TAR Campania (NA) Sez. VIII n.1580 del 24 marzo 2016
Urbanistica.Rilascio del permesso di costruire in assenza di piano attuativo
In presenza di una normativa urbanistica generale che preveda, per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona, l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa. L'assenza del piano attuativo non è surrogabile con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio; l'obbligo dell'interessato di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione è idoneo, infatti, a sopperire solo alla mancanza fisica e materiale di tali opere ma non è in grado di colmare l'assenza dello strumento esecutivo
N. 01580/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03834/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3834 del 2013, proposto da:
Artex Cucine Srl unipersonale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Mauro Di Monaco, con domicilio eletto presso l’avv. Di Gianni, in Napoli, Via Ponte Tappia, n.82;
contro
Comune di Vitulazio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Scirocco, con domicilio eletto presso l’avv. Salvatore Vivis, in Napoli, c.so V. Emanuele, n. 743;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del provvedimento di rigetto della richiesta di permesso di costruire prot. n. 3346/2013 e successiva integrazione prot. n. 5037/2013, nonché della nota prot. n. 4172/2013 di comunicazione dei motivi di rigetto e ogni altro atto preordinato, connesso o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vitulazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2016 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso regolarmente notificato e depositato, parte ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Vitulazio di rigetto della richiesta di permesso di costruire prot. n. 3346/2013 e successiva integrazione prot. n. 5037/2013, presentata dalla medesima parte ricorrente e relativa alla realizzazione di un edificio ad uso commerciale, composto da due piani fuori terra, sito in zona con destinazione D2 .
Chiedeva l’annullamento del provvedimento gravato, formulando articolati motivi di ricorso.
Si costituiva in giudizio il Comune di Vitulazio, formulando argomentazioni difensive.
DIRITTO
1) Il ricorso si palesa infondato.
2) Il provvedimento di diniego fa riferimento per relationem alle motivazioni indicate nella proposta non favorevole del Responsabile del procedimento del 16.5.2013, prot. 201/U.T.C., che a sua volta richiama la nota prot. 4172 del 18.4.2013 di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della richiesta.
Quest’ultima indica come l’istanza non poteva essere accolta in quanto la richiesta di permesso di costruire si presenta contraria all’art. 28, comma 2, lett. c), delle N.T.A..
Le disposizioni delle N.T.A. dispongono, in generale, per la zona in questione, l’impossibilità di edificare in assenza di piani attuativi.
In particolare, la norma specificamente richiamata indica che, nelle more di approvazione dei piani attuativi (P.P.E. o P.I.P.), previa autorizzazione ed approvazione del Consiglio Comunale dello specifico schema di convenzione, possono essere assentiti con Concessione Edilizia Convenzionata, insediamenti produttivi che abbiano particolare valenza occupazionale, realizzati mediante interventi unitari estesi ad ambiti aventi una superficie non inferiore a 30.000 mq., nel rispetto dei parametri di zona ed a condizione che nell’ambito venga assicurato il rispetto degli standards.
In sostanza, quindi, il provvedimento gravato rigetta l’istanza di rilascio di permesso di costruire per l’assenza di un piano attuativo, indicando come la fattispecie in questione non rientri nell’ipotesi derogatoria a tale regime prevista nella norma richiamata.
3) Nei primi due motivi di ricorso, parte ricorrente lamenta il difetto di motivazione sotto il duplice profilo che il provvedimento gravato non sarebbe stato sufficientemente motivato e non avrebbe dato conto delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni formulate dal medesimo ricorrente ai sensi dell’art. 10 bis, legge n. 241/90.
Entrambi i profili sono privi di pregio.
Il primo in quanto il provvedimento in questione è motivato per relationem agli atti istruttori e, in particolare, all’atto di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della richiesta, già ricevuto da parte ricorrente.
