Cons. Stato Sez. V sent. 670 del 10 febbraio 2010
Rumore. Esercizio infrastruttura autostradale

La circostanza che solo con la legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico) il legislatore abbia puntualmente disciplinato anche il fenomeno dell’inquinamento acustico derivante dall’esercizio di una infrastruttura autostradale, collocando espressamente tra le sorgenti sonore fisse proprio le infrastrutture stradali, non costituisce alcun ragionevole prova del fatto che precedentemente non potesse essere ammessa la tutela della salute dall’inquinamento acustico derivante dall’esercizio di una infrastruttura stradale: una simile conclusione sarebbe invero irragionevole ed inammissibile, perché in stridente ed insanabile contrasto con la previsione costituzionale della tutela della salute. In realtà deve ragionevolmente sostenersi che con la nuova normativa il legislatore, prendendo atto del rilievo assunto dal fenomeno dell’inquinamento acustico e della necessità di apprestare le più opportune misure di tutela, anche di natura preventiva, abbia inteso colmare le lacune della precedente normativa, inserendo espressamente nell’ambito delle “sorgenti sonore fisse” anche le infrastrutture stradali, così, per un verso, eliminando ogni problema interpretativo per il futuro, ma contemporaneamente dando sostanzialmente atto della correttezza della interpretazione estensiva della stessa espressione, contenuta nell’articolo 6 del D.P.C.M. 1° marzo 1991, come comprensiva anche delle infrastrutture autostradali: ciò del resto conformemente alle stesse finalità del ricordato D.P.C.M. che significativamente aveva ad oggetto “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni”.
REPUBBLICA ITALIANA


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5904 del 1998, proposto da:
S.P.A. AUTOCAMIONALE DELLA CISA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Chierroni, con il quale è elettivamente domiciliata presso Gian Marco Grez in Roma, Corso V.Emanuele II, n.18;

contro

COMUNE DI PODENZANA, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA - FIRENZE :Sezione II n. 00818/1997, resa tra le parti, concernente INTERVENTI PER ABBATTIMENTO DEI RUMORI SU TRATTO AUTOSTRADA.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2009 il consigliere Carlo Saltelli e uditi per l’appellante l’avvocato Chierroni;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO


Il Sindaco del Comune di Podenzana, con provvedimento prot. 2312 del 4 luglio 1995 ordinava, ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dell’articolo 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, alla società Autocamionale della Cisa S.p.A., concessionaria dell’A.N.AS. per la costruzione, manutenzione e gestione dell’autostrada A/15 Parma – La Spezia, di installare barriere fonoassorbenti nei tratti dell’Autostrada A/15 interessanti il territorio comunale, indicati in rosso nella planimetria allegata al provvedimento, e di asfaltarli, utilizzando composti atti a ridurre il livello di rumorosità causato dal traffico veicolare: ciò in quanto, a seguito degli esposti di alcuni cittadini (abitanti nelle località di Bagni e Villargentina o Cà del Bosco di Podenzana) e dei conseguenti rilievi effettuati dall’Unità Sanitaria Locale n. 1° Lunigiana, era emersa la violazione dei limiti di rumorosità (di 55 d.b.a. diurno e 45 d.b.a. notturno) stabiliti dalla zonizzazione effettuata dal comune ai sensi del D.P.C.M. 1° marzo 1991 e dalle linee guida della Regione Toscana (di cui alla decisione n. 488 del 25 gennaio 1993), con conseguente pregiudizio della salute per l’elevato inquinamento acustico.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, con la sentenza n. 818 del 17 dicembre 1997, respingeva il ricorso proposto dalla società Autocamionale della Cisa S.p.A., ritenendo l’impugnata ordinanza sindacale immune dai vizi denunziati, incentrati sulla violazione di legge con riferimento agli artt. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e 23 della Costituzione; sull’eccesso di potere per difetto di motivazione sui presupposti del provvedimento e per la erroneità del presupposto per inapplicabilità al caso degli standards fissati alla stregua del D.P.C.M. 1.3.1991, oltre che per difetto di istruttoria, con conseguente illogicità e difetto di funzionalità.

