TAR Campania (SA), Sez. II, n. 1536, del 15 luglio 2013
Urbanistica.Scala esterna ed eliminazione barriera architettonica

La realizzazione di una scala all’esterno del fabbricato in violazione delle distanze minime dal confine non rientra tra le opere funzionali all'eliminazione delle barriere architettoniche, essendo quest’ultime solo quelle tecnicamente necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e non già le opere dirette alla migliore fruibilità dell'edificio e alla maggior comodità dei residenti.  (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01536/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03265/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3265 del 2003, proposto dal sig. Guanci Carmine, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Sorice, con domicilio eletto in Salerno, Via S. Leonardo 120 presso lo studio dell’avv. Tommaso Amabile;

contro

Comune di Atripalda, n.c.;

nei confronti di

Sig. Cucciniello Paolo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Walter Colantuoni e Vittoria Titomanlio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Walter Colantuoni in Salerno, c.so Garibaldi n. 195;

per l'annullamento,

della concessione edilizia n. 1821 del 30/6/2003 rilasciata in favore del sig, Cucciniello, con la quale sono stati autorizzati ampliamenti del fabbricato per esigenze igienico funzionali;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Cucciniello Paolo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2013 la dott.ssa Anna Maria Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con ricorso, notificato al comune di Atripalda ed al controinteressato Cucciniello Paolo il 13 novembre 2003, il sig. Guanci Carmine, proprietario del fondo confinante con quello del sig. Cucciniello, impugna la concessione edilizia rilasciata a quest’ultimo con la quale venivano autorizzati i seguenti lavori di ampliamento del fabbricato, in asserito adeguamento alla normativa per l’abbattimento delle barriere architettoniche:

1) abbattimento della scala interna di comunicazione tra il piano terra ed il primo piano e realizzazione di una scala esterna di maggiori dimensioni per consentire l’installazione di un servo scala;

2) realizzazione di un parcheggio coperto;

3) ampliamento del primo piano per la realizzazione di un bagno a servizio dei vani ivi presenti.

Avverso la predetta concessione il sig. Guanci articola le seguenti censure;

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del PRG di Atripalda, ove prevede che nella zona agricola E, ove sorge il fabbricato, l’ampliamento è consentito nei limiti del 20% della cubatura esistente purchè i manufatti siano direttamente utilizzati per la conduzione del fondo opportunamente documentata;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del PRG di Atripalda, ove prevede che la distanza al confine sia di metri 6 e per quanto riguarda le distanze dalla sede stradale la distanza sia quella prevista dal nuovo codice della strada, atteso che nel caso di specie tali distanze non sono state rispettate;

3) eccesso di potere per erroneità dei presupposti, atteso che le opere in questione non consistono in interventi di abbattimento delle barriere architettoniche.

Il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento dell’atto annullato ed il risarcimento del danno ritenendo sussistente l’elemento della colpa in capo all’amministrazione comunale.

Il comune non si è costituito.

Si è costituito il controinteressato con memoria con la quale resiste nel merito ed eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito, nonché per tardività.

Alla pubblica udienza del 13 giugno 2013 il ricorso viene trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente il Collegio esamina l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, proposta dal controinteressato.

L’eccezione è infondata.

La controversia derivante dalla impugnazione di un permesso di costruire da parte del vicino che lamenti la violazione delle distanze legali costituisce una disputa non già tra privati ma tra privato e p.a., nella quale la posizione del primo si atteggia a interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al g.a. (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. IV,28 gennaio 2011. n. 678 che conferma Tar Campania, Salerno, sez. II, n. 3317 del 2009).

Infondata è anche l’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività.

E’ principio consolidato che la lesività del permesso di costruire può essere apprezzata dal vicino che se ne dolga esclusivamente alla data di ultimazione dei lavori, la quale consente di avere cognizione piena dell’esistenza e dell’entità delle violazioni edilizie, onde a tal fine è del tutto insufficiente l’inizio dei lavori (in senso conforme, da ultimo, TAR Salerno, sez. II, 8 luglio 2008, n. 2080 e n. 3317 del 2009).

L’eccezione va, perciò, rigettata.

Nel merito il ricorso è fondato, limitatamente agli interventi di realizzazione della scala all’esterno del fabbricato in violazione delle distanze minime dal confine.

