Cass. Sez. III n. 25925 del 11 settembre 2020 (CC 17 giu 2020)
Pres. Liberati Est. Macrì Ric. Morinelli
Urbanistica.Permesso a costruire in variante ad un precedente permesso illegittimo
Il rilascio del permesso a costruire in variante ad un precedente permesso illegittimo non sana l’illegittimità di questo né legittima l’attività edilizia successivamente svolta, in quanto si tratta dello sviluppo dell’originaria attività illecita. Pertanto, anche le opere successivamente realizzate, volte a sanare le illegittimità riscontrate, devono considerarsi abusive, giacché la sanatoria avrebbe richiesto il rilascio di un nuovo e diverso permesso a costruire nel rispetto della normativa urbanistica. E’ pacifico che, per le varianti essenziali, cioè quelle che mirano a profonde e sostanziali modifiche del bene a realizzarsi, è necessario richiedere un nuovo permesso a costruire.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 28 novembre 2019 il Tribunale del riesame di Salerno ha rigettato l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 7 novembre 2019 dal Giudice per le indagini preliminari di Vallo della Lucania nei confronti di Massimo Morinelli per gli abusi edilizi meglio descritti nel capo A), per violazione degli art. 64 e 71 (capo B), 65 e 72 (capo C), 93 e 95 (capo D) d.P.R. n. 380 del 2001, 181 d.lgs. n. 42 del 2004 (capo E), 734 cod. pen. (capo F), 13 e 30 l. n. 394 del 1991 (capo G), nonché per lottizzazione abusiva (capo H), consistente nel cambio di destinazione d’uso dell’intero immobile da fabbricato rurale a civile abitazione, nonostante l’area avesse destinazione agricola e la committenza non presentasse nessuno dei requisiti necessari per ottenere il permesso a costruire, il tutto in assenza di un valido titolo autorizzativo, con variazione del carico urbanistico e conseguente necessità di adeguare gli standard pubblici ai danni dell’Erario su area non urbanizzata.
2. L’indagato presenta tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce la violazione di legge, di norme processuali ed il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti della lottizzazione. Espone, innanzi tutto, che, in adesione ai principi comunitari di proporzionalità e adeguatezza, il giudice penale non poteva procedere alla confisca delle aree, oggetto di lottizzazione abusiva, nel caso in cui fossero stati rimossi i fattori che avevano dato luogo alla lottizzazione, prima della definizione del relativo processo penale. Ricorda che, prima del sequestro dell’aprile 2019, si era impegnato a ridurre in pristino gli abusi contestati, vi aveva dato corso, aveva rinunciato alla destinazione residenziale del fabbricato originariamente impressa con il permesso a costruire n. 100/2016, richiedendo al Comune di Casalvelino un nuovo permesso a costruire per il completamento di un fabbricato rurale. Dalla consulenza tecnica era emerso che il titolo edilizio era conforme alle norme del piano regolatore, che l’immobile edificato era coerente con il nuovo titolo edilizio ed il piano regolatore, che si trattava di un fabbricato rurale. Conclude per l’insussistenza all’attualità delle esigenze cautelari.
Con il secondo denuncia la violazione di legge, di norme processuali ed il vizio di motivazione in ordine alla natura del titolo abilitativo. Precisa che il permesso a costruire in variante assentito dal Comune di Casalvelino il 26 settembre 2019 era idoneo a legittimare l’ultimazione dei lavori, perché si trattava di variante essenziale, mentre il Tribunale aveva applicato la giurisprudenza formatasi in tema di variante non essenziale. Sostiene che quando il privato, come nella specie, acquisiva il permesso a costruire ai sensi dell’art. 10 TUE, in variante essenziale dal permesso a costruire originario, il titolo edilizio integrava un valido presupposto per la successiva attività di ultimazione dei lavori. Precisa che il permesso a costruire n. 34/2019 aveva sostituito integralmente il n. 100/2016.
Con il terzo eccepisce la violazione di legge, norme processuali e vizio di motivazione in ordine all’aggravamento del carico urbanistico. Ribadisce di aver rinunciato alla destinazione residenziale del fabbricato; che il Comune aveva accertato la demolizione degli abusi; che, successivamente, il responsabile dell’ufficio tecnico aveva assentito il permesso a costruire per la variante essenziale; che il fabbricato ultimato era coerente con le previsioni dettate per le zone agricole del piano regolatore di Casalvelino; che, dopo il primo annullamento disposto dal Tribunale del riesame nell’aprile 2019, il Pubblico ministero non aveva contestato ulteriori abusi edilizi. Contesta la decisione nella parte in cui non erano state spiegate le ragioni per le quali un fabbricato coerente con il piano regolatore e rispettoso del permesso a costruire in variante aveva comportato un aggravio del carico urbanistico, tanto da giustificare il sequestro preventivo per evitare “l’ulteriore aggravio delle conseguenze dannose del reato”.
