Cass. Sez. III n. 14743 del 4 aprile 2019 (Up 20 feb 2019)
Pres. Andreazza Est. Andreazza Ric. Amodio
Urbanistica.Campeggio e lottizzazione abusiva
La struttura di natura "campeggistica" presuppone allestimenti e servizi finalizzati ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo in quanto previsto dalla legge in funzione di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento, con la conseguenza che laddove l’area destinata ad essa venga radicalmente mutata per la presenza di opere stabili, strutture abitative e servizi in grado di snaturarne le caratteristiche originarie, deve ritenersi integrato il reato di lottizzazione abusiva
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22 marzo 2016 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Amodio Adele Felicia per essersi i reati di cui agli artt. 44, comma 1 lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001 (per avere proceduto a lottizzazione abusiva materiale di area di 25.000 metri quadri in località Villazzano realizzando in zona D 3 varie opere (tra cui sala ristorante, cucina, unità abitativa, manufatti, bungalows, muri di contenimento, terrazzamenti, camminamenti ecc.) finalizzate allo svolgimento di attività turistico – ricettiva), 44, comma 1, lett. c) stesso d.P.R. (per avere eseguito opere in zona sottoposta a vincolo paesaggistico), 64, 65, 71 e 72 dello stesso d.P.R. (per avere realizzato le strutture in cemento armato non in base a progetto esecutivo e senza previa denunzia), 83,93 e 95 dello stesso d.P.R. (per avere eseguito le opere in zona sismica omettendo di depositare gli atti progettuali presso l’Ufficio del genio civile competente), 181, comma 1 bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 (per avere eseguito le opere in area dichiarata di notevole interesse pubblico) e 734 cod. pen. (per avere alterato o distrutto le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’autorità) estinti per intervenuta prescrizione.
2. Ha proposto ricorso l’imputata lamentando, con un primo motivo, la violazione degli artt. 30 e 44 del d.P.R. cit. quanto alla sussistenza degli elementi integranti il reato di lottizzazione abusiva e dell’art. 7 Convenzione EDU nonché il vizio di motivazione in punto di omessa revoca della sanzione accessoria della confisca quanto al reato di lottizzazione, confisca mantenuta immotivatamente nonostante le doglianze poste sul punto; sotto un primo profilo ricorda, pur a fronte di contrasto giurisprudenziale, l’orientamento, avallato anche dalla giurisprudenza europea, circa la impossibilità di applicare la sanzione della confisca nel caso in cui venga pronunciata sentenza di proscioglimento; sotto un secondo profilo rileva, anche a volere accedere al diverso orientamento, la mancanza in ogni caso nella specie dell’elemento oggettivo del reato di lottizzazione, non bastando a tal fine la constatazione circa la presenza di alcuni abusi edilizi nell’area ed essendosi omesso di valutare la loro compatibilità con gli strumenti urbanistici e la sussistenza di opere di urbanizzazione sia primarie che secondarie nell’area stessa; lamenta inoltre avere la Corte omesso di tener conto che l’area su cui sono state realizzate le costruzioni oggetto del procedimento sono state destinate dal PRG del Comune di Massa Lubrense ad attività turistico - ricettiva e che l’imputata non si limita a gestire un campeggio ma amministra una attività alberghiera debitamente autorizzata al cui svolgimento sono preposti gli immobili in questione con la conseguenza che l’asserito mutamento della struttura campeggistica in una struttura stabile non è mai avvenuto. Rileva infine la compatibilità delle strutture realizzate con i piani urbanistici perché, essendo presenti nell’area delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, non c’è stato bisogno di interventi di implementazione successivamente alla realizzazione degli immobili da parte dell’imputata; sotto un ulteriore profilo lamenta violazione degli artt. 3, comma 1 lett. e n.5 del d.P.R. n. 380 del 2001 per avere la Corte omesso di tener conto che, a seguito delle modifiche apportate, da ultimo, con la legge n. 221 del 2015, le strutture leggere in contestazione (bungalows, baracche, tettoie e pergolati) realizzate dall’imputata non rientravano fra quelle necessitanti di un permesso di costruire perché destinate al miglioramento delle attività turistiche che l’imputata era autorizzata a svolgere; di qui la necessità di escludere una trasformazione non autorizzata dell’area versandosi in ipotesi di implementazione dei servizi connessi allo svolgimento di attività turistiche debitamente autorizzate. Ulteriormente, e sempre in relazione alla disposta confisca, lamenta l’omessa motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, essendosi la Corte limitata ad affermare apoditticamente la sussistenza della colpa in capo all’imputata anche ai fini della disposta confisca.
