TAR Liguria, Sez. I, n. 188, del 5 febbraio 2014
Urbanistica.Legittimità decreto dirigenziale provinciale, di annullamento D.I.A. per la realizzazione di stazione di distribuzione carburanti
La norma dell’art. 2 comma 1 bis d.lgs. 32\1998 va letta non certo nel senso di consentire un'immunità totale dall'applicazione delle ulteriori regole dettate in sede di pianificazione. Quindi, in tale ottica il d.lg. n. 32/1998 si limita a prevedere la compatibilità funzionale degli impianti di carburante con le diverse parti del territorio comunale, ad eccezione di quelle comprese in zona territoriale omogenea A ovvero soggette a particolari vincoli paesaggistici, ambientali o monumentali (art. 2 comma 1 bis), con l'effetto che essi non devono di necessità essere collocati in zona territoriale omogenea a destinazione industriale. Ciò non esclude tuttavia la permanenza di un potere di regolamentazione urbanistica in materia, cosicché resta possibile opporre l'incompatibilità dell'intervento con le disposizioni edilizie del piano regolatore, le prescrizioni sulla sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, le norme di tutela dei beni storici e artistici e le norme di indirizzo programmatico delle regioni; è infatti salva la potestà comunale di individuare le caratteristiche delle aree sulle quali possono essere realizzati tali impianti. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
00188/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01310/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1310 del 2012, proposto da:
Europam Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Alberto Ricci, Giovanni Acquarone, con domicilio eletto presso Giovanni Acquarone in Genova, via Corsica 21/18-20;
contro
Provincia di Savona, rappresentato e difeso dagli avv. Gianluca Ercole, Roberto Massa, con domicilio eletto presso Antonello Negro in Genova, via Colombo, 12/14; Comune di Altare, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Romani, con domicilio eletto presso Vanessa Perdelli in Genova, via Roma 4/3; Regione Liguria;
nei confronti di
Gilda Vignaga; Vilma Briano, rappresentato e difeso dagli avv. Cristina Lazzarini, Walter Lagana', con domicilio eletto presso Michela Rapetto in Cogoleto, via degli Agnese, 9/1;
per l'annullamento
decreto dirigenziale provinciale, datato 10\10\2012, recante annullamento denuncia di inizio attività per la realizzazione di stazione di distribuzione carburanti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Savona e di Comune di Altare e di Vilma Briano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2014 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame introduttivo del giudizio la società odierna ricorrente impugnava il provvedimento di cui in epigrafe, recante annullamento da parte della Provincia - ex art. 53 l.r. 16\2008 - della d.i.a. a suo tempo presentata dalla stessa società per la realizzazione di una stazione di distribuzione carburanti.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, agli atti impugnati si muovevano le seguenti censure:
- violazione degli artt. 3 e 10 t.u. edilizia e 4 l.r. 29\2002, in quanto gli interventi, qualificabili di ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria, ben potevano realizzarsi con dia;
- violazione degli artt. 2 comma 1 bis d.lgs. 32\1998, 1, 11, 20 e 32 nta prg, eccesso di potere difetto di motivazione ed istruttoria, essendo consentiti dalla pianificazione vigente i servizi pubblici e, in ogni caso, essendo i distributori di carburante compatibili con ogni destinazione urbanistica;
- analoghi vizi di cui al primo motivo, per gli impianti tecnici (autolavaggio, serbatoi ecc), realizzabili con dia;
- analoghi vizi per sussistenza della dotazione parcheggi e delle distanze minime necessarie tra autolavaggio e fabbricato;
- violazione degli artt 21 nonies l. 241\1990 e 53 comma 2 l.r. 16\2008, difetto e perplessità delal motivazione relativa al necessario interesse pubblico ulteriore.
L’amministrazione provinciale intimata e la parte controinteressata si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame. Il Comune si costituiva e svolgeva difese a sostegno della fondatezza del gravame.
All’udienza del 30\1\2014 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. La presente controversia, come emerge dalla narrativa in fatto, concerne la contestazione dell’esercizio del potere di annullamento del titolo edilizio da parte della Provincia, sia in ordine alla presunta insussistenza dei vizi di legittimità rilevati dalla Provincia, sia relativamente alla contestazione del necessario interesse pubblico ulteriore.