Deposita una memoria con la quale replica alle deduzioni del Procuratore generale ed insiste nei motivi
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Il Tribunale del riesame ha ricostruito in fatto la seguente vicenda:
a) il 9 dicembre 2016, il Comune di Casalvelino aveva rilasciato ad Esposito Isabella e altri il permesso a costruire n. 100 per la realizzazione di un fabbricato per civile abitazione in zona omogenea E del piano regolatore;
b) il 29 dicembre 2016, a seguito della cessione del fondo, il permesso a costruire era stato volturato alla Italiana Cantieri S.r.l. che aveva iniziato i lavori il 30 dicembre 2016;
c) il 31 gennaio 2018 la Italiana Cantieri S.r.l. aveva ceduto il fabbricato all’indagato che aveva volturato a suo favore il permesso a costruire il 22 marzo 2018;
d) il 18 settembre 2018 ed il 25 ottobre 2018 l’indagato aveva presentato due distinte varianti in corso d’opera per l’ampliamento dei locali, la realizzazione di una piscina, la diversa distribuzione interna degli spazi, il cambio di destinazione d’uso della cantina e del portico;
e) al momento del sopralluogo degli operanti, le suddette pratiche erano sospese in attesa dei chiarimenti chiesti dalla Soprintendenza.
3.2. Orbene, sulla base degli accertamenti compiuti, era emerso:
a) che le originarie titolari del permesso a costruire non avevano i requisiti per il relativo rilascio, poiché il fabbricato ricadeva in zona E per la quale era necessario che il richiedente avesse la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale ed avesse asservito dei terreni in favore del Comune con trascrizione del titolo alla Conservatoria dei registri immobiliari,
b) che la particella su cui era stato realizzato il fabbricato era stata già oggetto di asservimento per la pratica edilizia n. 18/1983 ai fini del riconoscimento della concessione in sanatoria di altro manufatto,
c) che l’immobile realizzato ricadeva nel perimetro del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano e degli Alburni,
d) che la cubatura realizzata era pari a mc 657,30, superiore ai mc 500, limite entro il quale era consentito l’asservimento ai sensi dell’art. 16 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore,
e) che una porzione consistente del fabbricato, pari al 78,3% ricadeva nella fascia di rispetto stradale, su cui esisteva un vincolo di inedificabilità assoluta.
3.3. Il Tribunale del riesame ha ritenuto in diritto la sussistenza dei presupposti della lottizzazione abusiva “materiale”, perché il permesso a costruire originario, il n. 100/2016, era illegittimo ed aveva consentito la realizzazione di un fabbricato da destinarsi a civile abitazione in zona classificata come agricola, con la necessità di un ulteriore adeguamento degli standard urbanistici alle nuove esigenze in ragione dell’aggravio urbanistico. Considerato che la rilevanza penale della condotta era correlata all’inizio delle opere e si era protratta fino alla loro ultimazione e che il ricorrente aveva attivamente contribuito alla prosecuzione delle stesse, sebbene illegittime, irrilevanti erano state la sospensione dei lavori e la richiesta del permesso in variante, siccome la condotta penalmente rilevante era stata già realizzata. Pertanto, sussisteva il fumus dei presupposti del reato del capo H).
3.4. Il Tribunale del riesame ha ravvisato altresì gli estremi dell’abuso edilizio, per i motivi sopra indicati da a) ad e) del par. 3.2.
Ha affermato che, a fronte dell’illegittimità genetica del permesso a costruire, non era ammissibile la sanatoria in virtù del permesso a costruire in variante. Anche le opere successivamente realizzate, volte a sanare le illegittimità riscontrate, dovevano considerarsi abusive, in quanto la sanatoria avrebbe richiesto il rilascio di un nuovo e diverso permesso a costruire aderente alla normativa urbanistica. Nonostante tale considerazione apparentemente decisiva, il Tribunale ha ritenuto di procedere al vaglio delle deduzioni difensive, osservando che erano stati violati i vincoli di inedificabilità riconducibili al precedente asservimento ed alla fascia di rispetto stradale, che era irrilevante che il ricorrente presentasse il requisito soggettivo di “produttore conduttore in economia”, siccome i precedenti titolari non avevano tale titolo, mentre la destinazione agricola ed il rispetto della volumetria costituivano dei correttivi introdotti successivamente con il permesso in variante inidoneo a superare i profili di illegittimità dell’originario permesso.
3.5. Con riguardo al periculum in mora ha ricordato che il Giudice per le indagini preliminari aveva ordinato il sequestro preventivo impeditivo ai sensi del comma 1, perché la libera disponibilità dei beni portava ad un sicuro aggravio del carico urbanistico, e strumentale alla confisca urbanistica ai sensi del comma 2 dell’art. 321 cod. proc. pen., in relazione al reato di lottizzazione abusiva.
