Trib. Napoli 10 marzo 2009
Pres. Alfano Est. Piccirillo
Rifiuti. Competenza regionale
Provvedimento relativo al tema della competenza regionale del Procuratore della Repubblica di Napoli per i reati relativi alla gestione dei rifiuti in Campania, con particolare riferimento alla portata della competenza funzionale per gli incidenti cautelari dei Collegi istituiti dall\'art. 3 del D.L. 90/08 convertito dalla legge n. 123/08.
Pres. Alfano Est. Piccirillo
Rifiuti. Competenza regionale
Provvedimento relativo al tema della competenza regionale del Procuratore della Repubblica di Napoli per i reati relativi alla gestione dei rifiuti in Campania, con particolare riferimento alla portata della competenza funzionale per gli incidenti cautelari dei Collegi istituiti dall\'art. 3 del D.L. 90/08 convertito dalla legge n. 123/08.
N. 8138/09 R.G.N.R.
N. 9354/09 R.G. GIP
TRIBUNALE DI NAPOLI
8° Collegio istituito ex art. 3 co. 2 del D.L. 23 maggio 2008 n. 90, convertito con modificazioni nella Legge 14 luglio 2008 n. 123
Il Collegio, composto dai magistrati
dott. Anna Laura Alfano Presidente
dott. Raffaele Piccirillo Giudice estensore
dott. Alberto Capuano Giudice
letti gli atti del procedimento penale sopra indicato, nei confronti di XY, in atti generalizzato, per il reato di cui all’articolo 6 lettera b) del Decreto Legge n. 1728 convertito nella Legge n. 210/2008, accertato in Casalduni, località Acquaro S.P. 182;
letta la richiesta del P.M. diretta:
a) in linea principale alla proposizione di un conflitto negativo di competenza con il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Avellino che, con provvedimento del 27.1.2009, disponeva il sequestro preventivo dell’area sita in località Contrada area P.I.P., dichiarandosi contestualmente incompetente in favore del Collegio istituito presso il Tribunale di Napoli ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 90/08;
b) in linea subordinata, all’emissione del decreto di sequestro preventivo in relazione alla medesima area.
OSSERVA
1.LA QUESTIONE DI COMPETENZA.
1A. LA PROSPETTIVA DEL P.M.
La richiesta principale del P.M., diretta al rilievo dell’incompetenza di questo Collegio, sul presupposto di una lettura dell’articolo 3 del D.L. 23 maggio 2008 n. 90 convertito con modificazioni nella legge 14 luglio 2008 n. 123 diversa da quella propugnata dal GIP remittente, deve essere disattesa.
La norma che forma oggetto delle contrastanti letture recitava, nella versione che ha avuto vigenza tra il 23 maggio 2008 e il 14 luglio 2008: “1. Nei procedimenti relativi ai reati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale, le funzioni di cui al comma 1 lettera a) dell’articolo 51 del codice di procedura penale sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il quale le esercita anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e successive modificazioni. 2. Nei procedimenti indicati al comma 1 le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare sono esercitate da magistrati del Tribunale di Napoli. Sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale. Non si applicano le previsioni dell’articolo 321 comma 3 bis del codice di procedura penale”.
La legge di conversione ha delimitato l’ambito della competenza ultradistrettuale del Procuratore della Repubblica e del Tribunale di Napoli attraverso modifiche testuali dalle quali risulta il seguente testo:
“1. Nei procedimenti relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale, attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 lettera a) dell’articolo 51 del codice di procedura penale sono attribuite al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il quale le esercita anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e successive modificazioni. 2. Nei procedimenti indicati al comma 1 le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare sono esercitate da magistrati del Tribunale di Napoli. Sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale. Non si applicano le previsioni dell’articolo 321 comma 3 bis del codice di procedura penale”
La controversia interpretativa investe l’esatto significato testuale e la definizione della portata delle interpolazioni apportate dal testo originario del decreto dalla legge di conversione del luglio 2008.
E’ centrale l’inciso normativo “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto”.
L’ espressione si collegherebbe, secondo la lettura propugnata dall’Ufficio di Procura, non soltanto con i ‘reati connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale’ che immediatamente precedono l’inciso; ma anche con i reati principali “e cioè quelli relativi alla gestione dei rifiuti in Campania e i reati ambientali”.
Agganciato l’inciso a tutta la proposizione che lo precede, l’Ufficio di Procura passa ad elencare le attribuzioni del Sottosegretario stabilite nell’articolo 2 del D.L. convertito, per osservare che esse non contengano “alcun riferimento alla raccolta, al trasporto, all’abbandono dei rifiuti, alla comunicazione e tenuta dei registri e dei formulari relativi ai rifiuti”.
Discende da questa opzione ermeneutica la conclusione per la quale “spettano al Procuratore della Repubblica di Napoli solo e unicamente i procedimenti aventi ad oggetto reati – delitti o contravvenzioni, consumati o tentati – previsti dal codice penale o da leggi penali speciali, relativi alle attività previste dall’art. 2, in relazione alla gestione dei rifiuti in Campania per il periodo dell’emergenza, cioè sino al 31 dicembre 2009”.
A sostegno delle sue argomentazioni l’Ufficio di Procura adduce una ricostruzione della ratio del regime speciale introdotto dal D.L. 23 maggio 2008 n. 90, per la quale il legislatore avrebbe voluto “fornire al Sottosegretario un unico interlocutore sotto il profilo giudiziario, individuato nella persona del Procuratore della Repubblica di Napoli”.
Sul piano sistematico l’interpretazione riduttiva segnala le aporie cui darebbe luogo la ricezione di una lettura diversa e più estensiva delle norme sopra riportate.
In particolare ci si sofferma su quelle disposizioni dell’articolo 3 D.L. citato che stabiliscono, nei procedimenti relativi all’oggetto definito dal comma 1°, deroghe alla disciplina generale concretanti un rallentamento e un depotenziamento dell’intervento dell’A.G. finalizzato alla prevenzione del rischio di reiterazione criminosa o di aggravamento delle sue conseguenze.
Ci si riferisce in particolare alla deroga, stabilita dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 3 D.L. citato, rispetto alla regola generale per la quale il sequestro preventivo può essere disposto, nei casi d’indifferibile urgenza, dal P.M. con decreto motivato ovvero dalla Polizia Giudiziaria, salva la successiva convalida del GIP competente.
La previsione derogatoria, secondo l’avviso della Procura istante, trova una plausibile giustificazione razionale laddove se ne limiti la portata alle sole aree di discarica e ai soli siti di stoccaggio, individuati dal legislatore nell’articolo 9 del D.L. ovvero individuati dal Sottosegretario nell’esercizio delle sue attribuzioni.
