Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Staffilani
Aria. Articolo 279 D.Lv. 152-06 (permanenza del reato)
Il reato di cui all\'articolo 279, comma l, del D.Lgs. n. 152-2006: si configura anche nei confronti di coloro che hanno proseguito l\'esercizio dell\'impianto omettendo di controllare che l\'autorizzazione per le emissioni fosse stata rilasciata all\'origine e non si esaurisce con il comportamento del legale rappresentante della società al momento nel quale è iniziata la costruzione dell\'impianto senza la preventiva autorizzazione, ma, trattandosi di reato permanente, è integrato anche da coloro che successivamente assumono la qualità di legali rappresentanti, atteso che anche su questi grava l\'obbligo di chiedere l\'autorizzazione o di cessare l\'attività in assenza della stessa.
La permanenza del reato in oggetto perdura comunque fintanto che lo svolgimento dell’attività soggetta a controllo rimane ignota alla pubblica amministrazione
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 23 ottobre 2006, in parziale riforma della sentenza 21 dicembre 2004 del Tribunale di Taranto - Sezione distaccata di Manciuria:
- ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di Staffilani Alessandro in ordine ai reati di cui:
b) all’art, 51, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 (per avere - nella qualità di rappresentante legale della s.r.l. “Ecofert Europe”, svolgente attività di trasformazione di rifiuti per la produzione di compost e ammendante - effettuato, senza la necessaria autorizzazione, il deposito e il trattamento di rifiuti non pericolosi nell’area di cui alla particella n. 183 del foglio mappale n. 31 del Comune di Manduria - acc. in Manduria, tra il 2 ed il 7 maggio 2003);
c) all’art. 51, comma 4, del D.Lgs. n. 22/1997 (per avere effettuato, nei mesi di marzo ed aprile 2003, il trattamento di rifiuti in quantità superiori al limite massimo autorizzato);
d) all’art. 24, 10 comma, D.P.R. n. 203/1988 (per avere realizzato un impianto per la produzione di concimi organici biologici e misti organici senza la prescritta autorizzazione regionale)
- e, con le già riconosciute cìrcostanze attenuanti generiche, essendo stata ritenuta la continuazione tra tutti i reati ex art. 81 cpv. cod. pen., determinava la pena complessiva - condizionalmente sospesa - in euro 2.000,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso lo Staffilani, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la nullità della stessa, in relazione al reato di cui all’art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 22/1997, per l’inutilizzabilità dei referti delle analisi compiute sui campioni prelevati, a cagione della mancata notifica dell’avviso di effettuazione delle stesse;
- l’insussistenza dell’elemento psicologico della colpa in relazione al reato di cui all’art. 51, comma 4, del D.Lgs. n. 22/1997, avendo la società da lui rappresentata iniziato le operazioni di recupero di maggiori quantità di rifiuti nel pieno rispetto delle disposizioni di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 22/1997, dopo il decorso di 90 giorni dall’invio della relativa comunicazione alla Provincia territorialmente competente;
- la propria estraneità al reato di cui all’art. 24, I comma, del D.P.R. n. 203/1988, poiché l’impianto per la produzione dei concimi era stato completamente realizzato ed ultimato alla data del 17 dicembre 2002, in cui egli era entrato a fare parte della compagine societaria della “Ecofert Europe”;
- la incongrua ed immotivata determinazione della pena.
Motivi della decisione
1. Il terzo motivo di ricorso è fondato e merita accoglimento.
I giudici del merito hanno ritenuto, infatti, che la “realizzazione” dell’impianto per la produzione di concimi in oggetto non potesse considerarsi “esaurita” alla data del 10 gennaio 2002, in cui il precedente amministratore della società (dr. Mandurino) comunicò all’autorità competente l’inizio delle prove di funzionamento preliminari al vero e proprio avviamento che si sarebbe attuato il successivo 21 gennaio.
Gli stessi giudici - preso atto che lo Staffilani entrò a fare pane della compagine societaria della “Ecofert Europe”, quale amministratore unico, soltanto alla data del 17 gennaio 2002 - hanno altresì affermato di non potersi escludere “che l’ultimazione dell’impianto sia intervenuta proprio in concomitanza dell’ultimo periodo di tempo” e di non potersi ritenere “che l’imputato si sia a sua volta attivato per impedirla”.
Al riguardo deve rilevarsi che - nella specie - è stato contestato e ritenuto sussistente il reato di cui all’art. 24, 1° comma, del D.P.R. n. 203/1988, per avere l’imputato “realizzato” l’impianto per la produzione dei concimi senza l’autorizzazione regionale prescritta per le emissioni in atmosfera. La condanna non è intervenuta, dunque, per la diversa condotta di attivazione dell’esercizio dell’impianto senza la prescritta comunicazione, finalizzata a consentire l’accertamento della regolarità ed idoneità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dall’inquinamento atmosferico (già prevista dal comma 2 dello stesso art. 24 ed attualmente dal 3° comma dell’art. 279 del D.Lgs. n. 152/2006)].
