Cass. Sez. III n.38405 del 9 ottobre 2008 (Ud. 9 lug. 2008)
Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Di Benedetto ed altro
Urbanistica. Normativa Regione Sicilia
La giurisprudenza amministrativa è costante nell'affermare che la normativa regionale siciliana liberalizza una serie di opere interne, quali la chiusura di terrazze, la copertura di spazi interni e la chiusura di verande e balconi con opere precarie. Secondo una interpretazione costituzionalmente corretta della competenza primaria riconosciuta alla Regione siciliana, tuttavia, la deroga alla disciplina nazionale deve essere limitata alla materia dell'urbanistica, ma non può essere estesa alle materie della disciplina edilizia antisismica e di quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato. Infatti, la norma - di rango costituzionale - che in via eccezionale riconosce la competenza primaria della Regione siciliana fa riferimento soltanto alla materia "urbanistica", che attiene all'assetto e al governo del territorio, mentre la legislazione antisismica e quella sulle costruzioni in cemento armato sono materie diverse, che attengono alla sicurezza statica degli edifici e - come tali - appartengono alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost.. Questa differenza di interessi tutelati si riflette anche nella differenza, almeno parziale, delle autorità competenti, essendo la urbanistica riservata tradizionalmente all'autorità comunale, e le altre materie predette assegnate invece agli uffici del genio civile e ora agli uffici tecnici regionali.
E' priva di fondamento giuridico la tesi secondo cui la disciplina nazionale per le costruzioni in zone sismiche non si applica alle opere precarie. Infatti, ai sensi degli artt. 83 e 94 del D.P.R. 6.6.2001 n. 380, la predetta disciplina riguarda tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità in zone dichiarate sismiche, sicché in queste zone non si possono iniziare lavori edilizi di qualsiasi genere senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. Da questo punto di vista non fa alcuna differenza che le opere edilizie abbiano natura permanente oppure precaria (sia in senso strutturale sia in senso funzionale), essendo evidente che anche un'opera precaria, sino a che non venga rimossa, può attentare alla sicurezza collettiva se non è costruita secondo le regole tecniche stabilite per le zone sismiche. E' invece fondata la seconda tesi secondo cui la disciplina nazionale per le opere in conglomerato cementizio armato e per le opere a struttura metallica si applica soltanto quando tali opere costituiscano elementi strutturali dell'edificio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 Con sentenza del 14.2.2008 il Tribunale monocratico di Catania ha assolto D.B.F. e S.R. dal reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), che era stato loro contestato al capo A della rubrica, per aver realizzato, in concorso tra loro, senza la prescritta concessione edilizia, una tettoia in metallo scatolare, alta m. 2,75, infissa su una platea in conglomerato cementizio di mq. 34 realizzata sopra una terrazza di un edificio preesistente (in (OMISSIS)).
Al riguardo il tribunale ha osservato che il fatto non è previsto dalla legge come reato, perchè secondo la L.R. Siciliana 10 agosto 1985, art. 9, n. 37, e poi secondo la L.R. Siciliana 16 aprile 2003, art. 20, n. 4, la chiusura di terrazze non superiori a 50 mq. e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, intendendosi per tali quelle facilmente rimovibili, non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni.
Il giudice monocratico ha invece ritenuto sussistere gli altri reati contestati in materia di edilizia antisismica (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93, comma 1, e art. 95: capo B; D.P.R. n. 380 del 2001, art. 94, commi 1 e 4, e art. 95: capo C) e in materia di opere in conglomerato cementizio armato o a struttura metallica (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 64, comma 2, e art. 71: capo D; D.P.R. n. 380 del 2001, art. 61, comma 3, e art. 71: capo E; D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65 e 72: capo F), sempre commessi in (OMISSIS). E per l'effetto, unificati i reati nel vincolo della continuazione e riconosciute le attenuanti generiche, ha condannato il D.B. e la S. alla pena di Euro 800,00, di ammenda per ciascuno, col beneficio della non menzione della pena.
2 - Il difensore degli imputati ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi a sostegno.
In particolare, denuncia:
2.1 - contraddittorietà della motivazione, laddove la sentenza impugnata, da una parte, ha assolto gli imputati per il reato sub A in forza di una norma regionale che derogava a ogni altra disposizione di legge, e dall'altra li ha condannati per i reati residui in forza di una normativa nazionale che doveva ritenersi derogata dalla stessa norma regionale;
2.2 - inosservanza delle succitate norme incriminatrici di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, nonchè della menzionata L.R. n. 4 del 2003, art. 20, e assenza di motivazione sul punto.
