Causa C‑75/08 Christopher Mellor contro Secretary of State for Communities and Local Government
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (Regno Unito)]
«Direttiva 85/337/CEE – Valutazione dell’impatto ambientale – Motivazione della decisione di non eseguire la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto»
«Direttiva 85/337/CEE – Valutazione dell’impatto ambientale – Motivazione della decisione di non eseguire la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto»
1. Nel presente procedimento la Corte è chiamata a pronunciarsi ancora una volta in merito all’interpretazione della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (2) (in prosieguo: la «direttiva VIA»). Si tratta peraltro della versione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 maggio 2003, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (3), in merito alla quale, sinora, la Corte ha avuto occasione di pronunciarsi piuttosto raramente.
2. Nello specifico, occorre chiarire se la decisione di non effettuare alcuna valutazione dell’impatto ambientale necessiti di motivazione, ed eventualmente quale forma essa dovrebbe assumere.
«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4».
«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
«1. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2 i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.
2. Fatto salvo il paragrafo 3 dell’articolo 2 per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano, mediante
3. Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate dall’autorità competente di cui al paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico».
7. L’allegato III menziona, a titolo di esempio, quali criteri per la decisione in merito alla necessità di una valutazione dell’impatto ambientale, svariate caratteristiche del progetto, la sua localizzazione e i suoi probabili effetti.
8. Il procedimento principale verte sul progetto di trasformazione di un’ex base navale situata in un’area di particolare bellezza naturale, dove dovrebbe sorgere un ospedale. Il ricorso contro la concessione di una prima licenza edilizia veniva accolto, non essendo stata esaminata la necessità di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale.
9. Nel procedimento amministrativo che ne era seguito, il Consiglio rilasciava alle competenti autorità locali un parere in merito alla necessità di una VIA. Esso dichiarava che una VIA non rivestiva carattere di necessità, vista l’assenza di effetti significativi previsti per l’ambiente.
10. Il signor Mellor, ricorrente nel procedimento principale, si opponeva, sostenendo tra l’altro che sarebbe stato distrutto un posatorio di pipistrelli. Di conseguenza, la competente autorità rivedeva la propria opinione.
11. Il Ministro dell’Ambiente del Regno Unito adottava tuttavia una decisione resa nota con lettera datata 4 dicembre 2006, in base alla quale si riteneva superflua una valutazione dell’impatto ambientale. Come motivazione della sua decisione, il Ministero dell’Ambiente allegava che dal progetto, data la sua natura, la sua entità e ubicazione, non sarebbero derivate conseguenze significative per l’ambiente. Non venivano addotte motivazioni più specifiche.
12. Il signor Mellor ha proposto ricorso contro tale decisione. La Court of Appeal è competente a decidere nell’istanza di appello, e sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
1. Se, ai sensi dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 85/337/CEE, come modificata dalle direttive 97/11/CE e 2003/35/CE (in prosieguo: la «direttiva»), gli Stati membri debbano mettere a disposizione del pubblico la motivazione di una decisione con cui si stabilisce, con riferimento a un progetto di cui all’allegato II, che non sussiste l’obbligo di sottoporre il progetto a valutazione ai sensi degli artt. 5-10 della direttiva;
2. se, nel caso in cui la questione sub 1) sia risolta affermativamente, il contenuto della lettera del Secretary of State datata 4 dicembre 2006 abbia soddisfatto tale requisito;
3. nel caso in cui la questione sub 2) sia risolta negativamente, quale sia la portata dell’obbligo di motivazione in tale contesto.
13. Il procedimento pregiudiziale ha ad oggetto l’esame preliminare vertente sulla necessità della valutazione dell’impatto ambientale di un determinato progetto.
14. Ai sensi dell’art. 4, n. 2, e dell’allegato II, n. 10, lett. b), della direttiva VIA, gli Stati membri devono determinare, mediante un esame caso per caso o sulla base delle soglie o dei criteri da essi fissati, se i progetti relativi a lavori di riassetto urbano debbano essere sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale. Secondo una costante giurisprudenza, l’art. 4, n. 2, secondo comma, della direttiva conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità, con la limitazione però prevista dall’obbligo enunciato all’art. 2, n. 1, di sottoporre ad una valutazione i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante (4).
