Le terre collettive, in linea di massima, non sono espropriabili
di Stefano DELIPERI
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato in materia di valutazione d’impatto ambientale ha riguardato aspetti di particolare rilevanza riguardo il coinvolgimento di terreni appartenenti a domini collettivi nelle procedure di esproprio in favore di impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili.
I domini collettivi, i terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., legge n. 168/2017, regio decreto n. 332/1928 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale, valore riconosciuto sistematicamente in sede giurisprudenziale.
Boschi, pascoli, terreni agricoli, zone umide, litorali di proprietà collettiva, sebbene spesso tuttora oggetto di mire speculative e utilizzi incongrui.
Attualmente si stima che costituiscano il 7-10% del territorio nazionale italiano.
I diritti di uso civico sono inalienabili, indivisibili, inusucapibili e imprescrittibili (artt. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e 2, 9, 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.). I domini collettivi sono tutelati ex lege con il vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1°, lettera h, del decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.). Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto a particolari condizioni, previa autorizzazione regionale e verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato a opere permanenti di interesse pubblico generale (artt. 12 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).
I cittadini appartenenti alle collettività locali sono gli unici titolari dei diritti di uso civico nei rispettivi demani civici (artt. 2, commi 3° e 4°, e 3, commi 1° e 2°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.). Inoltre, il regime giuridico dei demani civici prevede la “perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017), nonché “l’utilizzazione del demanio civico … in conformità alla sua destinazione e secondo le regole d’uso stabilite dal dominio collettivo” (art. 3, comma 5°, della legge n. 168/2017).
Quindi, i beni in proprietà collettiva sono soggetti per legge a vincolo di destinazione e a vincolo ambientale: non possono essere oggetto di una concessione amministrativa che ne importi la trasformazione.
La sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 22 settembre 2025, n. 7447 ha considerato anche il tema dell’assoggettamento alla procedura di esproprio per pubblica utilità di terreni appartenenti al demanio civico.
In proposito, l’art. 4, comma 1 bis, del D.P.R. n. 327/2001 e s.m.i. testualmente stabilisce che “i beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico” e un autorevole pilastro interpretativo sul tema è stato posto dalla sentenza Corte Cass., SS.UU. civili, 10 maggio 2023 n. 12570, che ha “affermato il principio in virtù del quale i diritti di uso civico gravanti su beni collettivi non possono essere posti nel nulla (ovvero considerati implicitamente estinti) per effetto di un decreto di espropriazione per pubblica utilità, poiché la loro natura giuridica assimilabile a quella demaniale lo impedisce, essendo, perciò, necessario, per l'attuazione di una siffatta forma di espropriazione, un formale provvedimento di sdemanializzazione, la cui mancanza rende invalido il citato decreto espropriativo che implichi l'estinzione di eventuali usi civici di questo tipo ed il correlato trasferimento dei relativi diritti sull'indennità di espropriazione”.
L’unica possibilità che consenta la realizzazione dell’opera pubblica in assenza delle procedure di sdemanializzazione sono “le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico”, come sottolinea il Consiglio di Stato nella sentenza Sez. IV n. 7447 del 2025, ricordando che “nel caso di specie, l’installazione del parco eolico è finalizzata a promuovere quello che si configura come un ‘interesse pubblico prevalente’, ai sensi dell’art. 3 del regolamento UE n. 2577/2022, ovvero la diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Resta da stabilire nel concreto, tuttavia, la compatibilità o meno di un impianto industriale di produzione energetica con l’esercizio dei diritti di uso civico e la “perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 3, comma 3°, della legge n. 168/2017 e s.m.i.).
Dott. Stefano Deliperi
N. 07447/2025REG.PROV.COLL.
N. 06428/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6428 del 2024, proposto dal Comune di Muro Lucano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Giuseppe Galgano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Monte Raitiello s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Simone Cadeddu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 266/2024.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Monte Raitiello s.r.l., della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero della Cultura e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2025 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti.