Soltanto rispetto a questi beni, strategicamente connessi alla gestione governativa dell’emergenza rifiuti, avrebbe senso la volontà di impedire che la privazione di disponibilità consegua, sia pure interinalmente, ad iniziative del P.M. e della P.G., non ancora sottoposte al vaglio del collegio specializzato.
Rispetto ai beni pertinenti invece a violazioni ambientali non riferibili alle scelte gestionali del Sottosegretario, l’esclusione del cd. ‘sequestro urgente d’iniziativa’ si porrebbe in stridente contraddizione con quell’intento di potenziamento della repressione delle violazioni ambientali che lo stesso legislatore dell’emergenza palesa nella premessa del Decreto Legge 6 novembre 2008 n. 172.
Il P.M. richiama in particolare l’articolo 6 del D.L. 172/08, convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2008 n. 210.
La norma prevede, per i territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti: la trasformazione in reato di fattispecie annoverate dall’articolo 255 del D. Lgs.vo 152/2006 come mere violazioni amministrative; la trasformazione in delitti di fattispecie già contemplate nei vari commi dell’articolo 256 D. Lgs.vo cit. come reati contravvenzionali; la previsione del sequestro preventivo e della confisca obbligatoria, oltre che dell’area di discarica abusiva (già prevista dall’articolo 256 co. 3), dei veicoli impiegati per la commissione di una dei reati previsti dalla stessa norma.
Il livello delle pene detentive previste dall’articolo 6 per i nuovi delitti ha comportato – osserva il P.M. – un sensibile incremento statistico degli arresti in flagranza e delle misure cautelari personali, un tempo (e tuttora nelle aree territoriali non interessate dalla dichiarazione dello stato d’emergenza) compatibili soltanto con la fattispecie delittuosa dell’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del D. Lgs. vo 152/06).
Confrontata con quest’ultimo intervento normativo, la lettura estensiva della competenza regionale del Procuratore della Repubblica di Napoli e della competenza collegiale per gli incidenti cautelari produrrebbe effetti paradossali.
Sarebbe ad esempio possibile per la P.G. operare l’arresto delle persone sorprese nella flagranza della commissione di un trasporto o di uno sversamento abusivi di rifiuti, mentre le sarebbe precluso il sequestro d’iniziativa del veicolo o dell’area, pure assoggettati ex lege a confisca obbligatoria, che sono serviti per la realizzazione del reato.
1B. L’INTERPRETAZIONE DELLA SUPREMA CORTE
La lettura delle richiamate norme emergenziali sulla competenza regionale collegiale è stata già disattesa dalla Corte di legittimità con argomenti che resistono alle articolate argomentazioni del Pubblico Ministero.
La sentenza n. 44316 del 14.10 – 27.11.2008 risolve un conflitto sollevato dal Tribunale di Napoli in composizione collegiale in relazione ad un incidente cautelare del tutto assimilabile a quello in esame. Si trattava del sequestro preventivo di un deposito abusivamente adibito allo stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi, realizzato nel territorio di Calitri, sequestro disposto dal GIP del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ai sensi dell’articolo 256 co. 2 d. lgs.vo 152/2006 con contestuale dichiarazione di incompetenza in favore del Collegio istituito presso il tribunale di Napoli ai sensi dell’articolo 3 citato.
La Corte perviene alla conferma della decisione sulla competenza adottata dal GIP irpino sulla base innanzitutto della radicale contestazione della ratio legis, ratio che il Collegio dei giudici napoletani ricostruiva in termini perfettamente sovrapponibili a quelli riprodotti nell’odierna istanza del Pubblico Ministero.
La Corte reputa ‘nebulosa e inconsistente’ la finalità di ‘fornire al Sottosegratrio di Stato un unico interlocutore sotto il profilo giudiziario’ e non manca di rilevare come detta espressione sia difficilmente compatibile con “l’assetto della articolazione costituzionale tra i poteri dello Stato, alla stregua del fondamentale principio della loro separazione”.
In luogo di quella enucleata dal Collegio che aveva proposto il conflitto, la Corte ravvisa una diversa ratio, che evidentemente reputa immune dai problemi di compatibilità costituzionale sollevati dall’interpretazione censurata.
L’accentramento delle competenze dell’autorità giudiziaria stabilito dalla legge risponderebbe alla più plausibile finalità di potenziare l’efficacia dell’azione della Giustizia nel contesto dello stato emergenziale della Regione.
Una conferma testuale della ricostruzione viene individuata nella disposizione del comma 7° dell’articolo 3 cit. nel quale si prevedono misure di redistribuzione dei magistrati in servizio, anche attingendo alle dotazioni organiche della magistratura militare e misure di riallocazione del personale amministrativo, espressamente finalizzate a “potenziare gli uffici giudiziari di Napoli in funzione delle aumentate esigenze derivanti dall’applicazione del presente articolo”.
Osserva la Corte che il ricorso a misure organizzative straordinarie del tipo indicato dal comma 7° contraddice la tesi ‘estremamente riduttiva’ sostenuta dal collegio dei giudici per le indagini preliminari di Napoli.
Passando al dato letterale, la Corte – che pure interviene dopo l’entrata in vigore della legge di conversione n. 123/2008 e che dà atto delle interpolazioni operate dalla legge sul testo originario dell’articolo 3 - non sembra aver dubbi sul fatto che l’espressione “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto” si riferisca esclusivamente ai reati connessi ex articolo 12, menzionati del resto immediatamente prima dello stesso inciso. Ne discende, secondo la sentenza, che l’inciso non proietta alcun effetto limitativo sul primo degli oggetti che fondano il criterio assiologico di determinazione della competenza regionale della Procura e del Tribunale di Napoli: “i reati consumati o tentati, relativi alla gestione dei rifiuti”.
Osserva perspicuamente la Corte, aderendo ai primi commenti della dottrina, che il richiamo dell’articolo 2 del decreto legge non avrebbe fatto altro che arricchire la connessione, genericamente evocata dalla norma originaria, introducendo la nuova categoria della cd. “connessione qualitativa”.
Per quanto invece riguarda l’oggetto principale della competenza regionale, la nozione di ‘reati riferiti alla gestione dei rifiuti’ deve essere intesa nel senso dell’inclusione di tutte le fattispecie contemplate dalla parte IV del Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, intitolata appunto “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”.
L’iter motivazionale posto a fondamento della decisione appena sintetizzata non è superato, per quanto qui ci occupa, dalle decisioni successive della S.C.
