Consiglio di Stato, Sez. V n. 5553 del 31 ottobre 2012.
Ambiente in genere. Possibilità prosecuzione attività estrattiva solo senza incremento dell’estensione della cava.
E’ legittima la scelta dell’Amministrazione comunale per cui si ritiene possibile proseguire soltanto l’attività estrattiva che non incrementi l’attuale estensione della cava. Il merito della scelta pianificatoria rientra nella sfera ampiamente discrezionale operata dall’amministrazione che ha impresso alle aree la destinazione E “zona rurale”, ospitanti le infrastrutture e l’impossibilità dello svolgimento e della espansione dell’attività estrattiva. Tale scelta pianificatoria, appare coerente con la natura dei luoghi circostanti (colline boscose, ricche di quinte di vista di rilievo paesistico e ambientale), come certificato dalla competente Soprintendenza la quale ribadisce la sussistenza del vincolo paesaggistico su tutte le aree circostanti la cava e ritiene possibile solo l’attività estrattiva che non incrementi l’attuale estensione della cava. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 05553/2012REG.PROV.COLL.
N. 02181/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2181 del 1997, proposto dal signor Stefano Santoro in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della s.r.l. Idrocalce in liquidazione, della Industria Meridionale Calce – I.M.C., della Ditta Individuale Stefano Santoro, nonché dalla società s.r.l. S.E.P.A. – Società Edile Produzione Asfalti – in persona del legale rappresentante pro tempore, cessionaria del ramo di azienda relativo alla presente causa dalla s.r.l. S.E.P.A. – Società Edile Partenopea Appalti, originaria ricorrente, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Carlo Iaccarino, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;
contro
Comune di Salerno, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Piscitelli, Luigi Mea e Rosa Russo, con domicilio eletto presso l’avocato Antonio Brancaccio in Roma, via Taranto n. 18;
Presidenza della Repubblica, in persona del Presidente pro tempore, Ministero delle infrastrutture e trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Campania, sezione staccata di Salerno, n. 31 del 15 gennaio 1997.
Visti il ricorso in appello, l’atto di motivi aggiunti ed i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica, del Ministero delle infrastrutture e trasporti (già Ministero dei lavori pubblici) e del comune di Salerno;
visti gli atti di costituzione e nomina di nuovi difensori degli appellanti e del comune di Salerno;
viste le memorie difensive degli appellanti (depositate in data 12 e 24 maggio 2011, 21 settembre e 2 ottobre 2012), del comune di Salerno (depositate in data 26 maggio 2011 e 11 settembre 2012), nonché della Presidenza della Repubblica e del Ministero delle infrastrutture e trasporti (depositata in data 21 settembre 2012);
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Iaccarino e Russo;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dai seguenti tre gruppi di atti contestati nel tempo davanti al T.a.r. per la Campania, sezione staccata di Salerno, con tre autonomi ricorsi e, precisamente:
a) ordinanza sindacale n. 552 del 16 novembre 1972 recante l’ordine di demolizione di infrastrutture - destinate a servizio e potenziamento di attività estrattiva di cava esercitata dal signor Stefano Santoro (in proprio e nella qualità di legale rappresentante della s.r.l. Idrocalce, della Industria Meridionale Calce – I.M.C., della Ditta Individuale Stefano Santoro), e dalla s.r.l. S.E.P.A. – Società Edile Partenopea Appalti - ubicate in Salerno, località Cernicchiara su suoli di proprietà del Santoro; delibera n. 228 del 14 aprile 1958 di adozione del p.r.g. del comune di Salerno e del d.P.R. 4 febbraio 1965 di approvazione del medesimo p.r.g. (atti impugnati con il ricorso allibrato al nrg. 25/1974 e motivi aggiunti);
b) nota n. 556/B del 15 dicembre 1972 recante la diffida a riattivare la coltivazione della cava di pietre e qualsiasi altra attività estrattiva; ordinanza n. 556 del 16 novembre 1972 recante l’ordine di sospensione dell’attività di coltivazione di cava (atti impugnati con il ricorso allibrato al nrg. 26/1974 e motivi aggiunti);
c) nota dell’Assessore all’urbanistica del comune di Salerno - n. 28171 del 14 marzo 1995 - recante rigetto dell’istanza di condono edilizio, prot. n. 31042 del 29 marzo 1986, presentata dal signor Stefano Santoro ai sensi della l. n. 47 del 1985, e del presupposto parere sfavorevole della commissione edilizia integrata n. 18 del 9 marzo 1995 (atti impugnati con il ricorso allibrato al nrg. 1479/1995).
2. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Campania, sezione staccata di Salerno, n. 31 del 15 gennaio 1997 -:
a) ha riunito i tre ricorsi;
b) ha omesso l’esame dell’eccezione di improcedibilità dei primi due ricorsi, sollevata dalla difesa del comune, stante la loro infondatezza nel merito;
c) ha respinto tutte le censure poste a base del primo ricorso nrg. 25/1974;
d) ha dichiarato inammissibile il secondo ricorso nrg. 26/1974;
e) ha respinto tutte le censure poste a base del terzo ricorso nrg. 1479/1995;
f) ha compensato le spese di lite.
3. Con atto ritualmente notificato (il 22 e 24 febbraio 1997) e depositato (il 7 marzo 1997), integrato da motivi aggiunti (notificati il 22 aprile 1997 e depositati il successivo 9 maggio), i ricorrenti hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza contestandone tutti i capi sfavorevoli anche sotto profili in parte nuovi.
4. Si è costituito il comune di Salerno:
a) reiterando l’eccezione di improcedibilità dei primi due ricorsi di primo grado perché superati dall’emanazione del diniego di condono edilizio e dal successivo autonomo ordine di demolizione – prot. n. 287 del 23 luglio 1996 – oggetto del ricorso al T.a.r. per la Campania nrg. 2204/1996 tutt’ora pendente;
b) eccependo l’intempestività dell’impugnativa del p.r.g. del comune di Salerno;
c) deducendo nel merito l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
4.1. Si sono costituiti la Presidenza della Repubblica e il Ministero delle infrastrutture e trasporti (già Ministero dei lavori pubblici), eccependo il difetto di legittimazione passiva in quanto estranei alla materia del contendere concernente esclusivamente provvedimenti comunali.
5. Con ordinanza cautelare di questa sezione - n. 609 del 4 aprile 1997 – è stata respinta l’istanza di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza.
5.1. All’udienza pubblica del 6 luglio 2004 la causa è stata cancellata dal ruolo su accordo delle parti.
6. Con ordinanza n. 5206 del 16 settembre 2011 è stata disposta verificazione a cura del dirigente del settore urbanistica della regione Campania (che ha designato l’architetto Gennaro De Martino), per conoscere:
a) quale sia stata e sia ad oggi la disciplina urbanistica ed edilizia dell’area su cui insistono i manufatti per cui è causa;
b) in quale data sia entrato in vigore il primo regolamento edilizio comunale, con previsione dell’obbligo di dotarsi di preventivo titolo abilitativo per la realizzazione dei manufatti anzidetti;
c) in particolare, in quale data sia entrato in vigore il richiamato regolamento rdilizio di cui alla delibera 687/1949;
d) se l’area su cui ricadono i manufatti sia o meno vincolata, ed in caso positivo da quali vincoli;
e) se l’area anzidetta sia ricompresa o meno nel centro abitato, specificando in caso positivo in base a quale apposito provvedimento e da quale data;
f) se i manufatti in questione siano stati o meno demoliti e ricostruiti, specificando in caso positivo in base a quale titolo e da quale data.
6.1. Con ordinanza n. 1595 del 21 marzo 2012, è stata concessa proroga per il completamento delle operazioni di verificazione ed è stata fissata per la discussione l’udienza del 23 ottobre 2012.
6.2. In data 18 luglio 2012, il verificatore ha depositato presso la segreteria della sezione la relazione finale con allegata istanza di liquidazione dei compensi e analitica descrizione delle spese vive (per un totale di euro 2.117,00 - duemilacentodiciassette).
7. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 23 ottobre 2012.
8. L’appello è infondato e deve essere respinto.
9. Preliminarmente il collegio:
a) rileva l’inammissibilità dell’introduzione, per la prima volta nel giudizio di appello, di doglianze ulteriori rispetto a quelle che, proposte con atti ritualmente notificati, hanno delimitato il perimetro del thema decidendum in prime cure; non si può tener conto di tali profili nuovi perché sollevati in spregio al divieto dei nova sancito dall’art. 345 c.p.c. (ora art. 104, co.1, c.p.a.), ed al valore puramente illustrativo delle memorie conclusionali (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 18 aprile 2012, n. 2232; sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.); conseguentemente, per ragioni di comodità espositiva, prende in esame direttamente i motivi degli originari ricorsi al T.a.r., secondo la tassonomia processuale illustrata al successivo punto 10;
b) respinge l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla difesa erariale in quanto in primo grado è stato espressamente impugnato il d.P.R. 4 febbraio 1965 recante l’approvazione del p.r.g. del comune di Salerno.
10. In ordine logico è prioritario l’esame della eccezione di improcedibilità dei primi due ricorsi proposti davanti al T.a.r. per la Campania, deliberatamente non esaminata dall’impugnata sentenza e ritualmente riproposta dalla difesa del comune.
10.1. L’eccezione è fondata.
10.2. La sezione non intende decampare dai consolidati principi elaborati sul punto da questo Consiglio (cfr. da ultimo sez. V, 8 giugno 2011, n. 3460; sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8935; sez. II, 11 luglio 2007, n. 624/05, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), secondo cui:
a) allorquando viene presentata la domanda di sanatoria, diventano inefficaci i precedenti atti sanzionatori (ordini di demolizione, inibitorie, ordini di sospensione dei lavori);
b) conseguentemente, sul piano procedimentale, il comune è tenuto innanzi tutto a esaminare ed eventualmente a respingere la domanda di condono, effettuando, comunque, una nuova valutazione della situazione;
c) dal punto di vista processuale, infine, la documentata presentazione di istanza di condono comporta la improcedibilità del ricorso per carenza di interesse avverso i provvedimenti repressivi sopra indicati.
Nella specie, come dianzi illustrato, non solo è stata a suo tempo presentata istanza di condono edilizio ma è stato anche emesso il relativo diniego oggetto di separato giudizio innanzi al T.a.r. per la Campania.
10.3. Per completare l’esame dei motivi posti a base dei primi due ricorsi occorre vagliare le autonome censure proposte contro il p.r.g. che non sono influenzate dal diniego di condono; attesa la loro inaccoglibilità, si prescinde dalla delibazione dell’eccezione di intempestività sollevata dalla difesa del comune.
Tali censure - nella parte in cui lamentano l’omessa considerazione della situazione di fatto dei sedimi ospitanti le infrastrutture e l’impossibilità dello svolgimento e della espansione dell’attività estrattiva - sono inammissibili perché impingono, nella sostanza, il merito della scelta pianificatoria ampiamente discrezionale operata dall’amministrazione che ha impresso alle aree per cui è causa destinazione E <<zona rurale>> (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. IV, 21 maggio 2004, n. 3314, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli artt. 74, co.1, e 88, co. 2, lett. d), c.p.a., relativa all’impugnativa di un p.r.g. che aveva imposto la destinazione agricola ad aree adiacenti impianti estrattivi in Campania); tale scelta pianificatoria, del resto, non appare manifestamente abnorme ma coerente con la natura dei luoghi circostanti (colline boscose, ricche di quinte di vista di rilievo paesistico e ambientale, come certificato dalla Soprintendenza di Salerno con nota prot. 6299/SA dell’11 aprile 1989 in cui, da un lato, si ribadisce per quanto di interesse la sussistenza del vincolo paesaggistico su tutte le aree circostanti la cava della ditta Italsud ubicate nel vallone Cernicchiara, dall’altro, si ritiene possibile solo l’attività estrattiva che non incrementi l’attuale estensione della cava).
11. Deve scendersi all’esame delle doglianze poste a base del terzo ricorso di primo grado (nrg. 1479 del 1995), proposto avverso il diniego di condono edilizio fondato, in sintesi, sulle seguenti ragioni:
a) stato di degrado dei manufatti (taluni anche precari);
b) contrasto di tali infrastrutture, sotto il profilo funzionale e strutturale, con la destinazione di zona;
c) impatto ambientale e paesaggistico negativo essendo inserite in area di pregio (scenario, vegetazione autoctona, presenza del torrente Cernicchiara).
11.1. Queste le censure articolate nei confronti del diniego di condono (pagine 9 – 15 del ricorso nrg. 1479/1995):
a) il comune ha errato nel qualificare come abusive le infrastrutture per cui è causa, oggetto di sanatoria solo per finalità tuzioristiche, posto che, al momento della loro realizzazione (fra il 1961 e il 1965), non era necessario acquisire né la licenza edilizia né nulla osta paesaggistico;
b) il comune ha errato nell’acquisire il parere della commissione edilizia integrata per la tutela dell’ambiente, in quanto sulle aree in questione non era presente, all’epoca della costruzione, alcun vincolo e comunque non verrebbero in rilievo vincoli successivi apposti in base alla l. n. 431 del 1985 (c.d. legge Galasso);
c) lo stato di degrado dei manufatti non costituisce motivo ostativo al condono e comunque caratterizza solo alcuni degli immobili, sicché gli altri dovevano essere condonati;
d) non è stata motivata la possibilità del cambio di destinazione d’uso di alcuni manufatti per renderli compatibili con il vincolo a zona E rurale;
e) difetto di motivazione sull’incompatibilità ambientale delle opere presenti in sito da oltre trent’anni e dunque divenute parte integrante del paesaggio e dell’ambiente.
