Cass. Sez. III n. 19732 del 22 maggio 2007
Pres. Onorato Est.Teresi Ric.Monacelli
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e illegittimità titolo abilitativo
Il reato di lottizzazione abusiva può ravvisarsi anche in presenza di titolo edilizio illegittimo perché in tal caso il giudice penale procede ad una identificazione in concreto della fattispecie criminosa e non disapplica l'atto amministrativo, né interferisce nella sfera nella PA poiché esercita un potere fondato nella previsione normativa incriminatrice.
Pres. Onorato Est.Teresi Ric.Monacelli
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e illegittimità titolo abilitativo
Il reato di lottizzazione abusiva può ravvisarsi anche in presenza di titolo edilizio illegittimo perché in tal caso il giudice penale procede ad una identificazione in concreto della fattispecie criminosa e non disapplica l'atto amministrativo, né interferisce nella sfera nella PA poiché esercita un potere fondato nella previsione normativa incriminatrice.
Con sentenza 3.02.2006 la Corte d'Appello di Roma dichiarava non doversi procedere nei confronti di Monacelli Mario per essere estinto per prescrizione il reato di cui agli art. 20 lett. c) legge n. 47/1985 [per avere, quale legale rappresentante dell'Icim sas, lottizzato abusivamente il comparto denominato Isola dei ciurli, sito in Fondi, via Flacca km. 39.60, zona agricola V2, con indice d'edificabilità 0,03 mc/mq; in particolare per avere proseguito i lavori d'edificazione degli immobili di cui al progetto di lottizzazione illegalmente approvato dal consiglio comunale di Fondi in data 21.06.1999 per 21 villette unifamiliari in violazione delle previsioni del PRG vigente nel Comune] confermando la statuizione di confisca.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della sentenza in ordine
1 . alla ravvisata configurabilità del reato di lottizzazione abusiva poiché, nel caso in esame, non era stato eseguito un abusivo frazionamento di terreni a scopo edilizio essendo, invece, intervenuta prosecuzione dei lavori d'edificazione d'immobili a frazionamento già esauritosi;
2. alla ritenuta illegittimità della delibera del Consiglio comunale del 29.09.1998 n. 84 per contrasto con il PRG del 1978 che non consentiva una lottizzazione, ma unicamente un piano particolareggiato o altro strumento capace di variare il PRG medesimo. Non era stato, però, considerato che si era in presenza di una convenzione d'accollo di oneri imposti dalla legge sul condono edilizio e non di una convenzione di lottizzazione, come tale legittima ed obbligatoria;
3. alla ritenuta sussistenza della contravvenzione di lottizzazione abusiva risultando dalla perizia d'ufficio che: a) erano state già realizzate le strutture in cemento armato complete di copertura delle 21 unità immobiliari "la cui costruzione risale alle licenze edilizie rilasciate tra il settembre 1971 e il febbraio 1972", realizzate prima del PRG del 1978 che ne aveva salvaguardato le cubature e già oggetto di condono; b) erano state realizzate le tamponature esterne di alcuni villini e ì manti di copertura di tegole di altri villini tra il 4.05.1990, data del rilascio delle concessioni, e il 13.10.1990, data della sospensione pro‑tempore delle concessioni da parte del Comune; c) le opere erano conformi alle concessioni in sanatoria; d) non erano state eseguite opere d'urbanizzazione, sicché non c'era stata ripresa dell'attività edificatoria. Erroneamente la Corte territoriale aveva qualificato illegittime le concessioni per i lavori eseguiti nel 1990, senza che tale illegittimità fosse mai stata contestata donde la violazione degli art. 521 e 522 c.p.p. Pertanto illegittimamente erano state disapplicate le concessioni edilizie in sanatoria del 1990 in assenza di connotati di illiceità ed era stato retrodatato al 1990 il fatto in contestazione. Peraltro i lavori eseguiti non integrano un'attività di trasformazione dei terreni rilevanti ai sensi dell'art. 20 lettera c) della legge n. 47/1985, né è provata la presunta "ripresa dell'attività edificatoria";
4. all'illegittima utilizzazione delle fotografie del 13.11.2000 allegate ad un'informativa dei CC, ma non acquisite al fascicolo del dibattimento;
5. all'affermazione di responsabilità per un fatto diverso rispetto a quello contestato. Era stato ravvisato un reato di lottizzazione abusiva permanente dal 1990 mai ipotizzato e non compreso nell'imputazione relativa al fatto diverso della presunta prosecuzione dei lavori di cui al progetto approvato dal consiglio comunale di Fondi il 21.06.1999;
6. alla disapplicazione delle delibere del suddetto ente e degli atti amministrativi conseguenziali non sussistendo gli indizi d'illiceità indicati in sentenza perché non risulta che l'ing. Antonello Monacelli, nipote dell'imputato avesse partecipato, come amministratore comunale, all'adozione delle delibere di giunta attuative delle libere consiliari del 29.08.1998 e del 21.06.1999 e perché il consigliere comunale Paolo Di Fazio, il quale aveva partecipato alla deliberazione consiliare del 28.08.1998, è persona diversa dall'architetto Paolo Di Fazio, socio dell'arch. Monacelli;
7. alla configurabilità dell'elemento psicologico del reato essendosi egli adeguato agli atti amministrativi legittimamente emanati dal Comune di Fondi perché, quale legale rappresentante della Icim sas, aveva acquistato il terreno de quo, già edificato e con le cubature residenziali salvaguardate dal PRG del 1978, nel 1984 in sede di vendita razionamento del terreno a scopo edilizio e la costruzione fallimentare, circa 15 anni dopo il f degli scheletri in cemento armato; perché le "limitate opere di tamponatura e di copertura di quattro villini erano state realizzate nel 1990 in conformità a concessioni edilizie in sanatoria relativamente a singoli edifici con destinazione d'uso residenziale", previa acquisizione dei pareri degli enti preposti alla tutela del vincolo e, inoltre, perché si era limitato a sottoscrivere nel 2000 la convenzione obbligatoria per l'accollo degli oneri d'urbanizzazione prevista dall'art. 35 legge n. 47/1985 su richiesta del Comune di Fondi.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
l. Gli elementi fattuali della vicenda.
