Corte Costituzionale sent. 228 del 4 luglio 2003
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera e) ed f), dell’art. 4, dell’art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 6, e dell’art. 7, nonché dell’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile) convertito, con modificazioni, in legge 9 novembre 2001, n. 401, promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Umbria e delle Province di Trento e di Bolzano notificati il 5, il 10 ottobre 2001 e il 9 gennaio 2002, depositati in cancelleria il 12, il 18 ottobre 2001 e il 16 e il 21 gennaio 2002, iscritti ai numeri 39, 40 e 41 del registro ricorsi 2001 ed ai numeri 1 e 2 del registro ricorsi 2002
SENTENZA N.228
ANNO 2003
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
-
Riccardo
CHIEPPA
Presidente
-
Gustavo
ZAGREBELSKY
Giudice
-
Valerio
ONIDA
"
-
Carlo
MEZZANOTTE
"
-
Fernanda
CONTRI
"
-
Guido
NEPPI MODONA
"
-
Piero Alberto
CAPOTOSTI
"
-
Annibale
MARINI
"
-
Franco
BILE
"
-
Giovanni Maria
FLICK
"
-
Ugo
DE SIERVO
"
-
Romano
VACCARELLA
"
-
Alfio
FINOCCHIARO
"
ha
pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera e)
ed f), dell’art. 4, dell’art. 5,
commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis,
4-ter, 5 e 6, e dell’art. 7, nonché
dell’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni
urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle
attività di protezione civile) convertito, con modificazioni, in legge 9
novembre 2001, n. 401, promossi con ricorsi delle Regioni Toscana,
Emilia-Romagna e Umbria e delle Province di Trento e di Bolzano notificati il 5,
il 10 ottobre 2001 e il 9 gennaio 2002, depositati in cancelleria il 12, il 18
ottobre 2001 e il 16 e il 21 gennaio 2002, iscritti ai numeri 39, 40 e 41 del
registro ricorsi 2001 ed ai numeri 1 e 2 del registro ricorsi 2002.
Visti gli
atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza
pubblica dell’8 aprile 2003 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi gli
avvocati Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon e Luigi
Manzi per le Regioni Emilia-Romagna, Umbria e per la Provincia di Trento, Roland
Riz e Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e l’avvocato dello Stato
Giorgio D’Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto
in fatto
1.1. – Con ricorso notificato il 5 ottobre 2001 e depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 12 ottobre, la Regione Toscana ha
impugnato in via principale, nei confronti del Presidente del Consiglio dei
ministri, l’intero decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni
urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle
attività di protezione civile), con cui il Governo ha soppresso l’Agenzia di
protezione civile, già disciplinata dal capo IV del titolo V del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a
norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) ed ha attribuito le
relative funzioni al Presidente del Consiglio dei ministri.
La Regione ricorrente – premessa la ricognizione della normativa in
materia di protezione civile che nel tempo aveva portato infine
all’istituzione dell’Agenzia di protezione civile con il decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma
dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59) – deduce anzitutto la
violazione degli articoli 5, 117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo
della lesione del principio della leale cooperazione tra Stato e Regioni, per il
venir meno della sede istituzionale del raccordo e della concertazione.
Sottolineato che la protezione civile non è materia riservata allo
Stato, ma consiste in un complesso di compiti ed attività coinvolgenti
l’intero arco di azione delle amministrazioni statali, regionali e degli enti
locali presenti sul territorio (implicanti l’esigenza di coordinamento per
assicurare l’agire armonico e razionale dei numerosi organismi interessati),
la ricorrente assume che, proprio in considerazione di tale “trasversalità”,
la scelta organizzativa del decreto legislativo n. 300 del 1999 di ricondurre in
capo all’Agenzia tutte le competenze, garantiva il rispetto del ruolo e delle
attribuzioni regionali, tenuto conto della sua caratterizzazione di struttura
con attività di carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, operante
anche al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese quelle regionali e
locali.
Proprio in considerazione di queste funzioni, la ricorrente rileva che il
legislatore aveva garantito che nel comitato direttivo della stessa Agenzia
fosse assicurata anche la presenza di un rappresentante delle autonomie (art.
82, comma 3) e (come evidenziato dall’art. 83) aveva posto ad operare presso
l’Agenzia sia la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei
grandi rischi sia il Comitato operativo della protezione civile, nonché aveva
assicurato la presenza di due esperti designati dalla Conferenza permanente
Stato-Regioni nella Commissione, chiamata a svolgere attività consultiva
tecnico-scientifica e propositiva per la prevenzione delle situazioni di
rischio. In tal modo la soppressa Agenzia si presentava come lo strumento idoneo
a garantire in materia il rispetto della leale cooperazione tra lo Stato e le
Regioni.