3. Con un secondo motivo lamenta erronea applicazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in relazione all’art. 4 prot. n.7 Convenzione EDU e 50 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea essendo stata l’imputata già sottoposta ad un procedimento amministrativo per gli stessi fatti oggetto del presente procedimento e concretizzatosi nelle varie ordinanze di demolizione definitive ampiamente documentate in atti senza che a ciò possa seguire un secondo procedimento con ulteriore sanzione.
4. La ricorrente ha successivamente presentato, in data 20/06/2018, motivi nuovi.
Con un primo motivo ha lamentato la mancanza di motivazione con riferimento all’individuazione del termine di decorrenza della prescrizione dello specifico reato di lottizzazione, che sarebbe intervenuta ancor prima dell’esercizio dell’azione penale (essendo la trasformazione dello stato dei luoghi intervenuta in epoca remota poiché tutte le relative opere sono state condonate negli anni 80-90) con conseguente, in ogni caso, inapplicabilità della confisca; e mentre il giudice di primo grado ha omesso di compiere un’attenta verifica della decorrenza del termine, la sentenza impugnata si è sul punto limitata a prendere atto della decorrenza dall’ultimo accertamento senza alcuna ulteriore indicazione.
Con un secondo motivo lamenta la mancanza di motivazione con riferimento agli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva materiale giacché nella specie si sarebbero avute non trasformazioni contrastanti con le previsioni di piano bensì, in relazione a manufatti legittimi e conformi allo strumento urbanistico, trasformazioni via via sanate. E nella specie l’originario campeggio, legittimo in quanto diversamente non avrebbe potuto avere autorizzazione all’esercizio, non poteva non avere opere di urbanizzazione legittime mentre i lavori eseguiti mai hanno mutato la destinazione dell’intero complesso. E del resto, ogni concessione edilizia nella specie rilasciata, ogni d.i.a. e ogni sanatoria non avrebbero potuto essere ottenute se pendenti questioni attinenti ad oneri di urbanizzazione. Deduce inoltre come nella specie la particella catastale e la proprietà siano sempre rimaste uniche e la destinazione d’uso non sia mai variata. Nella specie, poi, nessun frazionamento, vendita o atti equivalenti sarebbero mai intervenuti.
5. Infine, in data 04/02/2019, sono stati presentati ulteriori motivi nuovi.
Richiamando il contenuto della sentenza della Corte edu Grande camera del 28/06/2018 Giem contro Italia, con un primo motivo ribadisce che la sentenza di merito non ha verificato compiutamente in particolare la sussistenza dell’elemento soggettivo, necessario per potere procedere alla confisca, a fronte di tutti i provvedimenti autorizzatori rilasciati dalle autorità competenti e già acquisiti al fascicolo processuale. Deduce che nell’area confiscata si è sempre svolta legittimamente un’attività turistico-ricettiva sicché nessun mutamento della destinazione d’uso si è verificata. Inoltre gli ampliamenti dei manufatti destinati a tal fine sono stati oggetto di condono edilizio ai sensi della legge n. 724 del 1994. Di qui il convincimento che gli interventi di miglioramento delle strutture turistiche presenti nell’area erano da ritenersi conformi agli strumenti urbanistici.
Con un secondo motivo viene richiamata la necessità, evidenziata dalla sentenza della Corte edu, che la misura della confisca sia adeguata al principio di proporzionalità e dunque non sia invece frutto di un’applicazione automatica; nella specie, invece, il Tribunale, con decisione acriticamente condivisa dal giudice di appello, ha disposto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente lottizzate senza spiegare le ragioni di tale decisione e senza tenere conto che, al più, la confisca doveva essere limitata unicamente alle opere ritenute esorbitanti rispetto a quelle regolarmente autorizzate e direttamente funzionali all’attività lottizzatoria (ovvero quelle che, secondo la stessa sentenza, avrebbero privato l’area delle caratteristiche necessarie a qualificarla in termini di campeggio).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato solo con riguardo alle censure mosse alla sentenza impugnata sul punto della motivazione posta a base del confermato provvedimento di confisca.