2. Le posizioni espresse dalle parti e la natura delle censure dedotte impongono un breve inquadramento della problematica all’esame del Collegio. In generale, in materia la sezione ha già avuto modo di approfondire il tema del delicato esercizio del potere di annullamento straordinario, evidenziando (cfr. ad es. sent n. 161\2012 e 969\2013) che la normativa urbanistico- edilizia rientra nella materia "governo del territorio", attribuita alla potestà legislativa concorrente delle regioni (art. 117 comma 3, cost.), nulla si oppone a che tale normativa (nella specie, gli art. 39, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e 53, l. reg. Liguria 6 giugno 2008 n. 16) preveda la possibilità di un intervento della regione - o di un ente da questa delegato come nella specie la Provincia - al fine di assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, come in tema di annullamento straordinario, sulla base del principio di adeguatezza (stante la dimensione regionale dell'ordinamento urbanistico-edilizio).
Sempre a fini di delimitazione del potere esercitato dalla Provincia, va ribadito che lo stesso è ben diverso dalla generale funzione di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia riordinata nel titolo IV t.u. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 attuato in Liguria con la l.r. 16\2008, spettante esclusivamente al Comune, che ha il potere dovere di vigilanza ed eventuale repressione sull'attività urbanistico-edilizia svolta all'interno del territorio comunale, e non anche alla Regione (ovvero alla Provincia nella Regione Liguria), alla quale è attribuito soltanto l'esercizio dello specifico potere sostitutivo di cui all'art. 39, cit. d.P.R. n. 380 del 2001, limitato all'annullamento delle deliberazioni e dei provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione (cfr. ad es. CdS n. 5409\2009).
In termini di inquadramento del potere di annullamento in questione rispetto a figure più generali, va altresì distinto il potere generale ex art. 21 nonies l. n. 241 del 1990 (erroneamente invocato con uno specifico motivo di gravame) da quello in questione, risultando il primo esercizio di un potere di autotutela, cioè di autoannullamento degli atti illegittimi, il cui esercizio va interpretato alla luce di una serie di fattori, tra cui altresì la concorrente e distinta previsione di (etero)annullamento di cui all'art. 39 cit. che attribuisce alle Regioni (cioè ad un organismo diverso da quello che ha adottato l’atto) il potere di annullare i titoli edilizi illegittimi rilasciati dai Comuni entro dieci anni dalla loro adozione. Altri fattori da valutare in relazione all’autoannullamento, distinto da quello in esame appunto, sono: la tutela dei controinteressati danneggiati dall'attività edilizia autorizzata con atti abilitativi illegittimi; l'affidamento che il destinatario del provvedimento favorevole ha maturato circa il consolidamento della propria posizione giuridica.
In termini di presupposti, la apparente difformità fra legge statale di principio e legge regionale è stata parimenti oggetto di inquadramento. La nozione di sostanziale interesse pubblico – di cui alla norma regionale, e parimenti oggetto di contestazione nella specie - è, per un verso, estranea alla norma statale ed alle generali figure del diritto amministrativo e, per un altro verso, non chiara nei propri presupposti. A quest’ultimo riguardo, o la nozione coincide con il corretto sviluppo del territorio, ma ciò nulla aggiungerebbe rispetto al presupposto giuridico della non conformità del titolo assentito alla disciplina urbanistico edilizia vigente, ovvero costituisce una diversa denominazione del c.d. interesse pubblico ulteriore, presupposto tradizionale del potere di annullamento in autotutela. Se è pur vero che la norma regionale costituisce diretta attuazione di quella statale, come manifestato letteralmente dallo stesso disposto normativo, la previsione di un interesse pubblico ulteriore può reputarsi esercizio, esteso ai massimi livelli ammissibili, di specificazione e chiarimento del potere di annullamento ex art. 39 cit., essendo ragionevole che la lesione dell’affidamento ingenerato dal rilascio dei titoli sia accompagnata dalla esplicazione di interessi pubblici ulteriori rispetto alla sola diversa interpretazione del dato normativo urbanistico edilizio, specie rispetto alla sempre crescente complessità di quest’ultimo, come emerge anche dalla presente fattispecie in ordine, ad esempio, alla qualificazione come ristrutturazione ovvero alla interpretazione della pianificazione e delle destinazioni ammesse.