Ulteriore lesione degli evocati parametri viene ravvisata dalla Regione
nel fatto che la soppressione della predetta Agenzia sarebbe stata disposta
unilateralmente dal Governo con decreto-legge, senza alcuna consultazione sul
punto con le Regioni. L’impugnato testo normativo avrebbe dovuto, invece,
essere sottoposto al parere preventivo della conferenza Stato-Regioni, ai sensi
dell’art. 2, commi 3 e 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
(Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonome locali),
che ha generalizzato la partecipazione consultiva obbligatoria della Conferenza
Stato-Regioni sull’attività e sull’iniziativa normativa del Governo nelle
materie regionali. E ad ogni modo – ove anche si fosse verificata una
situazione di urgenza – la sua ricorrenza avrebbe dovuto essere dichiarata dal
Presidente del Consiglio dei ministri e, quindi, ai sensi dell’art. 2, comma
5, del d.lgs. n. 281 del 1997, si sarebbe dovuto procedere ad una consultazione
successiva (nei fatti omessa).
La
Regione lamenta ancora la violazione dell’art. 76 della Costituzione, con
conseguente lesione delle attribuzioni regionali di cui agli articoli 117 e 118
Cost., in quanto il decreto-legge in oggetto difetterebbe completamente dei
presupposti di necessità ed urgenza, i quali – così come dichiarati nella
premessa – sarebbero vaghi ed inconsistenti, sia in quanto quell’esigenza
era garantita già dalla struttura esistente, sia perché, in ragione
dell’epoca del decreto-legge vi sarebbe stato il tempo per approvare una legge
con la procedura ordinaria prima dell’inverno.
1.2. – Si è costituito
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto del
ricorso, in particolare sostenendo: a) l’insussistenza della violazione del
principio di leale collaborazione ovvero di attribuzioni od interessi della
Regione, poiché il decreto-legge impugnato ha abrogato una disciplina che non
aveva ancora prodotto effetti (in quanto l’Agenzia non aveva cominciato a
funzionare); b) che il decreto-legge impugnato non avrebbe fatto altro che
riportare i poteri organizzativi e di coordinamento facenti capo al Presidente
del Consiglio dei ministri (come
affermato da questa Corte nella sentenza n. 418 del 1992) sullo stesso piano
della responsabilità corrispondente, eliminando una situazione che avrebbe
potuto far sorgere dubbi di legittimità costituzionale; c) che il rispetto
dell’esigenza di leale collaborazione andrebbe valutata nell’ambito del
procedimento attraverso il quale lo Stato e la Regione esercitano le
attribuzioni rispettive, mentre non porrebbe vincoli ai poteri di organizzazione
di cui ciascuno dei soggetti è titolare; d) che, dunque, il principio di leale
collaborazione non sarebbe leso, in quanto, operando esso in sede di esercizio e
non di organizzazione, le Regioni avrebbero solo l’interesse ad essere
coinvolte quando lo Stato esercita i suoi poteri di coordinamento attraverso
l’organo che ha ritenuto opportuno investire, mentre non avrebbero nessun
interesse costituzionalmente garantito a che il loro coinvolgimento sia
realizzato mantenendo operanti figure organizzative statali, destinate
all’esercizio di attribuzioni anche esse statali; e) che la ricorrente non
sarebbe legittimata ad evocare l’art. 76 Cost., non essendovi alcun suo
interesse da tutelare (e comunque, l’Avvocatura sottolinea che il
decreto-legge è stato portato all’esame della Conferenza unificata, che nella
seduta dell’11 ottobre 2001 ha espresso parere favorevole con la richiesta di
alcune modifiche accettate dal Governo).
2.1. – Con due ricorsi,
entrambi notificati il 10 ottobre 2001 e depositati nella cancelleria di questa
Corte il successivo 18 ottobre, le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, con
identiche motivazioni, hanno impugnato in via principale il decreto-legge n. 343
del 2001, nella parte in cui sopprime l’Agenzia di protezione civile,
trasferendone le funzioni agli apparati governativi, nonché nella parte in cui
tiene ferme le attribuzioni di cui al decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804
(Norme di attuazione per il ripristino del Corpo forestale dello Stato) – con
riferimento in particolare alle disposizioni dell’art. 1, comma 1, lettera e)
e lettera f) e degli artt. 4, 5 e 7
– per violazione degli artt. 5, 95, 117 e 118 della Costituzione, del
principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, dell’art. 2, commi 4 e
5, del d.lgs. n. 281 del 1997 e dell’art. 77 della Costituzione.