Nella sentenza n. 2873 del 28.10- 12.11.08 la Corte perviene a ritenere la competenza del GIP circondariale di Santa Maria Capua Vetere per l’incidente cautelare inerente la violazione dell’articolo 279 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, conferendo rilievo al fatto che si tratta di una violazione non ricompresa nella parte IV del Testo Unico Ambientale (quella dedicata alle norme in materia di gestione dei rifiuti) ma nella parte V e che inoltre le emissioni non autorizzate in atmosfera, dedotte quale presupposto del richiesto sequestro preventivo, riguardando un’officina di autocarrozzeria e non un impianto di incenerimento di rifiuti, non potevano neppure ritenersi comprese tra ‘i reati in materia ambientale’ che, come si è visto, costituiscono il secondo contenuto della norma attributiva della competenza regionale.
Lungi dal confermare l’approccio riduttivo della competenza regionale nella misura qui propugnata dalla Procura della Repubblica di Napoli, la sentenza oppone una forte obiezione alle conclusioni restrittive che vorrebbero fondarsi sulla punteggiatura e sulla collocazione dell’ormai noto inciso nel periodo del comma 1° dell’articolo 3:
“non si vuole seguire l’orientamento per cui, essendo l’espressione “nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale” contenuta tra due virgole e quindi avente valore di inciso, la successiva espressione “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di cui all’articolo 2 del presente decreto” sarebbe riferita “ai reati in materia ambientale” che sarebbero così specificati, anche con riguardo ai reati principali, come quelli rientranti nella competenza del Sottosegretario”.
Un simile argomento è, secondo la Corte, ‘abbastanza fragile’ perché “gli innesti legislativi in sede di conversione in legge, non sempre tengono conto della punteggiatura, che comunque diviene un argomento secondario in sede di interpretazione della norma risultante dalla conversione in legge con modificazioni”.
Affermata l’inaffidabilità dell’argomento letterale, la Corte preferisce soffermarsi sui criteri ermeneutici della voluntas, della occasio e dell’interpretazione sistematica. E’ marcata nella decisione anche l’attenzione per il carattere eccezionale e per la necessaria interpretazione restrittiva delle previsioni che introducono il GIP e il GUP regionale e che stabiliscono la competenza collegiale per gli incidenti cautelari.
Le conclusioni cui la Corte approda, per quanto meno assertive rispetto a quelle della sentenza 44316/2008, restano però dissonanti rispetto alla lettura che vorrebbe delimitare ai soli siti, impianti e beni relativi alla gestione del sottosegretario o da questi individuati ex art. 9 D.L. cit. la competenza del collegio regionale per l’incidente cautelare.
Riconosciuto che il legislatore emergenziale non può avere voluto oberare l’organo giurisdizionale di nuova istituzione di tutte le incombenze in materia di reati ambientali, la Corte ne desume che certamente sono estranee alle nuove competenze i reati in materia di inquinamento acustico, in materia paesaggistico – territoriale, di difesa del suolo perché questi non presentano in concreto alcun collegamento con l’emergenza rifiuti alla cui soluzione è espressamente (ed esclusivamente) ispirato l’intervento legislativo, come comprovano la stessa intitolazione dell’articolo 3 (Competenza dell’autorità giudiziaria nei procedimenti relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania) e il contenuto dell’articolo 4 in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (“…sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati…”).
Al di là di questa delimitazione, interna alla generica categoria dei reati ambientali, la Corte non va.
Resta cioè impregiudicata l’inclusione nella portata delle norme emergenziali sulla competenza di tutti i procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania, con l’espressa affermazione di una lettura ‘oggettuale’ del riferimento normativo alle attribuzioni del Sottosegretario.
L’inciso non significa cioè che soltanto le condotte del sottosegretario o quelle riferibili alla sua struttura operativa sono rimesse alla competenza regionale. Esso vale invece a delimitare le materie che, oggettivamente e a prescindere dalla riferibilità dei comportamenti violativi a soggetti pubblici o privati, sono interessate dall’intervento legislativo:
“Si ritiene che la competenza attribuita agli organi di cui all’articolo 3 sia limitata, come recita anche il titolo di tale articolo “ai procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania”, che sono poi quelli attinenti alle specifiche attribuzioni del Sottosegretario di Stato. Tali reati, come già rilevato, sono in primo luogo quelli introdotti ex novo dal decreto legge e poi quelli che sono previsti e sanzionati dalla parte quarta del codice ambientale…, che sono poi quelli attinenti alle violazioni sanzionate penalmente nelle materie attribuite alla competenza del Sottosegretario di Stato”.
E’ sovrapponibile al percorso tracciato dalla sentenza n. 2873/08 quello che guida la decisione contenuta in Cass., I, 9.10 – 26.11.08, n. 2652.
Anche qui lo sforzo limitativo della portata del regime eccezionale della competenza non si spinge al di là di una selezione assiologica, interna alla categoria generica dei reati ambientali, che esclude le violazioni previste dalla parte terza (difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche) e dalla parte quinta (tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera) del T.U., quando non interferenti con la materia della gestione dei rifiuti; ma che nel contempo vi include tutta la materia trattata dalla parte quarta, senza alcuna restrizione collegata alla qualità dei soggetti autori dei reati.
L’iter descritto è ricalcato anche dalle sentenze della Prima Sezione Penale della S.C. in data 16.12 – 24.12.2008 n. 3607 e 18.11 –28.11.08 n. 3157, l’ultima delle quali richiamata dal P.M. a sostegno della sua istanza di proposizione del conflitto.
La sentenza non consente certamente di sottrarre alla competenza del collegio regionale la violazione dell’articolo 6 lettera a) del D.L. 172/2008 convertito nella legge 210/08 alla quale attiene il fondo caduto in sequestro nel procedimento in esame.
La materia che forma oggetto dell’odierno procedimento rientra pienamente infatti nella ‘gestione dei rifiuti’, trattandosi di un comportamento già annoverato come violazione di rilevanza amministrativa dall’articolo 255 del T.U. ambientale (norma compresa nella parte IV) e oggi trasformato in delitto dal D.L. 172/2008. Di detta materia la sentenza citata conferma l’inclusione incondizionata nel regime eccezionale dettato dall’articolo 3 del D.L. 90/2008, sviluppando un apparato argomentativo del tutto sovrapponibile a quello illustrato nelle tre pronunce sopra sintetizzate.
E’ emblematico l’elenco delle materie rimesse alla competenza del Sottosegretario che la Corte riproduce, comprendendovi esplicitamente il tema generale della gestione dei rifiuti e le fattispecie che sanzionano l’abbandono degli stessi, tra le quali ultime si iscrive la violazione in oggetto.
1C. LA RICOSTRUZIONE DEL COLLEGIO
Acclarato l’orientamento della Suprema Corte sul tema controverso, questo Collegio non ritiene di poterne dissentire. E ciò per vari ordini di ragioni.