Quanto anzitutto alla doglianza volta a reclamare la insussistenza degli elementi costitutivi del reato di lottizzazione abusiva e che ha trovato espressione in parte nel primo motivo di ricorso nonché nel secondo motivo nuovo del 20/06/2018 e nel primo motivo nuovo del 04/02/2019, la ricorrente, essenzialmente, contesta che nella specie non sarebbe mai avvenuto un mutamento della struttura “campeggistica” in struttura stabile anche perché le opere realizzate nel tempo, in quanto relative a “strutture leggere”, non avrebbero comunque necessitato di permesso di costruire o comunque sarebbero state oggetto di provvedimenti di sanatoria; le opere realizzate, inoltre, non contrastanti con le previsioni di piano, non avrebbero comportato alcun mutamento di destinazione d’uso del complesso.
Va premesso che la presenza di pronuncia che ha dichiarato estinto il reato per prescrizione potrebbe condurre apparentemente a ritenere che l’unico aspetto legittimamente deducibile dalla ricorrente ed apprezzabile da questa Corte, potrebbe essere dato dalla omessa considerazione di elementi che, con evidenza, avrebbero dovuto condurre al proscioglimento nel merito dell’imputata ex art. 129 cod. proc. pen..
Al contrario, tuttavia, la devoluzione a questa Corte del tema in ordine alla motivazione spesa circa la sussistenza o meno degli elementi comprovanti la configurabilità del reato è giustificata in primo luogo dalla considerazione che il proscioglimento nel merito all'esito del giudizio, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, prevale, rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, oltre che in caso di necessaria valutazione, in sede di appello, ai fini civilistici, del compendio probatorio, anche, proprio, laddove il giudice di appello debba valutare compiutamente gli elementi di prova al fine di pronunciarsi, per confermarla o revocarla, sulla confisca dei beni disposta con la sentenza di primo grado (si veda Sez. 3, n. 6261 del 12/01/2010, Campolongo, Rv. 246187).
Una seconda ragione, strettamente inerente la fattispecie in oggetto, è poi data dal fatto che, come più volte precisato da questa Corte (tra le altre, Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe e altri, Rv. 255112; Sez. 3, n. 15888 del 08/04/2015, Sannella e altro; Sez.3, n. 33051 del 10/05/2017, P.G. e altri in proc. Puglisi e altri), la confisca dei terreni ben può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato purché sia accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, e che verifichi l'esistenza di profili quantomeno di colpa sotto l'aspetto dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza.
Non è inutile ricordare, del resto, che l'art. 578-bis cod. proc. pen., introdotto con il d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 ed in vigore dal 6 aprile 2018, dispone che "quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'articolo 240-bis del codice penale e da altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato".
Ed anzi, proprio la verifica di tali componenti del reato si pone quale elemento indispensabile di assicurazione della legittimità della misura della confisca, e della sua compatibilità con il principio di legalità dell’art.7 della Convenzione operata laddove l’esito del processo sia quello della prescrizione del reato, come appare emergere dalla decisione della Corte edu Grande Camera, 28/06/2018, Giem e altri c. Italia, che, sottolineando la necessità di “guardare oltre le apparenze e il linguaggio adoperato” e di “guardare oltre il dispositivo del provvedimento….essendo la motivazione una parte integrante della sentenza”, si è discostata dalla impostazione, in precedenza seguita (Corte edu, Varvara), della incompatibilità convenzionale della confisca urbanistica disposta a seguito di proscioglimento per prescrizione, finendo per convergere sulla linea, di legittimità della confisca stessa, espressa anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2015.