Premessa, con considerazioni analoghe a quelle formulate dalla Regione Toscana, la “trasversalità” della materia protezione civile nell’ambito delle competenze di cui all’art. 117 Cost., le ricorrenti sottolineano che, con l’istituzione dell’Agenzia di protezione civile, si erano intesi perseguire gli obiettivi della unificazione della gestione di funzioni svolte da diversi apparati statali, nonché dell’assicurazione dell’autonomia tecnica della gestione di tali funzioni rispetto agli apparati ministeriali e del coinvolgimento delle Regioni, attraverso un modello condiviso di amministrazione “centrale”, ma non esclusivamente statale, imperniato su uno strumento tecnico costituente al tempo stesso una sede di cooperazione tra le diverse istituzioni territoriali protagoniste del sistema di protezione civile. Il decreto-legge impugnato avrebbe, invece, sconvolto tale assetto, riattribuendo agli apparati puramente statali le funzioni già assegnate all’Agenzia, così travolgendo il carattere “comune” dello strumento organizzativo e i meccanismi di collaborazione tra Stato e Regioni.
Sulla base di tali premesse, le Regioni ricorrenti lamentano la
violazione: a) degli artt. 5, 117 e 118 Cost., del principio di leale
collaborazione e dell’art. 2, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 281 del 1997, stante
l’emanazione del decreto-legge senza loro preventiva consultazione in sede di
Conferenza Stato-Regioni, e senza neppure la dichiarazione delle specifiche
ragioni di urgenza giustificative di tale omissione; b) degli artt. 5, 95, 117 e
118 Cost. e del principio di leale collaborazione, in ragione della soppressione
degli strumenti di partecipazione regionale alle funzioni centrali previsti dal
d.lgs. n. 300 del 1999, non sostituiti da altri equivalenti.
Più specificamente, poi, l’art. 5 del decreto-legge impugnato sarebbe
illegittimo – in riferimento agli artt. 95, 117 e 118 Cost. – anche là dove
attribuisce al solo Presidente del Consiglio dei ministri poteri di
coordinamento in materia di protezione civile (già facenti capo all’Agenzia),
così sottraendo una funzione di indirizzo (anche) delle Regioni alla sede
costituzionalmente necessaria, cioè al Consiglio dei ministri. Illegittimo
sarebbe anche il successivo art. 7, in base al quale “nelle materie oggetto
del presente decreto restano ferme le attribuzioni di cui al decreto legislativo
12 marzo 1948, n. 804” (che disciplina, come detto, il Corpo forestale dello
Stato), giacché lo Stato in tal modo si riapproprierebbe unilateralmente di
funzioni già trasferite alle Regioni con i decreti legislativi 4 giugno 1997,
n. 143 (Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di
agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale) e 31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15
marzo 1997, n. 59), in violazione, quanto al metodo, del principio di leale
collaborazione e, nella sostanza, degli artt. 5 e 118 della Costituzione.
Infine, secondo le ricorrenti, l’intero decreto-legge impugnato sarebbe
illegittimo per violazione degli artt. 77, 117 e 118 Cost., per essere stato
assunto al di fuori dei necessari presupposti giustificativi costituzionali.
2.2. – Anche in tali giudizi si è costituito il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi, sulla base di
considerazioni sostanzialmente identiche a quelle svolte rispetto alla
impugnazione proposta dalla Regione Toscana.
3.1. – Con ricorso notificato il 9 gennaio 2002 e depositato nella
cancelleria di questa Corte il successivo 16 gennaio, la Provincia autonoma di
Trento ha impugnato in via principale, nei confronti del Presidente del
Consiglio dei ministri, l’art. 5, commi 1, 2, e 5 e, «in via cautelativa e
ipotetica», anche i commi 3-ter, 4,
4-bis, e 4-ter
dello stesso art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, come risultanti dalla
legge 9 novembre 2001, n. 401 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni urgenti per
assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di
protezione civile), per violazione: a) dell’art. 8, numeri 5), 13), 17), 24),
e dell’art. 9, numero 9, nonché dell’art. 16 e dell’art. 52 del decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige); b) del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo
1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione
Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), nonché degli
articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il trentino-Alto Adige concernente il
rapporto tra atti legislativi e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà
statale di indirizzo e coordinamento); c) dell’art. 117 della Costituzione, in
connessione con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione).