In tale contesto la motivazione del provvedimento, facendo riferimento agli effetti ostativi di una specifica disposizione delle N.T.A., appare sufficiente a rendere palesi le ragioni del diniego. Prova ne sia che parte ricorrente ha formulato articolate osservazioni in sede procedimentale avverso il preavviso di rigetto, così mostrando di aver ben compreso le ragioni che non consentivano l’accoglimento.
Quanto al profilo della mancata valutazione delle osservazioni del ricorrente, il Collegio rileva come la partecipazione procedimentale non obbliga l'Amministrazione a dare puntuale motivazione del perché disattende le osservazioni dei privati.
Non sussiste alcun obbligo di specifica disamina e confutazione, in capo all'Amministrazione procedente, delle singole osservazioni e controdeduzioni rassegnate dalla parte nell'ambito della partecipazione procedimentale, bastando che sia dimostrata, tramite la motivazione del provvedimento, l'intervenuta acquisizione, cognizione e valutazione di tali apporti partecipativi (T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 10 dicembre 2010 , n. 1543).
Nel caso di specie l’Amministrazione ha dato specificamente conto, nello stesso provvedimento gravato, di aver considerato le osservazione della parte ricorrente e di non averle trovate idonee a orientare il provvedimento finale in senso diverso.
Il Collegio rileva, infine, come, per i motivi indicati nei punti che seguono, in ogni caso sussistono i presupposti per fare applicazione dell’art.21 octies, comma 2, della legge n.241/90, trattandosi di ambito provvedimentale a carattere vincolato e risultando che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, considerata altresì l’applicabilità di quest’ultima norma anche alle violazioni dell’art. dall’art.10 bis legge n.241/90 (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 23 marzo 2011 , n. 541; Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2011 , n. 1673; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 12 settembre 2006 , n. 4412; T.A.R. Piemonte, sez. I, 14 giugno 2006 , n. 2487; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 06 novembre 2006 , n. 2875).
4) Nel terzo motivo di ricorso, parte ricorrente ha fatto valere un duplice profilo.
Il primo è che l’intervento in questione non ricadrebbe nell’ambito di disciplina della lett. c), comma 2, dell’art. 28, delle N.T.A. richiamato negli atti cui il provvedimento rimanda per relationem, bensì sarebbe applicabile la fattispecie prevista dalla lett. b) del medesimo comma 2, dell’art. 28, delle N.T.A.
Ai sensi di quest’ultima disposizione, in zona D2 è consentito, in deroga alla necessità di previa adozione di un P.P.E. o P.I.P., il rilascio del permesso di costruire diretto “nel caso di ristrutturazione o ampliamento di impianto esistente, per motivate esigenze di sviluppo dell’azienda, anche in presenza di acquisizione di nuova area confinante”, nel rispetto dei parametri di intervento delle aree destinate a standards urbanistici e delle attrezzature pubbliche.
La ricorrente ha, quindi, dedotto che il lotto in questione ha superficie di circa 19.000 mq. (superiore ai 4.000 mq. di superficie minima fondiaria per operare l’intervento diretto) e sarebbe confinante con altro lotto di sua proprietà, ponendosi quale ampliamento dell’attività commerciale esistente su quest’ultimo.
A tale riguardo, nelle osservazioni presentate ex art. 10 bis legge n.241/90, parte ricorrente aveva, infatti, specificato come l’edificio che si intende costruire sarebbe stato da essa stessa utilizzato per l’ampliamento dell’attività commerciale di esercizio di vicinato di vendita cucine e mobili, presente sull’altro lotto di sua proprietà.
In secondo luogo, la medesima ricorrente ha dedotto che la concreta fattispecie in esame configurerebbe una ipotesi di cosiddetto “lotto intercluso”, per essere l’area circostante interamente edificata e servita da tutte le necessarie opere di urbanizzazione; circostanza che farebbe venir meno la necessità del previo piano attuativo per l’esercizio dello ius edificandi.
Il motivo è privo di pregio sotto entrambi i profili.
