Consiglio di Stato Sez. VI n. 8687 del 31 ottobre 2024
Urbanistica.La doppia conformità necessaria per la sanatoria riguarda anche la disciplina antisisimica
La verifica della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità. Il richiamato dato positivo, oltre ad esigere la sussistenza della doppia conformità, offre tuttavia un ulteriore elemento non irrilevante, e cioè che la prescritta indagine vada riferita alla disciplina urbanistica ed edilizia generalmente intesa; ne deriva che, nel novero delle disposizioni che presidiano la materia dell’edilizia, vanno ricomprese pure quelle inerenti la normativa tecnica contenute nella Parte II del Testo unico dell’edilizia, il cui Capo IV è dedicato segnatamente alle costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche (segnalazione Ing. M. Federici)
Pubblicato il 31/10/2024
N. 08687/2024REG.PROV.COLL.
N. 10610/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10610 del 2021, proposto da
Ruggero Cosentino e Mariateresa Cosentino, rappresentati e difesi dagli avvocati Maurizio Romolo e Gabriella Ruggiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Polistena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Raffaele Marciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Bruna Amendolea, Ezio Daniele Furci e Marta Lobaudo, non costituiti in giudizio;
Francesca Fazari, rappresentata e difesa dall'avvocato Nassi Floriana con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria n. 352/2021.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Polistena e di Francesca Fazari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2024 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Pierpaolo Cavazzino, per delega di Maurizio Romolo, e Raffaele Marciano per sè e per delega di Silvana Nasso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Con il provvedimento datato 17.12.2018 il Comune di Polistena ha rilasciato, ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, in favore di Amendolea Bruna, Furci Ezio Daniele, Fazari Francesca e Lobaudo Marta, comproprietari di un edificio di tre piani situato in via On. Luigi Longo n. 53 (F. n.12 part. n.156), il permesso di costruire in sanatoria, riguardante le seguenti opere: a) l’ampliamento parziale del piano interrato; b) la realizzazione di n. 3 balconi al piano 1°, 2° e 3° (lastrico solare); c) la realizzazione di una mensola di accesso alla scala condominiale ubicata al piano terra.
2 - Cosentino Mariateresa e Cosentino Ruggero, affermandosi proprietari dell’immobile confinante (F. n.12 part. n.1190), hanno impugnato tale provvedimento avanti il Tar per la Calabria, deducendo:
- l’illegittimità del titolo edilizio in sanatoria, perché rilasciato in assenza dell’autorizzazione sismica;
- l’illegittimità del permesso di costruire in sanatoria, anche per violazione delle distanze legali prescritte tra le pareti finestrate di due edifici confinanti ai sensi dell’art. 9 del d.m. n.1444 del 1968;
- il difetto di istruttoria in cui sarebbe incorso il Comune, che non avrebbe valutato che l’accesso al fabbricato condominiale dal piano seminterrato sarebbe ora sostituito dall’ingresso dal primo piano attraverso il ballatoio a livello della strada che, però, insisterebbe senza titolo sulla proprietà dei ricorrenti.
3 – Il Tar adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva di Ruggero Cosentino e dichiarato il ricorso inammissibile in parte qua, mentre l’ha rigettato siccome proposto anche da Mariateresa Cosentino.
4 – I ricorrenti originari hanno impugnato tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.
4.1 – Con il primo motivo sottopongono a critica il passaggio della sentenza di primo grado in cui si afferma che “la parte ricorrente ha rilevato l’inesistenza in atti di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/01, ma solamente di un “ordinario” permesso di costruire presentato ai sensi dell’art. 20 dello stesso Testo Unico dell’Edilizia (v. all. n. 11 parte resistente, depositato il 30.3.2019)”; ed assume che: la “novità della questione che, introdotta per la prima volta nel corso del giudizio con memoria del 05.02.2021, non risulterebbe dedotta quale motivo di ricorso.”
Gli appellanti deducono una distorta applicazione da parte del Tar del principio della parità delle parti (ex art. 2 c.p.a.), con riferimento al principio di allegazione e di prova, insistendo sul fatto che il controinteressato ha dedotto la legittimità del permesso in sanatoria, a suo dire conforme alla propedeutica domanda che non ha mai prodotto in giudizio e la conclusione, cui è pervenuto il Tar, e cioè che l’eccezione formulata a riguardo dal ricorrente sarebbe tardiva, porrebbe un’illegittima inversione dell’onere della prova.
