ambiente. La definizione dovrebbe peraltro essere estesa fino ad includere altre persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l’ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché altre persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente.
(...)
(16) Il diritto all’informazione implica che la divulgazione dell’informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle. (...)».
7 A termini dell’articolo 1 di tale direttiva:
«Gli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti:
a) garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio;
b) garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale. A tal fine è promosso l’uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili».
8 L’articolo 2, punto 2, della suddetta direttiva è così formulato:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per:
(...)
2) “autorità pubblica”:
a) il governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;
b) ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all’ambiente; e
c) ogni persona fisica o giuridica avente responsabilità o funzioni pubbliche o che fornisca servizi pubblici connessi con l’ambiente, sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui alla lettera a) o b).
Gli Stati membri possono stabilire che questa definizione non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative. Se alla data di adozione della presente direttiva nessuna disposizione costituzionale prevede procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6, gli Stati membri possono escludere detti organismi o istituzioni da tale definizione».
9 L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».
10 Dopo l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/4, che consente agli Stati membri di disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta in taluni casi, anche l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva concede detta facoltà agli Stati membri nei termini seguenti:
«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:
(...)
c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari, alla possibilità per ogni persona di avere un processo equo o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare;
(...)
I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.
(...)».
11 L’articolo 6 della direttiva 2003/4, rubricato «Accesso alla giustizia», impone agli Stati membri di provvedere affinché qualsiasi richiedente di informazioni ambientali il quale reputi che la sua richiesta sia stata ignorata o infondatamente respinta, non abbia ricevuto una risposta adeguata o non sia stata trattata in conformità alle disposizioni di detta direttiva, possa presentare un ricorso amministrativo o giurisdizionale contro gli atti o le omissioni dell’autorità pubblica interessata.
Diritto irlandese
12 Gli European Communities (Access to Information on the Environment) Regulations 2007-2018 [Regolamenti dal 2007 al 2018 sulle Comunità europee (accesso alle informazioni in materia ambientale)] (in prosieguo: le «norme nazionali irlandesi») recepiscono le disposizioni della direttiva 2003/4 nel diritto irlandese.
13 L’articolo 3, paragrafo 1, delle norme nazionali irlandesi recepisce, in sostanza, l’articolo 2, punto 2, della suddetta direttiva.
14 Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, delle norme nazionali irlandesi, sono esclusi dalla nozione di autorità pubblica gli organismi «che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
15 Il 25 febbraio 2016 la High Court (Alta Corte, Irlanda) ha emesso la sua sentenza in una causa tra la X & Y e la An Bord Pleanala, contro la quale non è stato presentato ricorso. Detta causa riguardava la contestazione di un’autorizzazione urbanistica per la costruzione di impianti eolici nella contea di Cork (Irlanda).
16 Il 9 luglio 2016 la Friends of the Irish Environment ha scritto al Central Office of the High Court (Cancelleria dell’Alta Corte, Irlanda), la cui gestione è affidata a un cancelliere nominato dal Courts Service of Ireland (Agenzia di servizi amministrativi per gli organi giurisdizionali; in prosieguo: il «Courts Service»), per chiedere copia delle memorie, delle dichiarazioni giurate, degli atti di causa e delle osservazioni scritte depositate da tutte le parti, nonché delle decisioni definitive emesse nella suddetta causa. Tale richiesta è stata presentata ai sensi della Convenzione di Aarhus e della direttiva 2003/4, recepita dalle norme nazionali irlandesi.
17 Il Courts Service ha respinto il ricorso della ricorrente nel procedimento principale con decisione del 13 luglio 2016. Tale decisione era fondata, in particolare, sul fatto che le norme nazionali irlandesi non erano applicabili ai procedimenti giudiziari né alla documentazione prodotta in procedimenti di questo tipo.
18 Il 18 luglio 2016 la ricorrente nel procedimento principale ha chiesto al Courts Service di riesaminare la sua decisione. Non avendo ricevuto risposta, il 15 settembre 2016 ha proposto ricorso dinanzi al Commissioner for Environmental Information.
19 Il 19 giugno 2017, il Commissioner for Environmental Information ha scritto alla ricorrente nel procedimento principale che una decisione era già stata emessa in una causa analoga, la causa CEI/15/0008 An Taisce & The Courts Service. Pur sottolineando che ogni caso sarebbe stato esaminato nel merito, esso ha chiesto alla ricorrente di comunicare eventuali motivi che avrebbero giustificato una decisione diversa riguardo alla sua domanda di accesso agli atti della causa tra la X & Y e la An Bord Pleanala.
20 Nella sua risposta del 26 luglio 2017, la ricorrente nel procedimento principale ha indicato che intendeva fare propri i motivi dedotti nel suo ricorso e quelli della An Taisce nella prima causa.
21 Con decisione del 31 luglio 2017, il Commissioner for Environmental Information ha respinto questo ricorso. Esso ha affermato che il Courts Service deteneva gli atti richiesti nell’ambito dell’esercizio di competenze giurisdizionali, per conto dell’autorità giudiziaria. Esso ha altresì affermato che il Courts Service, quando agiva nell’esercizio di tali competenze, non era un’«autorità pubblica», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, delle norme nazionali irlandesi.
22 La ricorrente nel procedimento principale ha impugnato tale decisione dinanzi alla High Court (Alta Corte), facendo valere, in sostanza, che la deroga a favore degli organismi o delle istituzioni che agiscono nell’«esercizio di competenze giurisdizionali», prevista all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4 e recepita nell’articolo 3, paragrafo 2, delle norme nazionali irlandesi, non riguarderebbe gli atti di procedimenti conclusi.
23 Nutrendo dubbi in ordine all’interpretazione dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4, la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
«Se il controllo sull’accesso agli atti giudiziari relativi a procedimenti in cui è stata pronunciata una decisione definitiva, è decorso il termine per proporre un’impugnazione e non è stata presentata alcuna impugnazione né risultino pendenti ulteriori azioni, essendo tuttavia esperibili, in circostanze particolari, ulteriori azioni, costituisca esercizio di “competenze giurisdizionali” ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4(...)».
Sulla questione pregiudiziale
24 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la facoltà da esso conferita agli Stati membri di non considerare quali «autorità pubbliche», ai sensi di tale direttiva, gli «organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali» possa essere esercitata solo nella misura in cui siano interessate informazioni contenute negli atti di procedimenti giudiziari pendenti, con esclusione dei procedimenti conclusi.
25 A tal riguardo, va rilevato che occorre, anzitutto, stabilire se gli organi giurisdizionali e le persone fisiche o giuridiche sottoposte al loro controllo costituiscano «autorità pubbliche», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4, e, pertanto, rientrino nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
26 In via preliminare, occorre ricordare che, divenendo parte della Convenzione di Aarhus, l’Unione europea si è impegnata a garantire, nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, l’accesso, in linea di principio, alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa (sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
27 Adottando la direttiva 2003/4, il legislatore dell’Unione ha inteso garantire la compatibilità del diritto dell’Unione con tale convenzione, in vista della sua conclusione da parte della Comunità, prevedendo un regime generale volto a garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica di uno Stato membro abbia il diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di esse, senza che tale persona sia obbligata a far valere un interesse (sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
28 Occorre inoltre sottolineare che il diritto di accesso garantito dalla direttiva 2003/4 si applica solo ove le informazioni richieste rientrino nelle prescrizioni relative all’accesso del pubblico previste da tale direttiva, il che presuppone in particolare che esse costituiscano «informazioni ambientali» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di detta direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare per quanto riguarda il procedimento principale (sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 32).
29 Inoltre, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio senso e della propria portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione [v., in particolare, sentenza del 20 gennaio 2021, Land Baden-Württemberg (Comunicazioni interne), C‑619/19, EU:C:2021:35, punto 34].
30 Fatte tali osservazioni preliminari, si deve rilevare che, secondo la definizione di cui all’articolo 2, punto 2, primo comma, lettere a) e b), della direttiva 2003/4, sono «autorità pubbliche» – soggette, in quanto tali, all’obbligo di dare accesso al pubblico alle informazioni ambientali da esse detenute – gli organismi e le istituzioni appartenenti al «governo o [ad] ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale», nonché le persone fisiche o giuridiche che, in forza del diritto nazionale, esercitino «funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all’ambiente». Ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, lettera c), di tale direttiva, sono altresì «autorità pubbliche» le persone fisiche o giuridiche «avent[i] responsabilità o funzioni pubbliche o che fornisca[no] servizi pubblici connessi con l’ambiente, sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui alla lettera a) o b)».
31 L’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, dal canto suo, ha lo scopo di consentire agli Stati membri, in particolare, di stabilire le norme idonee ad assicurare il corretto svolgimento delle procedure giurisdizionali, conferendo loro la facoltà di escludere dall’ambito di applicazione di tale direttiva taluni organismi o istituzioni rispondenti alla definizione di «autorità pubblica», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, della medesima direttiva, laddove essi agiscano «nell’esercizio di competenze giurisdizionali».
32 Infine, l’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, della direttiva 2003/4 prevede che gli Stati membri possano escludere tali organismi o istituzioni dalla definizione di «autorità pubbliche», ai sensi del primo comma di detto articolo 2, punto 2, se, alla data di adozione di tale direttiva, nessuna disposizione costituzionale prevedeva procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva. L’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, della direttiva 2003/4, destinato a disciplinare il caso particolare di talune autorità nazionali le cui decisioni, alla data di adozione della direttiva, non potevano essere oggetto di ricorsi conformi ai requisiti della medesima, non ha tuttavia né per oggetto né per effetto la limitazione della facoltà degli Stati membri di escludere dal campo di applicazione di tale direttiva gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative, facoltà che, peraltro, è prevista senza restrizione alcuna dalla convenzione di Aarhus stessa (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09,EU:C:2012:71, punti da 45 a 48).
33 Deriva dall’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4, considerato nell’insieme, che la facoltà conferita agli Stati membri di escludere dalla nozione di «autorità pubblica» gli organismi o le istituzioni «che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali» – prevista all’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, di tale direttiva, che deve essere oggetto di un’interpretazione funzionale (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09,EU:C:2012:71, punto 49) – può riguardare solo gli organismi o le istituzioni che rispondono alla definizione istituzionale della nozione di «autorità pubblica» di cui all’articolo 2, punto 2, primo comma, della medesima direttiva. Il rispetto di tale definizione costituisce infatti un presupposto indispensabile per l’esercizio della facoltà di deroga prevista all’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4.
34 Orbene, emerge tanto dalla convenzione di Aarhus stessa quanto dalla direttiva 2003/4, avente l’obiettivo di attuare tale convenzione nel diritto dell’Unione, che, riferendosi alle «autorità pubbliche», i loro estensori hanno inteso designare non già le autorità giudiziarie, in particolare gli organi giurisdizionali, bensì, come già dichiarato dalla Corte, le autorità amministrative poiché, all’interno degli Stati, sono queste che abitualmente si trovano a detenere, nell’esercizio delle loro funzioni, informazioni ambientali (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 40).
35 Infatti, è evidente che gli organi giurisdizionali non fanno parte del governo né di altre amministrazione pubbliche ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4. Essi non possono neppure essere assimilati alle persone fisiche o giuridiche che esercitano «funzioni amministrative pubbliche, ivi compresi compiti, attività o servizi specifici aventi attinenza con l’ambiente» di cui all’articolo 2, punto 2, primo comma, lettera b), di tale direttiva, il quale designa gli organismi o le istituzioni che, pur non essendo parte del governo o delle altre amministrazione pubbliche di cui a tale prima disposizione, esercitano funzioni rientranti nel potere esecutivo o che concorrono all’esercizio di quest’ultimo e che hanno un rapporto con l’ambiente. Quanto all’articolo 2, punto 2, primo comma, lettera c), di detta direttiva, esso riguarda solo le persone o gli organismi che agiscono sotto il controllo di uno degli organi o di una delle istituzioni di cui all’articolo 2, punto 2, primo comma, lettere a) e b), di quest’ultima e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente, così che esso non può includere né gli organismi giurisdizionali né, a fortiori, le persone fisiche o giuridiche soggette al loro controllo.
36 Questa interpretazione è corroborata dall’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione in sede di adozione della direttiva 2003/4, letta alla luce della Convenzione di Aarhus. Come dichiarato nel considerando 1 e nell’articolo 1 di tale direttiva, quest’ultima mira a promuovere un più ampio accesso del pubblico all’informazione ambientale e una più efficace partecipazione di quest’ultimo al processo decisionale in materia, al fine di migliorare la qualità delle decisioni adottate e di applicarle in modo più efficace nonché, in definitiva, di promuovere il miglioramento dell’ambiente.
37 Pertanto, se è vero che l’attuazione di tale obiettivo implica che le autorità amministrative diano accesso al pubblico alle informazioni ambientali in loro possesso, al fine di rendere conto delle decisioni che esse adottano in tale materia e di associare i cittadini alla loro adozione, ciò non vale per le memorie e gli altri documenti versati ai fascicoli di procedimenti giurisdizionali in materia ambientale, in quanto il legislatore dell’Unione non ha inteso favorire l’informazione del pubblico in materia giudiziaria e la partecipazione di quest’ultimo al processo decisionale in tale materia.
38 Infatti, nell’adottare la direttiva 2003/4, il legislatore dell’Unione ha tenuto conto della diversità delle norme esistenti negli Stati membri in materia di accesso dei cittadini alle informazioni contenute nei fascicoli giudiziari, come si evince dall’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, e dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), di tale direttiva, che consentono rispettivamente agli Stati membri, da un lato, di escludere dall’ambito di applicazione della direttiva gli organismi o le istituzioni rispondenti alla definizione di «autorità pubblica» i quali, come talune autorità amministrative indipendenti, potrebbero essere chiamati in casi determinati ad agire nell’esercizio di poteri giudiziari senza avere essi stessi il carattere di organi giurisdizionali (v., per analogia, relativamente al caso di un ministero chiamato ad agire nell’esercizio di poteri legislativi senza essere parte del potere legislativo, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 49), e, dall’altro, la facoltà di derogare al principio dell’accesso dei cittadini alle informazioni ambientali detenute dalle «autorità pubbliche» qualora la divulgazione di tali informazioni possa arrecare pregiudizio «allo svolgimento di procedimenti giudiziari, alla possibilità per ogni persona di avere un processo equo o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare».
39 Quanto all’articolo 6 della direttiva 2003/4, esso riguarda soltanto l’accesso alla giustizia dei cittadini che intendono far valere i diritti loro attribuiti dalle disposizioni di quest’ultima, garantendo loro, in particolare, la possibilità di contestare le decisioni di diniego di accesso alle informazioni ambientali che potrebbero essere loro opposte.
40 Da quanto precede risulta che, in mancanza di un’espressa indicazione in tal senso nella direttiva 2003/4, gli organi giurisdizionali e le persone fisiche o giuridiche sotto il loro controllo non sono «autorità pubbliche» ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, di tale direttiva. Essi non rientrano quindi nell’ambito di applicazione di detta direttiva e, pertanto, non sono soggetti all’obbligo ivi previsto di consentire l’accesso al pubblico alle informazioni ambientali in loro possesso. In siffatto contesto, spetta unicamente agli Stati membri prevedere, se del caso, un diritto di accesso del pubblico alle informazioni contenute nei fascicoli giudiziari e definire le modalità del suo esercizio.
41 Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dinanzi alla Corte, non occorre né chiedersi se il controllo dell’accesso ai fascicoli giudiziari rientri nell’esercizio di competenze giurisdizionali, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, né operare distinzioni a seconda che i fascicoli contenenti le informazioni richieste riguardino procedimenti pendenti o conclusi, oppure si riferiscano a procedimenti che possono essere riaperti.
42 A tal proposito, la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau (C‑204/09, EU:C:2012:71, punti da 54 a 58), non può condurre, per analogia, ad una conclusione diversa, poiché nella causa che ha dato luogo a tale sentenza era in questione l’accesso ad informazioni detenute da un’«autorità pubblica», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, della direttiva 2003/4. Ciò non vale neppure per la soluzione adottata nelle sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P, C‑532/07 P, EU:C:2010:541), nonché del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer (C‑213/15 P, EU:C:2017:563), che riguardavano l’accesso del pubblico ai documenti relativi a taluni procedimenti dinanzi ai giudici dell’Unione, poiché un siffatto accesso è disciplinato da disposizioni del diritto dell’Unione il cui contenuto differisce in modo sostanziale da quelle la cui interpretazione è in discussione nel presente procedimento.
43 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il procedimento principale ha ad oggetto la richiesta – presentata da un’organizzazione non governativa, la Friends of the Irish Environment – di accesso alle informazioni ambientali che sarebbero contenute nel fascicolo giudiziario riguardante un procedimento concluso e detenuto, alla data di tale richiesta, dal Courts Service. Secondo le osservazioni da esso depositate presso la Corte, detto organismo è responsabile della memorizzazione, dell’archiviazione e della gestione dei fascicoli giudiziari per conto e sotto il controllo dell’organo giurisdizionale interessato. Spetta, pertanto, al giudice del rinvio verificare, tenuto conto delle precisazioni fornite ai punti da 30 a 40 della presente sentenza, se detto organismo debba essere considerato come un’«autorità pubblica», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, della direttiva 2003/4, nel qual caso l’accesso alle informazioni ambientali contenute nei fascicoli in suo possesso rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale direttiva, oppure se, a causa dei suoi stretti legami con gli organi giurisdizionali irlandesi, sotto il cui controllo è posto, esso debba essere considerato, al pari di questi ultimi, come un’autorità giudiziaria, nel qual caso esso sarebbe invece sottratto all’ambito di applicazione di tale direttiva.
44 Alla luce di quanto precede, alla questione sollevata occorre rispondere che l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che esso non disciplina l’accesso alle informazioni ambientali contenute nei fascicoli giudiziari, nei limiti in cui gli organi giurisdizionali o le istituzioni poste sotto il loro controllo, e che presentano quindi stretti legami con questi ultimi, non costituiscono «autorità pubbliche» ai sensi di tale disposizione e non rientrano dunque nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
Sulle spese
45 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che esso non disciplina l’accesso alle informazioni ambientali contenute nei fascicoli giudiziari, nei limiti in cui gli organi giurisdizionali o le istituzioni poste sotto il loro controllo, e che presentano quindi stretti legami con questi ultimi, non costituiscono «autorità pubbliche» ai sensi di tale disposizione e non rientrano dunque nell’ambito di applicazione di tale direttiva.
Firme