4.1) Non può ricorrere l’ipotesi contemplata dalla lett. b) del comma 2, dell’art. 28, delle N.T.A., per la circostanza, già essa da sola dirimente, che i lotti in questione non sono confinanti.
Come risulta dai documenti allegati in atti, i lotti in questione sono relativamente vicini ma non confinano uno con l’altro, come invece richiede la norma invocata.
Ciò è perfettamente conforme alla ratio della disposizione, che è quella di consentire di ampliare un impianto espandendo la medesima struttura anche, eventualmente, sul fondo confinante appositamente acquisito, e non quella di consentire, come nel caso in questione, la realizzazione di nuovi impianti o strutture fisicamente staccati da quello originario, e posti in aree diverse (ancorchè relativamente vicine), quali nuove e distinte strutture solo eventualmente funzionalmente collegate a quella originaria.
A nulla vale in senso contrario il richiamo operato dal ricorrente a quella giurisprudenza riguardante cessione di cubatura, che interpreta il necessario requisito della contiguità dei fondi non nel senso di mera adiacenza, trattandosi di situazioni del tutto diverse e non comparabili (in particolare, è evidente che l’incidenza urbanistica di una volumetria da realizzare deve essere valutata in riferimento ad una intera zona omogenea, complessivamente considerata: di qui la possibilità di utilizzare cubature di aree non fisicamente poste in adiacenza. L’utilizzo del medesimo modus operandi, invece, non possibile nel caso in esame, in cui la norma dà rilevanza al sito di svolgimento di una certa attività economica, consentendone il solo ampliamento, ma non la delocalizzazione, ancorché nei pressi).
4.2) Infondato risulta anche il profilo relativo all’asserita sussistenza di una fattispecie di fondo intercluso.
Si deve in questa sede ribadire il principio di piena vincolatività delle previsioni degli strumenti urbanistici che prevedono piani attuativi, e che a quest’ultimo è possibile derogare solo in presenza della fattispecie di origine giurisprudenziale comunemente indicata come “lotto intercluso”.
In materia di governo del territorio, infatti, costituisce regola generale e imperativa il rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio.
Tali prescrizioni, di solito contenute nelle n.t.a., sono vincolanti e idonee ad inibire l'intervento diretto costruttivo (Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625).
Da questo principio derivano i seguenti corollari:
- quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando sia concluso il relativo procedimento (Cons. St., sez. V, 1 aprile 1997, n. 300);
- in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda, per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona, l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471);
- l'assenza del piano attuativo non è surrogabile con l'imposizione di opere di urbanizzazione all'atto del rilascio del titolo edilizio; l'obbligo dell'interessato di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione è idoneo, infatti, a sopperire solo alla mancanza fisica e materiale di tali opere ma non è in grado di colmare l'assenza dello strumento esecutivo (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 2 luglio 2015, n. 3483; Cons. Sr., sez. IV, 26 gennaio 1998, n. 67; Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 1998, n. 302; Cons. St., sez. V, 15 gennaio 1997, n. 39);
- non sono configurabili equipollenti al piano attuativo, il che impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare, vanificando la funzione propria del piano attuativo, la cui indefettibile approvazione, se ritarda, può essere stimolata dall'interessato con gli strumenti consentiti dal sistema (Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625);
- lo strumento attuativo è necessario anche in presenza di zone parzialmente urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (Cass. pen., sez. III, 19 settembre 2008, n. 35880).
A fronte di tale rigoroso quadro interpretativo, è stata individuata in sede giurisprudenziale un’unica eccezione alla regola della necessaria presenza di strumenti urbanistici per la disciplina del territorio, comunemente indicata come “lotto intercluso”.
Quest’ultima ipotesi si realizza quando l'area edificabile:
a) sia l'unica a non essere stata ancora edificata;
b) si trovi in una zona integralmente già interessata da costruzioni;
c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;
d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.