Risulta accertato in punto di fatto che negli anni 1971‑1972 nell'area de qua sono stati realizzate le strutture di 21 villini rimaste allo stadio di scheletri in cemento armato in forza di concessioni edilizie che venivano annullate nel 1974 dal Commissario straordinario del Comune di Fondi con diffida a demolire.
Il provvedimento veniva poi annullato dal Tar con sentenza in data 2.06.1982
Nel 1973 il Comune di Fondi adottava il PRG e la zona in questione veniva ricompresa in un comparto più ampio destinato a zona residenziale di ristrutturazione edilizia 134, ma nell'iter di approvazione del PRG, la Giunta regionale, con delibera 20.03.1978, disponeva il declassamento del comparto da zona di ristrutturazione 134 in zona agricola V2 (con indice di fabbricazione di 0,03 inc/mq), contestualmente riconoscendo la cubatura già realizzata nel comparto Isola del Ciurli in applicazione della legge regionale n. 72/1975 prescrivendo che l'Amministrazione comunale provvedesse, attraverso una variante o un piano particolareggiato in variante, a razionalizzare il comparto sulla base di un indice di edificabilità territoriale pari al rapporto tra la volumetria esistente e la superficie dell'intero comparto.
L'Icim sas, che nel 1984 aveva acquistato in sede fallimentare la totalità del complesso edilizio in questione, nel 1990 otteneva, previa acquisizione dei pareri favorevoli paesaggistici, concessioni edilizie in sanatoria relativamente ai singoli edifici con destinazione d'uso residenziale ed iniziava i lavori di completamento di alcuni edifici che il Comune sospendeva.
Le ordinanze di sospensione dei lavori venivano annullate dal Tar con sentenza in data 4.07.1997 con cui gli atti venivano trasmessi alla Procura della Repubblica di Latina per le valutazioni di competenza in ordine all'ipotizzabile reato di lottizzazione abusiva.
Con delibera consiliare in data 29.09.1998, a seguito della richiesta del sindaco alla società Icim di presentare un piano di lottizzazione e relativo schema di convenzione, veniva adottato il progetto del piano di lottizzazione presentato dalla stessa società e la delibera veniva trasmessa alla Regione Lazio ai sensi dell'art. 2 della legge regionale n. 36/1987.
Il competente assessorato regionale, con nota 8.03.1999 comunicava che la procedura non era regolare dovendo obbligatoriamente adottarsi, per rispettare le previsioni del PRG e della delibera della Giunta regionale del 1978, un provvedimento che avesse valenza di variante al PRG.
Con delibera consiliare n. 32/1999 il Comune dichiarava decaduta la Regione dal potere di avanzare osservazioni sulla delibera n. 84/1998, perché espresse fuori termine, e, ritenuta definitivamente approvata la lottizzazione, autorizzava la sottoscrizione della relativa convenzione.
2. Il reato di lottizzazione abusiva.
Il reato di lottizzazione abusiva, a condotta libera, si realizza con varie modalità mediante operazioni con cui il suolo viene abusivamente utilizzato per la realizzazione di una pluralità di insediamenti residenziali e, in particolare,
‑ in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata e non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione;
‑ ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi [Cfr. Cassazione SU 28.11.2001, Salvini; Sezione III 11.05.2005, Stiffi; Sezione III, 29.01.2001, Matarrese; Sezione III, 30.12.1996 n. 11249, Urtis].
3. Le ravvisate condotte di lottizzazione illecita.
I giudici di merito hanno ritenuto che la convenzione di lottizzazione intercorsa tra il Comune e la società Icim fosse manifestamente illegittima per l'inidoneità dello strumento a razionalizzare l'intero comparto declassato dal PRG a zona verde agricolo, con un indice di fabbricazione di molto inferiore al rapporto tra i volumi realizzati, pur salvaguardato dal PRG, e l'estensione del comparto, dovendo necessariamente essere adottato, come previsto espressamente dalla Giunta regionale nel 1979 e confermato dal competente assessorato con la nota in data 8.03.1999, lo strumento della variante al PRG.
L'illegittimità dell'atto amministrativo discendeva dal contenuto della convenzione di lottizzazione, della quale costituivano parte integrante le opere di completamento degli scheletri in cemento armato eseguite nel settembre 2000, essendo stato pattuito che gli stessi dovessero essere realizzati contestualmente alle opere di urbanizzazione, sicché il completamento degli edifici ad uso residenziale si inseriva nell'accordo abusivo di lottizzazione non essendo possibile scinderli dal contesto unitario della programmata trasformazione illegittima del territorio.