Afferma la Provincia ricorrente di avere competenza legislativa
statutariamente garantita in materia di protezione civile, che è
“trasversale” rispetto a diverse materie (quali l’agricoltura e foreste,
la beneficenza pubblica nel suo attuale significato di protezione sociale, la
viabilità, gli acquedotti e i lavori pubblici di interesse regionale,
l’urbanistica e la tutela del territorio), nelle quali essa ha competenza
legislativa (ex art. 8, nn. 5), 13),
17) e 24), nonché 9, n. 9 dello statuto). Detta competenza avrebbe carattere più
ampio di quella riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario nel nuovo testo
dell’art. 117 Cost., trovando tale particolare autonomia fondamento anche
direttamente nella disposizione di cui all’art. 52, comma 2, dello statuto
speciale, ai sensi del quale spetta al Presidente della Giunta provinciale di
adottare “i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sicurezza e di
igiene pubblica nell’interesse delle popolazioni di due o più comuni”,
nonché – con un’applicazione ante
litteram del principio di sussidiarietà – negli artt. 33 e seguenti delle
relative norme d’attuazione (non modificabili dalla successiva legislazione
ordinaria) di cui al d.P.R. n. 381 del 1974.
Ciò
premesso, dopo aver richiamato il contenuto dell’art. 5 del decreto-legge
impugnato, che definisce le “Competenze del Presidente del Consiglio dei
ministri in materia di protezione civile”, la Provincia autonoma sostiene che
le censure mosse ai commi 3-ter, 4,
4-bis e 4-ter
– che non disciplinano poteri diversi da quelli già spettanti
all’Agenzia di protezione civile – avrebbero carattere dichiaratamente
cautelativo, ove si ritenga che la clausola di salvaguardia delle competenze ed
attribuzioni delle Province a statuto speciale, di cui al comma 6 del medesimo
art. 5, debba essere intesa in senso restrittivo, come riferita ai soli poteri
“residuali” dell’Agenzia di protezione civile, trasferiti ai sensi del
comma 6, e non anche a quelli già ad essa spettanti ma ora “ridisciplinati”
ai commi sopra indicati.
Viceversa, rispetto alle altre norme impugnate – ossia ai commi 1, 2 e
5 dell’art. 5, che introducono nell’ordinamento poteri che non hanno un
preciso corrispondente in quelli già attribuiti all’Agenzia di protezione
civile – non apparirebbe riferibile la clausola di salvaguardia di cui
all’art. 5, comma 6. Ne conseguirebbe l’illegittimità costituzionale di
tali norme, nella parte in cui i poteri statali da esse previsti interferiscono
con i poteri e i compiti propri della Provincia di Trento; e ciò salvo che si
ritenesse che le norme statali in questione debbano pur sempre intendersi nel
quadro, e non in violazione, delle regole che riguardano i rapporti tra lo Stato
e le Province autonome, sia nella specifica materia (con riferimento alle norme
di attuazione di cui al d.P.R. n. 381 del 1974), sia in via generale (con
riferimento agli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992).
Quanto ai motivi di illegittimità concernenti i poteri non
corrispondenti a quelli già propri dell’Agenzia di protezione civile, nel
merito la Provincia autonoma sostiene che: a) l’art. 5, comma 1, attribuendo
al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di determinare le politiche
di protezione civile ed individuandolo come autorità che “detiene i poteri di
ordinanza” in materia di protezione civile, provocherebbe una sovrapposizione
con l’attività normativa di essa ricorrente; b) che l’art. 5, comma 2,
avrebbe un contenuto che non si adeguerebbe, nella disciplina dei rapporti tra
lo Stato e le Province autonome, alle regole statutarie, giacché gli atti da
esso previsti, essendo atti di indirizzo, richiederebbero, ai sensi dell’art.
3 del d.P.R. n. 266 del 1992 e dei principi generali costituzionali, la
deliberazione collegiale del Governo e dovrebbero produrre solo un vincolo di
risultato; c) il comma 5 dell’art. 5 - in quanto implicante una posizione di
“sovraordinazione” del capo del Dipartimento della protezione civile
rispetto alla Provincia autonoma ed ai suoi compiti e poteri (anche di governo e
di indirizzo degli enti ed istituzioni di ambito provinciale a subprovinciale) -
sarebbe anch’esso al di fuori della disciplina statutaria dei rapporti tra lo
Stato e la Provincia autonoma (ed in contrasto con l’art. 16 dello statuto e
gli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 266 del 1992), salvo che le indicazioni cui fa
riferimento si intendessero esclusivamente come finalizzate a mettere a
disposizione dei competenti organi provinciali elementi informativi o mezzi
altrimenti non disponibili, in tal caso assumendo il valore di manifestazione
dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.