Va, innanzitutto, evidenziato che, ai sensi dell’art. 79 del dpr 380/2001, le opere che possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi sono solo quelle di cui all’art. 78 del dpr 380/2001, ovvero quelle “opere che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27, 1° comma, della legge 30 marzo 1971 n. 118 ed all’art. 1 del dpr 24 luglio 1996, n. 503”.

Il secondo comma del citato articolo 79, poi, fa salvo “l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.”

La disposizione richiamata è stata interpretata, con argomentazioni condivise dal Collegio, nel senso che le opere funzionali all'eliminazione delle barriere architettoniche sono solo quelle tecnicamente necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e non già le opere dirette alla migliore fruibilità dell'edificio e alla maggior comodità dei residenti (v. T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, 8 novembre 2011, n. 526).

A ciò si aggiunga che nel conflitto tra gli interessi dei soggetti portatori di minorazioni fisiche e quello dei soggetti terzi, il legislatore, con la sopra ricordata previsione contenuta nel predetto art. 79 e nel richiamato art. 873 del codice civile, ha ritenuto di dare prevalenza al diritto di questi ultimi al rispetto delle distanze tra le costruzioni, che quindi non può mai essere "minore di tre metri", in base alla previsione codicistica, all'evidente fine di garantire la salubrità delle costruzioni.

In definitiva, il legislatore, nel bilanciamento degli interessi in gioco, nel mentre ha ritenuto prevalente l'interesse dei portatori di handicap rispetto a quello degli altri "condomini", ha ritenuto al contrario recessivo tale interesse rispetto a quello dei soggetti "terzi", cioè dei proprietari di immobili finitimi, che non possono veder leso il loro diritto alla salute, ugualmente meritevole di tutela, a non vedere create delle intercapedini che possono incidere sulla salubrità delle costruzioni.

Il giudice amministrativo, in altre analoghe controversie, ha ritenuto tale scelta legislativa, scevra da profili di incostituzionalità, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore dare la prevalenza all'uno o all'altro degli interessi in conflitto, né appare illogica o particolarmente penalizzante degli interessi dei soggetti portatori di handicap, ove si consideri che nella specie tale diritto è stata ritenuto recessivo nei confronti del diritto alla salute, di pari rilevanza, dei soggetti confinanti (cfr. Tar Pescara, 87/2012, ma v. anche Cons. St. sez. V, 8 marzo 2011, n. 1437).

Ciò premesso si osserva che nel caso in esame la scala realizzata all’esterno dell’edificio ha la larghezza prevista, ai sensi dell’art. 8 del dm 236/1989, per le rampe di scale che costituiscono parte comune o siano di uso pubblico.

Di contro, la larghezza minima richiesta per le rampe di scale che non costituiscono parte comune o non sono di uso pubblico è di soli 0,80 m.

Ne consegue che l’intervento, così come realizzato, non risulta funzionale all’abbattimento delle barriere architettoniche, essendo prevista una rampa di dimensioni superiori a quella prescritta, con conseguente violazione delle maggiori distanze previste dalla normativa urbanistica.

In ogni caso, anche ove fosse stata realizzata una rampa conforme ai parametri di cui al citato art. 8 del dm 236/89, non si sarebbe potuta violare la distanza di tre metri prevista dalla disciplina codicistica.

Per quanto concerne la censura di violazione della volumetria consentita con riguardo agli interventi diversi dalla realizzazione della scala esterna di cui si è già detto (vano w.c. e parcheggio coperto) non emerge che gli stessi costituiscano ampliamenti superiori al 20% della volumetria dell’intero fabbricato.

La censura, inoltre, appare, altresì, inammissibile per carenza di interesse, non ravvisandosi alcuna lesione in capo al ricorrente per effetto della realizzata volumetria su area non confinante con quella del sig. Guanci.

Lo stesso è a dirsi del vano bagno, realizzato in zona lontana dal confine con la proprietà del ricorrente e rispetto alla quale non è allegata alcuna specifica lesione della posizione soggettiva del ricorrente.

Va, poi, respinta la domanda risarcitoria, non essendo stata fornita la prova di alcun danno per effetto dell’adozione dell’impugnato provvedimento.

In conclusione il ricorso va accolto in parte, limitatamente alla dedotta violazione delle distanze minime dal confine di proprietà della rampa di scale assentita con l’impugnata concessione edilizia, e, per l’effetto, il provvedimento va annullato in parte qua.

La parziale soccombenza e la particolarità della questione trattata giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato nei limiti e nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Antonio Esposito, Presidente

Francesco Gaudieri, Consigliere

Anna Maria Verlengia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)