4.2 – La censura è infondata.
E’ pacifico che i ricorrenti in primo grado hanno impugnato il provvedimento del 17.12.2018 con il quale il Comune di Polistena ha rilasciato, ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, il titolo in sanatoria a favore degli appellati.
Non è dato comprendere il senso del motivo di appello, dal momento che nei motivi di ricorso originari, ma neanche in seguito, e neppure in appello, i ricorrenti hanno dedotto un vizio riconducibile ad una eventuale non corrispondenza del provvedimento rilasciato (e impugnato) con la relativa domanda a suo tempo presentata.
Stante tale circostanza, l’evidenziata errata produzione documentale in primo grado degli appellati non risulta idonea produrre alcun effetto utile agli appellanti, trattandosi di una circostanza irrilevante rispetto all’oggetto di causa, delimitato dai motivi di ricorso a suo tempo proposti dai ricorrenti in primo grado.
5 – Con il secondo motivo di appello si contesta la sentenza impugnata dove ha ritenuto di non dover riconoscere alcun interesse qualificato e nemmeno la legittimazione attiva in capo al ricorrente Cosentino Ruggero, in quanto la relativa situazione “non è assistita dal necessario requisito della stabilità del collegamento con la zona interessata dall’abuso edilizio, che può essere dato, oltre che dalla proprietà o da un diritto reale, solo dalla residenza, dal possesso o dalla detenzione qualificata di immobili (locazione, comodato, leasing o altro titolo di frequentazione) e non dalla semplice circostanza di occupare di fatto un locale dell’edificio quale sede della propria attività professionale.”
Al riguardo, parte appellante osserva che Cosentino Ruggiero, padre della ricorrente/proprietaria Cosentino Maria Teresa, è detentore qualificato del medesimo immobile e di tutte le altre particelle confinanti con l’immobile sanato, poiché, sia nel piazzale ove insistono i balconi privi di autorizzazione del genio civile e sia al piano terra del fabbricato di proprietà della figlia, svolge la propria attività lavorativa di amministratore della Fercar s.r.l.
Per tale ragione, Cosentino Ruggero sarebbe titolare di un interesse meritevole di tutela e nello specifico della tutela alla sicurezza del “piazzale” ove movimenta le merci e svolge la propria attività lavorativa ed ove insistono i balconi degli appellati privi di autorizzazione del Genio Civile.
5.1 – La censura è fondata.
La giurisprudenza (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 9 dicembre 2021, n. 22) ha chiarito che: a) nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato; b) l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso.
Nel caso in esame, il ricorrente ha dimostrato di avere di fatto la disponibilità della porzione immobiliare confinante con quella degli appellati, dove svolge altresì la propria attività professionale. Dal momento che, tra i motivi di ricorso, deduce altresì la carenza del certificato di conformità sismica delle opere oggetto di sanatoria, deve ritenersi sussistente l’interesse all’impugnazione, radicato dall’appellane nella tutela alla sicurezza del piazzale ove movimenta le merci e svolge la propria attività lavorativa ed ove insistono i balconi asseritamente privi di autorizzazione del Genio Civile.
6 – Con il terzo motivo, parte appellante contesta la sentenza impugnata ove afferma che le opere sanate, ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/01, erano conformi a legge dal punto di vista sismico al momento del rilascio del titolo edilizio impugnato.
Nella sentenza di primo grado si legge che “a conclusione dell'iter procedurale previsto, l'Ufficio del Genio Civile di Reggio Calabria, vista l’istanza del 02.11.1978 del sig. Amendolea Giovanfrancesco, dante causa degli odierni controinteressati, certificava che l'edificio in parola era stato redatto in conformità al progetto sopra indicato e che lo stesso era rispondente alle norme di edilizia antisismica di cui alla Legge 25 novembre 1962 al n. 1684, salvo lievi modifiche entro i poteri discrezionali della Direzione dei lavori e che non sono emerse violazioni alte norme contenute nella legge 25.11.1962, n. 1684; da applicarsi nella fattispecie in relazione al disposto dell’art.. 32 della legge 2–2- 1974 n. 64 (v. certificato Genio Civile n.15090 del 09.07.1979)”.