Innanzitutto parrebbe temerario riproporre un conflitto di competenza su temi che la Corte ha già esaurientemente affrontato riconoscendo la competenza funzionale del collegiale dei giudici di questo Tribunale.
Come si è visto la ratio riduttiva enucleata dal P.M. nell’atto con il quale invita alla proposizione del conflitto ha già trovato espressa e insuperabile censura nella prima delle richiamate pronunce. Trattandosi di censura che coinvolge il tema della compatibilità con il principio costituzionale della separazione dei poteri, non pare possibile riproporre un’interpretazione che finirebbe di fatto con il riservare il nuovo assetto delle competenze, non già ad una materia oggettivamente considerata, ma ad un’emanazione soggettiva del potere esecutivo come il Sottosegretario di Stato preposto all’emergenza rifiuti in Campania.
La debolezza dell’interpretazione letterale che condurrebbe agli esiti riduttivi auspicati dal P.M. è stata del resto stigmatizzata dalla Corte con argomenti che - richiamati in più pronunce, ivi compresa quella invocata dal P.M. a suffragio della sua prospettiva - convincono e non appaiono suscettibili di revisione.
Può desumersi anzi dalla lettura sistematica delle norme un ulteriore argomento di confutazione della prospettiva del P.M.
Nello stesso corpo dell’articolo 3 D.L. 90/2008 figura il comma ottavo che, per le sole aree destinate a discarica e a siti di stoccaggio dall’articolo 9 dello stesso decreto ovvero da provvedimento del Sottosegretario di Stato, stabilisce un irrigidimento dei presupposti del sequestro preventivo. In detti casi il presupposto cognitivo non può consistere nel mero fumus ma deve assurgere al livello dei gravi indizi di reato; mentre il presupposto funzionale dev’essere più stringente della generica finalità preventiva, arricchendosi di una valutazione di non contenibilità altrimenti del concreto pregiudizio alla salute e all’ambiente.
La disposizione dimostra che, laddove il legislatore emergenziale ha voluto riservare al Sottosegretario e alla sua struttura le nuove regole procedurali, lo ha fatto con espressioni univoche, che non ricorrono invece nella disciplina del nuovo regime delle competenze.
L’analisi degli interventi del legislatore emergenziale successivi al D.L. 90/2008 e alla legge di conversione arricchisce ulteriormente il corredo sistematico della posizione che contrasta quella sostenuta dal P.M.
Il D.L. 172/2008 infatti esplicita nella sua premessa l’attinenza delle fattispecie sanzionatorie articolate nell’articolo 6 con l’azione gestoria assegnata al Sottosegretario di Stato nell’emergenza campana, inserendola in un quadro di iniziative finalizzate a “consolidare i risultati positivi ottenuti dall’aumento della capacità di smaltimento dei rifiuti nel territorio campano” e a realizzare “il definitivo superamento dell’emergenza”.
In questo quadro si situano i nuovi interventi repressivi scaturenti dalla considerazione per la quale “…l’indiscriminato abbandono dei rifiuti in zone non autorizzate e le violazioni delle norme in materia ambientale sono suscettibili di comportare gravi danni alla salute delle popolazioni dei territori nei quali – come attualmente accade per la regione Campania – è stato dichiarato lo stato di emergenza previsto dalla legge 24 febbraio 1992 n. 225 e che pertanto in tali territori è necessario garantire una maggiore incisività della disciplina sanzionatoria in materia di diritto ambientale”.
Un’ulteriore indicazione confermativa dell’assetto ricostruito dalla S.C. si trae dal fatto che il D.L. del novembre 2008 contiene, tra le altre, disposizioni recanti la modifica e l’ interpretazione autentica di alcune delle disposizioni contenute nel D.L. 90/08, senza avvertire il bisogno di ritoccare il regime delle competenze risultante dalla legge 123/2008.
Le considerazioni sviluppate dal P.M. in ordine agli effetti paradossali dell’innesto del nuovo assetto procedurale sulle nuove fattispecie introdotte dal D.L. 172/2008 (sarebbe possibile l’arresto in flagranza della P.G. in materie nelle quali è precluso il sequestro preventivo d’iniziativa), attengono a ben vedere ad un tema diverso da quello della competenza regionale del Tribunale di Napoli e della riserva collegiale sugli incidenti cautelari.
Pur essendo meritevoli di attenzione de jure condendo, le incongruenze rilevate dal P.M. non sembrano risolvibili con un’interpretazione delle nuove competenze funzionali che la Corte ha già ritenuto – oltre che difforme dai dati testuali - violativa del fondamentale principio di separazione dei poteri.
2. FUMUS DELICTI E PERICULUM IN MORA
Gli atti contenuti nel fascicolo del P.M. suffragano il fumus della violazione dell’articolo 6 lettera a) del D.L. 172/2008 convertito nella legge n. 260/2008.
Ci si esprime in termini di fumus perché l’irrigidimento dei presupposti cognitivo e funzionale del sequestro preventivo realizzato dall’articolo 3 comma 8, come si è visto, non riguarda tutti i beni collegati a violazioni della normativa sui rifiuti ma le sole aree di discarica e i soli siti di stoccaggio individuati dal legislatore nell’articolo 9 o con provvedimento del Sottosegretario nell’esercizio delle sue attribuzioni.
Gli ufficiali e agenti di P.G. appartenenti alla Stazione di Torrecuso del Corpo Forestale dello Stato, tra il 10 e il 15 gennaio 2009, hanno constatato e documentato con perspicui rilievi fotografici che sul terreno caduto in sequestro, nella disponibilità di fatto dell’indagato XY (esercente l’attività di marmista), risultavano accumulati scarti provenienti dalla lavorazione del marmo per almeno 45 mc., ingombranti un’area estesa 160 mq.
Il possessore dell’area XY asseriva che il materiale in oggetto era destinato ad essere riutilizzato, senza però fornire alcuna documentazione a suffragio del suo assunto.
Dalle indagini della P.G. si desumono pertanto indizi di violazione dell’articolo 6 lettera b) D.L. 172/2008 che sanziona con la reclusione da tre mesi a quattro anni “i titolari di imprese e i responsabili di enti che abbandonano, scaricano o depositano sul suolo o nel sottosuolo in modo incontrollato e presso siti non autorizzati o incendiano” rifiuti non pericolosi.
E’ d’altro canto evidente la pertinenza dell’area privata in questione con la violazione indiziata e la necessità di privarne della disponibilità l’attuale proprietario che s’identifica con l’imprenditore produttore del rifiuto.
P.Q.M.
Dispone il sequestro preventivo dell’area già sottoposta a sequestro dal Corpo Forestale dello Stato – Stazione di Torrecuso in data 15.1.2009.