15. Per accertare tale importante impatto ambientale, gli Stati membri devono segnatamente tener conto della natura, delle dimensioni e dell’ubicazione dei progetti (5). A tale riguardo, la direttiva VIA fa riferimento ad una valutazione globale dell’impatto ambientale dei progetti o della loro modifica (6). Più specificamente, occorre prendere in considerazione, per la valutazione d’impatto ambientale di un progetto o della sua modifica, non solo gli effetti diretti degli stessi lavori previsti, ma anche l’impatto ambientale che può essere provocato dall’uso e dallo sfruttamento delle opere derivanti da tali lavori (7).
16. Nella fattispecie, le autorità competenti, dopo un esame specifico, sono giunte alla conclusione che elementi quali la natura, le dimensioni e l’ubicazione del progetto non facevano prevedere un impatto ambientale importante. Pertanto, esse non hanno ritenuto necessaria una valutazione dell’impatto ambientale.
18. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se la decisione di non effettuare alcuna valutazione dell’impatto ambientale debba essere motivata.
19. È vero che la direttiva VIA prevede, all’art. 9, che in caso di autorizzazione di un progetto in seguito a una valutazione dell’impatto ambientale, debbono essere messi a disposizione del pubblico interessato elementi informativi esaustivi. Invece, in caso si escluda una valutazione dell’impatto ambientale, l’art. 4, n. 4, dispone unicamente la pubblicazione della decisione negativa.
20. Come sostiene il governo del Regno Unito, la direttiva VIA non impone esplicitamente una motivazione della decisione di non procedere a valutazione dell’impatto ambientale. È invece pertinente ritenere che la direttiva medesima preveda esplicitamente un obbligo di motivazione per altri tipi di decisione.
21. La Corte ha tuttavia già statuito che una decisione con la quale l’autorità nazionale competente consideri che le caratteristiche di un progetto non richiedano che esso sia sottoposto ad una valutazione dell’impatto ambientale deve contenere o essere accompagnata da tutti gli elementi che consentano di controllare che essa è fondata su una previa verifica adeguata, effettuata secondo i requisiti posti dalla direttiva VIA (8).
22. A giusto titolo, il Regno Unito obietta però che tale constatazione altro non è se non un obiter dictum. L’oggetto del procedimento controverso, vertente su un ricorso per inadempimento del Trattato, non era l’eventuale carente motivazione della decisione di non effettuare una valutazione dell’impatto ambientale. La Commissione contestava piuttosto il fatto che non si fosse esaminato se tale valutazione era necessaria.
23. Di conseguenza le parti di quel procedimento non hanno presentato alcuna osservazione in merito ad un eventuale obbligo di motivazione, e altri Stati membri, quali ad esempio il Regno Unito, non hanno ritenuto che sussistessero ragioni per intervenire e contraddire la presunzione di obbligo di motivazione. Pertanto, malgrado l’esistenza della sentenza Commissione/Italia, occorre esaminare il punto relativo alla necessità di motivazione.
24. L’art. 253 CE impone un obbligo di motivare le decisioni. Come segnatamente sostenuto dal signor Mellor, il diritto ad una buona amministrazione, sancito dall’art. 41, n. 2, terzo trattino, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (9), include anche l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni. Poiché finora il Trattato di Lisbona non è stato ratificato, la Carta in realtà non produce di per sé effetti giuridici vincolanti equiparabili a quelli del diritto primario. Tuttavia, in quanto fonte giuridica di riferimento, essa fornisce indicazioni sui diritti fondamentali (10) dei quali occorre tener conto in sede di interpretazione del diritto comunitario (11).
25. Già il tenore dell’art. 41, n. 1, della Carta, così come l’art. 253 del Trattato, evidenziano che l’obbligo di motivazione ivi menzionato vale per le istituzioni della Comunità. Esso non può perciò essere trasposto sic et simpliciter ad autorità nazionali, anche quando esse diano esecuzione al diritto comunitario (12).