3. Passando all’analisi del merito della controversia in esame, sulla scorta delle predette coordinate di principio, nella specie l’annullamento provinciale in contestazione risulta essersi basato sui seguenti vizi di legittimità: contrasto con la pianificazione in assenza nella zona di interesse della destinazione d’uso che comprende la realizzazione di impianti di carburante, per i quali è prevista la destinazione di una zona specifica; contrasto con la specifica destinazione residenziale dell’area interessata; contrasto della volumetria a servizio con la pianificazione; contrasto con le tabelle di zona, in specie per mancanza delle dotazioni di parcheggi nonché per violazione della distanza minima fissata in mt. 8.50 della struttura destinata all’autolavaggio rispetto al fabbricato posto a nord ovest; contrasto con la norma regionale che consente la dia solo per le ristrutturazioni, mentre qui mancavano i presupposti della fedele ricostruzione, del mantenimento dello stesso sedime nonché a causa delle modifiche apportate alla sagoma preesistente.
Inoltre, l’annullamento ha individuato il predetto necessario interesse pubblico ulteriore nei seguenti termini: salvaguardia della destinazione residenziale; lesione delle finalità normative tese a garantire il rispetto del concetto di ristrutturazione edilizia; elusione della finalità di garantire il reperimento dei servizi pubblici, causata dalla mancata richiesta del pagamento degli oneri conseguente all’ammissione di dia; esigenza di garantire il rispetto delle norme sanitarie in tema di distanze minime dei fabbricati residenziali da impianti potenzialmente lesivi; evitare il consolidamento di una situazione lesiva del corretto assetto urbanistico della zona residenziale, sulla scorta delle prescrizioni e degli obiettivi della pianificazione.
Invero, se la lettura dell’atto finale del procedimento provinciale può far sorgere perplessità in ordine al permanere di tutti i vizi contestati (cfr. in specie sub punto 1 pag 3 del decreto impugnato, a mente del quale si intende accogliere solo parzialmente le controdeduzioni presentate da Europam, senza peraltro indicare quali), peraltro ciò non può avere ulteriori ripercussioni a fronte, sia della mancata esplicazione di quali siano le parziali condivisioni, sia della riproposizione espressa nello stesso decreto di tutti i vizi individuati a livello tecnico dal voto del ctu, sia soprattutto dinanzi della mancata censura di tale perplessità.
4. Prima di analizzare nel dettaglio le censure dedotte, va ribadito il consolidato principio a mente del quale, se il provvedimento impugnato si fonda su una pluralità di autonomi motivi, la legittimità di uno solo di essi è sufficiente a sorreggerlo, senza rendere necessaria l'indagine sull'eventuale illegittimità degli altri motivi di ricorso.
4.1 Nella specie, a fronte della definizione di ristrutturazione vigente all’epoca – quindi anteriormente alle modifiche di cui all’art. 30 d.l. 69 del 2013 – appare in tale ottica sufficiente la contestazione oggetto del primo motivo di gravame. In linea di fatto è pacifico che nel caso in esame l’intervento oggetto di d.i.a. abbia comportato il coinvolgimento di una diversa area di sedime per la ricostruzione dei volumi oggetto di demolizione e riedificazione, nonché la diversità di sagoma degli stessi; il tutto accompagnato dalla realizzazione ex novo di impianti di rilievo ed ingombro urbanistico – edilizio, in specie in tema di distanze e di rispetto della normativa dettata a tutela della salubrità, quali l’autolavaggio ed il serbatoio.
In linea di diritto, secondo la opinione prevalente condivisa dal Collegio già in base alla legge statale previgente ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 il concetto di ristrutturazione edilizia comprendeva la demolizione e ricostruzione di un organismo edilizio con la stessa volumetria e sagoma, della quale ultima devono essere rispettate quantomeno le linee essenziali della sagoma; inoltre è necessaria l'identità della complessiva volumetria del fabbricato e, per l'area di sedime, che il fabbricato occupi la stessa area e sorga sulla stessa superficie utilizzata dal precedente senza compromettere un territorio diverso, coerentemente con la ratio di recupero del patrimonio esistente (cfr. ex multis CdS 2972\2013). Inoltre, anche aderendo ad un’opzione ermeneutica meno rigorosa, nell’ambito della propria autonomia (garantita dallo stesso testo unico in tema di ampliamento o riduzione degli interventi assoggettabili a d.i.a. – cfr. art. 22 comma 4) il legislatore regionale vigente all’epoca della d.i.a. in esame (oggetto di puntuale applicazione nel provvedimento impugnato) limitava l’ammissibilità di tale strumento per la “ristrutturazione edilizia, comprensiva della demolizione e ricostruzione sullo stesso sedime, che non comportino modifiche della sagoma (intendendosi per tale il profilo della costruzione sia in pianta che in elevazione comprensivo di tutti gli elementi aggettanti).”