Con riferimento alle rimanenti norme impugnate, osserva in particolare la
ricorrente che: a) il comma 3-ter
risulterebbe lesivo dell’autonomia provinciale (per violazione
dell’autonomia amministrativa provinciale, quale definita dall’art. 16 dello
statuto e dagli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 266 del 1992, nonché, per la
specifica materia, dagli artt. 33, 34 e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974), stante
la previsione della direzione unitaria e del coordinamento delle attività di
emergenza da parte del Comitato operativo della protezione civile, che per
giunta avrebbe il compito, pure illegittimo, di stabilire gli interventi di
tutte le amministrazioni e enti interessati al soccorso; b) il comma 4 sarebbe
illegittimo, nella parte in cui prevede che sia lo Stato a promuovere
“l’esecuzione di periodiche esercitazioni” e a svolgere “attività di
informazione alle popolazioni interessate”, nonché “l’attività
tecnico-operativa, volta ad assicurare i primi interventi”, giacché questi
compiti spettano invece alla Provincia e la loro attrazione in capo allo Stato
direttamente viola il divieto di svolgimento di attività amministrativa locale
di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 266 del 1992, oltre che il riparto stabilito
dalle già citate disposizioni di attuazione in materia di protezione civile
agli artt. 33, 34 e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974; c) altrettanto illegittimo
sarebbe il comma 4-bis, in relazione
alla definizione in sede locale degli interventi e della struttura organizzativa
necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi; d) e così anche il comma 4-ter,
in quanto l’attività di indirizzo verrebbe svolta senza osservare le regole
dell’art. 3 del d.P.R. n. 266 del 1992, in ordine alla competenza collegiale
del Governo, alla procedura di partecipazione della Provincia, ai contenuti ed
ai vincoli derivanti dalla funzione.
3.2. – Si è costituito
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, assumendo in primo luogo
l’inammissibilità dei motivi di ricorso relativi all’art. 5, commi 3-ter,
4, 4-bis e 4-ter,
del decreto-legge n. 343 del 2001, come modificati dalla legge di conversione n.
401 del 2001, in quanto proposti in via cautelativa ed ipotetica, cioè con lo
scopo di sottoporre a censura un’interpretazione non condivisa.
Nel merito, l’Avvocatura afferma che non avrebbe fondamento il dubbio che la Provincia si è posta sull’ampiezza della clausola di riserva, di cui all’art. 5, comma 6, del decreto-legge impugnato. Comunque, le argomentazioni in ordine all’inammissibilità ed all’infondatezza del ricorso varrebbero pure per le censure relative alle altre norme impugnate, atteso che anche in relazione ad esse lo stesso ricorso enuncia che verrebbero meno, se si ritenesse che, nonostante il modo in cui è espressa la clausola di riserva, dette norme debbano sempre intendersi come rispettose dell’autonomia provinciale. In ogni caso, poiché la Provincia può dolersi solo di quelle illegittimità che ledono le sue attribuzioni, nella specie il ricorso sarebbe anche inammissibile, in quanto le norme impugnate non le toccherebbero. Né, in riferimento ai poteri di ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, potrebbero sorgere dubbi di costituzionalità quanto alla promozione ed al coordinamento delle attività, cui le Province autonome non potranno sottrarsi, se non a rischio di non essere in grado di esercitare utilmente le proprie attribuzioni. Il fatto che nel comma 2 della norma sia richiesta l’intesa con le Regioni e gli enti locali, significherebbe che sono fatte salve sia le attribuzioni di ciascuno sia i procedimenti corrispondenti. Inoltre, la competenza, attribuita dal comma 5, al capo del Dipartimento, per le indicazioni necessarie al raggiungimento delle finalità di coordinamento operativo, concernendo una attività di informazione, di ausilio per i destinatari, non pregiudicherebbe le attribuzioni provinciali, a meno che la Provincia non assuma di essere sottratta ad ogni dovere di coordinamento sul suo territorio.
4.1. – Con ricorso notificato il 9 gennaio 2002 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 21 gennaio, la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, l’art. 5, commi 1, 2, 3-ter, 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 6 del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 401 del 2001, per violazione dell'art. 8, comma 1, numeri 5), 13), 17), e 24), dell'art. 9, comma 1, numero 9), dell'art. 16 e dell’art. 52, comma 2, dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige (d.P.R. n. 670 del 1972), e delle relative norme d’attuazione (in particolare degli artt. 33, 34, e 35 del d.P.R. n. 381 del 1974, nonché degli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 266 del 1992), e per violazione degli artt. 117 e 118 e dei principi del titolo V della parte seconda della Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al disposto all’art. 10 della medesima legge, ed infine per violazione del principio di leale cooperazione.