Con atto di appello notificato il 16 giugno 1998, la società Autocamionale della Cisa S.p.A. chiedeva la riforma della predetta sentenza, lamentandone la erroneità alla stregua di tre motivi di gravame, con i quali venivano sostanzialmente riproposte le censure sollevate in primo grado, secondo l’appellante, malamente apprezzate ed inopinatamente respinte, con motivazione carente, contraddittoria, illogica e non condivisibile.

Il Comune di Podenzana, al quale il gravame veniva ritualmente e tempestivamente notificato, non si costituiva in giudizio.

Con ordinanza n. 1431 del 28 luglio 1998 veniva accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, ai fini del riesame del provvedimento impugnato alla luce delle nuove disposizioni dettate dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447.

Il ricorso veniva discusso all’udienza del 17 novembre 2009, ed il collegio se ne riservava la decisione.


DIRITTO


I. I motivi di appello, che per la loro intima connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e devono essere respinti.

I.1. Occorre premettere che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la potestà del sindaco di adottare, quale ufficiale di Governo, provvedimenti contingibili ed urgenti è strettamente finalizzata a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini: il potere di urgenza può essere esercitato infatti solo per affrontare situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall'ordinamento giuridico (Cons. Stato, IV, 24 marzo 2006, n. 1537) e unicamente in presenza di un preventivo e puntuale accertamento della situazione, che deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni (Cons. Stato, sez. VI, 05 settembre 2005, n. 4525).

Sebbene gli anzidetti presupposti non ricorrano allorquando il sindaco possa fronteggiare o prevenire la situazione attraverso l’uso dei normali strumenti apprestati dall'ordinamento (V, 11 dicembre 2007, n. 6366), è stato tuttavia precisato che ai fini della legittimità dell’ordinanza contingibile è necessario e sufficiente la sussistenza e l’attualità del pericolo, cioè il rischio concreto di un danno grave ed imminente per la salute, a nulla rilevando che la situazione di pericolo fosse nota da tempo (C.d.S., sez. IV, 25 settembre 2006, n. 5639; sez. V, 28 marzo 2008, n. 1322), aggiungendosi poi che con i provvedimenti in esame non solo può porsi rimedio ai danni già verificatisi, ma si possono anche prevenire possibili danni futuri (C.d.S., sez. V, 7 aprile 2003, n. 1831).

Quanto al profilo della contingibilità, la giurisprudenza ha osservato che l'intervento disposto con l’ordinanza sindacale non deve avere necessariamente il carattere della provvisorietà, giacché il suo connotato peculiare è l'adeguatezza della misura a far fronte alla situazione determinata dall'evento straordinario, il che non rende possibile la fissazione astratta di un rigido parametro di valutazione, imponendo invece la valutazione in concreto della soluzione adottata in ragione della natura del rischio da fronteggiare (C.d.S., sez. V, 9 febbraio 2001, n. 580; sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4402; 16 ottobre 2003, n. 6168).

I.2. Ciò premesso, la Sezione è dell’avviso che, diversamente da quanto sostenuto dalla società appellante, correttamente il sindaco del Comune di Podenzana abbia emanato l’ordinanza n. 7 del 4 luglio 1995, sussistendone i presupposti dell’urgenza di provvedere e della contingibilità, a tutela della salute pubblica, con specifico riguardo all’inquinamento acustico derivante dall’esercizio dell’autostrada.

I.2.1. Innanzitutto non è revocabile in dubbio che, indipendentemente dall’occasione che ha sollecitato i poteri di istruttoria e di verifica della situazione di nocumento alla salute pubblica (occasione che, come si ricava dalla motivazione del provvedimento impugnata, è stata determinata dagli esposti di alcuni cittadini), l’esistenza di una effettiva situazione di inquinamento acustico è stata accertata attraverso vari rilievi fonometrici effettuati dal Servizio Igiene e Prevenzione dell’Unità Sanitaria Locale n. 1 della Lunigiana, da cui è emersa la violazione dei limiti di 55 d.b.a. diurno e di 45 d.b.a. notturno, stabilito dalla zonizzazione effettuata dall’amministrazione comunale ai sensi del D.P.C.M. 1° marzo 1991 e dalle linee giuda regionali (di cui alla decisione n. 488 del 25 gennaio 1993).