1. Il Comune di Muro Lucano ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il T.a.r. Basilicata, Sez. I, ha respinto il ricorso di primo grado proposto dal predetto Comune per l’annullamento della deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c bis, della legge 3 agosto 1988 n. 400 (avente ad oggetto “Istanza di proroga dei termini di validità della pronuncia di compatibilità ambientale espressa dalla D.G.R. della Regione Basilicata n. 1415 del 23 ottobre 2012 relativo al progetto di un impianto eolico da realizzare nei Comuni Muro Lucano, Bella e Balvano (PZ)”) e del parere n. 3190 del 15 novembre 2019, reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale (VIA e VAS) istituita presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, mentre ha dichiarato irricevibile, per tardività, il ricorso per motivi aggiunti (avente ad oggetto l’autorizzazione formatasi per silentium, relativa alla proroga del termine di ultimazione dei lavori finalizzati alla realizzazione del parco eolico denominato “Monte Raitiello” nel territorio dei Comuni di Muro Lucano, Bella e Balvano e delle relative opere di connessione).
Il giudice di primo grado ha condannato il Comune di Muro Lucano al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione statale e della società controinteressata, liquidate nella somma di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, per ciascuna di esse.
2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 5 ottobre 2022, adottata ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. c - bis, della legge 3 agosto 1988 n. 400, con la quale è stata espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale di un parco eolico costituito da n. 25 aerogeneratori, localizzato in parte nel territorio del Comune di Muro Lucano e in parte nel territorio dei Comuni di Bella e Balvano.
In particolare, in data 20 settembre 2018, la società Monte Raitiello s.r.l. ha presentato al Ministero della Transizione Ecologica (ora, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) un’istanza finalizzata a ottenere la proroga di trentasei mesi del termine di efficacia del provvedimento di VIA, adottato dalla Regione Basilicata, con d.G.R. n. 1415 del 23 ottobre 2012.
Il Ministero della Transizione Ecologica ha avviato una nuova istruttoria per la verifica della persistenza della compatibilità ambientale dell’intervento, richiedendo il parere del Ministero della Cultura, nonché della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (C.T.V.I.A.), instituita presso il Ministero della Transizione Ecologica.
Il Ministero della Cultura, in data 27 marzo 2019, ha espresso parere negativo, sulla scorta del parere negativo espresso dalla Soprintendenza Archeologia e Belli Arti e Paesaggio della Basilicata, mentre la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, in data 15 novembre 2019 ha espresso parere favorevole, con prescrizioni,
In ragione del contrasto insorto tra le amministrazioni, il Ministero della Transizione Ecologica ha chiesto, in data 16 aprile 2021, l’attivazione della procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c - bis) della legge n. 400/1988, ai sensi del quale può essere deferita al Consiglio dei Ministri “la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”, ai fini di una complessiva valutazione e armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti.
Con deliberazione del 5 ottobre 2022, del Consiglio dei Ministri ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale in merito alla proroga dei termini di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, di cui alla d.G.R. della Basilicata n. 1415/2012.
La predetta deliberazione e il presupposto parere n. 3190 del 15 novembre 2019 della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale sono stati impugnati dal Comune di Muro Lucano davanti al T.a.r. Lazio, che, con ordinanza collegiale n. 2966/2023, si dichiarato territorialmente incompetente; il giudizio è stato riassunto davanti al T.a.r. Basilicata.
Con ricorso per motivi aggiunti, il Comune di Muro Lucano ha impugnato l’autorizzazione per silentium (rilasciata ai sensi dell’articolo 7 del d.l. n. 50/2022, convertito con l. n. 91/2022 e s.m.i.), l’avviso di avvio del procedimento di esproprio, nonché tutte le autorizzazioni rilasciate nel tempo dalla Regione Basilicata.
Il T.a.r. Basilicata, con sentenza n. 266/2024, ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio e ha dichiarato irricevibile, per tardività, il ricorso per motivi aggiunti.