La lottizzazione dell'area, iniziata di fatto nei primi anni '70 e proseguita all'inizio degli anni '90 quando erano state rilasciate concessioni in sanatoria, illegittime perché inerenti ad una persistente, l'esecuzione di opere di ma ignorata, lottizzazione materiale, era configurabile perché completamento dei 21 villini richiedeva interventi di urbanizzazione, sicché l'ulteriore prosecuzione dei lavori da parte della società rappresentata dall'imputato non poteva prescindere dalla sopraindicata situazione di fatto che, per le vigenti disposizioni normative e regolamentari, precludeva l'utilizzazione del terreno a fini edificatori senza l'adozione di uno strumento idoneo a modificare le previsioni del PRG, e di tale idoneità era privo l'approvato piano di lottizzazione.
La ripresa dell'attività edificatoria nell'anno 2000 risultava dal fascicolo dei rilievi fotografici del 13.11.2000; dall'esito del sopralluogo effettuato dall'ufficio il 24.06.2004 nel quale si dava atto che alcuni edifici presentavano segni di recenti interventi [tetti e tamponature esterne]; che era stato collocato nel cantiere un prefabbricato adibito ad ufficio vendite, nonché un cartello indicante gli estremi delle concessioni edilizie e della proprietà Icim‑Zanilo [cartello che non poteva che esser successivo al compromesso di vendita che era intervenuto tra le parti nel novembre 1997] sia dalle stesse note redatte dalla difesa per l'udienza del 19.05.2002 nelle quali si ammetteva, a f. 5, che i lavori, sia pure per pochi giorni, erano proseguiti prima che intervenisse il sequestro.
Inoltre, la lottizzazione doveva ritenersi illecita sia per l'intervento nella procedura amministrativa del nipote dell'imputato, ingegnere investito di cariche istituzionali nel Comune di Fondi [membro elettivo della Commissione edilizia; poi consigliere comunale e poi assessore ai lavori pubblici] al cui studio è riferibile il progetto di lottizzazione sia per una serie di considerazioni denotanti collusione tra il privato e le autorità comunali.
4. Le censure difensive.
4.1. Denuncia, anzitutto, il ricorrente mancanza di correlazione tra accusa e sentenza per avere la Corte territoriale preso in esame, valutandoli a suo sfavore, dati fattuali estranei al capo d'imputazione, quali l'esecuzione dei lavori nell'anno 1990 sulla base di concessioni ritenute illegittime, in assenza di connotati d'illiceità, mai contestati, donde la violazione del diritto di difesa.
Hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte che, "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestato e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale. nei suoi cimenti essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratto prevista dalla legge, sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto d'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine, volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nei pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzia e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato. attraverso l'iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" [Cassazione S.U. n. 16, 19.06.1996, Di Francesco, RV 205619].
Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso d'assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all'ipotesi d'accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei ovvero in rapporto di specificazione.
Nella specie, nella contestazione considerata nella sua interezza, anche con riferimento alla disposizione violata, [lottizzazione abusiva in una zona agricola mediante prosecuzione dei lavori di edificazione di immobili di cui al progetto illegalmente approvato in violazione delle previsioni del PRG comunale], sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, nel quale confluiscono le condotte pregresse, ben note all'imputato, di abusiva edificazione in presenza di una originaria lottizzazione di fatto di un terreno sul quale erano stati costruiti gli scheletri in cemento armati sui quali era state apportate aggiunte costruttive nell'anno 1990, quando il complesso era stato acquistato in blocco dalla società Icim in sede fallimentare e poi nell'anno 2000 per essere sopraggiunte innovazioni normative preclusive d'interventi edilizi senza l'adozione di strumenti idonei a modificare il PRG.
Sicura, quindi, è la corrispondenza tra fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, stante che i giudici di merito non hanno preso in considerazioni un fatto nuovo [rientrando le concessioni in sanatoria del 1990 nella problematica, inerente alla valutazione dei fatti per cui si procede, della realizzazione di opere senza una lottizzazione autorizzata, perfettamente conosciuta dall'imputato], ma proceduto alla qualificazione del fatto ex art. 521, comma 1, c.p.p., e che l'affermazione di responsabilità ha ad oggetto una condotta coincidente con quella specificata nell'imputazione.
4.2. Vanno ora esaminate le censure che contestano la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato della lottizzazione abusiva traendo argomento dalla lottizzazione gia esauritasi al momento della prosecuzione dei lavori di edificazione degli immobili.
La lottizzazione abusiva viene prevalentemente configurata come reato a carattere permanente e progressivo, in cui, dopo l'iniziale frazionamento dei lotti, anche la condotta successiva, che consista nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nella costruzione di opere edilizie, prolunga l'evento criminoso, ovverosia la lesione del monopolio pubblico della programmazione urbanistica tutelato dalla norma penale [Cassazione SU 24.04.1992, Fogliani; Sezione III 15.10.1997, Sapuppo; Sezione III 26.01.1998, Cusumano; Sezione III, 5.12.2001, Venuti; Sezione III, La medica, 1.07,2004].
La permanenza del reato, quindi, perdura sino a quando prosegue volontariamente la condotta tipica della lottizzazione abusiva e la possibilità degli agenti di farla cessare.
Alla luce di questi principi, per l'autore della lottizzazione, il reato permane sino a quando continua l'attività edificatoria.
Tanto premesso, va rilevato che il piano di lottizzazione, col relativo schema di convenzione autorizzato dal Comune, ha espressamente riguardato le opere di completamento degli scheletri in cemento armato, collocabili nel settembre 2000, essendo stato pattuito che le stesse dovessero essere realizzate contestualmente alle opere di urbanizzazione, sicché il completamento degli edifici ad uso residenziale si inseriva nell'accordo abusivo di lottizzazione non essendo possibile scinderli dal contesto unitario della programmata trasformazione abusiva del territorio, donde l'irrilevanza del fatto che le opere di urbanizzazione non siano state in concreto realizzate.