I risultati di tali rilievi, della cui correttezza non è dato ragionevolmente dubitare, provenendo da una competente struttura pubblica, non sono stati, peraltro, neppure contestati dalla società appellante, la quale, invero, ha opposto l’inapplicabilità al caso di specie della normativa di cui al richiamato D.P.C.M. 1° marzo 1991, adducendo che i limiti ivi indicati riguardavano le “sorgenti sonore fisse”, tra cui non potevano collocarsi le autostrade, che di per sé non erano fonti di rumore (quest’ultimo provenendo in realtà dagli automezzi che transitavano sull’autostrada), tant’è che solo con legge 26 ottobre 1995, n. 447 (cioè successivamente all’adozione del provvedimento contestato), era stata puntualmente disciplinata la delicata tematica della tutela dal rumore proveniente anche dalle infrastrutture autostradali (escludendo, tra l’altro, espressamente per esse l’applicabilità del citato D.P.C.M. 1° marzo 1991).

La suggestiva argomentazione non è tuttavia meritevole di favorevole considerazione.

La circostanza che solo con la legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull’inquinamento acustico) il legislatore abbia puntualmente disciplinato anche il fenomeno dell’inquinamento acustico derivante dall’esercizio di una infrastruttura autostradale, collocando espressamente tra le sorgenti sonore fisse proprio le infrastrutture stradali, non costituisce alcun ragionevole prova del fatto che precedentemente non potesse essere ammessa la tutela della salute dall’inquinamento acustico derivante dall’esercizio di una infrastruttura stradale: una simile conclusione sarebbe invero irragionevole ed inammissibile, perché in stridente ed insanabile contrasto con la previsione costituzionale della tutela della salute.

In realtà deve ragionevolmente sostenersi che con la nuova normativa il legislatore, prendendo atto del rilievo assunto dal fenomeno dell’inquinamento acustico e della necessità di apprestare le più opportune misure di tutela, anche di natura preventiva, abbia inteso colmare le lacune della precedente normativa, inserendo espressamente nell’ambito delle “sorgenti sonore fisse” anche le infrastrutture stradali, così, per un verso, eliminando ogni problema interpretativo per il futuro, ma contemporaneamente dando sostanzialmente atto della correttezza della interpretazione estensiva della stessa espressione, contenuta nell’articolo 6 del D.P.C.M. 1° marzo 1991, come comprensiva anche delle infrastrutture autostradali: ciò del resto conformemente alle stesse finalità del ricordato D.P.C.M. che significativamente aveva ad oggetto “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e negli ambienti esterni”.

Né alcun rilievo ai fini della legittimità del provvedimento impugnato assume la sentenza della Corte Costituzionale n. 517 del 30 dicembre 1991.

Occupandosi proprio della legittimità del D.P.C.M. 1° marzo 1991, la Corte ha dichiarato, per un verso, spettare allo Stato di adottare, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, proprio le disposizioni contenute negli articoli 1, quarto comma, 2, 3, primo comma, prima proposizione, e, per altro verso, non spettare allo Stato di adottare, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in mancanza di apposita copertura legislativa, le disposizioni contenute nell’art. 3, primo comma, seconda e terza proposizione, nonché dagli artt. 4 e 5, annullandole.

Sennonchè tale annullamento non ha travolto né l’articolo 2 (secondo cui, per quanto qui interessa – comma 1 -“ai fini della determinazione dei limiti massimi dei livelli sonori equivalenti, i comuni adottano la classificazione in zone riportata nella tabella 1. I limiti massimi dei livelli sonori equivalenti, fissati in relazione alla diversa destinazione d’uso nel territorio, sono indicati nella tabella 2”), né l’articolo 6 che fissa i limiti di accettabilità per le sorgenti sonore, nell’attesa della suddivisione del territorio comunale nelle zone di cui alla tabella 1, potendo pertanto escludersi qualsiasi vizio di legittimità del provvedimento impugnato derivante dall’avvenuta zonizzazione del Comune, laddove l’eventuale illegittimità delle linee guida regionali non è di per sé idonea e sufficiente a travolgere l’intero provvedimento: ciò in omaggio al principio della nullità parziale (vitiatur, sed non vitiat) e della conservazione degli atti giuridici, anche senza tale presupposto il provvedimento essendo del tutto idoneo e capace di conseguire gli effetti suoi propri.

