Pres. Papa Est. Onorato Ric. Cantelmi ed altro
Rifiuti. Materiali da demolizione
Non può escludersi la natura di rifiuti di materiali provenienti da demolizioni che non siano stati concretamente riutilizzati ed, anzi, erano stati abbandonati sul suolo per oltre due anni
UDIENZA PUBBLICA DEL 26/01/2007
SENTENZA N. 304
REG. GENERALE N.16294/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli ill.mi Signori:
Dott. Enrico PAPA Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO (est.) Consigliere
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto per:
1) CANTELMI Antonio, nato a Tivoli il 6.7.1944,
2) CANTELMI Cono, nato a Casal Velino (SA)1'8.6.1949,
avverso la sentenza resa il 9.12.2005 dal tribunale monocratico di Tivoli.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in pubblica udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Guglielmo Passacantando, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
Udito il difensore delle parti civili, avv. Doriana Chianese, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la rifusione delle spese,
Udito il difensore dell'imputato, avv.==
Osserva:
In fatto e in diritto
1 - Con sentenza del 9.12.2005 il tribunale monocratico di Tivoli ha dichiarato Antonio Cantelmi - quale legale rappresentante della s.r.l. Immobiliare Agricola Ponte Lucano, proprietaria del terreno - e Cono Cantelmi - quale amministratore della s.n.c. Gruppo Autotrasportatori Cantelmi, affittuaria dello stesso terreno - colpevoli del reato di cui all'art. 51, comma 2, D.Lgs. 22/1997 (per aver depositato in modo incontrollato sul predetto terreno rifiuti non pericolosi, consistenti in inerti provenienti da demolizioni edili: in Tivoli, località Favale il 6.11.2003); mentre li ha assolti per non aver commesso il fatto dal reato di cui all'art. 44 lett. c) DPR 380/2001 (loro contestato per aver realizzato nel terreno un piazzale per il rimessaggio di automezzi pesanti) e dal reato di cui all'art. 163 D.Lgs. 490/1999 (loro contestato per aver realizzato il predetto piazzale in zona soggetta al vincolo paesaggistico). Per l'effetto, il giudice ha condannato gli imputati alla pena di euro 15.000 di ammenda ciascuno, nonché in solido al risarcimento dei danni a favore delle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede.
2 - Il difensore dei Cantelmi ha proposto appello, convertito ex lege in ricorso, chiedendo:
a) in via principale l'assoluzione di entrambi gli imputati con formula liberatoria e comunque l'assoluzione di Cono Cantelmi per non aver commesso il fatto;
b) in via gradata il proscioglimento per prescrizione del reato.
In sostanza, il difensore, dopo aver ricostruito la storia della costruzione di un muro di recinzione del terreno de quo e della successiva demolizione, sostiene che immediatamente prima della ordinanza sindacale di demolizione (emessa in data 20.4.2001) il muro era stato abbattuto e i blocchetti di cemento residuati dall'abbattimento erano stati abbandonati sul terreno, per tenerli a disposizione per altre eventuali utilizzazioni.
Osserva inoltre che:
- Cono Cantelmi, in quanto semplice conduttore del terreno, andava esente da ogni responsabilità;
- il cumulo di blocchetti, inferiore a 20 mc., esisteva alla data dell'accertamento (6.11.2003), ma - contrariamente a quanto riferito dal teste Pizzarri - era già stato rimosso nel giugno 2004;
- considerata la loro riutilizzabilità, i blocchetti di cemento non potevano qualificarsi come rifiuti;
- il reato si era estinto per prescrizione sin dall'ottobre 2005, considerato che il muro era stato demolito nell'aprile 2001;
- era infondata la condanna al risarcimento delle parti civili, giacché queste si erano costituite per i danni derivati dagli altri reati, per i quali era intervenuta assoluzione.
3 - Il ricorso è infondato e va respinto.
In ordine alla sussistenza del reato, basti considerare che - come è stato motivatamente accertato dal giudice di merito ed è stato ammesso dallo stesso difensore - i materiali provenienti dalle demolizioni edilizie giacevano nel terreno de quo almeno dall'aprile 2001 al 6.11.2003, sicché il deposito, avendo superato abbondantemente il periodo di un anno, non poteva qualificarsi come temporaneo ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. m) D.Lgs. 22/1997.
Né - contrariamente all'assunto del difensore - poteva escludersi la natura di rifiuti, trattandosi di materiali provenienti da demolizioni che non erano stati concretamente riutilizzati, ma anzi erano stati abbandonati sul suolo per oltre due anni. Era pertanto integrato il contestato reato di deposito incontrollato di rifiuti previsto e punito dall'art. 51, comma 2, D.Lgs. 22/1997.
Neppure poteva ritenersi maturata la prescrizione, perché questa cominciava a decorrere dal 6.11.2003, data nella quale era stata accertata la permanenza della condotta incriminata di abbandono dei rifiuti sul suolo.
Quanto alla responsabilità personale, non può certamente escludersi quella dell'affittuario del terreno, che anzi è il primo al quale deve addebitarsi la demolizione del muro e il deposito incontrollato dei materiali di risulta, proprio perché egli aveva la gestione diretta del terreno. Sussiste anche la responsabilità del proprietario, almeno sotto il profilo della culpa in vigilando.
Infine, anche le statuizioni civili appaiono corrette.
I proprietari dei terreni viciniori, infatti, si sono costituiti parti civili, lamentando il danno derivante dal degrado ambientale connesso all'abbandono dei rifiuti sul terreno di cui trattasi. Come tale, il danno civilmente risarcibile era connesso al reato per il quale è intervenuta condanna e permaneva anche dopo l'assoluzione dal reato urbanistico e da quello paesaggistico.
Ai sensi di legge consegue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese a favore delle parti civili costituite. Considerato il contenuto del ricorso, non si ritiene di irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti solido al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese a favore delle parti civili, che liquida in complessive euro 3.592, oltre accessori di legge.