Premesse argomentazioni analoghe a quelle della Provincia autonoma di Trento circa la titolarità di competenze legislative ed amministrative in materia di protezione civile, sulla base di diverse norme statutarie e delle norme di attuazione, la ricorrente assume anzitutto che il primo comma dell’art. 5 (primo periodo) si porrebbe in contrasto con i parametri evocati, posto che, per tutte le situazioni di danno o di pericolo attribuisce al Presidente del Consiglio poteri di intervento diretto (determinazione di politiche di protezione e poteri d’ordinanza in materia di protezione civile) che sono invece di competenza provinciale, nonché poteri di indirizzo e coordinamento nei confronti anche della Provincia ricorrente, i quali si debbono ormai ritenere incompatibili - per quanto riguarda in particolare modo il potere di indirizzo - con i nuovi principi costituzionali introdotti dalla riforma del titolo V e dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, o comunque, sia con il principio di legalità “sostanziale”, sia con la speciale disciplina del potere statale di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992. Né tali aspetti di incostituzionalità potrebbero essere eliminati dalla previsione dell’istituzione del già ricordato “Comitato paritetico”, atteso che la sua composizione ed il suo funzionamento sono rimessi alla piena discrezionalità del Governo, rinviando la legge alla disciplina che verrà stabilita dallo stesso Presidente del Consiglio.
Per le medesime ragioni, anche il secondo comma dell’art. 5 sarebbe incostituzionale, giacché la relativa attribuzione di poteri al Presidente del Consiglio dei Ministri ed il loro contenuto eccederebbero quanto consentito dall’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 266 dl 1992, mentre i poteri presidenziali relativi ai programmi nazionali di soccorso ed ai piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza potrebbero essere ritenuti non lesivi delle competenze provinciali soltanto se si riferissero ai soli interventi di competenza statale previsti dai già citati artt. 33-35 del d.P.R. n. 381 del 1974.
Ragioni analoghe di illegittimità costituzionale varrebbero per il comma 3-ter dell’art. 5, nella parte in cui concentra in un apparato centrale dello Stato, il “Comitato operativo della protezione civile”, presieduto dal capo del Dipartimento della protezione civile, la “direzione unitaria ed il coordinamento delle attività di emergenza, stabilendo gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso”, così prevedendo non solo un potere di indirizzo e coordinamento – che comunque sarebbe già di per sé lesivo dalle attribuzioni provinciali – ma un potere di “ordinare” a tutte le amministrazioni “interessate al soccorso” gli interventi di loro competenza.
Il comma 4 dell’art. 5 sarebbe incostituzionale, innanzi tutto, in quanto – stabilendo che per lo svolgimento di tutte tali attività il Presidente del Consiglio si avvale del Dipartimento della protezione civile – centralizzerebbe ancora di più l’esercizio delle attività in questione, nel segno di un forte accentramento delle strutture e delle funzioni relative alla protezione civile e di una corrispondente compressione degli spazi e delle garanzie di autonomia delle regioni e delle province autonome, valorizzate invece dalla soppressa Agenzia.
Il comma 4-bis sarebbe incostituzionale perché – attribuendo al Dipartimento della protezione civile il compito di definire “in sede locale e sulla base dei piani d’emergenza, gli interventi e la struttura organizzativa necessari per fronteggiare gli eventi calamitosi” – affiderebbe interventi di competenza della provincia all’apparato centrale dello Stato, a nulla rilevando la previsione dell’intesa, poiché nella materia in questione, le sole forme di coordinamento e le procedure “cooperative” costituzionalmente consentite sono quelle particolari espressamente previste dalle norme statutarie e d’attuazione. E identiche ragioni varrebbero a sostenere l’illegittimità dell’art. 5, comma 4-ter.
Con riferimento al comma 5 dell’art. 5 (strettamente legato al comma 1), l’affidamento al capo del Dipartimento della protezione civile del potere di rivolgere (sulla base delle direttive del Presidente del Consiglio) a tutte le amministrazioni, ivi compresa la Provincia ricorrente, le “indicazioni necessarie al raggiungimento delle finalità di cui al primo comma” si concreterebbe nella previsione di interventi diretti ed operativi svolti da un apparato centrale dello Stato in luogo della Provincia competente.
Infine, il comma 6 dell’art. 5 sarebbe anch’esso incostituzionale, nella parte in cui sembrerebbe far salve le competenze ed attribuzioni della Provincia ricorrente soltanto in relazione ai compiti già attribuiti alla soppressa Agenzia di protezione civile e passati (in forza dello stesso comma 6) al Dipartimento della protezione civile. Peraltro, la ricorrente sottolinea che la dichiarazione di incostituzionalità del comma 6 in parte qua, potrebbe rendere non necessaria la dichiarazione di incostituzionalità dei precedenti commi impugnati.
4.2. – Anche in questo giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, depositando memoria dell’Avvocatura generale dello Stato, nella quale in via preliminare sostiene la inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, con argomenti e conclusioni analoghe a quelli svolti a proposito dell’impugnazione proposta dalla Provincia autonoma di Trento. In particolare, l’Avvocatura sostiene la singolarità dell’impugnazione del comma 6 dell’art. 5, in quanto esso fa espressamente salve le competenze provinciali.