La lottizzazione dell'area era iniziata nei primi anni '70, richiedendo l'esecuzione dei 21 villini interventi di urbanizzazione, ed era proseguita all'inizio degli anni '90, quando erano state rilasciate concessioni in sanatoria, illegittime perché inerenti ad una persistente, ma ignorata, lottizzazione materiale, sicché l'ulteriore prosecuzione dei lavori da parte della società rappresentata dall'imputato nell'anno 2000 non poteva prescindere dalla sopraindicata situazione di fatto, non essendosi la lottizzazione dell'area esaurita al momento della prosecuzione dell'attività edilizia.
Il ricorrente ha contestato la "ripresa dell'attività edificatoria", ma l'asserzione non ha alcun pregio perché la Corte territoriale ha indicato i dati obiettivi, specificati in precedenza. da cui sì può agevolmente desumere, anche a prescindere, in ipotesi, dai rilievi fotografici che costituiscono parte integrante di un'informativa dei CC, che un'ulteriore ripresa dei lavori è intervenuta nell'anno 2000.
L'approvazione da parte dal Comune del sopraindicato piano di lottizzazione correttamente è stata qualificata illegittima perché contrastante con la destinazione urbanistica data al comparto dal PRG, approvato dalla Giunta della Regione Lazio in data 20.03.1978, il quale, pur salvaguardando i volumi illegittimamente realizzati, declassava il comparto Isola dei Ciurli da zona di ristrutturazione B4 a zona agricola V2, con indice di fabbricazione 0,03, e consentiva all'amministrazione comunale, solo attraverso una variante o un piano particolareggiato in variante, "una razionalizzazione del comparto stesso sulla base di un indice d'edificabilità territoriale pari al rapporto tra la volumetria esistente e la superficie dell'intero comparto" [molto più ampio di quello relativo all'Isola dei Ciurli].
Il piano di lottizzazione, come segnalato dal consulente del PM e dalla nota della Regione 8.03.1999, non ha la forza e la legittimità di variare il PRG e il riferimento normativo che consentiva di razionalizzare il comparto, di mantenere la cubatura degli edifici esistenti sanati e di dotarli delle necessarie infrastrutture era quello della LR n. 28/1980, che, all'art. 4 del Capo II, individuava lo strumento della variante speciale per il recupero dei nuclei sorti spontaneamente.
La delibera consiliare dell'approvazione del piano aveva incongruamente richiamato, come referenti normativi, l'art. 35, comma 7 della legge n. 47/1985 che non autorizza la stipula di convenzioni di lottizzazione in sanatoria in contrasto con le previsioni del piano, nonché l'art. 2 della LR n. 36/1987 che prevede espressamente che i progetti di lottizzazione non possono apportare varianti allo strumento urbanistico generale.
Quindi l'approvazione del piano di lottizzazione, [che arbitrariamente il ricorrente definisce convenzione di accollo di oneri imposta dalla legge sul condono edilizio], in luogo della prescritta variante urbanistica che avrebbe consentito di proporzionare i volumi già esistenti all'intero comparto, ha comportato l'assentimento nel più limitato complesso dell'isola dei Ciurli di una volumetria notevolmente superiore all'indice di fabbricazione della zona [0,1366 mc/mq in luogo do 0,03 mc/mq].
Quindi deve riconoscersi che i giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 1894/2007 secondo cui il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo.
Nel caso di difformità da disposizioni legislative o regolamentari, o dalle prescrizioni urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici non si configura una non consentita disapplicazione da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio [Cassazione SU 12.11.1993, Borgia] perché lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell’atto, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutelo, nella quale gli elementi di natura extra penale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo” [Cassazione SU 29.11.2006, Di Mauro].
Pertanto il reato di lottizzazione abusiva può ravvisarsi anche in presenza di titolo edilizio illegittimo perché in tal caso il giudice penale procede ad una identificazione in concreto della fattispecie criminosa e non disapplica l'atto amministrativo, né interferisce nella sfera nella PA poiché esercita un potere fondato nella previsione normativa incriminatrice.
La non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico‑edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici può esser rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto d'attività criminosa e a prescindere da eventuali collusioni dolose del privato interessato con organi dell’amministrazione, mentre il sindacato del giudice penale è possibile nelle ipotesi in cui l'emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge e nelle ipotesi di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere, ipotesi riscontrata nel caso in esame, come in precedenza specificato.
Sono, pertanto, irrilevanti, ai fini della valutazione della conformità dell’atto alla normativa di riferimento, le ultronee considerazioni dei giudici di merito e le conseguenziali critiche sollevate dal ricorrente sulla illiceità dell'atto.
4.3 È infondato anche il motivo relativo all'insussistenza dell'elemento psicologico del reato per errore incolpevole sull'esecuzione dell'opera nella ragionevole convinzione che fossero state ottenuti tutti i richiesti provvedimenti concessori, donde l'esclusione della rilevanza penale dei fatti.
Infatti, la sussistenza del reato non può essere esclusa sotto il profilo soggettivo per errore sulla legittimità del piano di lottizzazione, manifestamente illegittimo perché contrastante con la normativa regionale e con il PRG comunale, perché nemmeno in virtù del criterio della ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza C. Cost. n. 364/1988 è possibile scusare chi esegue opere che incidono sul tessuto urbanistico senza informarsi delle leggi che disciplinano la materia, incombendo all’interessato l’onere di verificare la conformità delle opere alle norme urbanistiche di cui è presunta la conoscenza ex art. 5 cod. pen..
5. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati.