L’accertata esistenza della situazione di pericolo per la salute pubblica a causa dell’inquinamento acustico derivante dall’esercizio dell’autostrada integrava sicuramente il presupposto dell’urgenza di provvedere.

I.2.2. Con riguardo al presupposto della contigibilità, la Sezione deve rilevare che la società appellante non ha contestato né che il Sindaco poteva adottare rimedi diversi da quelli concretamente indicati nell’ordinanza impugnata (installazione di barriere fonoassorbenti e asfaltatura dei tratti autostradali interessanti il comune di Podenzana), né che gli stessi fossero inadatti allo scopo perseguiti, limitandosi ad eccepire, per un verso, di non poter eseguire gli interventi in ragione della sua qualità di concessionaria dell’A.N.A.S., a suo dire unico soggetto legittimato ad autorizzare l’esecuzione dei predetti interventi, e, per altro verso, che l’inquinamento acustico non proveniva neppure direttamente o esclusivamente dall’esercizio dell’infrastrutturale autostradale.

Anche tali argomentazioni non sono idonee a fondare un giudizio di illegittimità del provvedimento impugnato.

E’ sufficiente al riguardo rilevare innanzitutto che le problematiche attinenti ai rapporti concessori tra la società appellante, quale concessionaria dell’autostrada A/15, e l’A.N.A.S. circa i tempi, le modalità e, soprattutto, la eventuale ripartizione dell’onere finanziario, per l’esecuzione delle opere idonee ad eliminare, prevenire o quanto meno a limitare i danni alla salute pubblica derivanti dall’inquinamento acustico per l’esercizio dell’autostrada sono assolutamente irrilevanti, non potendo ammettersi che la tutela della salute pubblica possa essere in qualche modo limitata da questioni di carattere economico – finanziario; tanto più che, come si è avuto modo di rilevare che non è stata provata l’erroneità degli accertamenti compiuti dall’U.S.L. n. 1 Lunigiana e non è stata neppure dedotta la eventuale inidoneità delle misure individuate nell’ordinanza sindacale. Comunque è propria della natura contigibile ed urgente della ordinanza che siano destinatari di essa non solo e non tanto i titolari dei diritti sule cose oggetto del’ordinanza, quanto coloro che si trovino nelle miglio cose per intervenire ai fine di porre rimedio al pericolo evidenziato. Nel caso di specie, quindi, legittimamente la ordinanza è stata diretta al gestore del’autostrada e non al titolare, salvo il diritto di rivalsa per il costo degli interventi operati.

La circostanza poi che la fonte dell’accertato inquinamento acustico non sarebbe ricollegabile soltanto all’esercizio della infrastruttura autostradale, ma anche alla vicina strada comunale, così come ha affermato il consulente di parte appellante in un’apposita relazione, non inficia il provvedimento impugnato, sia perché non esclude che le fonti di rumore provengano anche dell’infrastruttura stradale, sia perché è più che ragionevole ritenere che, secondo l’id quod plerumque accidit, la maggior parte della rumorosità provenga proprio dall’infrastruttura autostradale, così che la sua diminuzione è idonea ad evitare il superamento dei limiti di tollerabilità.

E’ appena il caso di rilevare che sono del tutto inaccettabili le osservazioni contenute nella ricordata relazione di parte circa i rischi che deriverebbero dall’installazione delle barriere antirumore per la loro possibile caduta, essendo del tutto evidente che tale rischio attiene non alla misura ritenuta dal sindaco idonea ad eliminare l’inquinamento acustico, quanto piuttosto alla sua materiale sistemazione che deve avvenire nel rispetto delle norme tecniche e delle ordinarie misure di sicurezza, per evitare danni o pericolo di danni a persone o cose.

II. Alla stregua di tali osservazioni l’appello deve essere respinto.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione della parte appellata.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società Autocamionale della Cisa S.p.A. avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, n. 818 del 17 dicembre 1997, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2009 con l'intervento dei Signori:



Stenio Riccio, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere

Filoreto D'Agostino, Consigliere

Aniello Cerreto, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/02/2010