5. – Nell’imminenza dell’udienza hanno presentato memorie tutte le Regioni e le Province autonome ricorrenti, che hanno replicato alle difese svolte dell’Avvocatura generale dello Stato, insistendo ciascuna nelle conclusioni rassegnate, fatta eccezione per la Regione Toscana, che – rilevato il recepimento, in sede di conversione del decreto-legge impugnato, delle doglianze mosse nel ricorso – chiede che questa Corte prenda atto del suo sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia.
Nei ricorsi proposti dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria, ha depositato memorie anche l’Avvocatura generale dello Stato, che ha sostanzialmente ribadito le considerazioni circa l’infondatezza delle censure mosse dalle ricorrenti alla impugnata normativa.
Considerato in diritto
1.1. – La Regione Toscana impugna in via principale l’intero
decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni urgenti per assicurare il
coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione
civile), con cui il Governo ha soppresso l’Agenzia di protezione civile, già
istituita e disciplinata dal capo IV del titolo V del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300 (Riforma
dell’organizzazione del Governo, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo
1997, n. 59).
Secondo la ricorrente, il decreto-legge impugnato violerebbe gli artt. 5,
117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio della
leale collaborazione fra Stato e Regioni: a)
in quanto la soppressione dell’Agenzia ha fatto venir meno una sede
istituzionale di raccordo e concertazione in materia di protezione civile; b)
in quanto tale soppressione è stata disposta dal Governo senza la preventiva
sottoposizione del testo del decreto-legge al parere della Conferenza
Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 2, terzo e quarto comma, del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione
ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione,
per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e
dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali),
pur non ricorrendo una situazione d’urgenza (che comunque avrebbe dovuto
essere dichiarata dal Presidente del Consiglio, e avrebbe imposto una
consultazione successiva).
La
normativa impugnata contrasterebbe inoltre con l’art. 76 della Costituzione,
per la lesione delle attribuzioni regionali causata dal contenuto di un
decreto-legge emanato in difetto dei presupposti di necessità e urgenza.
1.2. – Le Regioni Emilia-Romagna e Umbria impugnano a loro volta (con
due ricorsi di identico contenuto) gli artt. 1, comma 1, lettere e)
e f), 4 e 5 del decreto-legge n. 343
del 2001, nella parte in cui sopprimono l’Agenzia di protezione civile e ne
trasferiscono le funzioni ad apparati governativi.
Secondo le ricorrenti, le norme censurate violerebbero gli artt. 5, 95,
117 e 118 della Costituzione, sotto il profilo della lesione del principio di
leale collaborazione fra Stato e Regioni, nonché l’art. 2, commi 4 e 5, del
decreto legislativo n. 281 del 1997 e l’art. 77 della Costituzione,
in quanto il decreto-legge, concernente una materia di competenza anche
regionale, è stato emanato senza la previa necessaria consultazione della
Conferenza Stato-Regioni (e senza indicazione di specifiche ragioni di urgenza
giustificatrici della mancata consultazione preventiva).
Gli stessi parametri costituzionali e il principio di leale
collaborazione sarebbero inoltre violati sotto l’ulteriore profilo che gli
strumenti di collaborazione previsti dalla precedente normativa non sono stati
sostituiti da altri equivalenti.
Il solo art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001 è poi impugnato – per
violazione degli artt. 95, 117 e 118 della Costituzione – in quanto
attribuisce esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri i poteri di
coordinamento in materia di protezione civile
già svolti (in base all’art. 81, comma 1, lettera a),
del decreto legislativo n. 300 del 1999) dall’Agenzia, con la definizione di
indirizzi approvati dal Consiglio dei ministri; e così sottrae una funzione di
indirizzo (anche) delle Regioni alla sede, costituzionalmente necessaria, del
Consiglio dei ministri, in violazione dei limiti costituzionali relativi alle
funzioni statali di indirizzo delle attività regionali.
L’art. 7 del decreto-legge n. 343 del 2001 - in base al quale “nelle
materie oggetto del presente decreto restano ferme le attribuzioni di cui al
decreto legislativo 12 marzo 1948, n. 804”, che disciplina il Corpo forestale
dello Stato - è a sua volta censurato per violazione (quanto alla sostanza)
degli artt. 5 e 118 della Costituzione
e (quanto al modus procedendi)
del principio di leale collaborazione: poiché le funzioni del medesimo Corpo
forestale (“salvo quelle necessarie all’esercizio delle funzioni di
competenza statale” in materia di protezione dell’ambiente) erano state
trasferite alle Regioni da leggi successive al 1948 [art. 70, comma 1, lettera c),
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59)
e già ex art. 4, comma 1, del
decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (Conferimento
alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e
riorganizzazione dell’Amministrazione centrale)],
la norma avrebbe inciso negativamente sulla ripartizione di competenze così
operata, sulla base di procedure di cooperazione svolte in sede di Conferenza
Stato-Regioni, e ripristinato parzialmente le funzioni del Corpo forestale dello
Stato, per cui lo Stato si sarebbe riappropriato unilateralmente di funzioni già
trasferite alle Regioni.