Secondo l’appellante, mentre il Tar, dal confronto tra il progetto redatto dall’ing. Buggè nel 1968 con l’atto pubblico del notaio Lustri Rep. n. 2959, del 15.05.1974, rileva che a quella data fossero già esistenti il vano caldaia e la mensola in cemento armato di accesso (cd. “ballatoio”) ai piani, dal medesimo atto si evince, altresì, che non erano stati ancora realizzati i balconi dei piani superiori che si affacciano sulla proprietà dei ricorrenti. Ergo, per parte appellante, alla data del rogito non esistevano ancora il 2° e 3° piano, di cui al progetto regolarmente approvato e, pertanto, non erano stati ancora realizzati neanche i rispettivi balconi, non assentiti con il progetto originario e sanati con il provvedimento in sanatoria in esame.
Il Tar avrebbe erroneamente valuto anche le risultanze documentali di cui alle certificazioni catastali dell’epoca, affermando che alla data del 18.12.1978, e cioè prima del certificato antisismico del Genio Civile, il primo e il secondo piano dell’edificio erano già edificati; di contro, gli appellanti osservano che siffatto documento, presentato sempre nel 1979, riguarda solo il 1° piano, mentre nessun certificato catastale sussiste del 2° e 3° piano.
6.1 – La censura è fondata.
Come noto, in tema di sanatoria edilizia, si richiede che l’intervento del quale viene richiesta la regolarizzazione ex post risulti conforme tanto alle disposizioni di riferimento all’epoca di edificazione quanto a quelle vigenti al momento in cui il titolo sanante viene materialmente emesso (cfr. art. 36 del TU Edilizia per il quale gli interessati “possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda”).
Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che “la verifica della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità” (Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 43).
Il richiamato dato positivo, oltre ad esigere la sussistenza della doppia conformità, offre tuttavia un ulteriore elemento non irrilevante, e cioè che la prescritta indagine vada riferita alla disciplina urbanistica ed edilizia generalmente intesa; ne deriva che, nel novero delle disposizioni che presidiano la materia dell’edilizia, vanno ricomprese pure quelle inerenti la normativa tecnica contenute nella Parte II del Testo unico dell’edilizia, il cui Capo IV è dedicato segnatamente alle costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche.
Tale assunto risulta confermato dall’orientamento della Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 101 del 22 maggio 2013), secondo cui “se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria. (…) Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità” (cfr. anche Cons. Stato, Sez. VI, 19 maggio 2022, n. 3963: “nell’ambito delle disposizioni edilizie rilevanti per verificare la conformità sostanziale delle opere sine titulo eseguite, devono ritenersi comprese quelle antisismiche – poste peraltro a tutela di esigenze primarie, correlate alla pubblica incolumità – facendosi questione, comunque, di disposizioni regolanti le modalità dell’edificazione. Non potrebbe, dunque, sanarsi un intervento edilizio non rispettoso della normativa antisismica, alla stregua dell’accertamento all’uopo condotto dall’autorità competente. (…) Difatti, ai sensi dell’art. 36 DPR n. 380/01, il rilascio del titolo in sanatoria è subordinato alla conformità sostanziale delle opere già eseguite alla normativa edilizia e urbanistica di riferimento, occorrendo, dunque, verificare, ancora prima dell’adozione del permesso di costruire in sanatoria, se le opere possano o meno ritenersi sostanzialmente conformi alla disciplina di riferimento: a tali fini, risulta necessario accertare, tra l’altro, il previo rilascio dell’autorizzazione sismica (ove prevista), idonea ad escludere quei pericoli per la staticità delle opere abusive che, ove esistenti, impedirebbero la sanatoria, imponendo l’irrogazione della sanzione demolitoria”.
6.2 - Il provvedimento del Genio Civile richiamato nel permesso in sanatoria oggetto di causa risale al 1979 e, pertanto, appare idoneo a coprire le sole opere di cui alle concessioni edilizie 17/68 e 10/69 richiamate nello stesso provvedimento di sanatoria. Quest’ultimo, datato 2018, tuttavia, risulta rilasciato a quasi quaranta anni di distanza rispetto al citato certificato del Genio Civile e si riferisce all’ampliamento parziale del piano interrato; alla realizzazione di n. 3 balconi al piano 1°, 2° e 3° (lastrico solare) e alla realizzazione di una mensola di accesso alla scala condominiale ubicata al piano terra.