L'accertamento in sede penale della lottizzazione abusiva comporta ope legis la confisca del terreno e delle opere abusivamente eseguite ed è, quindi, irrilevante l'intervenuta declaratoria di estinzione per prescrizione del reato perché la sanzione amministrativa della confisca è connessa con l'oggettiva illiceità della cosa ed opera automaticamente, ove sia accertata la lottizzazione abusiva, a prescindere dalla persona del condannato, sicché non si procede alla confisca soltanto nel caso, nella specie non ricorrente, in cui sia giudizialmente accertata l'insussistenza del fatto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge; mancanza e manifesta illogicità della sentenza in ordine
1 . alla ravvisata configurabilità del reato di lottizzazione abusiva poiché, nel caso in esame, non era stato eseguito un abusivo frazionamento di terreni a scopo edilizio essendo, invece, intervenuta prosecuzione dei lavori d'edificazione d'immobili a frazionamento già esauritosi;
2. alla ritenuta illegittimità della delibera del Consiglio comunale del 29.09.1998 n. 84 per contrasto con il PRG del 1978 che non consentiva una lottizzazione, ma unicamente un piano particolareggiato o altro strumento capace di variare il PRG medesimo. Non era stato, però, considerato che si era in presenza di una convenzione d'accollo di oneri imposti dalla legge sul condono edilizio e non di una convenzione di lottizzazione, come tale legittima ed obbligatoria;
3. alla ritenuta sussistenza della contravvenzione di lottizzazione abusiva risultando dalla perizia d'ufficio che: a) erano state già realizzate le strutture in cemento armato complete di copertura delle 21 unità immobiliari "la cui costruzione risale alle licenze edilizie rilasciate tra il settembre 1971 e il febbraio 1972", realizzate prima del PRG del 1978 che ne aveva salvaguardato le cubature e già oggetto di condono; b) erano state realizzate le tamponature esterne di alcuni villini e ì manti di copertura di tegole di altri villini tra il 4.05.1990, data del rilascio delle concessioni, e il 13.10.1990, data della sospensione pro‑tempore delle concessioni da parte del Comune; c) le opere erano conformi alle concessioni in sanatoria; d) non erano state eseguite opere d'urbanizzazione, sicché non c'era stata ripresa dell'attività edificatoria. Erroneamente la Corte territoriale aveva qualificato illegittime le concessioni per i lavori eseguiti nel 1990, senza che tale illegittimità fosse mai stata contestata donde la violazione degli art. 521 e 522 c.p.p. Pertanto illegittimamente erano state disapplicate le concessioni edilizie in sanatoria del 1990 in assenza di connotati di illiceità ed era stato retrodatato al 1990 il fatto in contestazione. Peraltro i lavori eseguiti non integrano un'attività di trasformazione dei terreni rilevanti ai sensi dell'art. 20 lettera c) della legge n. 47/1985, né è provata la presunta "ripresa dell'attività edificatoria";
4. all'illegittima utilizzazione delle fotografie del 13.11.2000 allegate ad un'informativa dei CC, ma non acquisite al fascicolo del dibattimento;
5. all'affermazione di responsabilità per un fatto diverso rispetto a quello contestato. Era stato ravvisato un reato di lottizzazione abusiva permanente dal 1990 mai ipotizzato e non compreso nell'imputazione relativa al fatto diverso della presunta prosecuzione dei lavori di cui al progetto approvato dal consiglio comunale di Fondi il 21.06.1999;
6. alla disapplicazione delle delibere del suddetto ente e degli atti amministrativi conseguenziali non sussistendo gli indizi d'illiceità indicati in sentenza perché non risulta che l'ing. Antonello Monacelli, nipote dell'imputato avesse partecipato, come amministratore comunale, all'adozione delle delibere di giunta attuative delle libere consiliari del 29.08.1998 e del 21.06.1999 e perché il consigliere comunale Paolo Di Fazio, il quale aveva partecipato alla deliberazione consiliare del 28.08.1998, è persona diversa dall'architetto Paolo Di Fazio, socio dell'arch. Monacelli;
7. alla configurabilità dell'elemento psicologico del reato essendosi egli adeguato agli atti amministrativi legittimamente emanati dal Comune di Fondi perché, quale legale rappresentante della Icim sas, aveva acquistato il terreno de quo, già edificato e con le cubature residenziali salvaguardate dal PRG del 1978, nel 1984 in sede di vendita razionamento del terreno a scopo edilizio e la costruzione fallimentare, circa 15 anni dopo il f degli scheletri in cemento armato; perché le "limitate opere di tamponatura e di copertura di quattro villini erano state realizzate nel 1990 in conformità a concessioni edilizie in sanatoria relativamente a singoli edifici con destinazione d'uso residenziale", previa acquisizione dei pareri degli enti preposti alla tutela del vincolo e, inoltre, perché si era limitato a sottoscrivere nel 2000 la convenzione obbligatoria per l'accollo degli oneri d'urbanizzazione prevista dall'art. 35 legge n. 47/1985 su richiesta del Comune di Fondi.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
l. Gli elementi fattuali della vicenda.
Risulta accertato in punto di fatto che negli anni 1971‑1972 nell'area de qua sono stati realizzate le strutture di 21 villini rimaste allo stadio di scheletri in cemento armato in forza di concessioni edilizie che venivano annullate nel 1974 dal Commissario straordinario del Comune di Fondi con diffida a demolire.
