Pres. Papa Est. Fiale Ric. Bennardo
La subordinazione della sospensione condizionale della
pena ad un obbligo da adempiere entro un determinato termine assolve alla
funzione di dimostrare che il reo è meritevole del beneficio anzidetto, sicché
solo la presenza di fatti a lui non imputabili e tali da escludere la
possibilità di eseguire quanto prescritto, entro il periodo stabilito,
impedisce la revoca del beneficio.
La intervenuta scadenza del termine (stante l’essenzialità
dello stesso per le finalità perseguite dall'art. 165 cod. pen,) rende
irrilevante, pertanto, ai fini della revoca del beneficio, ogni questione circa
la possibilità di sanatoria (c.d. condono edilizio) riconosciuta dall’art. 32
del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24.11
.2003, n. 326. Il rilascio di concessione in sanatoria e, comunque, l'adozione
di provvedimenti della P.A incompatibili con l’ordine di demolizione impartito
con la sentenza di condanna, successivamente
al passaggio in giudicato della. decisione medesima, può incidere sulla
concreta eseguibilità della demolizione, ma non incide sulla revoca della
sospensione condizionale della pena ove intervenga in epoca successiva alla
scadenza del termine per l'adempimento
della condizione cui la sospensione è subordinata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PAPA Enrico - Presidente - del 13/12/2006
Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere - SENTENZA
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - N. 1302
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 43833/2005
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BENNARDO Pietro, n. a Favara il 28/04/1959;
avverso l'ORDINANZA 26/09/2005 del Tribunale monocratico di Agrigento
quale giudice dell'esecuzione;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. FIALE Aldo;
lette le richieste del P.M., che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale monocratico di Agrigento, quale giudice dell'esecuzione,
con ordinanza del 26.9.2005, ha revocato ex artt. 666 e 674 c.p.p. - su
richiesta del P.M. - il beneficio della sospensione condizionale della
pena di giorni 60 di arresto e L. 30 milioni di ammenda inflitta a
Bennardo Pietro - per i reati di cui: alla L. n. 47 del 1985, art. 20,
lett. c); L. n. 1086 del 1971, artt. 1, 2, 13 e 14; L. n. 431 del 1985,
art. 1 sexies - dal Pretore di Agrigento, con sentenza del 16.4.1998,
irrevocabile in data 19.10.2000. Il Tribunale ha rilevato che:
- il beneficio della sospensione condizionale, con la sentenza di
condanna, era stato subordinato alla demolizione, a spese e cura del
condannato, delle opere realizzate abusivamente (un fabbricato
costituito da piano seminterrato e piano terra), entro il termine di
ottanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. - Detto
termine era scaduto da quasi cinque anni e le opere abusive non erano
state demolite;
- Il dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Agrigento, con
provvedimento notificato il 12.4.2002, aveva denegato il rilascio di
concessione in sanatoria, per condono edilizio ex L. n. 724 del 1994,
art. 39, del fabbricato in oggetto, sull'assunto che lo stesso non
poteva considerarsi "ultimato" in data anteriore al 31.12.1993 e
superava il limite di cubatura fissato per la sanabilità
(nel medesimo senso aveva altresì concluso la sentenza
penale di condanna e tale statuizione, quindi, aveva efficacia di cosa
giudicata);
- il provvedimento amministrativo di diniego era stato impugnato dal
Bennardo, in data 23.4.2002, davanti al TAR di Palermo, ma il relativo
procedimento non aveva trovato ancora definizione ed era tuttora
pendente.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il Bennardo, il quale ha
eccepito:
- erronea applicazione di legge, poiché egli avrebbe
ottenuto, ancora prima del passaggio in giudicato della sentenza penale
in oggetto (in seguito a domanda presentata in data 2.3.1995),
concessione in sanatoria tacitamente assentita, anche con riferimento
al necessario nulla-osta paesaggistico (richiesto con domanda del
14.5.1996);
- l'incongruità del diniego di concessione edilizia in
sanatoria, avendo la P.A. ritenuto erroneamente che le opere non
fossero state completate nel termine fissato dalla L. n. 724 del 1994;
- l'erronea valutazione del giudice dell'esecuzione "nel ritenere il
volume del fabbricato maggiore di mq. 750".
Ha prospettato altresì che egli aveva proposto, in data
7.12.2004, ulteriore domanda di condono ai sensi della L.R. 16 aprile
2003, n. 4, "senza rinunciare, comunque, ai benefici relativi al
precedente titolo concessorio tacitamente formatosi prima del passaggio
in giudicato della sentenza" penale, n giudice dell'esecuzione,
pertanto, avrebbe dovuto in ogni caso sospendere il procedimento "fino
all'accertamento della decisione dell'autorità
amministrativa o della giurisdizione amministrativa".
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato. 1. In
sede di incidente di esecuzione, l'indagine affidata al giudice di
merito è limitata al controllo dell'esistenza di un titolo
esecutivo legittimo, avendo egli il potere-dovere di interpretare il
giudicato e renderne espliciti il contenuto ed i limiti, ma non potendo
modificare, invece, le statuizioni coperte dal giudicato medesimo (ad
eccezione delle ipotesi espressamente previste dalla legge).
Nella fattispecie in esame la preclusione dell'applicazione del condono
di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 39 è coperta da
decisione irrevocabile, avente efficacia vincolante per il giudice
dell'esecuzione e risulta ribadita dal provvedimento negativo del
dirigente dell'ufficio tecnico del Comune di Agrigento, notificato il
12.4.2002, tuttora valido ed efficace pure in pendenza del giudizio
instaurato davanti al TAR.
Devono considerarsi irricevibili, pertanto, tutte le censure
finalizzate a mettere in discussione ed a sovvertire l'accertamento
compiuto nella fase cognitiva del procedimento in ordine al mancato
rispetto del limite volumetrico del fabbricato in questione ed
all'avvenuta ultimazione dello stesso in epoca successiva al 31 gennaio
1993.
Le argomentazioni svolte al riguardo nel ricorso - incluse quelle
riferite alla pretesa preesistenza al giudicato di titoli abilitativi
sananti tacitamente formatisi - avrebbero potuto e dovuto essere svolte
nel corso delle due fasi di merito del giudizio. 2. Correttamente
è stata denegata la sospensione del procedimento, a fronte
dell'istanza di condono edilizio (ai sensi del D.L. n. 269 del 2003,
art. 32, convertito dalla L. n. 326 del 2003 e della L.R. 16 aprile
2003, n. 4) presentata dal condannato in data 7.12.2004. Il termine per
l'adempimento, infatti, è scaduto dal lontano 7.1.2001.
Detto termine - per il principio della obbligatorietà ed
effettività della pena - integra un elemento essenziale
della concessione subordinata del beneficio ed entro la durata di esso
deve essere assolto l'obbligo condizionante, salve le ipotesi (nella
specie insussistenti) di impossibilità assoluta non
dipendente da proprio atto volontario, sicché
legittimamente, in sede esecutiva, dall'ingiustificato decorso
infruttuoso di esso è stato fatto derivare il venire meno
del beneficio.
La subordinazione della sospensione condizionale della pena ad un
obbligo da adempiere entro un determinato termine, assolve, infetti,
alla funzione di dimostrare che il reo è meritevole del
beneficio anzidetto, sicché solo la presenza di fatti a lui
non imputabili e tali da escludere la possibilità di
eseguire quanto prescritto, entro il periodo stabilito, impedisce la
revoca del beneficio. La intervenuta scadenza del termine (stante
l'essenzialità dello stesso per le finalità
perseguite dall'art. 165 cod. pen.) rende irrilevante, pertanto, ai
fini della revoca del beneficio, ogni questione circa la
possibilità di sanatoria (c.d. condono edilizio)
riconosciuta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, convenite con
modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326 (vedi Cass., Sez. 3^,
24.2.2004, Borrello ed altra).
Questa Corte ha già evidenziato, in proposito, che il
rilascio di concessione in sanatoria e, comunque, l'adozione di
provvedimenti della P.A. incompatibili con l'ordine di demolizione
impartito con la sentenza di condanna, successivamente al passaggio in
giudicato della decisione medesima, può incidere sulla
concreta eseguibilità della demolizione, ma non incide sulla
revoca della sospensione condizionale della pena ove intervenga in
epoca successiva alla scadenza del termine per L'adempimento della,
condizione cui la sospensione è subordinata.
Diversi sono, infetti, i presupposti e la funzione dell'ordine di
demolizione e della subordinazione del beneficio della sospensione
condizionale della pena all'adempimento di un obbligo, sia pure avente
a contenuto l'osservanza dell'ordine demolitorio medesimo, in quanto
tale secondo istituto mira a garantire che il comportamento del reo,
successivamente alla condanna, si adegui concretamente a quel processo
di ravvedimento la cui realizzazione costituisce scopo precipuo
dell'istituto stesso, mentre l'ordine di demolizione soddisfa
l'interesse pubblico all'eliminazione della costruzione abusiva, ove
non intervenga, prima dell'effettiva demolizione, un provvedimento
amministrativo con esso incompatibile: un provvedimento siffatto,
dunque, assume un rilievo logicamente differente nelle due ipotesi, in
relazione all'epoca diversa in cui deve intervenire (vedi Cass., Sez.
3^, 5.3.2004, Raptis).
A tali argomentazioni può obiettarsi che la eventuale
sanatoria amministrativa dell'abuso edilizio rende inutiliter datum
l'ordine di demolizione emesso dall'autorità giudiziaria e
fa venire meno, conseguentemente, la condizione stessa al cui
adempimento è stata subordinata l'operatività
della sospensione condizionale della pena. In una decisione di questa
Sezione è stata rilevata, in detta prospettiva, la
sussistenza di un conflitto di interessi, "l'interesse pubblico alla
rapida definizione delle situazioni giuridiche ed alla riparazione del
bene giuridico violato, mediante l'eliminazione delle conseguenze
dannose o pericolose, da un lato;
l'interesse del condannato, ad evitare la irreparabilità di
un pregiudizio personale in presenza di una situazione giuridica
fluida..., che potrebbe sfociare in una soluzione (la sanatoria
legittima) che contemperi e componga gli interessi in conflitto,
mediante la conformazione dell'interesse privato all'interesse
pubblico". Spetterebbe, dunque, al prudente apprezzamento del giudice
una valutatone prognostica dei possibili esiti e dei tempi di
definizione della procedura in sanatoria (in tal senso Cass., Sez. 3^,
26.5.2003, n. 23998, Bonfante).
Trattasi di considerazioni non condivise da questo Collegio (in
adesione alle deduzioni già svolte da Cass., Sez. 3^,
10.12.2004, Rizzo), perché esse non tengono conto che
l'interesse pubblico alla riparazione del bene giuridico violato
presuppone anche la opportuna tempestività della riparazione
medesima, non procrastinabile "ad libitum" fino ad un tempo assai
lontano da quello assegnato al condannato per l'eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato.
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 611 e 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13
dicembre 2006. Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2007