2. Ciò posto, va allora rammentato che costituisce principio già affermato da questa Corte quello per cui la struttura di natura "campeggistica" presuppone allestimenti e servizi finalizzati ad un soggiorno occasionale e limitato nel tempo in quanto previsto dalla legge in funzione di turisti in prevalenza provvisti di propri mezzi mobili di pernottamento, con la conseguenza che laddove l’area destinata ad essa venga radicalmente mutata per la presenza di opere stabili, strutture abitative e servizi in grado di snaturarne le caratteristiche originarie, deve ritenersi integrato il reato di lottizzazione abusiva (tra le altre, Sez. 3, n. 29731 del 04/06/2013, Soldera e altro, Rv. 256824; Sez. fer., n. 31921 del 24/07/2012, Spaccialbelli, Rv. 253420).
E nella specie la sentenza impugnata ha primariamente valorizzato, al fine di ritenere integrato il reato, proprio la diversa natura e le diverse caratteristiche che la struttura in oggetto, a vocazione campeggistica precaria e temporanea (connotata unicamente da servizi e opere comuni) ha assunto, per effetto delle opere realizzate, nel corso del tempo, assumendo la natura di insediamento stabile che, per ciò solo, avrebbe richiesto un piano particolareggiato di urbanizzazione a fronte delle conseguenti mutate esigenze di carico e degli effetti sulla specifica capacità recettiva e sulla ordinarie modalità di funzionamento di una campeggio.
Del tutto corretta è, dunque, sotto il profilo logico, la lettura, non sostituibile con altra di questa Corte, che la sentenza impugnata ha dato del significato degli interventi, la cui fisionomia non è contestata (trattasi, tra l’altro, di opere edilizie realizzate nell’albergo, di due prefabbricati adibiti a servizi igienici, di un manufatto in muratura ad uso deposito, di manufatto in lamiere, di baracca in pali di castagno e lamiere, di area cortilizia in calcestruzzo e di manufatto di 80 metri quadri) complessivamente valutati, che via via si sono succeduti sulla struttura esaminata e del loro risultato, evidentemente voluto, di alterazione della fisionomia originaria dell’insediamento.
Del tutto recessive, dunque, appaiono, a fronte di tale compendio motivazionale, le deduzioni del ricorso circa la legittimità urbanistica (originaria o sopravvenuta per effetto di dedotti provvedimenti di sanatoria) delle singole opere, in quanto, se anche corrispondenti alla realtà fattuale, estranee alla linea giuridica di cui sono espressione i principi di questa Corte sopra ricordati e in ogni caso comunque compatibili con il reato, rispondente ad una ratio diversa rispetto al singolo reato di edificazione senza permesso di costruire, di lottizzazione abusiva.
3. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla dedotta violazione del principio del ne bis in idem, è manifestamente infondato;
Affinché, infatti, possa lamentarsi una indebita duplicità di irrogazione di sanzioni, è necessaria la medesimezza della sanzione stessa; al contrario, la stessa prospettazione del motivo fonda la indebita duplicità sul fatto che nei confronti della ricorrente sarebbero stati in precedenza disposti, in relazione agli abusi edilizi posti in essere. provvedimenti di demolizione, quale sanzione, tuttavia, all’evidenza diversa da quella della confisca applicata con la sentenza di primo grado confermata in sede di appello.
4. E’ poi inammissibile la doglianza di cui al primo motivo nuovo del 20/06/2018 in ordine alla invocata prescrizione del reato ancor prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
Tale inammissibilità deriva, in primo luogo, dalla non avvenuta deduzione, con i motivi originari, del punto relativo al momento consumativo del reato, con conseguente violazione dell’art. 585 cod. proc. pen.; infatti, come più volte chiarito da questa Corte, in virtù del combinato disposto degli artt. 585, comma 4, c.p.p. e 167 disp. att. stesso codice, la presentazione di motivi nuovi è consentita a condizione che essi investano capi o punti della decisione già oggetto dell'atto originario di gravame, ai sensi dell'art. 581, comma 1, lett. a), c.p.p. e consistano in un'ulteriore illustrazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono l'originaria richiesta rivolta al giudice dell'impugnazione, non anche quando essi consistano in deduzioni riguardanti parti del provvedimento gravato che non erano state oggetto della primitiva impugnazione, poiché, in caso contrario, risulterebbero aggirati i termini prescritti dalla legge per la presentazione del ricorso, la cui inosservanza è sanzionata con l'inammissibilità del gravame (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Rv. 210259; Sez. 1, n. 40932 del 26/05/2011, Rv. 251482; Sez. 2, n. 53630 del 17/11/2016, Rv. 268980 e, da ultimo, Sez.2, n. 17693 del 17/01/2018, Corbelli, Rv. 272821).