Napoli, 10 marzo 2009
Il Presidente I Giudici
dott. Anna Laura Alfano dott. Raffaele Piccirillo - estensore
dott. Alberto Capuano
N. 9354/09 R.G. GIP
TRIBUNALE DI NAPOLI
8° Collegio istituito ex art. 3 co. 2 del D.L. 23 maggio 2008 n. 90, convertito con modificazioni nella Legge 14 luglio 2008 n. 123
Il Collegio, composto dai magistrati
dott. Anna Laura Alfano Presidente
dott. Raffaele Piccirillo Giudice estensore
dott. Alberto Capuano Giudice
letti gli atti del procedimento penale sopra indicato, nei confronti di XY, in atti generalizzato, per il reato di cui all’articolo 6 lettera b) del Decreto Legge n. 1728 convertito nella Legge n. 210/2008, accertato in Casalduni, località Acquaro S.P. 182;
letta la richiesta del P.M. diretta:
a) in linea principale alla proposizione di un conflitto negativo di competenza con il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Avellino che, con provvedimento del 27.1.2009, disponeva il sequestro preventivo dell’area sita in località Contrada area P.I.P., dichiarandosi contestualmente incompetente in favore del Collegio istituito presso il Tribunale di Napoli ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 90/08;
b) in linea subordinata, all’emissione del decreto di sequestro preventivo in relazione alla medesima area.
OSSERVA
1.LA QUESTIONE DI COMPETENZA.
1A. LA PROSPETTIVA DEL P.M.
La richiesta principale del P.M., diretta al rilievo dell’incompetenza di questo Collegio, sul presupposto di una lettura dell’articolo 3 del D.L. 23 maggio 2008 n. 90 convertito con modificazioni nella legge 14 luglio 2008 n. 123 diversa da quella propugnata dal GIP remittente, deve essere disattesa.
La norma che forma oggetto delle contrastanti letture recitava, nella versione che ha avuto vigenza tra il 23 maggio 2008 e il 14 luglio 2008: “1. Nei procedimenti relativi ai reati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale, le funzioni di cui al comma 1 lettera a) dell’articolo 51 del codice di procedura penale sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il quale le esercita anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e successive modificazioni. 2. Nei procedimenti indicati al comma 1 le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare sono esercitate da magistrati del Tribunale di Napoli. Sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale. Non si applicano le previsioni dell’articolo 321 comma 3 bis del codice di procedura penale”.
La legge di conversione ha delimitato l’ambito della competenza ultradistrettuale del Procuratore della Repubblica e del Tribunale di Napoli attraverso modifiche testuali dalle quali risulta il seguente testo:
“1. Nei procedimenti relativi ai reati, consumati o tentati, riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in materia ambientale nella regione Campania, nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale, attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 lettera a) dell’articolo 51 del codice di procedura penale sono attribuite al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, il quale le esercita anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 e successive modificazioni. 2. Nei procedimenti indicati al comma 1 le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare sono esercitate da magistrati del Tribunale di Napoli. Sulle richieste di misure cautelari personali e reali decide lo stesso tribunale in composizione collegiale. Non si applicano le previsioni dell’articolo 321 comma 3 bis del codice di procedura penale”
La controversia interpretativa investe l’esatto significato testuale e la definizione della portata delle interpolazioni apportate dal testo originario del decreto dalla legge di conversione del luglio 2008.
E’ centrale l’inciso normativo “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto”.
L’ espressione si collegherebbe, secondo la lettura propugnata dall’Ufficio di Procura, non soltanto con i ‘reati connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale’ che immediatamente precedono l’inciso; ma anche con i reati principali “e cioè quelli relativi alla gestione dei rifiuti in Campania e i reati ambientali”.
Agganciato l’inciso a tutta la proposizione che lo precede, l’Ufficio di Procura passa ad elencare le attribuzioni del Sottosegretario stabilite nell’articolo 2 del D.L. convertito, per osservare che esse non contengano “alcun riferimento alla raccolta, al trasporto, all’abbandono dei rifiuti, alla comunicazione e tenuta dei registri e dei formulari relativi ai rifiuti”.
Discende da questa opzione ermeneutica la conclusione per la quale “spettano al Procuratore della Repubblica di Napoli solo e unicamente i procedimenti aventi ad oggetto reati – delitti o contravvenzioni, consumati o tentati – previsti dal codice penale o da leggi penali speciali, relativi alle attività previste dall’art. 2, in relazione alla gestione dei rifiuti in Campania per il periodo dell’emergenza, cioè sino al 31 dicembre 2009”.
A sostegno delle sue argomentazioni l’Ufficio di Procura adduce una ricostruzione della ratio del regime speciale introdotto dal D.L. 23 maggio 2008 n. 90, per la quale il legislatore avrebbe voluto “fornire al Sottosegretario un unico interlocutore sotto il profilo giudiziario, individuato nella persona del Procuratore della Repubblica di Napoli”.
Sul piano sistematico l’interpretazione riduttiva segnala le aporie cui darebbe luogo la ricezione di una lettura diversa e più estensiva delle norme sopra riportate.
In particolare ci si sofferma su quelle disposizioni dell’articolo 3 D.L. citato che stabiliscono, nei procedimenti relativi all’oggetto definito dal comma 1°, deroghe alla disciplina generale concretanti un rallentamento e un depotenziamento dell’intervento dell’A.G. finalizzato alla prevenzione del rischio di reiterazione criminosa o di aggravamento delle sue conseguenze.
Ci si riferisce in particolare alla deroga, stabilita dall’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 3 D.L. citato, rispetto alla regola generale per la quale il sequestro preventivo può essere disposto, nei casi d’indifferibile urgenza, dal P.M. con decreto motivato ovvero dalla Polizia Giudiziaria, salva la successiva convalida del GIP competente.
La previsione derogatoria, secondo l’avviso della Procura istante, trova una plausibile giustificazione razionale laddove se ne limiti la portata alle sole aree di discarica e ai soli siti di stoccaggio, individuati dal legislatore nell’articolo 9 del D.L. ovvero individuati dal Sottosegretario nell’esercizio delle sue attribuzioni.
Soltanto rispetto a questi beni, strategicamente connessi alla gestione governativa dell’emergenza rifiuti, avrebbe senso la volontà di impedire che la privazione di disponibilità consegua, sia pure interinalmente, ad iniziative del P.M. e della P.G., non ancora sottoposte al vaglio del collegio specializzato.