La norma incriminatrice di cui è stata affermata la violazione sanzionava penalmente la condotta di colui che inizia la costruzione di un nuovo impianto (capace di produrre emissioni nell’atmosfera) senza la necessaria autorizzazione, la quale deve essere espressa e specifica ed ha una duplice funzione: quella tipica di rimuovere un ostacolo all’esercizio di una facoltà del privato e quella specifica di consentire il necessario monitoraggio circa il rispetto della normativa ambientale e degli standards, allo scopo di prevenire il pericolo di inquinamento.
Trattasi di norma attualmente trasfusa (con continuità normativa) nel 1° comma, parte prima, dell’art. 279 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, che punisce “chi inizia a installare ... un impianto ... in assenza della prescritta autorizzazione”.
Quanto all’individuazione del momento consumativo della ritenuta eontravvenzione, il Collegio è consapevole della giurisprudenza di questa Sezione secondo la quale il reato di cui all’art. 24, comma 1, del D.P.R. n. 203/1988, ora sostituito dall’art. 279, comma I, del D.Lgs. n. 152/2006:
- si configura anche nei confronti di coloro che hanno proseguito l’esercizio dell’impianto omettendo di controllare che l’autorizzazione per le emissioni fosse stata rilasciata all’origine (Cass., Sez. III, 27 febbraio 2007, n. 8051, rìc. Zambrotti);
- non si esaurisce con i comportamento del legale rappresentante della società al momento nel quale è iniziata la costruzione dell’impianto senza la preventiva autorizzazione, ma, trattandosi di reato permanente, è integrato anche da coloro che successivamente assumono la qualità di legali rappresentanti, atteso che anche su questi grava l’obbligo di chiedere l’autorizzazione o di cessare l’attività in assenza della stessa (Cass., Sez. III, 12 luglio 2006, n. 24057, ric. Giovannini).
Rileva però, in proposito, che la permanenza del reato in oggetto perdura comunque fintanto che lo svolgimento dell’attività soggetta a controllo rimane ignota alla pubblica amministrazione, mentre nella fattispecie in esame:
- in data 10 gennaio 2002 il precedente amministratore aveva comunicato all’autorità territorialmente competente l’inizio delle prove di funzionamento dell’impianto, evidentemente già completato;
- i giudici del merito non hanno individuato alcun elemento di fatto idoneo a sorreggere razionalmente l’ipotesi di non ultimazione dell’impianto alla data del 17 gennaio 2002 (in cui lo Staffilani assunse la qualità di amministratore unico della società “Ecofert Europe”) ed una pronuncia di condanna non può evidentemente fondarsi su ipotesi mancanti di qualsiasi fondamento fattuale.
La sentenza impugnata, conseguentemente deve essere annullata senza rinvio - limitatamente al reato di cui all’art. 24, 1° comma, del D.P.R. n. 203/1998 (capo I) della rubrica) - perché lo Staffilani non ha commesso il fatto e deve essere eliminata la relativa pena di euro 333,33 di ammenda, inflitta per tale reato ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen.
2. Le ulteriori eccezioni svolte in ricorso - invece - devono essere rigettate, perché infondate.
2.1 Sono del tuffo irrilevanti infatti - in relazione al ravvisato reato all’art. 51, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 - sia i prelevamenti di campioni dei rifiuti sia le analisi effettuate sugli stessi, poiché la responsabilità penale è stata correlata non alle caratteristiche dei rifiuti trattati, bensì all’estensione ed ai contenuti delle autorizzazioni in possesso della società rappresentata dall’imputato (determinazioni dirigenziali n. 136/2000 e n. 58/2001), non riferibili ad una particella immobiliare (la n. 183 del foglio mappale n. 31 del Comune di Mandria) che è risultata, invece, abusivamente occupata da fanghi da avviare al compostaggio.
2.2 Quanto alla pretesa osservanza delle disposizioni di cui all’art. 33 del D.Lgs. n. 22/1997 - che viene correlata alta comunicazione alla Provincia (effettuata in data 1 agosto 2002) dell’intenzione di ampliare le quantità massime di rifiuti da impiegare nelle operazioni di recupero - il ricorrente non ha prospettato di avere allegato all’anzidetta comunicazione di inizio della nuova incrementata attività la relazione prescritta dal 3° comma del medesimo art. 33, e, a fronte dell’indimostrato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 del precedente art. 31, non può considerarsi legittimo il ricorso alla procedura semplificata adottata e non può ipotizzarsi una situazione di affidamento incolpevole.
2.3 La pena risulta determinata, infine, con corretto ed adeguato riferimento ai criteri direttivi di cui all’art. 133 cod. pen.