TAR Toscana, Sez. III, n. 177, del 27 gennaio 2014
Urbanistica.Agibilità e conformità edilizia
La giurisprudenza riferita all’art. 221 del r.d. n. 1265 del 1934 è esplicita nell’evidenziare che la funzione della licenza di agibilità, e l’interesse pubblico cui essa ha riguardo, attiene a profili della agibilità/abitabilità e non specificamente al profilo urbanistico. Ciò non esclude che la valutazione effettuata in sede di agibilità presupponesse anche una verifica di conformità edilizia, ma si tratta di una verifica edilizia funzionale al rilascio della agibilità e svolta quindi nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità; ben diverso e distinto è il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non appare ricavabile da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00177/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01565/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1565 del 2009, proposto da:
Nuova Legno Infissi Casa s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lamarmora, n. 14;
contro
Comune di Poggibonsi, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Golini, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Gino Capponi, n. 26;
per l'annullamento
del provvedimento dell’11.06.2009 con cui il Dirigente del Servizio edilizia privata dal Comune di Poggibonsi ha negato il rilascio del permesso di costruire di cui alla pratica edilizia n. 06/0881 (prot. n. 17707 del 11.06.2009), notificato in data 12/06/2009, delle successive note dello stesso Servizio del 17.04.2009 (prot. 11728 ) e del 03.07.2009 (prot. 19834) nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Poggibonsi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2014 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori A. Giglio delegata da D.M. Traina e M. Dell'Anno delegata da P. Golini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – Nel ricorso introduttivo del giudizio la società Nuova Legno Infissi Casa s.r.l. espone di essere proprietaria di un edificio destinato ad attività produttiva sito in Poggibonsi, località <Pian dei Piani>, il quale è frutto di una pluralità di interventi edilizi susseguitisi nel tempo a partire dagli anni ’70 del ‘900 e autorizzati da distinti provvedimenti abilitativi. Ciò a partire dalle licenze edilizie n. 4880 del 1970 e 5151 del 1971 rilasciate alla ditta Fattorini Piero, passando per la licenza edilizia n. 6207 del 1975 in favore della Legno Infissi s.r.l., di volturazione delle precedenti licenze, fino a giungere alle concessioni edilizie n. 30/6896 del 1977 e n. 349/7889 del 1978.
2 – Completati i lavori di realizzazione dell’edificio veniva svolto sopralluogo al fine del rilascio dell’autorizzazione all’agibilità ex art. 20 del R.E.C. e art. 221 del r.d. 27.07.1934, n. 1265, che conduceva al verbale congiunto dell’Ufficiale Sanitario e del Dirigente dell’Ufficio Tecnico comunale del 23.01.1980 (doc. 5 di parte ricorrente) e quindi all’autorizzazione di agibilità del fabbricato rilasciata dal Sindaco del Comune di Poggibonsi sempre in data 23.01.1980 (doc. 6).
3 – In data 18.01.2006 la società odierna ricorrente presentava al Comune di Poggibonsi richiesta di permesso di costruire per intervento di sostituzione edilizia ex art. 37 delle NTA del REC al fine di sostituire l’esistente complesso a destinazione produttiva con un nuovo complesso immobiliare a destinazione residenziale; seguiva il parere positivo con prescrizioni della C.E. del 28.11.2006, quindi la richiesta comunale di chiarimenti sulla volumetria complessiva dei fabbricati destinati alla demolizione del 10.10.2008 (doc. 8 di parte ricorrente), le deduzioni della ricorrente e il preavviso di diniego del permesso di costruire del 3.02.2009 (doc. 13), fondato sull’avvenuto computo nel calcolo della volumetria esistente anche di un volume non legittimamente assentito; parte ricorrente ulteriormente deduceva in data 13.02.2009 (doc. 14), evidenziando come la maggiore larghezza di soli 140 cm del fabbricato rispetto ai titoli abilitativi fosse comunque pienamente ammissibile e conteggiabile come volumetria assentita, in quanto sanata dall’autorizzazione sindacale all’agibilità; si giungeva quindi al provvedimento di rigetto della domanda prot. n. 17707 dell’11.06.2009 (doc. 1).