Rispetto ai beni pertinenti invece a violazioni ambientali non riferibili alle scelte gestionali del Sottosegretario, l’esclusione del cd. ‘sequestro urgente d’iniziativa’ si porrebbe in stridente contraddizione con quell’intento di potenziamento della repressione delle violazioni ambientali che lo stesso legislatore dell’emergenza palesa nella premessa del Decreto Legge 6 novembre 2008 n. 172.
Il P.M. richiama in particolare l’articolo 6 del D.L. 172/08, convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2008 n. 210.
La norma prevede, per i territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti: la trasformazione in reato di fattispecie annoverate dall’articolo 255 del D. Lgs.vo 152/2006 come mere violazioni amministrative; la trasformazione in delitti di fattispecie già contemplate nei vari commi dell’articolo 256 D. Lgs.vo cit. come reati contravvenzionali; la previsione del sequestro preventivo e della confisca obbligatoria, oltre che dell’area di discarica abusiva (già prevista dall’articolo 256 co. 3), dei veicoli impiegati per la commissione di una dei reati previsti dalla stessa norma.
Il livello delle pene detentive previste dall’articolo 6 per i nuovi delitti ha comportato – osserva il P.M. – un sensibile incremento statistico degli arresti in flagranza e delle misure cautelari personali, un tempo (e tuttora nelle aree territoriali non interessate dalla dichiarazione dello stato d’emergenza) compatibili soltanto con la fattispecie delittuosa dell’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del D. Lgs. vo 152/06).
Confrontata con quest’ultimo intervento normativo, la lettura estensiva della competenza regionale del Procuratore della Repubblica di Napoli e della competenza collegiale per gli incidenti cautelari produrrebbe effetti paradossali.
Sarebbe ad esempio possibile per la P.G. operare l’arresto delle persone sorprese nella flagranza della commissione di un trasporto o di uno sversamento abusivi di rifiuti, mentre le sarebbe precluso il sequestro d’iniziativa del veicolo o dell’area, pure assoggettati ex lege a confisca obbligatoria, che sono serviti per la realizzazione del reato.
1B. L’INTERPRETAZIONE DELLA SUPREMA CORTE
La lettura delle richiamate norme emergenziali sulla competenza regionale collegiale è stata già disattesa dalla Corte di legittimità con argomenti che resistono alle articolate argomentazioni del Pubblico Ministero.
La sentenza n. 44316 del 14.10 – 27.11.2008 risolve un conflitto sollevato dal Tribunale di Napoli in composizione collegiale in relazione ad un incidente cautelare del tutto assimilabile a quello in esame. Si trattava del sequestro preventivo di un deposito abusivamente adibito allo stoccaggio di rifiuti speciali e pericolosi, realizzato nel territorio di Calitri, sequestro disposto dal GIP del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ai sensi dell’articolo 256 co. 2 d. lgs.vo 152/2006 con contestuale dichiarazione di incompetenza in favore del Collegio istituito presso il tribunale di Napoli ai sensi dell’articolo 3 citato.
La Corte perviene alla conferma della decisione sulla competenza adottata dal GIP irpino sulla base innanzitutto della radicale contestazione della ratio legis, ratio che il Collegio dei giudici napoletani ricostruiva in termini perfettamente sovrapponibili a quelli riprodotti nell’odierna istanza del Pubblico Ministero.
La Corte reputa ‘nebulosa e inconsistente’ la finalità di ‘fornire al Sottosegratrio di Stato un unico interlocutore sotto il profilo giudiziario’ e non manca di rilevare come detta espressione sia difficilmente compatibile con “l’assetto della articolazione costituzionale tra i poteri dello Stato, alla stregua del fondamentale principio della loro separazione”.
In luogo di quella enucleata dal Collegio che aveva proposto il conflitto, la Corte ravvisa una diversa ratio, che evidentemente reputa immune dai problemi di compatibilità costituzionale sollevati dall’interpretazione censurata.
L’accentramento delle competenze dell’autorità giudiziaria stabilito dalla legge risponderebbe alla più plausibile finalità di potenziare l’efficacia dell’azione della Giustizia nel contesto dello stato emergenziale della Regione.
Una conferma testuale della ricostruzione viene individuata nella disposizione del comma 7° dell’articolo 3 cit. nel quale si prevedono misure di redistribuzione dei magistrati in servizio, anche attingendo alle dotazioni organiche della magistratura militare e misure di riallocazione del personale amministrativo, espressamente finalizzate a “potenziare gli uffici giudiziari di Napoli in funzione delle aumentate esigenze derivanti dall’applicazione del presente articolo”.
Osserva la Corte che il ricorso a misure organizzative straordinarie del tipo indicato dal comma 7° contraddice la tesi ‘estremamente riduttiva’ sostenuta dal collegio dei giudici per le indagini preliminari di Napoli.
Passando al dato letterale, la Corte – che pure interviene dopo l’entrata in vigore della legge di conversione n. 123/2008 e che dà atto delle interpolazioni operate dalla legge sul testo originario dell’articolo 3 - non sembra aver dubbi sul fatto che l’espressione “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di Stato, di cui all’articolo 2 del presente decreto” si riferisca esclusivamente ai reati connessi ex articolo 12, menzionati del resto immediatamente prima dello stesso inciso. Ne discende, secondo la sentenza, che l’inciso non proietta alcun effetto limitativo sul primo degli oggetti che fondano il criterio assiologico di determinazione della competenza regionale della Procura e del Tribunale di Napoli: “i reati consumati o tentati, relativi alla gestione dei rifiuti”.
Osserva perspicuamente la Corte, aderendo ai primi commenti della dottrina, che il richiamo dell’articolo 2 del decreto legge non avrebbe fatto altro che arricchire la connessione, genericamente evocata dalla norma originaria, introducendo la nuova categoria della cd. “connessione qualitativa”.
Per quanto invece riguarda l’oggetto principale della competenza regionale, la nozione di ‘reati riferiti alla gestione dei rifiuti’ deve essere intesa nel senso dell’inclusione di tutte le fattispecie contemplate dalla parte IV del Decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, intitolata appunto “norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”.
L’iter motivazionale posto a fondamento della decisione appena sintetizzata non è superato, per quanto qui ci occupa, dalle decisioni successive della S.C.
Nella sentenza n. 2873 del 28.10- 12.11.08 la Corte perviene a ritenere la competenza del GIP circondariale di Santa Maria Capua Vetere per l’incidente cautelare inerente la violazione dell’articolo 279 del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, conferendo rilievo al fatto che si tratta di una violazione non ricompresa nella parte IV del Testo Unico Ambientale (quella dedicata alle norme in materia di gestione dei rifiuti) ma nella parte V e che inoltre le emissioni non autorizzate in atmosfera, dedotte quale presupposto del richiesto sequestro preventivo, riguardando un’officina di autocarrozzeria e non un impianto di incenerimento di rifiuti, non potevano neppure ritenersi comprese tra ‘i reati in materia ambientale’ che, come si è visto, costituiscono il secondo contenuto della norma attributiva della competenza regionale.