Sostiene ancora che la norma regionale del predetto art. 20, in forza della competenza legislativa esclusiva che appartiene alla Regione siciliana secondo il suo Statuto speciale, deroga a ogni altra disposizione di legge, sicchè per le opere aventi struttura precaria previste nella norma stessa non è richiesta alcuna denuncia o autorizzazione preventiva, alcuna direzione tecnica e alcun progetto esecutivo, ossia non è applicabile alcuna di quelle prescrizioni sancite dalle norme contestate di cui al D.P.R. n. 380 del 2001.
Aggiunge che a norma della L.R. n. 4 del 2003, art. 20, comma 2, l'opera precaria deve essere soltanto preceduta da una relazione di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri il rispetto delle norme di sicurezza e la mancanza di pregiudizio alla statica dell'immobile; e che questa relazione asseverativa sostituisce e ingloba tutte le ulteriori prescrizioni previste dalla legge nazionale per le opere realizzate in zona sismica.
2.3 - ancora inosservanza delle succitate norme incriminatrici di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, nonchè assenza di motivazione sul punto.
Al riguardo sostiene che:
- la disciplina nazionale per le costruzioni in zona sismica non si applica alle opere precarie come quella di specie;
- la disciplina nazionale per le opere in conglomerato cementizio armato e per le opere a struttura metallica si applica soltanto quando dette opere costituiscano elementi strutturali dell'edificio;
e tale non poteva considerarsi la tettoia de qua.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Per chiarezza, va premesso che secondo l'art. 14, lett. f) dello Statuto speciale della Regione siciliana, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, il legislatore siciliano ha competenza esclusiva in materia urbanistica.
In seguito, il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ha riconosciuto questa competenza primaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, sempre "nel rispetto e nei limiti" dei rispettivi statuti (art. 2, comma 2).
In forza di questa competenza, la L.R. Siciliana 10 agosto 1985, n. 37, (con l'art. 9) e L.R. Siciliana 16 aprile 2003, n. 4, (con l'art. 20) hanno liberalizzato la chiusura di verande e balconi, per la quale la legislazione nazionale prevede invece il permesso di costruire (già concessione edilizia).
In particolare, secondo il citato della L. n. 4 del 2003, art. 20, in deroga a ogni altra disposizione di legge, la chiusura di terrazze e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni nè sono considerate aumenti di superficie utile o di volume o modifica della sagoma dell'edificio. Prima di realizzare questi interventi minori, il proprietario deve soltanto presentare al sindaco una relazione asseverata di un professionista abilitato, che assicuri il rispetto delle norme vigenti, sotto il profilo urbanistico, igienico sanitario e di sicurezza.
Alle verande sono assimilate le altre struttura aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo e simili.
La norma definisce anche il concetto di precarietà secondo parametri strutturali e non funzionali, stabilendo che sono da considerarsi strutture precarie non già quelle oggettivamente destinate a usi temporanei, ma quelle suscettibili di facile rimozione. La giurisprudenza amministrativa è quindi costante nell'affermare che la normativa regionale siciliana liberalizza una serie di opere interne, quali la chiusura di terrazze, la copertura di spazi interni e la chiusura di verande e balconi con opere precarie (v. ex multis T.A.R. Palermo, Sez. 3^, n. 778 del 9.3.2007. D.P.M. a altri c. Comune di Termini Imerese; T.A.R. Palermo, n. 758 del 9.3.2007, R.E. c. Comune di Palermo).
Secondo una interpretazione costituzionalmente corretta della competenza primaria riconosciuta alla Regione siciliana, tuttavia, la deroga alla disciplina nazionale deve essere limitata alla materia dell'urbanistica, ma non può essere estesa alle materie della disciplina edilizia antisismica e di quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato. Infatti, la norma - di rango costituzionale che in via eccezionale riconosce la competenza primaria della Regione siciliana fa riferimento soltanto alla materia "urbanistica", che attiene all'assetto e al governo del territorio, mentre la legislazione antisismica e quella sulle costruzioni in cemento armato sono materie diverse, che attengono alla sicurezza statica degli edifici e - come tali - appartengono alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 2.
Questa differenza di interessi tutelati sì riflette anche nella differenza, almeno parziale, delle autorità competenti, essendo la urbanistica riservata tradizionalmente all'autorità comunale, e le altre materie predette assegnate invece agli uffici del genio civile e ora agli uffici tecnici regionali.