11.2. Tutte le su riportate doglianze sono inammissibili ed infondate e devono essere respinte nella loro globalità, per le seguenti autonome ragioni e per i correlati principi elaborati da questo Consiglio in materia (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2086; sez. V, 7 settembre 2009, n. 5232; ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20):
a) nel processo di impugnazione del diniego di concessione edilizia in sanatoria sono inammissibili le censure che contestino il carattere abusivo del manufatto, atteso che il procedimento per condono, ai sensi della l. n. 47 del 1985, è ad istanza di parte e richiede una dichiarazione sostitutiva d’atto notorio relativa alla descrizione e collocazione temporale dell’abuso che s’intende sanare, la quale assume carattere e natura di atto confessorio per ciò che concerne la realizzazione dell’abuso e la sua collocazione temporale;
b) il diniego di sanatoria delle opere abusive per incompatibilità ambientale è notoriamente frutto di una valutazione tecnica ampiamente discrezionale, tipica manifestazione del potere autoritativo dell’amministrazione che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità, tranne le ipotesi di manifesta abnormità ovvero macroscopico travisamento dei fatti; nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non emerge che sulle aree in questione, già all’epoca della realizzazione degli interventi costruttivi, non vi fossero vincoli; è risultata al contrario, la presenza ab imis di vincolo idrogeologico e ambientale sulle aree di sedime e su quelle immediatamente circostanti come accertato dal verificatore e comprovato da debita certificazione comunale – fidafecente – e dalla stessa documentazione esibita dai ricorrenti (in particolare v. nota Soprintendenza del 1989 cit. – che non appare affatto univoca dal punto di vista oggettivo e soggettivo in quanto si riferisce a generiche aree in proprietà della ditta Italsud e non del signor Santoro, ubicate nella medesima località vallone Cernicchiara -; v. autorizzazione delle opere a sanatoria n. 6022-A del 5 settembre 1990 rilasciata dall’autorità preposta alla gestione del vincolo idrogeologico);
c) sui rapporti tra provvedimento di sanatoria edilizia e parere dell’autorità preposta alla gestione del vincolo paesaggistico è stato chiarito che l’autorità preposta alla tutela del vincolo deve verificarne la sussistenza con riferimento al momento in cui valuta la domanda di sanatoria poiché oggetto del giudizio è l’attuale compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente; tanto anche in relazione ad una domanda di concessione edilizia in sanatoria d’immobile costruito anteriormente all’imposizione del vincolo e, comunque, nell’ipotesi di intervento della determinazione vincolistica in un torno di tempo successivo all’entrata in vigore della legge sul condono;
d) il parere negativo espresso dall’autorità preposta alla tutela del vincolo ha valore dirimente impedendo il rilascio del provvedimento di condono.
12. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello e confermare l’impugnata sentenza sia pure con una motivazione ed un dispositivo in parte diversi.
13. Le spese di giudizio (limitatamente agli onorari del difensore, non essendo state dimostrate spese vive ai sensi del d.m. n. 140 del 2012), regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo relativamente al rapporto processuale corrente fra gli appellanti ed il comune di Salerno; in relazione al rapporto processuale corrente fra gli appellanti e la Presidenza della Repubblica e il Ministero delle infrastrutture e trasporti, il collegio ravvisa, nella reciproca soccombenza, le ragioni per compensarle integralmente a mente del combinato disposto degli artt. 26, co. 1, c.p.a. e 92, co. 2, c.p.c.
14. Le spese relative alla verificazione sono poste a carico degli appellanti.
Il compenso e le spese da rifondere al verificatore sono liquidati, in applicazione dei criteri e dei parametri non vincolanti di cui al d.m. n. 140 del 2012 (applicabile ratione temporis ai sensi dell’art. 41 del medesimo regolamento), in complessivi euro duemila.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto:
a) respinge l’appello e per l’effetto conferma con diversa motivazione l’impugnata sentenza;
b) condanna Stefano Santoro - in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della s.r.l. Idrocalce, della Industria Meridionale Calce – I.M.C. e della Ditta Individuale Stefano Santoro - nonché la società s.r.l. S.E.P.A., in solido fra loro:
b1) a rifondere in favore del comune di Salerno l’onorario del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 4.000 (quattromila/00) oltre accessori come per legge (I.V.A. e C.P.A.);
b2) a rifondere in favore di Gennaro De Martino, la complessiva somma di euro 2.000,00 (duemila) per compensi e spese relativi all’incarico di verificatore di cui in motivazione;
c) dichiara integralmente compensate fra gli appellanti, da un lato, e la Presidenza della Repubblica e il Ministero delle infrastrutture e trasporti, dall’altro, le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)