Considerato che queste ultime opere, proprio in quanto oggetto di un procedimento di sanatoria, non erano mai state previamente autorizzate non appare credibile che possano ritenersi assentite, sotto il profilo della sicurezza sismica, dal predetto certificato del 1979, che difatti si riferisce alle opere per come originariamente progettate.
6.3 – Le difese degli appellati ed il contenuto della perizia degli stessi depositata non risultano in grado di superare il dato di fatto della mancata verifica sotto il profilo sismico delle opere all’atto della sanatoria, come imposto dall’art. 36 cit. e della giurisprudenza innanzi richiamata.
Per tale ragione, sotto questo profilo, il ricorso di primo grado merita accoglimento, dovendosi verificare anche l’attuale conformità delle opere alla normativa antisismica prima di procedere al rilascio del titolo in sanatoria.
7 – Con il quarto motivo, parte appellante, in relazione al mancato rispetto delle distanze tra le opere edilizie sanate ed il fabbricato prospicente di sua proprietà contesta l’assunto del TAR per cui non vi sarebbero elementi istruttori idonei a confutare le risultanze della perizia prodotta, circa l’esatta distanza tra il bordo dei balconi sporgenti sul retro dal fabbricato di proprietà dei controinteressati e la parete. Viceversa, tale assunto, contrasterebbe con la perizia, nella parte in cui riporta una distanza tra i due fabbricati di m. 6.15 - laddove la distanza minima dovrebbe essere di m. 10 - e, quindi, ancora più ridotta dai balconi prospicienti rispetto alla parete finestrata dei ricorrenti. Infatti, dalla foto satellitare si evincerebbe che sul fabbricato Cosentino, e precisamente sulla parete più vicina al fabbricato antistante, distante appena m 6,51, sussiste una finestra, la cui esistenza viene completamente ignorata.
7.1 – La censura è infondata.
In via preliminare, deve rilevarsi che la censura dedotta in primo grado non delineava in modo preciso le disposizioni violate e le porzioni dei due immobili che non rispetterebbero le distanze di legge.
Parte ricorrente si era infatti limitata a rilevare che “il permesso in sanatoria in oggetto…stante la presenza di finestre sulle pareti di entrambi gli edifici, riduce ulteriormente al di sotto dei 10 metri la distanza tra i fabbricati ed anche per tali motivi è illegittimo e se ne chiede l’annullamento”.
Avuto riguardo alla portata del provvedimento impugnato, che riguarda la sanatoria dei seguenti interventi: ampliamento piazzale, realizzazione di n. 3 balconi, mensola di accesso alla scala condominiale, la censura di cui al ricorso deve necessariamente essere calibrata in riferimento a queste ultime opere e non alle restanti parti del fabbricato.
Ciò precisato, il rilievo di parte appellante - che evidenzia che dalla stessa perizia degli appellati risulterebbe una distanza tra i due fabbricati di m. 6.15 – non pare riferirsi alle opere oggetto di sanatoria.
Stante tale incertezza, determinata dalla generica formulazione della censura da parte dell’appellante, il motivo di ricorso va respinto, dovendosi sul punto confermare la statuizione del Tar il quale ha evidenziato come parte ricorrente non offra “alcun elemento istruttorio idoneo a confutare le risultanze della perizia Femia (all. n. 12 controinteressati) circa l’esatta distanza tra il bordo dei balconi sporgenti sul retro dal fabbricato di proprietà dei controinteressati e la parete, quand’anche non finestrata…dell’immobile di loro proprietà che, salvo prova contraria, resta confermata in m.10,16”.
8 – Per le ragioni esposte, l’appello va accolto nei sensi di cui in motivazione e, riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado nei medesimi limiti.
Le spese di lite del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado annullando il provvedimento impugnato nei sensi di cui in motivazione.
Condanna solidalmente le parti appellate alla refusione delle spese di lite del doppio grado di giudizio in favore di parte appellante, che si liquidano complessivi in €4.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere