Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2205, del 4 maggio 2015
Beni Culturali.Legittimità dichiarazione d’interesse particolarmente importante ai fini archeologici di un'area
Il vincolo rappresenta un efficace presidio contro l’ulteriore incuria ed il degrado in quanto impedisce, attraverso la vigilanza dell’Autorità preposta alla tutela, utilizzazioni incompatibili con il suo pregio archeologico; in sostanza, è proprio il vincolo di interesse culturale che può escludere pro futuro l’ulteriore compromissione dei valori testimoniali dell’importanza storica e archeologica della Fossa Neronis. Non si vede d’altro canto come tale preminente interesse pubblico correlato alla tutela e salvaguardia del sito per la sua importanza archeologica possa recedere dinanzi a non ben identificati interessi privati contrapposti, tenuto conto della funzione sociale della proprietà privata (art. 43 Cost.) e del sacrificio non irragionevole delle posizioni dominicali dei soggetti coinvolti, che si sostanzia nel non poter disporre liberamente dei propri terreni, se non previa autorizzazione dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02205/2015REG.PROV.COLL.
N. 01819/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1819 del 2009, proposto da:
Costagliola Gennaro, Costigliola Fabio, Costagliola Luigi, Costagliola Michele Salvatore, Costagliola Luigi, Costagliola Antimo, Costagliola Maria Giovanna, Costagliola Consiglia (queste ultime due anche per Costagliola Angela essendo succedute a titolo particolare nella posizione della stessa a seguito di atto di compravendita del 11 maggio 2008), Costagliola Aniello, Sardo Wanda, Grande Maria e Cooperativa Edilizia a r.l.. "Bagnoli 90", in persona del legale rappresentante , tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Carmelina Bono, con domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, 2;;
contro
Comune di Bacoli, non costituito in questo grado;
nei confronti di
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro e legale rappresentante, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VII n. 16555/2007, resa tra le parti, concernente dichiarazione di interesse particolarmente importante ai fini archeologici di un'area
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2015, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per il Ministero appellato l’ avvocato dello Stato Saulino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Costagliola Gennaro, Costagliola Luigi, Costagliola Michele Salvatore, Costagliola Luigi , Costagliola Antimo, Costagliola Maria Giovanna, Costagliola Consiglia, Costagliola Aniello, Sardo Wanda, Maria Grande e la Cooperativa edilizia a r.l. “ Bagnoli 90” impugnano la sentenza del Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, 28 dicembre 2007 n. 16555 che ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso gli atti prodromici al decreto di vincolo archeologico, nonché avverso detto decreto di vincolo,, apposto su un’area agricola estesa circa sei ettari , posta nell’agro del Comune di Bacoli tra il lago Fusaro ed il lago Lucrino.
Gli appellanti, nella qualità di proprietari di terreni ricadenti nell’area sottoposta a disciplina vincolistica, tornano a riproporre in questo grado i motivi di ricorso già disattesi in prime cure, deducendo in particolare la questione dell’incompetenza del Direttore regionale della Soprintendenza di Napoli e provincia all’adozione del decreto di vincolo, nonché dell’assoluta carenza istruttoria a base della determinazione vincolistica.
Assumono gli appellanti che l’area, sottoposta a vincolo archeologico in difetto dei presupposti legali, sarebbe in stato di avanzato degrado e che sulla stessa sarebbe stata esercitata, nei primi decenni del secolo scorso, un’ attività estrattiva che ne avrebbe modificato i connotati morfologici, rendendo vieppiù ingiustificata l’apposizione del vincolo archeologico. Concludono pertanto per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado e per l’annullamento, in riforma della impugnata sentenza, degli atti in quella sede impugnati.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dei beni culturali per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 14 aprile 2015 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è infondato e va respinto.
3.- Il primo motivo, col quale si deduce l’incompetenza del direttore generale della Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Caserta all’adozione del decreto di vincolo, è privo di fondamento giuridico. Ed infatti, se è pur vero che l’art. 14, ultimo comma, del d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42 ( recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede che la dichiarazione dell’interesse culturale di un bene è adottata dal Ministero, risulta dagli atti come tale competenza sia stata delegata (con decreto ministeriale 20 ottobre 2005) alle Soprintendenze regionali; onde nel caso in esame una questione di competenza non ha ragione di porsi, posto che l’atto recante la dichiarazione di interesse archeologico del sito è stato adottato dalla Soprintendenza regionale competente per territorio.
4. Anche il secondo motivo d’appello, con il quale gli appellanti lamentano il difetto di istruttoria e di motivazione a base del procedimento e del provvedimento di vincolo, appare al Collegio non meritevole di accoglimento.
Dalla relazione storico-archeologica richiamata dal provvedimento dichiarativo dell’interesse culturale dell’immobile di che trattasi ben si evince l’importanza eccezionale del sito, vero monumento dell’ingegneria romana in quanto connesso alla progettazione e realizzazione di vie d’acqua funzionali al più agevole sviluppo dei trasporti ed unica testimonianza di tal genere in Campania. Si tratta appunto di un’area, esattamente individuata sulla base delle fotografie aeree nonché dei resti degli argini affioranti sul terreno e degli avvallamenti ancora conservati al suolo, ove l’imperatore Nerone ( tra il 65 ed il 68 d.c.) aveva intrapreso l’ambizioso progetto di realizzare un canale navigabile che avrebbe dovuto congiungere la foce del Tevere con il Portus Iulius, ubicato nel territorio dell’antica Cuma, nei bacini dell’Averno e del Lucrino. La relazione si sofferma nello specificare la larghezza e la profondità del canale ( cd Fossa Neronis) adducendo a comprova dell’esistenza di tale canale non solo elementi tratti dalle fonti letterarie antiche ma, quel che più rileva, dati desumibili dall’attuale assetto dei luoghi, che evidenziano nell’orografia del terreno, nonostante il lungo tempo trascorso, tratti inequivoci della sussistenza dell’antico canale.
In senso contrario alla dichiarazione di interesse culturale del sito non potrebbero indurre gli argomenti addotti dagli appellanti in ordine allo stato di degrado attuale dell’area ovvero alla sua ( quantomeno parziale) destinazione, durante i primi decenni del secolo scorso, ad attività di cava per l’estrazione di materiale lapideo ( attività che avrebbe definitivamente compromesso, secondo la prospettazione degli appellanti, il pregio archeologico del sito).
Quand’anche fossero veri in punto di fatto i dati sui quali l’argomentazione difensiva è articolata, resterebbero nondimeno integre le ragioni addotte dall’Autorità soprintendentizia per sottoporre a dichiarazione di interesse particolarmente importante gli immobili di che trattasi in ragione del loro pregio archeologico, posto che, da un lato, il sito presenta ancor oggi ( tanto che se ne possono riconoscere ab extra i tratti essenziali dell’importante opera ideata dall’imperatore Nerone) una valenza storico-archeologica evidentemente non pregiudicata dai fenomeni di degrado addotti dagli appellanti e che, per altro verso, il vincolo rappresenta comunque un efficace presidio contro l’ulteriore incuria ed il degrado in quanto impedisce ( attraverso la vigilanza dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo) utilizzazioni dell’immobile incompatibili con il suo pregio archeologico; in sostanza, è proprio il vincolo di interesse culturale che può escludere pro futuro l’ulteriore compromissione dei valori testimoniali dell’importanza storica e archeologica della Fossa Neronis.
Non si vede d’altro canto come tale preminente interesse pubblico correlato alla tutela e salvaguardia del sito per la sua importanza archeologica possa recedere dinanzi a non ben identificati interessi privati contrapposti, tenuto conto della funzione sociale della proprietà privata ( art. 43 Cost.) e del sacrificio non irragionevole delle posizioni dominicali dei soggetti coinvolti ( che si sostanzia nel non poter disporre liberamente dei propri terreni, se non previa autorizzazione dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo).
5. Quanto infine al rilievo censorio inerente la erronea procedura di identificazione dei proprietari incisi dal provvedimento di vincolo, affidata ai dati desumibili dalle emergenze catastali in luogo di un più puntuale esame dei registri della conservatoria immobiliare, il Collegio osserva che la censura è palesemente inammissibile per genericità di formulazione nonché per carenza di interesse e di legittimazione degli odierni proprietari appellanti a far valere in nome proprio ( contro il divieto, desumibile dall’art. 81 cpc, di sostituzione processuale, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge) situazioni giuridiche spettanti ad altri soggetti allo stato non identificati.
6.- Per quanto fin qui osservato, l’appello va respinto e va confermata l’impugnata sentenza.
Va da sé che, alla luce dei rilievi svolti, deve essere disattesa la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio finalizzata ad accertare gli esatti confini e l’importanza culturale dell’area, avendovi compiutamente provveduto l’Amministrazione appellata con determinazioni che si dimostrano corretto esercizio dell’attività tecnico-discrezionale propedeutica al riconoscimento ed all’individuazione di un bene culturale.
7.- Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in favore della Amministrazione appellata costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello ( r.g. n. 1819/09), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della appellata Amministrazione dei beni culturali, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015, con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)