4. Ritiene il Collegio che la motivazione resa dal Tribunale del riesame sia corretta.
Ed invero, la difesa ha molto insistito sull’efficacia del permesso a costruire in variante n. 34/2019, sostitutivo del permesso originario in esecuzione del quale l’interessato aveva intrapreso una serie di opere di cui era stata ordinata la sospensione.
Ai fini di una migliore comprensione della vicenda, va evidenziato che nella relazione tecnica presentata al Comune in allegato al permesso in variante poi rilasciato si legge: a) che il Morinelli aveva rinunciato alle altre varianti in corso d’opera chieste con n. prot. 9757 del 25/10/2018 e n. 24078 del 19/10/2018; b) che era conduttore in economia, per la qual cosa, avendo acquisito un terreno confinante di mq 2.690 con atto per notaio Lucio Mazzarella del 28/09/2018, rep. N. 56339, racc. n. 32379, aveva interesse a riorganizzare il volume e la superficie già assentite nella destinazione d’uso prevista dallo strumento urbanistico vigente di mq 4.875; c) che aveva interesse alla riorganizzazione di tutta la proprietà, chiedendo, sulla base del cosiddetto piano casa di cui alla l. Regione Campania n. 19 del 2009, di adibire parte degli spazi ad uso agricolo e parte ad uso residenziale; d) che la variante non determinava alcuna modifica del prospetto e pertanto non necessitava delle autorizzazioni di altri Enti.
La difesa ha sostenuto che avendo proposto la realizzazione di varianti essenziali e non di varianti ordinarie aveva legittimamente chiesto ed ottenuto il permesso a costruire.
5. Il Tribunale del riesame ha ritenuto la circostanza della variante essenziale del tutto ininfluente ai fini del decidere, sulla base del presupposto che non poteva sanarsi con una variante, sia pure essenziale, ciò che era originariamente illegittimo.
Con riferimento alla lottizzazione abusiva, ha argomentato che la condotta edificatoria era consistita in una forma di lottizzazione materiale, dal momento che la costruzione del fabbricato per civile abitazione in una zona classificata come agricola aveva determinato un inevitabile mutamento della destinazione d’uso dell’area a vocazione agricola, urbanisticamente incompatibile, in virtù della sua stessa destinazione, ad ospitare un insediamento di tipo residenziale, ed aveva comportato, pur se ricadente in area urbanizzata, la necessità di un ulteriore adeguamento degli standard urbanistici alle nuove esigenze, in ragione dell’aggravio urbanistico ad esso intrinsecamente sotteso. Considerato, poi, che la rilevanza penale della condotta era correlata all’inizio delle opere e si era protratta per tutto il tempo del loro svolgimento, era corretta l’attribuzione della lottizzazione abusiva materiale all’odierno ricorrente.
Con riferimento all’abuso edilizio, ha rilevato i seguenti profili di illegittimità: a) l’autorizzazione rilasciata era incompatibile con la zona E, a vocazione agricola; b) non era stato rispettato il vincolo d’inedificabilità della fascia di rispetto stradale in cui il fabbricato ricadeva per il 78% della sua estensione, né il vincolo d’inedificabilità derivante dal precedente asservimento della particella 353 alla pratica di concessione in sanatoria a favore di Luca e Gaetano Esposito; c) era stato violato l’art. 16 della NTA del PRG secondo cui in zona E il titolo edilizio poteva essere rilasciato esclusivamente a soggetti in possesso della qualifica di imprenditore agricolo e per la realizzazione di fabbricati rurali di dimensioni non eccedenti i mc 500.
Dopo aver dato atto delle difese secondo cui la particella n. 353 non risultava asservita alla pratica di concessione in sanatoria n. 18/1983, il vincolo d’inedificabilità correlato alla fascia di rispetto stradale risultava superato dal buon esito della procedura di fiscalizzazione ai sensi dell’art. 34 d.P.R. n. 380 del 2001, la normativa regionale rilasciava il titolo in area agricola anche al proprietario conduttore in economia, che con la variante aveva riorganizzato i volumi nel rispetto delle norme sviluppando mc 146,10 per la superficie ad uso residenziale e mc 485,20 per la superficie agricola, il Tribunale del riesame ha osservato che non era possibile sanare gli abusi con un permesso a costruire in variante, perché sarebbe stato necessario il rilascio di un nuovo e diverso permesso a costruire.
