Cass. Sez. III n.41362 del 6 novembre 2008 (Ud. 7 ott. 2008)
Pres. De Vitalone Est. Sarno Ric. Rossi
Aria. Attività di tranciatura
L\'art. 272 DLvo 152/06 espressamente sancisce che "le norme del presente titolo, ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, non si applicano agli impianti e alle attività elencati nella parte I dell\'allegato 4 alla parte quinta del presente decreto" ed il comma 1 citato subordina l\'obbligo di comunicazione dell\' attivazione dell\'impianto anche per tali attività solo nel caso vi sia un provvedimento generale dell\' autorità competente. Con riferimento all\' allegato 4 menzionato (impianti ed attività di cui al1 \' art. 272 comma l) si deve osservare che le lavorazioni meccaniche sono ricompresse nell\'elencazione salva l\'ipotesi indicata al comma l che gli impianti e le attività utilizzino le sostanze o i preparati classificati nel decreto legislativo 3 febbraio 1997 n. 52 come cancerogeni, mutagenti o tossici per la riproduzione e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R 45, R 46, R 49, R60, R 61. Infine l\'art. 279 DLvo 152/06, riproducendo il contenuto dell\'art. 24 co. 2 DPR 203/88, continua a sanzionare l\'omessa comunicazione per l\'attivazione dell\'esercizio (fattispecie in tema di attività di tranciatura)
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l’imputato il quale, per il tramite del proprio difensore, deduce:
1) Erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 24 co. 2 DPR 203 del 1988 con riguardo alla qualifica della lavorazione di tranciatura quale attività a “ridotto inquinamento atmosferico”; mancanza di motivazione sul punto.
2) erronea applicazione degli artt. 521 e 522 cpp violando la sentenza impugnata il principio di correlazione tra accusa e sentenza in quanto il fatto contestato atteneva alla omessa comunicazione di operazioni di tranciatura e la motivazione di condanna faceva invece riferimento anche alla attività di sabbiatura svolta in uno dei due capannoni dell’azienda.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi dedotti.
In ordine al primo motivo la questione di fondo che pone l’imputato è la seguente: posto che l’attività di tranciatura deve essere annoverata a pieno titolo fra quelle esclusivamente meccaniche atteso che trattasi di lavorazione di metallo che si basa sulle caratteristiche fisiche (elasticità e rigidità) dello stesso e che non prevede l’utilizzo di sostanze chimiche di sorta, né l’emissione di fumi o polveri inquinanti, in difetto di un provvedimento di carattere generale che imponesse comunicazioni di sorta, si sarebbe dovuto in radice escludere la sussistenza del reato contestato o, quantomeno, andava chiarito l’iter logico seguito per giungere alla pronuncia di condanna.
Ciò posto appare opportuno in proposito riepilogare anzitutto il quadro normativo vigente.
L’art. 24 co. 2 DPR 203/88, contestato nella specie, puniva con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda sino a due milioni l’attivazione dell’esercizio di un nuovo impianto senza averne dato, nel termine prescritto, comunicazione preventiva alle autorità competenti.
Come correttamente ricordato dal ricorrente, l’art. 2 DPR 25 luglio 1991 n. 175 ha successivamente previsto che “le attività di cui all’allegato 1 sono, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione” ed ha espressamente ricompreso nell’allegato I citato le “lavorazioni meccaniche in genere con esclusione di attività di verniciatura, trattamento superficiale dei metalli e smerigliature”.
L’art. 272 D. Lvo 152/06 espressamente sancisce ora che “le norme del presente titolo, ad eccezione di quanto previsto dal comma 1, non si applicano agli impianti e alle attività elencati nella parte I dell’allegato 4 alla parte quinta del presente decreto “ed il comma 1 citato subordina l’obbligo di comunicazione dell’attivazione dell’impianto anche per tali attività solo nel caso vi sia un provvedimento generale dell’autorità competente.
Venendo ora all’esame dell’allegato 4 testè menzionato (impianti ed attività di cui all’art. 272 comma I) si deve osservare che le lavorazioni meccaniche sono ricomprese nell’elencazione salva l’ipotesi indicata al comma 1 che gli impianti e le attività utilizzino le sostanze o i preparati classificati nel decreto legislativo 3 febbraio 1997 n. 52 come cancerogeni, mutagenti o tossici per la riproduzione e ai quali sono state assegnate etichette con le frasi di rischio R 45, R 46, R 49, R60, R 61.
Infine l’art. 279 D. Lvo 152/06, riproducendo il contenuto dell’art. 24 co. 2 DPR 203/88, continua a sanzionare l’omessa comunicazione per l’attivazione dell’esercizio.
Fatta tale premessa osserva il Collegio che effettivamente la sentenza impugnata non esamina affatto il problema di definire se l’attività di tranciatura contestata possa essere ricondotta tra quelle elencate nella parte I dell’allegato 4 alla parte quinta del D. Lvo 152/06 ed omette del tutto di verificare, quindi, se l’attività di tranciatura debba essere annoverata tra quelle a ridotto inquinamento atmosferico o tra quelle a inquinamento atmosferico poco significativo per le quali, come detto, non è di norma prevista alcuna comunicazione.
Appare infatti evidente sulla base di quanto detto che era invece fondamentale chiarire a monte se il tipo di lavorazione (tranciatura) potesse rientrare nel novero delle lavorazioni meccaniche e comunque specificare le ragioni per le quali la comunicazione si sarebbe resa necessaria.
Né ovviamente può in alcun modo rilevare che la società in un secondo momento si sia determinata ad agire in via amministrativa sul presupposto che l’attività svolta potesse essere considerata a ridotto inquinamento trattandosi di scelta evidentemente non probante in quanto determinata da ragioni di mero tutiorismo.
Anche il secondo motivo è fondato.
Nonostante la conclusione relativa al precedente motivo, la questione deve essere ugualmente affrontata in quanto effettivamente la sentenza fa riferimento in motivazione anche alla attività di sabbiatura svolta negli impianti.
Si tratta di un aspetto importante non potendo tale attività essere ricondotta tra le attività per le quali è normalmente escluso l’onere di preventiva comunicazione sopra esaminato ed in relazione alla quale il reato in via di ipotesi si sarebbe potuto senz’altro configurare.
Senonchè anche sotto questo profilo il ricorso sembra fondato in quanto effettivamente l’attività di sabbiatura non risulta contestata e, dunque, si verifica certamente per essa una lesione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza.
Conclusivamente la sentenza impugnata va annullata con rinvio per un esame degli aspetti indicati.