3. Il Comune di Muro Lucano ha contestato la sentenza di primo grado sotto diversi profili.
4. Si è costituita in giudizio la società Monte Raitiello s.r.l., riproponendo le eccezioni già sollevate in primo grado, ossia:
a) l’irricevibilità del ricorso di primo grado, per tardività, in quanto il Comune di Muro Lucano avrebbe avuto notizia della decisione assunta dal Consiglio dei Ministri prima di ricevere la formale notifica dell’atto (che è avvenuta il 18 ottobre 2022);
b) l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio e del ricorso per motivi aggiunti, per violazione del divieto di venire contra factum proprium; a tale riguardo, la società controinteressata ha evidenziato che, nell’ambito del procedimento che ha portato al rilascio dell’autorizzazione unica con la d.G.R. 23 ottobre 2012, n. 1415, l’amministrazione comunale non soltanto aveva votato in favore della realizzazione del parco eolico nel corso dell’ultima seduta della Conferenza di servizi del 14 dicembre 2011, ma, con la deliberazione n. 12225 del 13 dicembre 2011, aveva approvato il progetto di sviluppo locale presentato dalla stessa società, in base al piano di indirizzo energetico ambientale regionale; inoltre, prima ancora dell’avvio del procedimento autorizzativo, era stato lo stesso Comune a chiedere alla Regione Basilicata di acconsentire al mutamento di destinazione d’uso di un’area di demanio civico interessata dal progetto presentato dalla società Monte Raitiello.
5. Si sono costituiti in giudizio per resistere al proposto gravame la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Basilicata;
6. Con memoria depositata in data 21 ottobre 2024, la società Monte Raitiello s.r.l. ha eccepito la irricevibilità dell’atto di appello, per tardività della notifica del ricorso.
A tale riguardo, ha evidenziato che l’atto di appello, notificato il 19 luglio 2024, è stato proposto oltre il termine breve di trenta giorni dalla notificazione della sentenza (notificata il 22 maggio 2024); la presente controversia, avendo ad oggetto anche atti della procedura espropriativa, sarebbe soggetta al dimezzamento dei termini, di cui all’art. 119, comma 1, lettera f), c.p.a., che disciplina i ricorsi contro “i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità”.
Ha eccepito anche l’inammissibilità dell’appello del Comune, per mancato deposito della sentenza impugnata, in violazione dell’art. 94 c.p.a.
7. Con ordinanza collegiale n. 9634/2024, questa Sezione ha disposto il rinvio della trattazione della causa, in relazione alla rimessione alla Adunanza plenaria della questione relativa alla interpretazione degli effetti del mancato deposito della sentenza impugnata entro il termine previsto dall’art. 94 c.p.a.
8. Con memorie e repliche le parti costituite hanno rappresentato compiutamente le rispettive tesi difensive.
9. All’udienza pubblica del 3 luglio 2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
10. In via preliminare, il Collegio dà atto che, con sentenza n. 5 del 27 marzo 2025, e l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il seguente principio di diritto: “L’art. 94, comma 1, del codice del processo amministrativo non dispone l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’impugnazione, nel caso di mancato deposito della sentenza impugnata”.
In base alle coordinate ermeneutiche formulate dal Supremo Consesso Amministrativo, il mancato deposito nel grado di appello della sentenza impugnata non può quindi essere considerato causa di inammissibilità del ricorso in appello.
11. Ritiene poi il Collegio di poter prescindere dall’esame delle altre eccezioni di rito sollevate dalla società Monte Raitiello s.r.l., essendo l’atto di appello infondato nel merito.
12. Con il primo motivo di gravame, l’amministrazione appellante deduce: illegittimità ed erroneità della sentenza; omessa pronuncia; violazione e/o falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c. e 360 c.p.c.; error in procedendo; error in judicando; violazione del principio del “tempus regit actum” e mancata applicazione dello “ius superveniens".
L’amministrazione appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado non si sia pronunciato in merito alla illogicità e carenza di motivazione del parere n. 3190 del 15 novembre 2019, reso dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale (VIA e VAS) istituita presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, le cui carenze vizierebbero, in via derivata, la delibera del Consiglio dei Ministri del 5 ottobre 2022.
Il Comune di Muro Lucano evidenzia che nell’impugnato parere favorevole (con prescrizioni) non sono stati presi in considerazione gli eventuali effetti sulle SIC Vallone delle Ripe, Torrente Malta e Monte Giano né sarebbero stati valutati gli effetti sulle specie che nidificano o transitano periodicamente nell’area e protette dalla Direttiva europea ‘Uccelli’ (cicogna nera, aquila reale ecc.).
I documenti prodotti e le osservazioni in essi contenute dimostrerebbero che in quel medesimo areale l’avifauna si è arricchita, rispetto al 2012, di specie protette dalla Direttiva Uccelli.
Sostiene che l’intero territorio comunale di Muro Lucano è incluso dalla l.r. della Basilicata n. 54/2015 tra le aree non idonee ad ospitare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Contesta la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha statuito: “la mera inclusione del territorio comunale tra le aree non idonee ai sensi della L.R. n. 54/2015 non può costituire ragione di per sé ostativa alla localizzazione degli impianti”.
Evidenzia che le aree non idonee sono da considerare non come divieto assoluto alla localizzazione degli impianti, ma come aree ad "elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione" (cfr. d.m. 10 settembre 2010) e, per tale motivo, è necessaria una verifica concreta della compatibilità con l’impianto da realizzare.
Il motivo è infondato.
Recentemente la Sezione ha avuto modo di precisare che la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata ai sensi dell’art. 5, comma 2 lett c - bis della legge n. 400 del 1988 è “atto di alta amministrazione” e che “ai sensi delle disposizioni attributive del potere in esame, non compete al Consiglio dei Ministri l’accertamento dei fatti e la verifica di coerenza tra gli atti interni al procedimento amministrativo di competenza dei Ministeri di settore …Il Consiglio dei Ministri, infatti, in tali ipotesi si limita a prendere atto dell’esistenza di “valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti” per poi decidere “ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti” necessaria ad assicurare “l’unità di indirizzo politico ed amministrativo” di cui è responsabile il Presidente del Consiglio dei Ministri cui spetta deferire la questione.
Il modo con cui si atteggiano, in concreto, gli interessi pubblici in conflitto, all’esito dell’attività conoscitiva posta in essere nell’ambito delle verifiche istruttorie disposte nel corso del procedimento, è questione riservata alle amministrazioni di settore.
Al Consiglio dei Ministri compete verificare la possibilità di trovare una regola di composizione del conflitto ed, in mancanza, di decidere quale degli interessi debba prevalere nel caso di specie, esercitando la funzione ordinativa degli interessi propria della potestà di governo, nel rispetto delle priorità che discendono sia dal programma di governo, come definito nell’ambito del rapporto di fiducia con il Parlamento, sia dagli obblighi eventualmente assunti in sede internazionale ai sensi dell’art. 117, comma 1 Cost.
Tale verifica è condotta, tuttavia, non alla luce dei principi che governano lo svolgimento dinamico del potere nel paradigma della funzione ma attraverso una valutazione di tipo globale e sintetico che la legge, non a caso, definisce come “complessiva”, proprio perché il Consiglio dei ministri assume il caso problematico, nella ricostruzione fornita dalle amministrazioni in conflitto, così come precisato nei fatti rilevanti e pertinenti selezionati, anche all’esito di eventuali contenziosi e dei criteri di azione indicati dal giudice amministrativo e, muovendo dai dati del problema amministrativo come prospettati e verificati, accerta l’esistenza di margini per una ricomposizione in unità delle alternative decisionali prospettate o, in mancanza, sceglie la soluzione ritenuta maggiormente coerente con l’indirizzo politico amministrativo generale, assicurando in tal modo l’unità dell’azione di governo.
Non si tratta solamente di assicurare il coordinamento tra interessi pubblici affidati a diversi centri di imputazione o a diversi livelli territoriali di governo, a fini di semplificazione, come accade ad esempio nella conferenza di servizi, ma di decidere, di volta in volta, quali siano le priorità dell’azione di governo stabilendo il criterio ordinativo degli interessi pubblici necessario ad assicurare l’unitarietà dell’azione di governo: ciò è confermato dal fatto che il potere di devoluzione della questione non è rimesso, nel caso di specie, genericamente all’autorità procedente, come accade nella conferenza di servizi, ma direttamente in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri che, mediante il suo esercizio, in base all’art. 95 Cost., compie un atto di direzione della politica generale del Governo confermando o innovando le priorità di azione, assicurando l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 aprile 2024 n. 3203).
Tanto premesso, in conformità all’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, le pur apprezzabili esigenze di tutela del patrimonio faunistico evidenziate dal Comune di Muro Lucano non sono idonee a infirmare le determinazioni assunte dal Consiglio dei Ministri, che ha valorizzato l’interesse pubblico alla produzione di energia da fonti rinnovabili quale permanente obiettivo a livello nazionale e dell’Unione europea nonché la considerazione che la mera interferenza delle opere in progetto con le fasce di rispetto di cui alla l.r. della Basilicata n. 54/2015 non potrebbe comportare di per sé una valutazione negativa del progetto.
Il Consiglio dei Ministri ha evidenziato, altresì, che il progetto si pone all’esterno dell’area buffer della zona speciale di conservazione (ZSC) “Monte Paratiello” e della Riserva Naturale “Massiccio Monte Eremita”, è esterno all’area buffer di 1000 metri di distanza dai confini delle aree SIC (siti di interesse comunitario) o ZPS (zone di protezione speciale) e che gli aerogeneratori non ricadono in aree sottoposte a tutela, ai sensi dell’art. 142 del d.lgs. n. 42/2006.
Sulla base di queste premesse, il Consiglio dei Ministri ha espresso con congrua motivazione giudizio positivo di compatibilità ambientale alla proroga dei termini di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, di cui alla deliberazione di Giunta regionale della Basilicata n. 1415 del 23 ottobre 2012 (come successivamente rideterminati), a condizione che siano rispettate le prescrizioni indicate dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (VIA e VAS) nel parere n. 3190 del 15 novembre 2019.
In conclusione, le deduzioni di parte appellante non sono reputate dal Collegio meritevoli di accoglimento.
13. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante deduce: illegittimità ed erroneità della sentenza; omessa pronuncia; error in procedendo; error in judicando (illegittimità del procedimento di Valutazione di impatto ambientale, per mancata pubblicazione di tutta la documentazione sul sito dell’Autorità Competente).
Il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato sulla censura di violazione e/o falsa applicazione degli articoli 5, 9, 24 e 25 d.lgs. n. 152/2006, in relazione alla mancata pubblicazione dell’approfondimento faunistico (c.d. relazione di incidenza), prodotto dalla società Monte Raitiello, a seguito di preavviso di rigetto e acquisito con nota prot. 3347 del 9 settembre 2019.
Il giudice di primo grado non avrebbe valutato la violazione procedimentale derivante dall’omessa osservanza dell’art. 25, comma 5, d.lgs. 152/2006, secondo il quale (a giudizio dell’appellante), ricevuta la documentazione integrativa, l’amministrazione procedente avrebbe dovuto procedere alla relativa pubblicazione sul proprio sito web e, tramite proprio apposito avviso, avviare una nuova consultazione del pubblico.
Il motivo è inammissibile, per difetto di interesse, e comunque infondato nel merito.
In primo luogo, il Comune di Monte Lucano non indica il pregiudizio derivante dalla omessa pubblicazione della documentazione integrativa, prodotta dalla società Monte Raitiello e soprattutto non formula doglianze specifiche rispetto al contenuto della predetta documentazione integrativa.