La sezione ha già avuto modo di evidenziare che in caso di resistenza anche di un solo motivo ostativo, può prescindersi dall'esame dei motivi relativi agli ulteriori profili motivazionali dell'atto gravato, non avendovi parte ricorrente più interesse, posto che, seppure tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l'interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento del provvedimento impugnato, che resterebbe comunque supportato dall'autonomo motivo riconosciuto sussistente (cfr. sent 1492\2013).
Peraltro, anche volendo in ipotesi superare tale rigoroso orientamento per ragioni di completezza di esame (stante il sopravvenire di nuove norme in tema di ristrutturazione, sia a livello regionale – non oggetto di esame e richiamo delle parti – che statale) e di garanzia del doppio grado eventuale di giudizio, nella specie resistono alle censure dedotte anche gli ulteriori motivi di gravame: sia con riferimento alla mancata dimostrazione degli standards di parcheggio che alla violazione delle relative distanze; sia con riferimento al contrasto con la pianificazione vigente per ciò che concerne gli impianti quale quello oggetto della dia annullata.
4.2 Sotto il primo profilo, la qualificazione predetta e le puntuali contestazioni poste a base del decreto impugnato trovano conferma dalle considerazioni che precedono in tema di qualificazione dell’intervento nonché dall’analisi delle tavole progettuali; né sul punto può aderirsi al tentativo di inversione dell’onere della prova di parte ricorrente, che in sede di deduzione del motivo in esame si è limitata a generica contestazioni, rinviando ai poteri istruttori d’ufficio del Giudice: questi ultimi infatti possono concernere il completamento dell’istruttoria, non certo l’integrazione della deduzione, del tutto carente nella specie sul punto in questione.
4.3 Sotto il secondo profilo, nel contrasto giurisprudenziale ipotizzato dalle parti intorno all’interpretazione della norma invocata (art. 2 comma 1 bis d.lgs. 32\1998), va seguita l’opzione ermeneutica più ragionevole e bilanciata fra i contrapposti interessi, conforme quindi a Costituzione.
Nel caso de quo occorre partire dal dato pianificatorio in esame, a mente del quale è pacifico la non conformità del progetto presentato; come ben evidenziato dalla Provincia, infatti, la previsione generale di cui all’art. 11 risulta superata dalla specifica previsione, per la zona in questione, di cui all’art. 32, il quale pone dei limiti alla specifica delimitazione delle aree in cui introdurre servizi pubblici agli impianti di cui ai nn. 3 4 e 5, escludendo quindi espressamente il punto 1 concernente i distributori di carburante. Tale specifico limite appare oltretutto in grado di integrare quelle possibili limitazioni specifiche per ragioni di interesse pubblico – non necessitanti di puntuali motivazioni diverse dalle linee del piano, secondo i noti e consolidati principi in tema di scelte pianificatorie – ammesse in materia.
Occorre comunque spostare l’analisi in merito alla conformità della previsione pianificatoria oggetto di applicazione rispetto al dato normativo invocato. Come noto, la norma predetta statuisce quanto segue: “1- bis . La localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A”. A propria volta, il successivo comma 2 bis consente il tacito connesso rilascio di titolo edilizio – oltre all’autorizzazione all’installazione dell’impianto – “qualora il progetto presentato sia conforme alle prescrizioni previste dagli strumenti urbanistici vigenti per quella specifica area”.
Invero, la lettura di carattere assolutistico della previsione di cui al comma 1 bis, perorata da parte ricorrente, appare di dubbia ammissibilità costituzionale, anche in considerazione del fatto che la stessa non risulta prevedere possibili limitazioni a tutela di interessi di sanitari ovvero di salubrità ambientale. In tale ottica, la corretta lettura del comma 1 bis (infatti aggiunto ex post) impone di esaminare l’intera norma, che comprende il richiamato passaggio al comma 2 bis.