Un secondo motivo di inammissibilità consiste poi, in ogni caso, nella mancanza di interesse in capo al ricorrente. Infatti, a fronte della comunque intervenuta decisione di improcedibilità per estinzione del reato proprio in conseguenza di maturata prescrizione, l’unico interesse concretamente rinvenibile nella deduzione che vorrebbe collocare il momento estintivo in una data precedente a quella rilevata dalla Corte territoriale sarebbe ricollegabile alla preclusione che una prescrizione maturata in particolare anteriormente all’esercizio dell’azione penale determinerebbe quanto alla possibilità di accertamento delle componenti oggettive e soggettive del reato, sulla scia, evidentemente, di quanto già affermato da questa Corte ( v. infatti, nel senso che quando l'esercizio dell' azione penale risulti precluso, essendo già maturata la prescrizione del reato, è impedito al giudice di compiere, l'accertamento del reato quale presupposto necessario per disporre la confisca anche in presenza di una causa estintiva del reato, Sez.3, n. 35313 del 19/05/2016, Imolese e altri, Rv. 267534).
E tuttavia, è indubitabile che, nella specie, l’accertamento della sussistenza delle componenti del reato si sia avuto già sin dalla sentenza di primo grado e sia stato ulteriormente operato anche con la sentenza di secondo grado, diffusamente soffermatasi sul punto.
Residuando, dunque, nella valutazione del motivo di ricorso, il solo aspetto oggettivo legato alla decorrenza della prescrizione in un certo momento piuttosto che in un altro (va anche aggiunto che il motivo si limita ad eccepire la maturata prescrizione anteriormente alla sentenza di primo grado senza nulla dire, invece, sulla necessaria anteriorità rispetto all’esercizio dell’azione penale), senza conseguenze pratiche ulteriori discendenti da tale diversa individuazione, la ricorrente risulta carente di interesse.
5. E’ invece fondata la censura sollevata in ordine al profilo della confisca investito dal primo motivo originario di ricorso e dal secondo motivo nuovo del 04/02/2019.
A fronte della richiesta di revoca della confisca effettuata in sede di atto di appello, la sentenza impugnata, dopo avere, per le ragioni già riepilogate sopra, correttamente escluso la insussistenza del reato di lottizzazione e pronunciato sentenza di improcedibilità per estinzione dello stesso per prescrizione, nulla ha espressamente statuito in ordine alla confisca, così essendone derivata, per effetto della conferma, nel resto, della sentenza di primo grado, la conferma della statuizione con cui il Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. di Sorrento, ebbe a statuire la “confisca dei terreni abusivamente lottizzati nonché delle opere abusivamente costruite e la loro devoluzione al Comune di Massa Lubrense”.
Se, in ragione di quanto già osservato sopra quanto alla compatibilità, da ultimo enunciata anche dalla Grande Camera della Corte edu con la decisione già ricordata, tra declaratoria di estinzione del reato per prescrizione e confisca, nessun rilievo può allora essere svolto in ordine al mantenimento della confisca sotto tale profilo, mantenimento coerentemente seguito all’accertamento del reato nelle sue componenti oggettiva e soggettiva, va invece osservato come la implicita corretta risoluzione di tale aspetto non potesse bastare ad esaurire l’aspetto della legittimità della confisca, già in primo grado enunciata nei termini appena sopra riportati e senza alcuna motivazione al riguardo, tenuto conto in particolare della necessaria valutazione dell’aspetto, sollevato con i motivi di ricorso, afferente alla proporzionalità della misura.