26. In linea di principio, spetta agli Stati membri disciplinare le procedure di attuazione del diritto comunitario quando quest’ultimo non contenga specifiche indicazioni in merito. Esistono in verità anche normative circa la motivazione di decisioni degli Stati membri che danno applicazione a specifiche esigenze poste dal diritto comunitario (13), anche in materia di diritto dell’ambiente (14), ma manca una normativa ad hoc in tema di motivazione di decisioni inerenti a valutazioni preliminari.
27. Peraltro, gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità procedurale limitato nell’adottare disposizioni di diritto processuale in relazione all’applicazione del diritto comunitario. Le modalità procedurali non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano casi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (15).
28. Non si ravvisa, a causa della rinuncia all’obbligo di motivazione, alcuna situazione di svantaggio rispetto a un semplice contesto di diritto interno. Sorgono tuttavia dubbi per quanto riguarda il rispetto dei limiti del principio di effettività. Un riflesso concreto del principio di effettività è dato dal principio di effettiva tutela giurisdizionale. Esso impone che i diritti accordati dall’ordinamento comunitario possano essere fatti valere in sede giurisdizionale. Segnatamente, il giudice deve poter sottoporre a un sindacato giurisdizionale la decisione di un’autorità di negare siffatti diritti, e l’esame deve riguardare anche la motivazione della decisione (16).
29. In tale contesto vanno inquadrate le affermazioni di cui alla causa C-87/02 circa l’obbligo di motivazione. In tale sentenza la Corte sottolinea che, senza le indicazioni richieste, in tale fattispecie sarebbe stato impossibile controllare se fosse stata o meno effettuata la previa verifica circa la necessità di una valutazione dell’impatto ambientale (17).
30. Tale ragionamento è convincente. Se mancano le pertinenti indicazioni riguardo a una decisione, è per lo meno arduo accertare ex post se le competenti autorità abbiano valutato le possibili ripercussioni di un progetto sull’ambiente. Rimarrebbe frequentemente il dubbio che, in giudizio, solo una decisione adottata sulla base di altri motivi potrebbe a posteriori giustificarsi.
31. Inoltre, l’obbligo di motivazione pone il singolo in condizione di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per lui adire il giudice (18). Nella fattispecie, una motivazione potrebbe far conoscere quali rischi ambientali siano stati presi in considerazione. Un ricorso permetterebbe di censurare la lacunosa valutazione di tali rischi, oppure la mancata considerazione di altri rischi rilevanti.
32. L’esplicitazione delle motivazioni, del resto, non è solo nell’esclusivo interesse del cittadino, ma consente anche una prima forma di autocontrollo dell’amministrazione, attraverso la quale è possibile appianare i rapporti con il cittadino. Se la motivazione è convincente, si pone infatti fine a conflitti in atto evitando inutili contese giudiziarie.
33. In tal senso, la Corte ha recentemente statuito che l’autorità competente deve motivare la decisione con cui viene rifiutato il beneficio di un diritto riconosciuto dal diritto comunitario (19). Così, l’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali contiene non solo norme di regolare amministrazione per le istituzioni, ma dimostra anche l’esistenza di un principio giuridico generale alla cui osservanza sono tenute le autorità nazionali che danno esecuzione al diritto comunitario (20).
34. Riassumendo, occorre constatare che gli Stati membri debbono rendere pubblici i motivi di una decisione con la quale rifiutano il beneficio di un diritto riconosciuto dal diritto comunitario.
35. Occorre quindi esaminare se la rinuncia ad una valutazione dell’impatto ambientale possa considerarsi come rifiuto del beneficio di un diritto riconosciuto dal diritto comunitario.
36. Il diniego di un diritto non può essere inteso, in tale contesto, nel senso che debba sussistere il diritto ad una valutazione dell’impatto. In tal caso l’obbligo di motivazione verrebbe in pratica posto in non cale. A prescindere da ogni motivazione è infatti illegale negare un diritto effettivamente esistente.
37. Piuttosto, la motivazione deve poter rendere possibile l’esame della decisione con cui si stabilisce che, nel caso concreto, non sussiste un diritto riconosciuto dall’ordinamento comunitario. Perciò l’amministrazione ha già l’obbligo di motivare una decisione qualora l’ordinamento comunitario abbia riconosciuto al singolo posizioni giuridiche che potrebbero essere pregiudicate dalla decisione medesima.