In tale direzione, pur dinanzi al dato normativo letterale astratto di cui al solo comma 1 bis, la giurisprudenza ha chiarito che la normativa richiamata va letta "non certo nel senso di consentire un'immunità totale dall'applicazione delle ulteriori regole dettate in sede di pianificazione" (Cons. Stato, sez. 5^, 13 novembre 2009, n. 7096). Quindi, in tale ottica il d.lg. n. 32 del 1998 si limita a prevedere la compatibilità funzionale degli impianti di carburante con le diverse parti del territorio comunale, ad eccezione di quelle comprese in zona territoriale omogenea A ovvero soggette a particolari vincoli paesaggistici, ambientali o monumentali (art. 2 comma 1 bis), con l'effetto che essi non devono di necessità essere collocati in zona territoriale omogenea a destinazione industriale. Ciò non esclude tuttavia la permanenza di un potere di regolamentazione urbanistica in materia, cosicché resta possibile opporre l'incompatibilità dell'intervento con le disposizioni edilizie del piano regolatore, le prescrizioni sulla sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, le norme di tutela dei beni storici e artistici e le norme di indirizzo programmatico delle regioni; è infatti salva la potestà comunale di individuare le caratteristiche delle aree sulle quali possono essere realizzati tali impianti (cfr. ad es. Tar Toscana 1193\2013).
Il significato dell'art. 2 comma 1 bis, in esame è quindi quello secondo cui è in facoltà degli enti locali consentire, in sede di pianificazione della rete, la localizzazione dei nuovi impianti anche nelle zone del p.r.g. soggette a diversa destinazione, purché non sottoposte a particolari vincoli. La norma rimette espressamente ai Comuni e, in via sostitutiva alle Regioni, il compito di definire i requisiti e le caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati gli impianti di distribuzione di carburante proprio al fine di raccordare la disciplina di settore con la normativa urbanistica locale (cfr. ad es. Tar Campania 3750\2012, Consiglio di Stato, Sez. V, 13 dicembre 2006 n. 7377 e 9 giugno 2008 n. 2857).
Si configura un potere conformativo di tipo particolare rispetto all'ambito esclusivamente urbanistico, affidando ai Comuni il compito di definire i criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree su cui possono essere installati gli impianti di distribuzione di carburanti, con un apposito atto di raccordo con la disciplina urbanistica, in modo da consentire la razionalizzazione della rete di distribuzione e la semplificazione del procedimento di autorizzazione di nuovi impianti su aree private. Pertanto, il significato della norma è quello secondo cui è in facoltà degli Enti locali consentire, in sede di pianificazione della rete, la localizzazione di nuovi impianti anche nelle zone del P.G.R. soggette a diversa destinazione, purché non sottoposte a particolari vincoli, e fatto salvo il potere pianificatorio per motivi di interesse pubblico allo stesso connessi. Ciò quindi non può portarsi alle estreme conseguenze di escludere qualsiasi ulteriore potere pianificatorio in materia ai Comuni, non essendo ammissibile reputare (utilizzando le parole della giurisprudenza condivisa) consentita un'immunità totale dall'applicazione delle ulteriori regole dettate in sede di pianificazione.
4.4 Analoghe conclusioni negative riguardano poi l’ultimo motivo di gravame, teso a contestare la sussistenza della motivazione circa l’esplicazione dell’interesse pubblico ulteriore, necessario per sostenere l’annullamento straordinario in questione.
In proposito, se alcune perplessità possono sorgere per quei passaggi che richiamano il necessario rispetto della disciplina edilizia e pianificatoria vigente, pienamente coincidenti – nei limiti del sindacato proprio del presente giudizio di legittimità – con la nozione di interesse pubblico ulteriore appaiono gli ulteriori passaggi (cfr. pag 3 in fondo e 4 in cima del decreto impugnato: elusione della finalità di garantire il reperimento dei servizi pubblici, causata dalla mancata richiesta del pagamento degli oneri conseguente all’ammissione di dia; esigenza di garantire il rispetto delle norme sanitarie in tema di distanze minime dei fabbricati residenziali da impianti potenzialmente lesivi; evitare il consolidamento di una situazione lesiva del corretto assetto urbanistico della zona residenziale, sulla scorta delle prescrizioni e degli obiettivi della pianificazione); infatti, tali passaggi danno espressa indicazione dei fini perseguiti e delle valutazioni svolte le quali, scevre da travisamento di fatti o manifesta irragionevolezza, resistono alle censure dedotte in termini compatibili coi limiti del presente sindacato.
5. Sussistono giusti motivi, anche a fronte dei dubbi interpretativi che hanno portato a diversi approdi le amministrazioni provinciale e comunale, per compensare fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Santo Balba, Presidente
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
Luca Morbelli, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)