Si consente, in sostanza, l’intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall'attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l'ente pubblico (Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; sez. IV, Sent., 10 giugno 2010, n. 3699).
Solo in questi casi, quindi, lo strumento urbanistico può considerarsi superfluo, in quanto è stata ormai raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo in tal modo la scopo e i risultati perseguiti dai piani esecutivi (i.e. piano attuativo) (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 dicembre 2014 n. 5488).
Una concessione edilizia può essere, quindi, rilasciata anche in assenza del piano attuativo richiesto dalle norme di piano regolatore, solo quando venga accertato che il lotto del richiedente sia l'unico a non essere stato ancora edificato; vi sia già stata una pressoché completa edificazione dell'area (come nell'ipotesi del lotto residuale ed intercluso); si trovi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, sia anche dotata delle necessarie opere di urbanizzazione.
Si può quindi prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme di piano solo nei casi eccezionali in cui nel comprensorio interessato sussista una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall'attuazione della lottizzazione stessa, ovvero in presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti (Consiglio di Stato, Sez. V, 31/10/2013, n. 5251; C.d.S., V, 5 dicembre 2012, n. 6229; 5 ottobre 2011, n. 5450; IV, 1 agosto 2007, n. 4276; 21 dicembre 2006, n. 7769).
Peraltro, la mera esistenza di infrastrutture (strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell'acqua e dell'energia elettrica) all'interno, e, vieppiù, all'esterno, del comparto attinto dall'attività edificatoria assentita senza previa approvazione dello strumento attuativo, non implica anche quell'adeguatezza e quella proporzionalità delle opere in parola rispetto all'aggregato urbano formatosi, la quale soltanto sarebbe idonea a soddisfare le esigenze della collettività, pari agli standards urbanistici minimi prescritti, ed esimerebbe, quindi, da ulteriori interventi per far fronte all'ulteriore aggravio derivante da nuove costruzioni.
Ed invero, non è sufficiente un qualsiasi stadio di urbanizzazione di fatto per eludere il principio fondamentale della pianificazione e per eventualmente aumentare i guasti urbanistici già verificatisi, essendo la pianificazione dell'urbanizzazione doverosa fino a quando essa conservi una qualche utile funzione anche in aree già compromesse o edificate (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 18 gennaio 2005, n. 164).
Nel caso di specie parte ricorrente non ha assolutamente dimostrato ricorra tale situazione limitandosi, sia in sede di ricorso che di osservazioni ex art. 10 bis legge n. 241/90, ad affermazioni generiche, relative alla circostanza che l’area risulterebbe lottizzata di fatto per la presenza di costruzione e urbanizzazione, del tutto insufficienti a dimostrare, come era onere della medesima parte ricorrente fare, il ricorrere delle condizioni necessarie a comprovare l’esistenza dell’invocata fattispecie.
Non è stata infatti fornita alcuna specifica indicazione sul grado di urbanizzazione dell’intera area e sulle specifiche opere di urbanizzazione ivi esistenti, né tantomeno viene dato conto dell’adeguatezza di tali opere.
5) Infondato è anche il quarto motivo di ricorso incentrato sul difetto di istruttoria e motivazione per non aver l’amministrazione procedente verificato e motivato l’inesistenza di una situazione corrispondente a quella suindicata di fondo intercluso, prendendo atto del reale stato di urbanizzazione dell’area mediante specifici e documentati atti istruttori.
Al riguardo, ponendosi la necessità del piano attuativo quale regola generale e la presenza delle condizioni di fondo intercluso quale eccezione, l’amministrazione non ha l’obbligo di effettuare dettagliati accertamenti sul punto e assolvere specifici obblighi di motivazione prima di rigettare l’istanza di permesso di costruire, salvo che la parte richiedente alleghi circostanziati e oggettivi elementi comprovanti l’esistenza della situazione eccezionale.
6) Per quanto indicato il ricorso deve essere rigettato.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Vitulazio, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.000,00 oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF
Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)