Va allora ricordato che l’art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede la confisca tanto “dei terreni abusivamente lottizzati” quanto “delle opere abusivamente costruite”, cosicché la misura appare contemplata indipendentemente dalla edificazione, essendo terreni lottizzati anche quelli oggetto di lottizzazione meramente negoziale e non consistendo necessariamente le opere in edifici propriamente detti ben potendo rientrare in tale concetto, ad esempio, gli interventi di urbanizzazione primaria (come fognature, rete idrica, elettrica, strade di collegamento etc.), e potendo l’intervento lottizzatorio, pur in presenza di edifici, non essere limitato all’area di sedime degli stessi, ma comprendere anche altre aree che, essendo in qualche modo asservite, direttamente o indirettamente, agli edifici, rientrino nel complesso di attività univocamente finalizzate al conferimento di un diverso assetto del territorio.
Ciò non può comportare tuttavia che, se pure, come appena ricordato, la confisca possa operare con riguardo a tutte le aree abusivamente lottizzate, indipendentemente dalla presenza o meno di edifici, una tale misura ablativa possa riguardare aree completamente estranee all’attività lottizzatoria abusiva da intendersi nel senso appena ricordato.
Già questa Corte, infatti, sulla base dei principi costituzionali e convenzionali, ha a suo tempo affermato che i "terreni lottizzati" ovvero "rientranti nel generale progetto lottizzatorio" vanno identificati in quelli che risultano oggetto di un'operazione di frazionamento preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da tale frazionamento, nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere di urbanizzazione, indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere. Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture (così, in motivazione, Sez. 3, n. 37472 del 26/6/2008, Belloi e altri, Rv. 241101).
E tale assunto, evidentemente fondato sull’esigenza che la misura sia proporzionata alle finalità di tutela perseguite e non inutilmente vessatoria quanto ai diritti del destinatario, in consonanza con un orientamento ormai generalmente predicato quanto alle misure di tipo ablativo, anche cautelari (per tutte, da ultimo, Sez. U., n. 36072 del 19/04/2018, P.M. in proc. Botticelli e altri, Rv.273548), va ribadito alla luce delle affermazioni contenute sul punto nella decisione già richiamata della Corte edu Grande Camera, 28/06/2018, Giem e altri c. Italia. La Corte, dopo avere ricordato che, al fine di valutare la proporzionalità della confisca, va considerata : la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione, ha espressamente affermato che l'applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva prevista — salvo che per i terzi in buona fede — dalla legge italiana sarebbe in contrasto con detto principio di proporzionalità, in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in generale, di bilanciare lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione (v., segnatamente, § 302).
In altri termini, deve allora ritenersi, con interpretazione anche convenzionalmente orientata, che sulla valutazione della conformità della confisca conseguente al reato di lottizzazione abusiva al principio di protezione della proprietà di cui all’art.1 del protocollo n.1 della Convenzione edu debba necessariamente incidere anche l’aspetto, espressamente dedotto con i motivi di ricorso, della individuazione dei beni oggetto della misura : in tanto potrà dunque parlarsi di confisca legittima ove limitata ai beni immobili direttamente interessati dall'attività lottizzatoria e ad essa funzionali mentre dovrà concludersi in senso opposto, e dunque di misura non rispettosa dei criteri di proporzionalità, se applicata a terreni non direttamente interessati dall'attività lottizzatoria (si veda da ultimo, in generale, Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, Alessandrini e altri, non ancora massimata).
Ciò posto, nella specie la ricorrente ha in particolare dedotto come la sentenza impugnata, pur a fronte della illiceità della condotta, circoscritta alle sole opere che avrebbero comportato la trasformazione della struttura e dell’area, attribuendo alle stesse una veste di insediamento stabile, si è limitata a confermare la generalizzata statuizione di una confisca relativa ai terreni abusivamente lottizzati e alle opere abusivamente realizzate senza operare alcuna distinzione che avrebbe invece dovuto discendere proprio dal principio di proporzionalità e suggerire una mirata selezione alle sole opere funzionali alla trasformazione avvenuta.
La censura è fondata : la conferma di una formula indefinita corrispondente a quella impiegata dal legislatore con mancanza di ogni motivazione volta a dar conto della valutazione dei principi di proporzionalità, impone dunque, stante la necessità di un accertamento in fatto sul punto, estraneo ai compiti di questa Corte, l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli della sentenza impugnata. Sarà onere del giudice del rinvio, con ogni ampiezza di potere delibativo, valutare i termini di conformità al principio di proporzionalità dell’area applicativa della misura in oggetto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019