4 – Con il ricorso introduttivo del giudizio la società Nuova Legno Infissi Casa s.r.l. impugna il provvedimento di rigetto e gli atti connessi, come in epigrafe specificati, articolando nei loro confronti le seguenti censure:
- “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 delle NTA del R.U. del Comune di Poggibonsi. Violazione e/on falsa applicazione dell’art. 20 del Regolamento Edilizio del Comune di Poggibonsi. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 221 T.U. Leggi Sanitarie (r.d. 1265/1934). Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti, illogicità e ingiustizia manifesta”. La lieve difformità della larghezza del fabbricato era già emersa nel 1979 in sede di sopralluogo per il rilascio della licenza di abitabilità e tuttavia è stato rilasciato il nulla-osta propedeutico alla agibilità (doc. 5) e poi l’autorizzazione di agibilità (doc. 6); ai sensi dell’art. 20 del REC l’autorizzazione di agibilità presupponeva l’accertamento della legittimità urbanistica dell’immobile e l’art. 221 del TULS stabiliva che si autorizzasse l’agibilità dopo aver verificato che la costruzione è stata eseguita on conformità al progetto approvato; l’aver riscontrato alcune difformità e ciò nonostante aver rilasciato l’agibilità equivale ad implicita sanatoria;
- “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria”: si censura il difetto di motivazione per non aver l’Amministrazione chiarito in che cosa consiste la “evidente difformità” volumetrica accertata e rispetto a quali atti è stata evidenziata e non si è motivato sulle ragioni per le quali si è disatteso il parere positivo della C.E.
5 – Con ordinanza n. 823 del 22 ottobre 2009 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli atti gravati; la suddetta pronuncia cautelare è stata confermata dal Consiglio di Stato, sez. 4^, con ordinanza n. 296 del 20 gennaio 2010.
5 – In data 28.12.2009 il Comune di Poggibonsi si è costituito in giudizio per resistere al ricorso.
6 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 14 gennaio 2014, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
7 – Ai sensi dell’art. 37 delle NTA del Regolamento Urbanistico del Comune di Poggibonsi gli edifici industriali collocati in zona D5 sono soggetti a sostituzione mediante ristrutturazione urbanistica; è quindi possibile la sostituzione edilizia degli esistenti edifici industriali con nuovi complessi immobiliari a destinazione residenziale; il tutto però con il rispetto del limite volumetrico previsto dal comma 4 dell’art. 37 cit., a mente del quale “la volumetria massima ammissibile non potrà essere superiore al 38,5% di quella esistente regolarmente assistita”. Con riferimento alla richiamata previsione del RUC la società ricorrente presentava in data 18.10.2006 istanza di rilascio di permesso di costruire, per la realizzazione della sostituzione edilizia prevista dalla citata previsione urbanistica. All’esito del procedimento amministrativo l’Amministrazione comunale ha tuttavia respinto la suddetta istanza con la motivazione che “risulta una evidente difformità tra il calcolo volumetrico allegato alla presente richiesta ed il volume legittimante assentito, così come documentato negli atti autorizzativi dell’edificio in oggetto, ivi incluso il permesso a sanatoria n. 08/V029 del 05/09/2008 relativo al condono edilizio n. 86/1054”.
8 – Con il secondo mezzo di cui al ricorso in esame, che in ordine logico pare meritevole di preventivo scrutinio, la società ricorrente censura il provvedimento gravato per difetto di istruttoria e di motivazione, per non aver l’Amministrazione chiarito in che cosa consiste la “evidente difformità” volumetrica accertata e rispetto a quali atti è stata evidenziata e per non avere l’Amministrazione motivato sulle ragioni per le quali si è disatteso il parere positivo della C.E.
La censura è infondata.