38. Nel giudizio a quo non vengono limitati diritti del promotore del progetto, che ha infatti richiesto di poter espletare la procedura di autorizzazione senza valutazione dell’impatto ambientale. Nei suoi confronti, la decisione non necessita quindi di alcuna motivazione.
39. Peraltro, ai fini dell’obbligo di motivazione rilevano anche diritti di terzi. Nell’ambito del procedimento comunitario, l’obbligo di motivazione deve anche valutarsi in funzione dell’interesse che soggetti terzi, colpiti direttamente ed individualmente dall’atto, possano avere a ricevere spiegazioni (21). Pertanto, la motivazione è necessaria quando, nelle fattispecie in materia di concorrenza, la Commissione non abbia sollevato obiezioni contro una fusione di imprese (22) o un aiuto di Stato (23).
40. Tali criteri debbono valere anche per decisioni adottate da autorità nazionali che danno esecuzione al diritto comunitario. La rinuncia a una valutazione dell’impatto ambientale concerne necessariamente non solo il promotore del progetto, ma anche soggetti terzi, per lo meno nella misura in cui essi in linea di principio possono richiedere che la valutazione dell’impatto sia compiuta.
41. La Corte ha già statuito che i terzi possono vantar diritto al compimento di una valutazione dell’impatto ambientale. Qualora le autorità legislative o amministrative di uno Stato membro eccedano il margine di discrezionalità riconosciuto dagli artt. 4, n. 2, e 2, n. 1, della direttiva, i singoli possono invocare tali disposizioni dinanzi al giudice nazionale. In un caso del genere, spetta alle autorità dello Stato membro adottare, nell’ambito delle loro competenze, tutti i provvedimenti, generali o particolari, necessari affinché venga condotto un esame sull’idoneità dei progetti ad avere un notevole impatto ambientale e affinché, in caso di esito positivo di detto esame, venga effettuato uno studio dell’impatto ambientale dei progetti (24).
42. Inoltre, l’art. 10 bis della direttiva VIA prevede che i membri del pubblico interessato o le organizzazioni non governative abbiano accesso, in determinate condizioni, a una procedura di ricorso giurisdizionale contro decisioni soggette alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla direttiva VIA. Tale diritto risulterebbe pregiudicato qualora tali soggetti non potessero proporre ricorso anche contro una decisione di non applicare disposizioni sulla partecipazione del pubblico.
43. Con gli artt. 4, n. 2, 2, n. 1 e 10 bis della direttiva VIA, l’ordinamento comunitario ha pertanto riconosciuto un diritto al singolo. Poiché la decisione di non far luogo a una valutazione dell’impatto può pregiudicare tale diritto, essa necessita di motivazione.
44. Per completezza, occorre ricordare che il principio di effettività non richiede di uniformare le conseguenze giuridiche dei vizi di motivazione previste nei diversi ordinamenti giuridici nazionali. Segnatamente, gli Stati membri non hanno l’obbligo di recepire le norme in tema di vizi di motivazione vigenti per le istituzioni comunitarie.
45. Nel sistema comunitario, la motivazione di un atto giuridico deve, in linea di principio, essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione o una motivazione chiaramente insufficiente non possono essere sanate (in via di principio) dal fatto che l’interessato viene a conoscenza dei motivi della decisione nel corso del procedimento dinanzi al giudice comunitario (25). Del resto, a questo corrisponde la stretta delimitazione materiale e giuridica dell’oggetto della controversia mediante il sistema dei mezzi di ricorso e di difesa. Non potendo l’attore normalmente ampliare l’ambito del proprio ricorso (26), l’eguaglianza processuale delle parti ne risulterebbe pregiudicata, se l’istituzione convenuta potesse senz’altro (27) completare la propria motivazione nel corso dell’iter processuale.
46. Non si potrebbe tuttavia escludere, nell’ambito di un diritto processuale diversamente strutturato, un trattamento più generoso rispetto alla sanatoria di vizi di motivazione, ad esempio, nel caso in cui l’oggetto del ricorso sia aperto a mezzi di impugnazione, ossia a censure alla decisione impugnata, oppure in quanto siano ammissibili ampliamenti del ricorso in sede processuale. Qui però siamo nel campo del diritto processuale nazionale.
47. Pertanto, ai sensi dell’art. 4 della direttiva VIA, gli Stati membri debbono mettere a disposizione del pubblico la motivazione di una decisione con cui si stabilisce, con riferimento a un progetto di cui all’allegato II, che non sussiste l’obbligo di sottoporre il progetto a valutazione ai sensi degli artt. 5-10 della direttiva medesima.
48. Non potendo la Corte esaminare se il Ministro dell’Ambiente abbia motivato a sufficienza la sua decisione, occorre intendere la seconda e la terza questione nel senso che esse chiedono di accertare i requisiti da porre a una decisione di rinuncia a effettuare una valutazione dell’impatto ambientale e, segnatamente, di stabilire se sia sufficiente menzionare unicamente i criteri sulla base dei quali non si prevedono effetti rilevanti sull’ambiente.
49. Il contenuto della motivazione deve essere adeguato alle finalità perseguite con l’obbligo di motivazione. In merito, nella citata sentenza nella causa C-87/02, la Corte ha dichiarato che una decisione con la quale l’autorità competente consideri che le caratteristiche di un progetto non richiedano che esso sia sottoposto a valutazione dell’impatto ambientale deve contenere o essere accompagnata da tutti gli elementi che consentano di controllare che essa è fondata su una previa verifica adeguata, effettuata secondo i requisiti posti dalla direttiva VIA (28). È pertanto decisivo accertare se dai motivi allegati emerga o meno che è stata svolta una previa verifica adeguata.
50. Riguardo alla portata di un’adeguata previa verifica, occorre ricordare che la direttiva VIA prende le mosse da una valutazione globale degli effetti dei progetti, e che gli Stati membri, per accertare l’eventuale impatto ambientale di un progetto, devono segnatamente tener conto della sua natura, delle sue dimensioni e della sua ubicazione (29).
51. Qualora l’assenza di importanti effetti sull’ambiente sia manifesta, tale valutazione può documentarsi a sufficienza con una frase. Qualora invece siano in discussione eventuali ripercussioni ambientali, occorre una spiegazione più dettagliata per dimostrare che tali ipotesi state adeguatamente valutate. La giurisprudenza riguardante l’obbligo di motivazione di diritto primario offre orientamenti in proposito. Così, occorre esporre in modo sufficiente i motivi per i quali gli elementi giuridici e materiali prodotti già in fase precontenziosa non erano tali da dimostrare la possibilità di importanti effetti ambientali. Non è perciò necessario prendere posizione su elementi che sono chiaramente collaterali o che non hanno alcuna rilevanza o ne hanno una chiaramente secondaria , né anticipare potenziali obiezioni (30).
52. Nel procedimento principale si sottolineano a tale proposito, segnatamente, due aspetti, riguardanti, da un lato, l’ubicazione del progetto in un territorio classificato in diritto interno come di particolare bellezza naturale e, dall’altro, il pregiudizio potenzialmente arrecato ad un posatorio di pipistrelli fatto valere dal sig. Mellor in sede di procedimento amministrativo. Entrambi i punti si ricollegano all’ubicazione del progetto. Occorre tener conto della sensibilità ambientale di tale area geografica ai sensi dell’art. 4, n. 3, e dell’allegato III, n. 2, della direttiva VIA. A tale riguardo, vanno esaminati in particolare taluni punti espressamente menzionati.
53. La bellezza naturale del luogo, che rientra tra le considerazioni di carattere estetico, riguarda solo superficialmente il concetto di sensibilità ambientale: l’allegato III, n. 2, terzo trattino, lett. h), menziona zone di importanza storica, culturale o archeologica. In quanto nessuno di tali elementi rileva, l’estetica è più una questione di gusto personale che un criterio di carattere ambientale. In tale caso, il pericolo di un pregiudizio al paesaggio non costituisce un indizio vincolante di possibili, importanti ripercussioni ambientali. Tale aspetto avrebbe a quel punto rilevanza secondaria, così che ad una sua valutazione si potrebbe rinunciare.
54. Invece, il rischio di un pregiudizio al posatorio di pipistrelli costituisce un problema relativo alla capacità di carico dell’ambiente naturale a norma dell’allegato III, n. 2, terzo trattino, della direttiva VIA. Certo, tali posatori sono espressamente ricompresi solo qualora li si consideri, a norma della lett. e), parte integrante di zone protette, e segnatamente di aree designate ai sensi della direttiva habitat (31). Eppure, ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), nonché dell’allegato IV della direttiva habitat, gli Stati membri devono garantire una rigorosa tutela di tutti i posatori di pipistrelli, poiché si tratta di siti di riproduzione e/o di aree di riposo di specie rigorosamente protette (32). Solo in determinate e ben definite condizioni sarebbe possibile arrecare danni a posatori di pipistrelli (33). Pertanto, il pregiudizio arrecato a posatori di pipistrelli costituisce in linea di principio una notevole ripercussione ambientale, tale da richiedere una valutazione dell’impatto ambientale (34).
55. La decisione di rinuncia a effettuare una valutazione dell’impatto ambientale deve pertanto contenere o ricomprendere in allegato tutti gli elementi necessari per poter controllare che essa si fondi su una previa verifica, adeguata e conforme ai requisiti posti dalla direttiva VIA. In tale contesto, occorre segnatamente esporre in modo soddisfacente i motivi per i quali gli elementi giuridici e materiali addotti già in fase precontenziosa non erano tali da dimostrare la possibilità di importanti ripercussioni sull’ambiente.
1. Ai sensi dell’art. 4 della direttiva del Consiglio, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nella versione di cui alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 2003/35/CE, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE, relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia gli Stati membri debbono mettere a disposizione del pubblico la motivazione di una decisione con cui si stabilisce, con riferimento a un progetto di cui all’allegato II, che non sussiste l’obbligo di sottoporre il progetto a valutazione ai sensi degli artt. 5-10 della direttiva medesima.
2. Tale decisione deve contenere o ricomprendere in allegato tutti gli elementi necessari per poter controllare che essa si fondi su una previa verifica adeguata e conforme ai requisiti posti dalla direttiva 85/337. In tale contesto, occorre segnatamente esporre in modo soddisfacente i motivi per i quali gli elementi giuridici e materiali prodotti già in fase precontenziosa non erano tali da dimostrare la possibilità di importanti ripercussioni sull’ambiente.
4 – V., in merito alle precedenti versioni della direttiva, le sentenze 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld e a. (Racc. pag. I‑5403, punto 50); 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑5901, punto 64); 29 aprile 2004, causa C‑117/02, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑5517, punto 82); 2 giugno 2005, causa C‑83/03, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑4747, punto 19); 8 settembre 2005, causa C‑121/03, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑7569, punto 87); 16 marzo 2006, causa C-332/04, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-40, punto 76); 28 febbraio 2008, causa C‑2/07, Abraham e a. (Racc. pag. I-1197, punti 37 e 42), nonché 25 luglio 2008, causa C‑142/07, Ecologistas en Acción-CODA (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38).
9 – La Carta fu solennemente proclamata prima a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1), e successivamente a Strasburgo i1 2 dicembre 2007 (GU 2007, C 303, pag. 1).
10 – V. al riguardo anche le sentenze 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio, «Ricongiungimento familiare» (Racc. pag. I‑5769, punto 38), e 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 37).
11 – Sentenze 24 marzo 1994, causa C-2/92, Bostock (Racc. pag. I‑955, punto 16); 18 maggio 2000, causa C-107/97, Rombi e Arkopharma (Racc. pag. I‑3367, punto 65); 6 novembre 2003, causa C-101/01, Lindqvist (Racc. pag. I‑12971, punto 87), nonché «Ricongiungimento familiare», (cit. alla nota 10, punto 105). V. anche art. 52, n. 5, della Carta dei diritti fondamentali.
13 – V. ad esempio, in merito all’espulsione di cittadini dell’Unione europea, l’art. 30, n. 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77).
14 – V., sul tema del diniego di informazioni in materia di ambiente, l’art. 4, n. 5, seconda frase, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26), oppure, in tema di autorizzazione di progetti a seguito di valutazione di impatto ambientale, l’art. 9, n. 1, secondo trattino, della direttiva VIA.
15 – Sentenze 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber’s Wine World e a. (Racc. pag. I 1365, punto 103); 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells (Racc. pag. I‑723, punto 67); 19 settembre 2006, cause riunite C‑392/04 und C‑422/04, i-21 Germany e Arcor (Racc. pag. I‑8559, punto 57), nonché 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma (Racc. pag. I-2425, punto 37).
16 – Sentenze 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens e a. (Racc. pag. 4097, punto 15), nonché 15 febbraio 2007, causa C‑239/05, BVBA Management, Training en Consultancy (Racc. pag. I‑1455, punto 36).
18 – Sentenza Heylens, cit. alla nota 16, e le mie conclusioni del 27 gennaio 2005, causa C‑186/04, Housieaux (Racc. pag. I‑3299, paragrafo 32).
19 – Sentenza BVBA Management, Training en Consultancy (cit. alla nota 16, punto 36), in materia di diritto dei marchi. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro del 15 febbraio 2007, causa C‑426/05, Tele2 Telecommunication (non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafo 49) e quelle dell’avvocato generale Sharpston del 6 luglio 2006, causa C‑239/05, BVBA Management, Training en Consultancy (Racc. pag. I‑1455, paragrafo 40), nonché le mie conclusioni nella causa Housieaux (cit. alla nota 18).
20 – V., circa le altre esigenze di ordinaria amministrazione nell’esecuzione del diritto comunitario da parte degli Stati membri, la sentenza 21 giugno 2007, causa C‑428/05, Laub (Racc. pag. I‑5069, punto 25), nonché le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 27 novembre 2007, cause riunite C‑147/06 e 148/06, SECAP (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 49 e segg.)
21 – Sentenza 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 166, con ulteriori rimandi).
23 – Sentenze 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s Francia (Racc. pag. I‑1719, punto 64), e 1° luglio 2008, cause riunite C‑341/06 P e C-342/06 P, Chronopost/UFEX e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 89).
25 – Sentenze 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento (Racc. pag. 2861, punto 22); 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑8031, punto 84); 22 gennaio 2004, causa C‑353/01 P, Mattila/Rat e Commissione (Racc. pag. I‑1073, punto 32); 29 aprile 2004, cause riunite C‑199/01 P e C‑200/01 P, IPK-München/Commissione (Racc. pag. I‑4627, punto 66), nonché sentenza 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e –C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione (Racc. pag. I‑5425, punto 463); v. altresì sentenze del Tribunale di primo grado 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, (Racc. pag. II‑4665, punto 139), e 23 ottobre 2008, causa T‑256/07, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 182).
26 – V. art. 42, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, e sulla materia la sentenza 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio (Racc. pag. 3107, punti 24 e segg.), nonché – in tema di procedimento per inadempimento – le mie conclusioni del 29 gennaio 2004, causa C‑350/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑6213, paragrafi 31 e segg.).
27 – Nella sentenza 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 350), vengono peraltro prospettate possibilità di una sanatoria in circostanze eccezionali.
30 – V. in tal senso, oltre alle sentenze citate alla nota 23, Commissione/Sytraval e Brink’s Francia, nonché Chronopost/UFEX e a., le sentenze 25 ottobre 2005, cause riunite C‑465/02 e C‑466/02, Germania e Danimarca/Commissione (Racc. pag. I‑9115, punto 106), nonché Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala (cit. alla nota 21, punto 167).
31 – Direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).
32 – V. al riguardo sentenze 20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑9017, punto 79); 10 gennaio 2006, causa C‑98/03, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑53, punto 55), e 11 gennaio 2007, causa C‑183/05, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑137, punto 47).
33 – V., in tema di eccezioni al regime di tutela con riferimento alla caccia al lupo, la sentenza 14 giugno 2007, causa C‑342/05, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑4713, punti 25 e segg.).