Il provvedimento veniva poi annullato dal Tar con sentenza in data 2.06.1982
Nel 1973 il Comune di Fondi adottava il PRG e la zona in questione veniva ricompresa in un comparto più ampio destinato a zona residenziale di ristrutturazione edilizia 134, ma nell'iter di approvazione del PRG, la Giunta regionale, con delibera 20.03.1978, disponeva il declassamento del comparto da zona di ristrutturazione 134 in zona agricola V2 (con indice di fabbricazione di 0,03 inc/mq), contestualmente riconoscendo la cubatura già realizzata nel comparto Isola del Ciurli in applicazione della legge regionale n. 72/1975 prescrivendo che l'Amministrazione comunale provvedesse, attraverso una variante o un piano particolareggiato in variante, a razionalizzare il comparto sulla base di un indice di edificabilità territoriale pari al rapporto tra la volumetria esistente e la superficie dell'intero comparto.
L'Icim sas, che nel 1984 aveva acquistato in sede fallimentare la totalità del complesso edilizio in questione, nel 1990 otteneva, previa acquisizione dei pareri favorevoli paesaggistici, concessioni edilizie in sanatoria relativamente ai singoli edifici con destinazione d'uso residenziale ed iniziava i lavori di completamento di alcuni edifici che il Comune sospendeva.
Le ordinanze di sospensione dei lavori venivano annullate dal Tar con sentenza in data 4.07.1997 con cui gli atti venivano trasmessi alla Procura della Repubblica di Latina per le valutazioni di competenza in ordine all'ipotizzabile reato di lottizzazione abusiva.
Con delibera consiliare in data 29.09.1998, a seguito della richiesta del sindaco alla società Icim di presentare un piano di lottizzazione e relativo schema di convenzione, veniva adottato il progetto del piano di lottizzazione presentato dalla stessa società e la delibera veniva trasmessa alla Regione Lazio ai sensi dell'art. 2 della legge regionale n. 36/1987.
Il competente assessorato regionale, con nota 8.03.1999 comunicava che la procedura non era regolare dovendo obbligatoriamente adottarsi, per rispettare le previsioni del PRG e della delibera della Giunta regionale del 1978, un provvedimento che avesse valenza di variante al PRG.
Con delibera consiliare n. 32/1999 il Comune dichiarava decaduta la Regione dal potere di avanzare osservazioni sulla delibera n. 84/1998, perché espresse fuori termine, e, ritenuta definitivamente approvata la lottizzazione, autorizzava la sottoscrizione della relativa convenzione.
2. Il reato di lottizzazione abusiva.
Il reato di lottizzazione abusiva, a condotta libera, si realizza con varie modalità mediante operazioni con cui il suolo viene abusivamente utilizzato per la realizzazione di una pluralità di insediamenti residenziali e, in particolare,
‑ in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata e non sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione;
‑ ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi [Cfr. Cassazione SU 28.11.2001, Salvini; Sezione III 11.05.2005, Stiffi; Sezione III, 29.01.2001, Matarrese; Sezione III, 30.12.1996 n. 11249, Urtis].
3. Le ravvisate condotte di lottizzazione illecita.
I giudici di merito hanno ritenuto che la convenzione di lottizzazione intercorsa tra il Comune e la società Icim fosse manifestamente illegittima per l'inidoneità dello strumento a razionalizzare l'intero comparto declassato dal PRG a zona verde agricolo, con un indice di fabbricazione di molto inferiore al rapporto tra i volumi realizzati, pur salvaguardato dal PRG, e l'estensione del comparto, dovendo necessariamente essere adottato, come previsto espressamente dalla Giunta regionale nel 1979 e confermato dal competente assessorato con la nota in data 8.03.1999, lo strumento della variante al PRG.
L'illegittimità dell'atto amministrativo discendeva dal contenuto della convenzione di lottizzazione, della quale costituivano parte integrante le opere di completamento degli scheletri in cemento armato eseguite nel settembre 2000, essendo stato pattuito che gli stessi dovessero essere realizzati contestualmente alle opere di urbanizzazione, sicché il completamento degli edifici ad uso residenziale si inseriva nell'accordo abusivo di lottizzazione non essendo possibile scinderli dal contesto unitario della programmata trasformazione illegittima del territorio.
La lottizzazione dell'area, iniziata di fatto nei primi anni '70 e proseguita all'inizio degli anni '90 quando erano state rilasciate concessioni in sanatoria, illegittime perché inerenti ad una persistente, l'esecuzione di opere di ma ignorata, lottizzazione materiale, era configurabile perché completamento dei 21 villini richiedeva interventi di urbanizzazione, sicché l'ulteriore prosecuzione dei lavori da parte della società rappresentata dall'imputato non poteva prescindere dalla sopraindicata situazione di fatto che, per le vigenti disposizioni normative e regolamentari, precludeva l'utilizzazione del terreno a fini edificatori senza l'adozione di uno strumento idoneo a modificare le previsioni del PRG, e di tale idoneità era privo l'approvato piano di lottizzazione.
La ripresa dell'attività edificatoria nell'anno 2000 risultava dal fascicolo dei rilievi fotografici del 13.11.2000; dall'esito del sopralluogo effettuato dall'ufficio il 24.06.2004 nel quale si dava atto che alcuni edifici presentavano segni di recenti interventi [tetti e tamponature esterne]; che era stato collocato nel cantiere un prefabbricato adibito ad ufficio vendite, nonché un cartello indicante gli estremi delle concessioni edilizie e della proprietà Icim‑Zanilo [cartello che non poteva che esser successivo al compromesso di vendita che era intervenuto tra le parti nel novembre 1997] sia dalle stesse note redatte dalla difesa per l'udienza del 19.05.2002 nelle quali si ammetteva, a f. 5, che i lavori, sia pure per pochi giorni, erano proseguiti prima che intervenisse il sequestro.