Lungi dal confermare l’approccio riduttivo della competenza regionale nella misura qui propugnata dalla Procura della Repubblica di Napoli, la sentenza oppone una forte obiezione alle conclusioni restrittive che vorrebbero fondarsi sulla punteggiatura e sulla collocazione dell’ormai noto inciso nel periodo del comma 1° dell’articolo 3:
“non si vuole seguire l’orientamento per cui, essendo l’espressione “nonché in quelli connessi a norma dell’articolo 12 del codice di procedura penale” contenuta tra due virgole e quindi avente valore di inciso, la successiva espressione “attinenti alle attribuzioni del Sottosegretario di cui all’articolo 2 del presente decreto” sarebbe riferita “ai reati in materia ambientale” che sarebbero così specificati, anche con riguardo ai reati principali, come quelli rientranti nella competenza del Sottosegretario”.
Un simile argomento è, secondo la Corte, ‘abbastanza fragile’ perché “gli innesti legislativi in sede di conversione in legge, non sempre tengono conto della punteggiatura, che comunque diviene un argomento secondario in sede di interpretazione della norma risultante dalla conversione in legge con modificazioni”.
Affermata l’inaffidabilità dell’argomento letterale, la Corte preferisce soffermarsi sui criteri ermeneutici della voluntas, della occasio e dell’interpretazione sistematica. E’ marcata nella decisione anche l’attenzione per il carattere eccezionale e per la necessaria interpretazione restrittiva delle previsioni che introducono il GIP e il GUP regionale e che stabiliscono la competenza collegiale per gli incidenti cautelari.
Le conclusioni cui la Corte approda, per quanto meno assertive rispetto a quelle della sentenza 44316/2008, restano però dissonanti rispetto alla lettura che vorrebbe delimitare ai soli siti, impianti e beni relativi alla gestione del sottosegretario o da questi individuati ex art. 9 D.L. cit. la competenza del collegio regionale per l’incidente cautelare.
Riconosciuto che il legislatore emergenziale non può avere voluto oberare l’organo giurisdizionale di nuova istituzione di tutte le incombenze in materia di reati ambientali, la Corte ne desume che certamente sono estranee alle nuove competenze i reati in materia di inquinamento acustico, in materia paesaggistico – territoriale, di difesa del suolo perché questi non presentano in concreto alcun collegamento con l’emergenza rifiuti alla cui soluzione è espressamente (ed esclusivamente) ispirato l’intervento legislativo, come comprovano la stessa intitolazione dell’articolo 3 (Competenza dell’autorità giudiziaria nei procedimenti relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania) e il contenuto dell’articolo 4 in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (“…sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati…”).
Al di là di questa delimitazione, interna alla generica categoria dei reati ambientali, la Corte non va.
Resta cioè impregiudicata l’inclusione nella portata delle norme emergenziali sulla competenza di tutti i procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania, con l’espressa affermazione di una lettura ‘oggettuale’ del riferimento normativo alle attribuzioni del Sottosegretario.
L’inciso non significa cioè che soltanto le condotte del sottosegretario o quelle riferibili alla sua struttura operativa sono rimesse alla competenza regionale. Esso vale invece a delimitare le materie che, oggettivamente e a prescindere dalla riferibilità dei comportamenti violativi a soggetti pubblici o privati, sono interessate dall’intervento legislativo:
“Si ritiene che la competenza attribuita agli organi di cui all’articolo 3 sia limitata, come recita anche il titolo di tale articolo “ai procedimenti penali relativi alla gestione rifiuti nella Regione Campania”, che sono poi quelli attinenti alle specifiche attribuzioni del Sottosegretario di Stato. Tali reati, come già rilevato, sono in primo luogo quelli introdotti ex novo dal decreto legge e poi quelli che sono previsti e sanzionati dalla parte quarta del codice ambientale…, che sono poi quelli attinenti alle violazioni sanzionate penalmente nelle materie attribuite alla competenza del Sottosegretario di Stato”.
E’ sovrapponibile al percorso tracciato dalla sentenza n. 2873/08 quello che guida la decisione contenuta in Cass., I, 9.10 – 26.11.08, n. 2652.
Anche qui lo sforzo limitativo della portata del regime eccezionale della competenza non si spinge al di là di una selezione assiologica, interna alla categoria generica dei reati ambientali, che esclude le violazioni previste dalla parte terza (difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche) e dalla parte quinta (tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera) del T.U., quando non interferenti con la materia della gestione dei rifiuti; ma che nel contempo vi include tutta la materia trattata dalla parte quarta, senza alcuna restrizione collegata alla qualità dei soggetti autori dei reati.
L’iter descritto è ricalcato anche dalle sentenze della Prima Sezione Penale della S.C. in data 16.12 – 24.12.2008 n. 3607 e 18.11 –28.11.08 n. 3157, l’ultima delle quali richiamata dal P.M. a sostegno della sua istanza di proposizione del conflitto.
La sentenza non consente certamente di sottrarre alla competenza del collegio regionale la violazione dell’articolo 6 lettera a) del D.L. 172/2008 convertito nella legge 210/08 alla quale attiene il fondo caduto in sequestro nel procedimento in esame.
La materia che forma oggetto dell’odierno procedimento rientra pienamente infatti nella ‘gestione dei rifiuti’, trattandosi di un comportamento già annoverato come violazione di rilevanza amministrativa dall’articolo 255 del T.U. ambientale (norma compresa nella parte IV) e oggi trasformato in delitto dal D.L. 172/2008. Di detta materia la sentenza citata conferma l’inclusione incondizionata nel regime eccezionale dettato dall’articolo 3 del D.L. 90/2008, sviluppando un apparato argomentativo del tutto sovrapponibile a quello illustrato nelle tre pronunce sopra sintetizzate.
E’ emblematico l’elenco delle materie rimesse alla competenza del Sottosegretario che la Corte riproduce, comprendendovi esplicitamente il tema generale della gestione dei rifiuti e le fattispecie che sanzionano l’abbandono degli stessi, tra le quali ultime si iscrive la violazione in oggetto.
1C. LA RICOSTRUZIONE DEL COLLEGIO
Acclarato l’orientamento della Suprema Corte sul tema controverso, questo Collegio non ritiene di poterne dissentire. E ciò per vari ordini di ragioni.
Innanzitutto parrebbe temerario riproporre un conflitto di competenza su temi che la Corte ha già esaurientemente affrontato riconoscendo la competenza funzionale del collegiale dei giudici di questo Tribunale.