In secondo luogo, non appare pertinente il riferimento all’art. 25, comma 5, d.lgs. n. 152/2006, che nel testo vigente ratione temporis (al momento della produzione della documentazione integrativa, ossia alla data del 9 settembre 2019) disponeva quanto segue:
“5. Il provvedimento di VIA è immediatamente pubblicato sul sito web dell'autorità competente e ha l'efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel provvedimento stesso, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell'eventuale proposta formulata dal proponente e inserita nella documentazione a corredo dell'istanza di VIA. Decorsa l'efficacia temporale indicata nel provvedimento di VIA senza che il progetto sia stato realizzato, il procedimento di VIA deve essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del proponente, di specifica proroga da parte dell'autorità competente”.
L’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 152/2006 (sempre nel testo vigente alla data del 9 settembre 2019) disponeva: “L'autorità competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa di cui al comma 4, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità al comma 2, da pubblicare a cura dell'autorità competente sul proprio sito web...”.
La riapertura della consultazione non era dunque automatica, ma era rimessa alla valutazione discrezionale dell’autorità procedente, che, qualora avesse deciso di procedere in tal senso, avrebbe dovuto motivare sulla rilevanza delle modifiche e delle integrazioni per il pubblico.
14. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante deduce: illegittimità ed erroneità della sentenza; error in judicando; manifesto travisamento dei fatti e degli atti di causa; ingiustizia manifesta; disparità di trattamento; violazione del principio del tempus regit actum e mancata applicazione dello ius superveniens.
Il Comune di Monte Lucano evidenzia che, parallelamente alla istanza di proroga, la società controinteressata ha presentato un’istanza di variante al progetto, il cui procedimento si è concluso negativamente, poiché il progetto “deve essere sottoposto al procedimento di VIA secondo le disposizioni di cui al Titolo III della parte seconda del D.Lgs.n.152/2006 e s.m.i.”.
Pur essendo la variante (a detta del soggetto proponente) migliorativa e meno impattante sotto il profilo ambientale rispetto al progetto originario, l’amministrazione nel predetto parere ha evidenziato: “Alcuni aerogeneratori ricadono nelle aree e nei siti istituiti dalla legge regionale n. 54 del 30 dicembre 2015”.
Tanto premesso, il Comune di Monte Lucano si duole del fatto che, mentre nel caso della variante l’amministrazione ha evidenziato la necessità di valutare il corretto inserimento del progetto modificato in area non idonea (in base alla l.r. n. 54/2015), con riguardo alla istanza di proroga, l’amministrazione avrebbe pretermesso ogni valutazione sulla compatibilità del progetto con la l.r. 54/2015.
Oltre a ciò, nel ricorso introduttivo del giudizio era stata dedotta anche la violazione dell’art. 6 l. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto il responsabile dell’istruttoria del MASE avrebbe dovuto acquisire ulteriori elementi, non basandosi solo su quelli forniti dalle società e su quelli vetusti della vecchia V.I.A.
Il motivo è infondato.
Il procedimento di proroga dei termini di una precedente VIA non può essere assimilato a quello previsto per l’approvazione di una variante progettuale.
Nel caso di specie, la società Monte Raitiello ha evidenziato (senza essere smentita sul punto dall’amministrazione appellante) che la variante progettuale prevedeva la realizzazione di un parco eolico con una potenza complessiva molto più alta (80 MW invece di 55,8 MW) e l’installazione di macchine di nuova generazione molto più grandi di quelle contemplate inizialmente, con il “passaggio dal modello Vestas V90 con diametro 90 m e altezza al mozzo 95 m, al modello Vestas V150 con diametro 150 m e altezza al mozzo 105 m”.
Il procedimento seguito dalla amministrazione per la variante progettuale non può essere considerato tertium comparationis, ai fini dello scrutinio della legittimità degli atti relativi al procedimento di proroga dei termini di validità di una precedente VIA.
Debbono ritenersi inammissibili, per genericità, le censure formulate dal Comune di Muro Lucano nei confronti della attività istruttoria svolta dal responsabile nominato dal MASE.
15. Con il quarto motivo di gravame, il Comune di Muro Lucano deduce: illegittimità ed erroneità della sentenza; error in judicando; manifesto travisamento dei fatti e degli atti di causa; mancata valutazione degli atti di causa.
La sentenza di primo grado sarebbe erronea nella parte in cui il giudice di primo grado fa decorrere il termine per l’impugnazione dell’autorizzazione per silentium dal deposito, nel corso del giudizio, dell’istanza di autorizzazione (in data 4 maggio 2023) o, al più tardi, dal 2 novembre 2023, data di deposito della memoria, nella quale il Comune di Muro Lucano ha contestato proprio la conoscenza del rilascio dell’autorizzazione per silentium.
L’amministrazione appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado (che ha ritenuto tardivo il ricorso per motivi aggiunti), evidenziando che la mera presentazione dell’istanza non implica l’avvio del procedimento, in quanto l’istanza avrebbe potuto essere manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile.
Il T.a.r. Basilicata avrebbe omesso di considerare la nota della Regione Basilicata del 25 ottobre 2023, nella quale si afferma che “agli atti dell’ufficio scrivente non risultano esserci provvedimenti autorizzativi … conseguenti al silenzio assenso di questa amministrazione” e che nella memoria richiamata nella sentenza si contestava proprio la conoscenza da parte del Comune della formazione del titolo per silentium.
Solo con la notifica dell’avviso di avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio (avvenuta in data 14 novembre 2023) e la dichiarazione della pubblica utilità, in cui testualmente la Regione Basilicata dichiara che vi è stata autorizzazione ai sensi dell’articolo 7 del d.l. n. 50/2022, convertito con l. n. 91/2022, e s.m.i. per il progetto in questione, il Comune di Muro Lucano sarebbe venuto a conoscenza dell’esito dell’istanza.
Evidenzia, altresì, che per pacifica giurisprudenza la conoscenza dell’atto da parte del difensore non vale come prova della piena conoscenza della parte rappresentata, con conseguente irrilevanza, ai fini della individuazione del dies a quo del termine decadenziale previsto per la proposizione della domanda di annullamento.
Il motivo è infondato.
In primo luogo, seguendo la tesi dell’amministrazione comunale appellante, ai fini del decorso del termine di impugnazione di un’autorizzazione formatasi per silentium, sarebbe sempre necessario il rilascio di un provvedimento espresso che confermi l’accoglimento dell’istanza del privato.
In secondo luogo, il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento di questa Sezione secondo il quale non rileva, al fine di escludere la conoscenza della parte, la circostanza che gli atti giudiziari siano direttamente conosciuti dal solo difensore nel processo, dovendo presumersi che gli atti siano stati direttamente portati a conoscenza della parte, atteso che, secondo regole di comune esperienza, il difensore dialoga con la parte che rappresenta processualmente sulle questioni rilevanti per la controversia, essendo a ciò tenuto, per altro, in base agli obblighi scaturenti dal mandato, come si deduce dagli artt. 12 e 28, commi 6, 7 e 8, del codice deontologico (Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 novembre 2022 n. 10092).
Nel caso di specie, la consapevolezza della formazione del titolo abilitativo per silentium, ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 50/2022, come convertito con l. n. 91/2022, risulta dagli atti depositati in giudizio.
Nella memoria depositata in data 17 febbraio 2023 nel giudizio instaurato davanti al T.a.r. Lazio (quindi prima della riassunzione del giudizio davanti al T.a.r. Basilicata), il Comune di Muro Lucano, al fine di giustificare la richiesta di concessione della misura cautelare avverso la deliberazione del Consiglio dei Ministri ha rappresentato quanto segue: “Non è da sottovalutare l’effetto dell’art. 7 del d.l. n. 50/2022 dispone che la deliberazione del C.d.M. che supera il dissenso si sostituisce al provvedimento di VIA e confluisce nel procedimento di autorizzazione unica, la quale si intende rilasciata se entro sessanta giorni non si esprima l’ente procedente”.