Tanto premesso, appare evidente l'infondatezza dei primi due motivi di ricorso (nn. 2.1 e 2.2), giacchè l'intervento edilizio minore realizzato dagli imputati, secondo la normativa della Regione siciliana, era sottratto a ogni permesso, concessione o autorizzazione previsti a tutela degli interessi urbanistici, ma continuava a essere soggetto ai controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni.
4 - In ordine al terzo motivo di ricorso (n. 2.3) occorre distinguere.
E' priva di fondamento giuridico la tesi secondo cui la disciplina nazionale per le costruzioni in zone sismiche non si applica alle opere precarie.
Infatti, ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 83 e 94, la predetta disciplina riguarda tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità in zone dichiarate sismiche, sicchè in queste zone non si possono iniziare lavori edilizi di qualsiasi genere senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
Da questo punto di vista non fa alcuna differenza che le opere edilizie abbiano natura permanente oppure precaria (sia in senso strutturale sia in senso funzionale), essendo evidente che anche un'opera precaria, sino a che non venga rimossa, può attentare alla sicurezza collettiva se non è costruita secondo le regole tecniche stabilite per le zone sismiche.
E' invece fondata la seconda tesi del difensore ricorrente, secondo cui la disciplina nazionale per le opere in conglomerato cementizio armato e per le opere a struttura metallica sì applica soltanto quando tali opere costituiscano elementi strutturali dell'edificio.
Infatti, secondo il ripetuto D.P.R. n. 380 del 2001, art. 53, sono considerate opere in conglomerato cementizio armato, normale o precompresso, e opere a struttura metallica, espressamente soggette alla disciplina stabilita nell'art. 64 e segg., dello stesso decreto, solo quelle che assolvono a una funzione statica.
Nel caso di specie, sembra evidente che una semplice tettoia in metallo scatolare, infissa su massetto in conglomerato cementizio steso come sottofondo sopra una terrazza di un edificio preesistente, non poteva influire nè in senso positivo nè in senso negativo sulla tenuta statica del medesimo edificio.
Pertanto, rispetto ai reati contestati ai capi D, E ed F della imputazione, tutti relativi a violazioni del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 61, 64 e 65, gli imputati dovevano essere assolti per insussistenza del fatto.
Limitatamente a questi reati, quindi, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.
5 - In ordine alla conseguente eliminazione della pena inflitta per questi reati e determinazione della pena per i reati residui, questo giudice non può provvedere ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. l), giacchè il giudice di merito ha assunto come pena base proprio quella relativa all'insussistente reato sub D. A tal fine gli atti vanno trasmessi al giudice a quo.
Va aggiunto d'ufficio che per i reati residui, di cui ai capi B e C, relativi alla disciplina antisismica e puniti con la sola ammenda, la prescrizione non è maturata dovendosi computare anche una sospensione complessiva del processo per un anno due mesi e dieci giorni (per rinvii del dibattimento dal 4.4.2006 all'11.7.2006, dall'11.7.2006 al 14.11.2006, dal 14.11.2006 al 22.3.2007 e dal 22.3.2007 al 14.6.2007) conformemente al principio statuito dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui in tema di prescrizione del reato, la sospensione del procedimento e il rinvio o la sospensione del dibattimento comportano la sospensione dei relativi termini ogni qualvolta siano disposti per impedimento dell'imputalo o del suo difensore, ovvero su loro richiesta e sempre che l'una o l'altro non siano determinati da esigenze di acquisizione della prova o dal riconoscimento di un termine a difesa (sent. n. 1021 dell'11/1/2002, Cremonese, rv. 220509).
Come già chiarito da questa Corte non può applicarsi al riguardo la limitazione di ogni sospensione a soli sessanta giorni secondo la disciplina introdotta dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, comma 3, che ha sostituito l'art. 159 c.p., atteso che questa disciplina, ai sensi dell'art. 10, comma 2, della stessa legge, non può applicarsi ai procedimenti in corso (com'era quello presente, iscritto al registro generale sin dal 2004) aventi ad oggetto reati contravvenzionali, dal momento che i termini prescrizionali previsti dalla nuova disciplina per tali reati sono tipicamente più lunghi (v. per una motivazione più approfondita Cass. Sez. 3^, dell'11.6.2008, Russo; Cass. Sez. 3^, dell'11.6.2008 Quattrocchi).
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi D, E ed F perchè il fatto non sussiste, e con rinvio al Tribunale di Catania per la determinazione della pena in ordine ai reati residui.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2008