Come si è visto la ratio riduttiva enucleata dal P.M. nell’atto con il quale invita alla proposizione del conflitto ha già trovato espressa e insuperabile censura nella prima delle richiamate pronunce. Trattandosi di censura che coinvolge il tema della compatibilità con il principio costituzionale della separazione dei poteri, non pare possibile riproporre un’interpretazione che finirebbe di fatto con il riservare il nuovo assetto delle competenze, non già ad una materia oggettivamente considerata, ma ad un’emanazione soggettiva del potere esecutivo come il Sottosegretario di Stato preposto all’emergenza rifiuti in Campania.
La debolezza dell’interpretazione letterale che condurrebbe agli esiti riduttivi auspicati dal P.M. è stata del resto stigmatizzata dalla Corte con argomenti che - richiamati in più pronunce, ivi compresa quella invocata dal P.M. a suffragio della sua prospettiva - convincono e non appaiono suscettibili di revisione.
Può desumersi anzi dalla lettura sistematica delle norme un ulteriore argomento di confutazione della prospettiva del P.M.
Nello stesso corpo dell’articolo 3 D.L. 90/2008 figura il comma ottavo che, per le sole aree destinate a discarica e a siti di stoccaggio dall’articolo 9 dello stesso decreto ovvero da provvedimento del Sottosegretario di Stato, stabilisce un irrigidimento dei presupposti del sequestro preventivo. In detti casi il presupposto cognitivo non può consistere nel mero fumus ma deve assurgere al livello dei gravi indizi di reato; mentre il presupposto funzionale dev’essere più stringente della generica finalità preventiva, arricchendosi di una valutazione di non contenibilità altrimenti del concreto pregiudizio alla salute e all’ambiente.
La disposizione dimostra che, laddove il legislatore emergenziale ha voluto riservare al Sottosegretario e alla sua struttura le nuove regole procedurali, lo ha fatto con espressioni univoche, che non ricorrono invece nella disciplina del nuovo regime delle competenze.
L’analisi degli interventi del legislatore emergenziale successivi al D.L. 90/2008 e alla legge di conversione arricchisce ulteriormente il corredo sistematico della posizione che contrasta quella sostenuta dal P.M.
Il D.L. 172/2008 infatti esplicita nella sua premessa l’attinenza delle fattispecie sanzionatorie articolate nell’articolo 6 con l’azione gestoria assegnata al Sottosegretario di Stato nell’emergenza campana, inserendola in un quadro di iniziative finalizzate a “consolidare i risultati positivi ottenuti dall’aumento della capacità di smaltimento dei rifiuti nel territorio campano” e a realizzare “il definitivo superamento dell’emergenza”.
In questo quadro si situano i nuovi interventi repressivi scaturenti dalla considerazione per la quale “…l’indiscriminato abbandono dei rifiuti in zone non autorizzate e le violazioni delle norme in materia ambientale sono suscettibili di comportare gravi danni alla salute delle popolazioni dei territori nei quali – come attualmente accade per la regione Campania – è stato dichiarato lo stato di emergenza previsto dalla legge 24 febbraio 1992 n. 225 e che pertanto in tali territori è necessario garantire una maggiore incisività della disciplina sanzionatoria in materia di diritto ambientale”.
Un’ulteriore indicazione confermativa dell’assetto ricostruito dalla S.C. si trae dal fatto che il D.L. del novembre 2008 contiene, tra le altre, disposizioni recanti la modifica e l’ interpretazione autentica di alcune delle disposizioni contenute nel D.L. 90/08, senza avvertire il bisogno di ritoccare il regime delle competenze risultante dalla legge 123/2008.
Le considerazioni sviluppate dal P.M. in ordine agli effetti paradossali dell’innesto del nuovo assetto procedurale sulle nuove fattispecie introdotte dal D.L. 172/2008 (sarebbe possibile l’arresto in flagranza della P.G. in materie nelle quali è precluso il sequestro preventivo d’iniziativa), attengono a ben vedere ad un tema diverso da quello della competenza regionale del Tribunale di Napoli e della riserva collegiale sugli incidenti cautelari.
Pur essendo meritevoli di attenzione de jure condendo, le incongruenze rilevate dal P.M. non sembrano risolvibili con un’interpretazione delle nuove competenze funzionali che la Corte ha già ritenuto – oltre che difforme dai dati testuali - violativa del fondamentale principio di separazione dei poteri.
2. FUMUS DELICTI E PERICULUM IN MORA
Gli atti contenuti nel fascicolo del P.M. suffragano il fumus della violazione dell’articolo 6 lettera a) del D.L. 172/2008 convertito nella legge n. 260/2008.
Ci si esprime in termini di fumus perché l’irrigidimento dei presupposti cognitivo e funzionale del sequestro preventivo realizzato dall’articolo 3 comma 8, come si è visto, non riguarda tutti i beni collegati a violazioni della normativa sui rifiuti ma le sole aree di discarica e i soli siti di stoccaggio individuati dal legislatore nell’articolo 9 o con provvedimento del Sottosegretario nell’esercizio delle sue attribuzioni.
Gli ufficiali e agenti di P.G. appartenenti alla Stazione di Torrecuso del Corpo Forestale dello Stato, tra il 10 e il 15 gennaio 2009, hanno constatato e documentato con perspicui rilievi fotografici che sul terreno caduto in sequestro, nella disponibilità di fatto dell’indagato XY (esercente l’attività di marmista), risultavano accumulati scarti provenienti dalla lavorazione del marmo per almeno 45 mc., ingombranti un’area estesa 160 mq.
Il possessore dell’area XY asseriva che il materiale in oggetto era destinato ad essere riutilizzato, senza però fornire alcuna documentazione a suffragio del suo assunto.
Dalle indagini della P.G. si desumono pertanto indizi di violazione dell’articolo 6 lettera b) D.L. 172/2008 che sanziona con la reclusione da tre mesi a quattro anni “i titolari di imprese e i responsabili di enti che abbandonano, scaricano o depositano sul suolo o nel sottosuolo in modo incontrollato e presso siti non autorizzati o incendiano” rifiuti non pericolosi.
E’ d’altro canto evidente la pertinenza dell’area privata in questione con la violazione indiziata e la necessità di privarne della disponibilità l’attuale proprietario che s’identifica con l’imprenditore produttore del rifiuto.
P.Q.M.
Dispone il sequestro preventivo dell’area già sottoposta a sequestro dal Corpo Forestale dello Stato – Stazione di Torrecuso in data 15.1.2009.
Napoli, 10 marzo 2009
Il Presidente I Giudici
dott. Anna Laura Alfano dott. Raffaele Piccirillo - estensore
dott. Alberto Capuano