Come già evidenziato, l’art. 37, comma 4, del RUC pone un limite quantitativo agli interventi di sostituzione edilizia ammissibili, limite che è dato dal rapporto percentuale tra volumetria esistente legittimante assentita e volumetria massima realizzabile a seguito dell’intervento di sostituzione (nel senso che la seconda non può essere superiore al 38,5% della prima). Il provvedimento gravato ha respinto l’istanza di permesso di costruire in applicazione della citata previsione regolamentare, evidenziando come si sia preso a base di calcolo, per determinare la volumetria ammissibile, un volume legittimamente assentito errato (si parla infatti di “evidente difformità tra il calcolo volumetrico allegato alla presente richiesta ed il volume legittimamente assentito”). Con la censura in esame parte ricorrente, in primo luogo, contesta la motivazione del gravato provvedimento, sul rilievo che “di questa <evidente difformità> non viene, però, indicata la reale consistenza, né con la necessaria precisione sono indicati gli atti e i documenti assunti a parametro di rifermento per la sua determinazione”. Osserva il Collegio che, dall’esame degli atti di svolgimento del procedimento, risulta invece che era ben chiaro alla parte istante quale fosse il problema di calcolo volumetrico posto dall’Amministrazione, così che essa ha potuto su tale profilo interloquire in sede amministrativa (oltre a dolersene in sede giudiziaria con la prima censura). È sufficiente sul punto richiamare la memoria partecipativa di parte istante del 13 febbraio 2009 (doc. 14 di parte ricorrente), presentata a seguito della comunicazione dei motivi ostativi, ove la stessa evidenzia di aver ben conoscenza sia del profilo dimensionale sia degli atti da cui il problema di volumetria sorge (ivi si legge, infatti, che dalla ricostruzione operata dall’Amministrazione “emerge con chiarezza che il manufatto di presenta leggermente più ampio rispetto a quanto previsto dai titoli autorizzativi a suo tempo rilasciati [licenze di costruzione e poi concessioni edilizie] per una maggiore larghezza di m. 1,40 (m. 49,70 anziché 48,30) distribuita su tutto il fronte di m. 60,30”). Né convince il secondo rilievo di parte ricorrente, secondo cui difetterebbe adeguata motivazione volta a superare il parere positivo espresso sul progetto dalla C.E. Deve infatti osservarsi che quello evidenziato (superamento del limite quantitativo ammesso) è un profilo di vero e proprio vincolo normativo all’ammissibilità dell’intervento edilizio richiesto, che preclude come tale la fattibilità dello stesso, non essendovi spazio per ulteriori profili motivazionali.
9 – Con il primo mezzo parte ricorrente evidenzia come l’esubero volumetrico accertato dall’Amministrazione non può tuttavia dirsi abusivo e non legittimamente assentito, essendo esso già stato rilevato in sede di sopralluogo per il rilascio del certificato di agibilità, con il risultato che l’assentimento della agibilità è da qualificarsi come sanatoria implicita dell’incremento volumetrico stesso.
La censura non è fondata.
La società ricorrente richiama, per elaborare la tesi della sanatoria implicita, il “verbale di visita di abitabilità e agibilità” del 23.1.1980 (doc. 5 di parte ricorrente), l’autorizzazione sindacale di agibilità in pari data (doc. 6) e la annotazione del tecnico comunale del 27.101979 di correzione della tavola grafica (doc. 20); il documento da ultimo richiamato rappresenta, secondo parte ricorrente, la constatazione che il tecnico comunale ha effettuato, in sede di sopralluogo, circa la discrepanza tra la larghezza del manufatto risultante dalla tavola grafica e quella da lui accertata (infatti nel doc. 20 si vede una cancellatura della misura di m. 48,30 e la sua sostituzione con m. 49,70); a ciò hanno fatto seguito il verbale di visita e l’autorizzazione di agibilità, in cui si dà espressamente atto della corrispondenza del fabbricato alle licenze edilizie nn. 4880 del 1970, 5151 del 1971, 6207 del 1975, 6896 del 1977 e 7889 del 1978 (cfr. doc. 5). La tesi è dunque che la difformità realizzativa sia stata accertata dal tecnico comunale e che ciò nonostante si sia sancito il rispetto dei titoli edilizi, in sede di rilascio dell’agibilità, in tal modo sanando la difformità medesima anche sul piano edilizio. L’Amministrazione resistente contesta la lettura operata dalla ricorrente del doc. 20 richiamato, evidenziando che esso “rappresenterebbe una mera correzione numerica su un elaborato grafico che, però, non trova riscontro in alcuna delle certificazioni e attestazioni rilasciate dal Comune e/o eventuali altri atti e provvedimenti”.