6. La decisione è in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo cui il rilascio del permesso a costruire in variante ad un precedente permesso illegittimo non sana l’illegittimità di questo né legittima l’attività edilizia successivamente svolta, in quanto si tratta dello sviluppo dell’originaria attività illecita (Cass., Sez. 3, n. 10713 del 28/01/2009, Rv. 243109). Pertanto, anche le opere successivamente realizzate, volte a sanare le illegittimità riscontrate, devono considerarsi abusive, giacché la sanatoria avrebbe richiesto il rilascio di un nuovo e diverso permesso a costruire nel rispetto della normativa urbanistica.
E’ pacifico, nella giurisprudenza amministrativa ed in quella penale, che, per le varianti essenziali, cioè quelle che mirano a profonde e sostanziali modifiche del bene a realizzarsi, è necessario richiedere un nuovo permesso a costruire (tra le più recenti, Cons. di Stato, Sez. IV, n. 5485 del 24/11/2017 e Cass., Sez. 3, n. 17516 del 30/10/2018, dep. 2019, Alongi, Rv. 275596). La variante essenziale, nella prospettazione difensiva, non sarebbe stata chiesta per perpetuare l’abuso, bensì per ricondurre l’intervento urbanistico nell’alveo della legittimità, riducendo la volumetria nei limiti dell’assentibile e chiedendo di qualificare il bene come fabbricato rurale.
Tale asserto è smentito dalla ricostruzione dei fatti del Tribunale del riesame sulla base degli atti a disposizione, in particolare della relazione allegata all’istanza per il relativo rilascio.
La Corte di cassazione ha sempre escluso la possibilità di una sanatoria produttiva di effetti estintivi del reato di lottizzazione, che non è prevista dalla legge, riconoscendo tuttavia la possibilità che alcuni provvedimenti adottati dall’autorità amministrativa, prima del passaggio in giudicato della sentenza, comportino quale conseguenza, se legittimamente emanati, l’impossibilità per il giudice di disporre la confisca. E ciò avviene, senz’altro, allorquando l’autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, rinunci ad acquisire i beni al patrimonio indisponibile dello Stato (tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 15404 del 21/01/2016, Bagliani, Rv. 266811, in motivazione, con ampi richiami ai precedenti giurisprudenziali). Nell’ipotesi successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, la Corte di cassazione non ha espresso un orientamento univoco. In alcuni casi, ha ritenuto che, ferma la piena ed incondizionata potestà di programmazione e gestione del territorio dell’autorità amministrativa, il successivo adeguamento degli immobili acquisiti agli standard urbanistici già vigenti o l’adozione di nuovi strumenti urbanistici non consentono la revoca della confisca di lottizzazione (Cass., Sez. 3, n. 34881 del 22/04/2010, Franzese, Rv. 248360, che ha precisato che l’amministrazione può legittimamente scegliere di non esercitare in proprio le iniziative edificatorie e di non conservare la proprietà sui terreni e manufatti che eventualmente vi insistano, facendo ricorso a trasferimenti volontari a titolo oneroso anche ai precedenti proprietari, e n. 21125 del 12/04/2007, Licciardello, Rv. 236737). In precedenza, aveva affermato invece che, a seguito della sopravvenuta legittimità della lottizzazione, la confisca doveva essere revocata, fermo restando il reato penale (Cass., Sez. 3, n. 35219 del 11/04/2017, Arcieri, Rv. 237372 e n. 47272 del 30/11/2005, Iacopino, Rv. 232998). Tale secondo orientamento è stato più di recente ribadito dalle sentenze Sez. 3, n. 4373 del 13/12/2013, dep. 2014, Franco, Rv. 258921 e n. 43591 del 18/02/2015, Di Stefano, Rv. 265153-01.
Sennonché, nella specie, il ricorrente ha fatto valere alcune prerogative, quali la qualifica di conduttore in economia del fondo e il piano casa, successive al permesso originario illegittimo.
Non appaiono superate le limitazioni provenienti dall’obbligo di rispetto della fascia stradale e dai vincoli d’inedificabilità posti dall’ente parco.
Pare inoltre che con il permesso in variante abbia chiesto ed ottenuto di sviluppare una volumetria maggiore rispetto a quella originaria o di destinare una parte ad uso residenziale ed un’altra ad uso agricolo, all’esito dell’acquisto di un fondo limitrofo.
7. Non mette conto in questa sede analizzare il problema della proporzionalità nella confisca di lottizzazione per violazione dell'art. 1, Prot. n. 1, CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, dal momento che, oltre al sequestro finalizzato alla confisca è stato adottato il sequestro impeditivo su cui l’ordinanza si è soffermata lungamente, mettendo bene in evidenza il periculum della protrazione della condotta edificatoria abusiva con aggravio del carico urbanistico.
In definitiva, il ricorso va rigettato perché l’ampia e approfondita motivazione del Tribunale del riesame è immune dal vizio di violazione di legge, nei limiti del controllo ammesso dall’art. 325 cod. proc. pen., in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (tra le più recenti, Cass., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656-01)
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso, il 17 giugno 2020