In data 4 maggio 2023 (sempre nel giudizio di primo grado davanti al T.a.r. Basilicata) la società Monte Raitiello ha depositato l’istanza del 12 ottobre 2022, con la quale sollecitava la Regione Basilicata alla proroga dei termini di cui alla autorizzazione rilasciata con d.G.R. 1415/2022, sulla base della intervenuta deliberazione del Consiglio dei Ministri del 5 ottobre 2022 e di quanto disposto dall’art. 7 d.l. n. 50/2022.
Ne consegue che deve essere condivisa la statuizione del giudice di primo grado in ordine alla irricevibilità, per tardività, del ricorso per motivi aggiunti (avente ad oggetto il titolo abilitativo formatosi per silentium, ai sensi dell’art. 7 del d.l. n. 50/2022, convertito con l. n. 91/2022), notificato alle controparti solo in data 12 gennaio 2024.
16. Con il quinto motivo di gravame, l’appellante deduce illegittimità ed erroneità della sentenza; error in judicando; travisamento dei fatti e degli atti di causa; mancata valutazione dei motivi di impugnazione dell’avviso di avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione della pubblica utilità.
Il giudice di primo grado ha dichiarato generica l’impugnazione dell’avviso di avvio del procedimento per l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e della dichiarazione della pubblica utilità.
L’appellante evidenzia di aver contestato il rilascio della proroga della Valutazione di impatto ambientale, dell’autorizzazione per l’impianto di cui si discute e del conseguente avviso di esproprio, in quanto relativi a beni gravati da uso civico e non sdemanializzati.
La proroga della compatibilità ambientale e l’autorizzazione alla realizzazione sarebbero nulle o quantomeno annullabili “per aver apposto il vincolo preordinato all’esproprio su beni appartenenti al demanio civico del Comune di Muro Lucano, per loro natura indisponibili, in assoluto difetto di competenza (Corte costituzionale n. 71 del 2020, Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 30 giugno 1999, n. 375) e per avere oggetto impossibile”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, l’appellante ha chiesto la riforma della sentenza impugnata.
Il motivo è infondato.
In primo luogo, il Comune di Muro Lucano avrebbe dovuto far valere tali censure nei confronti della deliberazione di G.R. n. 1415/2012 (con la quale la Regione Basilicata aveva espresso la valutazione di compatibilità ambientale del progetto di realizzazione del parco eolico); nella conferenza di servizi del 14 dicembre 2011 il Sindaco del Comune di Muro Lucano ha espresso parere positivo “a tutti gli effetti” rispetto all’iniziativa progettuale della società Monte Raitiello (il progetto per il quale è stata richiesta la proroga della valutazione di impatto ambientale è lo stesso già autorizzato nel 2012, con deliberazione di G.R. n. 1415/2012).
In secondo luogo, nel caso di specie, nella memoria di replica depositata in data 31 ottobre 2024, le amministrazioni statali hanno dichiarato che la maggior parte delle aree interessate dal progetto in questione sono state formalmente sdemanializzate (tale dichiarazione non risulta essere stata smentita dal Comune di Muro Lucano).
Infine, l’art. 4, comma 1 - bis, del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 e s.m.i., nello stabilire il divieto di esproprio e di asservimento dei beni gravati da uso civico, fa comunque “salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico”; nel caso di specie, l’installazione del parco eolico è finalizzata a promuovere quello che si configura come un “interesse pubblico prevalente”, ai sensi dell’art. 3 del regolamento UE n. 2577/2022, ovvero la diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili.
17. In conclusione, il ricorso in appello è infondato e va respinto.
18. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo in favore della società Monte Raitiello s.r.l. e nei confronti delle amministrazioni statali costituite in giudizio, sono poste a carico del Comune di Muro Lucano, secondo l’ordinario criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Muro Lucano al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore della società Monte Raitiello s.r.l. e in € 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore delle amministrazioni statali costituite in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Carbone, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo Marotta Luigi Carbone
IL SEGRETARIO
pubblicata il 22 settembre 2025