Ritiene il Collegio che il punto centrale della controversia attenga alla valenza che assume la conformità del fabbricato realizzato al progetto, contenuta negli atti che attestano l’agibilità dell’immobile, rispetto alla conformità edilizia del fabbricato stesso; si tratta cioè di valutare se tale attestazione contenuta negli atti di agibilità valga come sanatoria implicita, sul piano edilizio, delle difformità riscontrate. Tale questione deve essere affrontata alla luce della normativa applicabile ratione temporis. Nella normativa oggi vigente il certificato di agibilità è il documento, rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, che attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, giusto il disposto dell’art. 24, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Nella disciplina previgente, e rilevante in causa, la norma di riferimento era invece rappresentata dall'art. 221, r.d. 27.7.1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie), il quale stabiliva che, in materia di costruzione, ricostruzione, sopraelevazione e modificazione di case urbane o rurali o parti di esse contemplate dal precedente art. 220, tali edifici non potessero “essere abitati senza autorizzazione del sindaco, il quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale sanitario e di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità”. La dottrina prevalente e la giurisprudenza maggioritaria ritengono che il certificato di agibilità, anche alla luce di tale normativa, fosse finalizzato esclusivamente alla tutela dell'igienicità, salubrità e sicurezza dell'edificio e non fosse diretto anche a garantire la conformità urbanistico-edilizia del manufatto. Così Cons. Stato, sez. 5, 28 marzo 1980, n. 327 affermava che "il rilascio del certificato di abitabilità…presuppone l'accertamento dell'inesistenza di cause di insalubrità dell'edificio senza alcun collegamento col conseguimento di fini di carattere edilizio-urbanistico; pertanto, il rilascio di tale certificato non incide sul potere del Sindaco di reprimere gli abusi edilizi eventualmente commessi nella realizzazione del fabbricato dichiarato abitabile"; Cons. Stato, sez. 5, 19 febbraio 1982, n. 118 affermava, a sottolineare la specifica funzione dell’atto, che "la licenza di abitabilità, rilasciata ai sensi dell'art. 221 t. u. 27 luglio 1934, n. 1265 (leggi sanitarie), è prescritta per la tutela della pubblica igiene; pertanto, è illegittimo il provvedimento negativo del sindaco fondato su motivi di ordine urbanistico"; e Cons. Stato, sez. 5, 28 gennaio 1993, n. 178, in Cons. Stato, 1993, I, 64, rilevava che "è illegittima la revoca del certificato di abitabilità - previsto dall'art. 221, comma 1, t.u. 27 luglio 1934, n. 1265 e finalizzato esclusivamente a scopi di carattere igienico-sanitario - se motivata esclusivamente con la difformità dell'edificio realizzato dal progetto approvato con la licenza di costruzione, in quanto il controllo della rispondenza della costruzione con quanto autorizzato è esercitato dal sindaco mediante i poteri di cui all'art. 32, L. 17 agosto 1942, n. 1150". Dunque la giurisprudenza riferita all’art. 221 del r.d. n. 1265 del 1934 è esplicita nell’evidenziare che la funzione della licenza di agibilità, e l’interesse pubblico cui essa ha riguardo, attiene a profili della agibilità/abitabilità e non specificamente al profilo urbanistico. Ciò non esclude che la valutazione effettuata in sede di agibilità (come anzi sia l’art. 221 cit. che l’art. 20 del Regolamento comunale dell’epoca richiamato dalla ricorrente) presupponesse anche una verifica di conformità edilizia (il citato art. 221 parla di costruzione “eseguita in conformità del progetto approvato”); ma si tratta di una verifica edilizia funzionale al rilascio della agibilità e svolta quindi nei limiti necessari a inferirne l’assentibilità della agibilità; ben diverso e distinto è il profilo della piena conformità edilizia in quanto tale, sul piano dei titoli edilizi, che non appare ricavabile da un incidentale accertamento compiuto in sede di rilascio della licenza di agibilità. In altre parole, quando il verbale del 23 gennaio 1980 (doc. 5 di parte ricorrente) afferma la corrispondenza ai progetti approvati del fabbricato realizzato, effettua una valutazione funzionale alla sola attestazione della agibilità, ma dalla quale non è ricavabile un riconoscimento della avvenuta sanatoria sul piano edilizio delle opere stesse. Si aggiunga che all’epoca, prima cioè dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, l’istituto dell’accertamento di conformità non era ancora stato introdotto dal nostro legislatore, il che rende ancor più illogico voler ritenere manifestata in via implicita una volontà sanante, sul piano strettamente edilizio; d’altra parte quando poi tale istituto è stato introdotto non risulta che il ricorrente abbia provveduto a valersene, per far acclarare in modo pieno e diretto la sanabilità edilizia della difformità realizzata.
10 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, con spese a carico di parte ricorrente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti del Comune di Poggibonsi, che liquida in € 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)