Infine, le ricorrenti impugnano l’intero decreto-legge n. 343 del 2001,
per violazione degli artt. 77, 117 e 118 della Costituzione, in quanto
provvedimento assunto senza i necessari presupposti giustificativi
costituzionali, non essendo valide le ragioni addotte nel preambolo dell’atto
a fondamento dell’urgenza.
1.3. – La Provincia autonoma di Trento impugna, in via principale,
varie norme della legge 9 novembre 2001, n. 401 (Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante disposizioni
urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle
attività di protezione civile).
Secondo la ricorrente, i commi 1, 2, e 5 dell’art. 5 del decreto-legge
n. 343 del 2001, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 401 del
2001, si porrebbero in contrasto con gli artt. 8, n. 5), n. 13), n. 17) e n.
24), 9, n. 9), 16 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); con il decreto del
Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed
opere pubbliche); con gli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
concernente il rapporto tra atti legislativi e leggi regionali e provinciali,
nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento); con l’art. 117
della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
La ricorrente così specifica le proprie censure: 1)
l’art. 5, comma 1 – attribuendo
al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di determinare le politiche
di protezione civile e conferendogli “i poteri di ordinanza” in materia di
protezione civile – determina la sovrapposizione di tali compiti e poteri
all’attività normativa della Provincia, sia di carattere generale che
relativa al settore della protezione civile, al di là dei casi e senza
l’osservanza dei modi di cui all’art. 3 del citato decreto legislativo n.
266 del 1992; 2)
l’art. 5, comma 2, prevede
atti di indirizzo senza deliberazione collegiale del Governo e senza il limite
della produzione di meri vincoli di risultato; 3)
l’art. 5, comma 5, implica una posizione di “sovraordinazione” del
capo del Dipartimento della protezione civile rispetto alla Provincia.
La ricorrente precisa peraltro che l’impugnazione è proposta nei
confronti delle norme intese nella loro formulazione letterale, pur essendo esse
suscettibili anche di una interpretazione adeguatrice.
Inoltre, la ricorrente impugna l’art. 5, commi 3-ter,
4, 4-bis, e 4-ter,
del decreto-legge n. 343 del 2001, come risultanti dalla legge di conversione n.
401 del 2001, espressamente precisando che l’impugnazione è proposta «in via
cautelativa ed ipotetica», qualora
si dovesse ritenere che l’espressa previsione delle funzioni di cui ai citati
commi dell’art. 5 costituisca attribuzione allo Stato di funzioni non comprese
nella formula di salvaguardia delle attribuzioni provinciali, di cui al comma 6
del medesimo articolo; ed al riguardo deduce
la violazione degli stessi parametri già evocati.
1.4. – La Provincia autonoma di Bolzano impugna anch’essa, in via
principale, diverse norme della legge n. 401 del 2001, deducendo la violazione
dell’art. 8, comma 1, n. 5), n. 13), n. 17), e n. 24), dell’art. 9, comma 1,
n. 9), dell’art. 16 e dell’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 670 del 1972;
degli artt. 33, 34, e 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 381 del
1974, degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992; degli artt.
117 e 118 e dei «principi del titolo V della parte seconda della Costituzione,
come modificati dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, in relazione al
disposto all’art. 10 della medesima legge»; del principio di leale
cooperazione.
Le doglianze riguardano in particolare: 1) l’art. 5, comma 1, nella parte in cui, per tutte le situazioni di danno o pericolo, attribuisce al Presidente del Consiglio poteri di intervento diretto (determinazione di politiche di protezione e poteri d’ordinanza) che sono invece di competenza provinciale, nonché poteri di indirizzo e coordinamento nei confronti anche della Provincia, ormai incompatibili con i nuovi principi costituzionali introdotti dalla riforma del titolo V e dall’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, o comunque con il principio di legalità “sostanziale” e con l’art. 3 del decreto legislativo n. 266 del 1992; 2) l’art. 5, comma 2, nella parte in cui attribuisce al Presidente del Consiglio il potere di predisporre “gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso ed i piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza”, così eccedendo rispetto a quanto consentito dall’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 266 del 1992; 3) l’art. 5, comma 3-ter, nella parte in cui concentra in un apparato centrale dello Stato (il “Comitato operativo della protezione civile”, presieduto dal capo del Dipartimento della protezione civile) la “direzione unitaria ed il coordinamento delle attività di emergenza, stabilendo gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso”, così prevedendo non solo un potere di indirizzo e coordinamento – già di per sé lesivo