Inoltre, la lottizzazione doveva ritenersi illecita sia per l'intervento nella procedura amministrativa del nipote dell'imputato, ingegnere investito di cariche istituzionali nel Comune di Fondi [membro elettivo della Commissione edilizia; poi consigliere comunale e poi assessore ai lavori pubblici] al cui studio è riferibile il progetto di lottizzazione sia per una serie di considerazioni denotanti collusione tra il privato e le autorità comunali.
4. Le censure difensive.
4.1. Denuncia, anzitutto, il ricorrente mancanza di correlazione tra accusa e sentenza per avere la Corte territoriale preso in esame, valutandoli a suo sfavore, dati fattuali estranei al capo d'imputazione, quali l'esecuzione dei lavori nell'anno 1990 sulla base di concessioni ritenute illegittime, in assenza di connotati d'illiceità, mai contestati, donde la violazione del diritto di difesa.
Hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte che, "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestato e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale. nei suoi cimenti essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratto prevista dalla legge, sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto d'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine, volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nei pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzia e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato. attraverso l'iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" [Cassazione S.U. n. 16, 19.06.1996, Di Francesco, RV 205619].
Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso d'assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all'ipotesi d'accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei ovvero in rapporto di specificazione.
Nella specie, nella contestazione considerata nella sua interezza, anche con riferimento alla disposizione violata, [lottizzazione abusiva in una zona agricola mediante prosecuzione dei lavori di edificazione di immobili di cui al progetto illegalmente approvato in violazione delle previsioni del PRG comunale], sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, nel quale confluiscono le condotte pregresse, ben note all'imputato, di abusiva edificazione in presenza di una originaria lottizzazione di fatto di un terreno sul quale erano stati costruiti gli scheletri in cemento armati sui quali era state apportate aggiunte costruttive nell'anno 1990, quando il complesso era stato acquistato in blocco dalla società Icim in sede fallimentare e poi nell'anno 2000 per essere sopraggiunte innovazioni normative preclusive d'interventi edilizi senza l'adozione di strumenti idonei a modificare il PRG.
Sicura, quindi, è la corrispondenza tra fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, stante che i giudici di merito non hanno preso in considerazioni un fatto nuovo [rientrando le concessioni in sanatoria del 1990 nella problematica, inerente alla valutazione dei fatti per cui si procede, della realizzazione di opere senza una lottizzazione autorizzata, perfettamente conosciuta dall'imputato], ma proceduto alla qualificazione del fatto ex art. 521, comma 1, c.p.p., e che l'affermazione di responsabilità ha ad oggetto una condotta coincidente con quella specificata nell'imputazione.
4.2. Vanno ora esaminate le censure che contestano la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato della lottizzazione abusiva traendo argomento dalla lottizzazione gia esauritasi al momento della prosecuzione dei lavori di edificazione degli immobili.
La lottizzazione abusiva viene prevalentemente configurata come reato a carattere permanente e progressivo, in cui, dopo l'iniziale frazionamento dei lotti, anche la condotta successiva, che consista nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nella costruzione di opere edilizie, prolunga l'evento criminoso, ovverosia la lesione del monopolio pubblico della programmazione urbanistica tutelato dalla norma penale [Cassazione SU 24.04.1992, Fogliani; Sezione III 15.10.1997, Sapuppo; Sezione III 26.01.1998, Cusumano; Sezione III, 5.12.2001, Venuti; Sezione III, La medica, 1.07,2004].
La permanenza del reato, quindi, perdura sino a quando prosegue volontariamente la condotta tipica della lottizzazione abusiva e la possibilità degli agenti di farla cessare.
Alla luce di questi principi, per l'autore della lottizzazione, il reato permane sino a quando continua l'attività edificatoria.
Tanto premesso, va rilevato che il piano di lottizzazione, col relativo schema di convenzione autorizzato dal Comune, ha espressamente riguardato le opere di completamento degli scheletri in cemento armato, collocabili nel settembre 2000, essendo stato pattuito che le stesse dovessero essere realizzate contestualmente alle opere di urbanizzazione, sicché il completamento degli edifici ad uso residenziale si inseriva nell'accordo abusivo di lottizzazione non essendo possibile scinderli dal contesto unitario della programmata trasformazione abusiva del territorio, donde l'irrilevanza del fatto che le opere di urbanizzazione non siano state in concreto realizzate.
La lottizzazione dell'area era iniziata nei primi anni '70, richiedendo l'esecuzione dei 21 villini interventi di urbanizzazione, ed era proseguita all'inizio degli anni '90, quando erano state rilasciate concessioni in sanatoria, illegittime perché inerenti ad una persistente, ma ignorata, lottizzazione materiale, sicché l'ulteriore prosecuzione dei lavori da parte della società rappresentata dall'imputato nell'anno 2000 non poteva prescindere dalla sopraindicata situazione di fatto, non essendosi la lottizzazione dell'area esaurita al momento della prosecuzione dell'attività edilizia.
Il ricorrente ha contestato la "ripresa dell'attività edificatoria", ma l'asserzione non ha alcun pregio perché la Corte territoriale ha indicato i dati obiettivi, specificati in precedenza. da cui sì può agevolmente desumere, anche a prescindere, in ipotesi, dai rilievi fotografici che costituiscono parte integrante di un'informativa dei CC, che un'ulteriore ripresa dei lavori è intervenuta nell'anno 2000.
L'approvazione da parte dal Comune del sopraindicato piano di lottizzazione correttamente è stata qualificata illegittima perché contrastante con la destinazione urbanistica data al comparto dal PRG, approvato dalla Giunta della Regione Lazio in data 20.03.1978, il quale, pur salvaguardando i volumi illegittimamente realizzati, declassava il comparto Isola dei Ciurli da zona di ristrutturazione B4 a zona agricola V2, con indice di fabbricazione 0,03, e consentiva all'amministrazione comunale, solo attraverso una variante o un piano particolareggiato in variante, "una razionalizzazione del comparto stesso sulla base di un indice d'edificabilità territoriale pari al rapporto tra la volumetria esistente e la superficie dell'intero comparto" [molto più ampio di quello relativo all'Isola dei Ciurli].
Il piano di lottizzazione, come segnalato dal consulente del PM e dalla nota della Regione 8.03.1999, non ha la forza e la legittimità di variare il PRG e il riferimento normativo che consentiva di razionalizzare il comparto, di mantenere la cubatura degli edifici esistenti sanati e di dotarli delle necessarie infrastrutture era quello della LR n. 28/1980, che, all'art. 4 del Capo II, individuava lo strumento della variante speciale per il recupero dei nuclei sorti spontaneamente.
La delibera consiliare dell'approvazione del piano aveva incongruamente richiamato, come referenti normativi, l'art. 35, comma 7 della legge n. 47/1985 che non autorizza la stipula di convenzioni di lottizzazione in sanatoria in contrasto con le previsioni del piano, nonché l'art. 2 della LR n. 36/1987 che prevede espressamente che i progetti di lottizzazione non possono apportare varianti allo strumento urbanistico generale.
Quindi l'approvazione del piano di lottizzazione, [che arbitrariamente il ricorrente definisce convenzione di accollo di oneri imposta dalla legge sul condono edilizio], in luogo della prescritta variante urbanistica che avrebbe consentito di proporzionare i volumi già esistenti all'intero comparto, ha comportato l'assentimento nel più limitato complesso dell'isola dei Ciurli di una volumetria notevolmente superiore all'indice di fabbricazione della zona [0,1366 mc/mq in luogo do 0,03 mc/mq].
Quindi deve riconoscersi che i giudici di merito hanno fatto buon governo dei principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 1894/2007 secondo cui il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal titolo abilitativo.
Nel caso di difformità da disposizioni legislative o regolamentari, o dalle prescrizioni urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici non si configura una non consentita disapplicazione da parte del giudice penale dell'atto amministrativo concessorio [Cassazione SU 12.11.1993, Borgia] perché lo stesso giudice, qualora come presupposto o elemento costitutivo di una fattispecie di reato sia previsto un atto amministrativo, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica dell’atto, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutelo, nella quale gli elementi di natura extra penale convergono organicamente, assumendo un significato descrittivo” [Cassazione SU 29.11.2006, Di Mauro].
Pertanto il reato di lottizzazione abusiva può ravvisarsi anche in presenza di titolo edilizio illegittimo perché in tal caso il giudice penale procede ad una identificazione in concreto della fattispecie criminosa e non disapplica l'atto amministrativo, né interferisce nella sfera nella PA poiché esercita un potere fondato nella previsione normativa incriminatrice.
La non conformità dell'atto amministrativo alla normativa che ne regola l'emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico‑edilizia e alle previsioni degli strumenti urbanistici può esser rilevata non soltanto se l'atto medesimo sia illecito, cioè frutto d'attività criminosa e a prescindere da eventuali collusioni dolose del privato interessato con organi dell’amministrazione, mentre il sindacato del giudice penale è possibile nelle ipotesi in cui l'emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge e nelle ipotesi di mancato rispetto delle norme che regolano l'esercizio del potere, ipotesi riscontrata nel caso in esame, come in precedenza specificato.
Sono, pertanto, irrilevanti, ai fini della valutazione della conformità dell’atto alla normativa di riferimento, le ultronee considerazioni dei giudici di merito e le conseguenziali critiche sollevate dal ricorrente sulla illiceità dell'atto.
4.3 È infondato anche il motivo relativo all'insussistenza dell'elemento psicologico del reato per errore incolpevole sull'esecuzione dell'opera nella ragionevole convinzione che fossero state ottenuti tutti i richiesti provvedimenti concessori, donde l'esclusione della rilevanza penale dei fatti.
Infatti, la sussistenza del reato non può essere esclusa sotto il profilo soggettivo per errore sulla legittimità del piano di lottizzazione, manifestamente illegittimo perché contrastante con la normativa regionale e con il PRG comunale, perché nemmeno in virtù del criterio della ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza C. Cost. n. 364/1988 è possibile scusare chi esegue opere che incidono sul tessuto urbanistico senza informarsi delle leggi che disciplinano la materia, incombendo all’interessato l’onere di verificare la conformità delle opere alle norme urbanistiche di cui è presunta la conoscenza ex art. 5 cod. pen..
5. La confisca dei terreni abusivamente lottizzati.
L'accertamento in sede penale della lottizzazione abusiva comporta ope legis la confisca del terreno e delle opere abusivamente eseguite ed è, quindi, irrilevante l'intervenuta declaratoria di estinzione per prescrizione del reato perché la sanzione amministrativa della confisca è connessa con l'oggettiva illiceità della cosa ed opera automaticamente, ove sia accertata la lottizzazione abusiva, a prescindere dalla persona del condannato, sicché non si procede alla confisca soltanto nel caso, nella specie non ricorrente, in cui sia giudizialmente accertata l'insussistenza del fatto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.