Un ulteriore stop a forme di sanatoria edilizia extraordinem
(Commento a Cons. Stato, Ad. Plenaria, n. 17/2020)
di Massimo GRISANTI
NOTA: il provvedimento è leggibile qui
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, si è pronunciato in tema di ambito di applicazione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001 (testo unico dell’edilizia), avendo cura di premettere che il pacifico effetto della disposizione è quello di tutelare l’affidamento (ovviamente legittimo, cioè in buona fede).
In ossequio all’art. 12 delle Preleggi, i Giudici hanno interpretato le disposizioni facendo specifico riferimento ai vizi “delle procedure” e concreta impossibilità a demolire – v. punto 4.2.2. in “Diritto”: < … Trattasi di due condizioni eterogenee poiché la prima attiene alla sfera dell’amministrazione e presuppone che l’attività di convalida del provvedimento amministrativo (sub specie del permesso di costruire), ex art. 21 nonies comma 2, mediante rimozione del vizio della relativa procedura, non sia oggettivamente possibile; la seconda attiene alla sfera del privato e concerne la concreta possibilità di procedere alla restituzione dei luoghi in pristino stato > – così non condividendo pregresse pronunce delle sezioni semplici che, estraniandosi da tali vizi e dalla possibilità in concreto della demolizione, hanno finito per creare e alimentare un filone giurisprudenziale di sanatoria extraordinem per opere prive, ab origine, della conformità urbanistico-edilizia.
La parte della sentenza, che qui interessa in particolar modo, è racchiusa ai punti 5.2 e 5.3 in “Diritto”, ove i Giudici hanno cura di ricordare che l’art. 21 nonies L. 241/1990 è norma generale, così come generale è l’intera legge sul procedimento. Di talché, il TAR Veneto correttamente ebbe ad affermare, nella sentenza n. 861/2016, che l’art. 21 nonies L. 241/1990 non incide sul potere di repressione degli abusi edilizi di cui all’art. 27 TUE, il quale è < … norma speciale che, in relazione alla necessaria tutela del territorio ed alla natura permanente degli illeciti edilizi, quand’anche assentiti da titolo edilizio, impone che sia assicurata in ogni tempo la vigilanza sul territorio con la conseguenza che sussiste in ogni tempo il potere del comune di annullare le concessione edilizie illegittime dallo stesso rilasciate >. Un annullamento, in presenza di vizi sostanziali, che porta all’applicazione dell’art. 38 TUE e che è doveroso, se viene interpretato il pensiero dell’Adunanza plenaria con coerenza ai principi della materia del governo del territorio.
Infatti, i Giudici hanno affermato come sia < 5.2 … evidente che ogni diverso vizio afferente alla sostanza regolatoria del rapporto amministrativo rispetto al quadro normativo vigente risulterebbe superabile solo attraverso una modifica di quest’ultimo; ius superveniens che, in quanto riguardante il contesto normativo generale, certamente esula da concetto di “rimozione del vizio” afferente la singola e concreta fattispecie provvedimentale. 5.3 Il riferimento ad un vizio procedurale astrattamente convalidabile delimita operativamente il campo semantico della successiva e connessa proposizione normativa riferita all’impossibilità di rimozione, dovendo per questa intendersi una impossibilità che attiene pur sempre ad un vizio che, sul piano astratto sarebbe suscettibile di convalida, e che per le motivate valutazioni espressamente fatte dall’amministrazione, non risulta esserlo in concreto >.
Ma dal momento che la modifica della sostanziale disciplina urbanistico-edilizia è d’impedimento alla sanatoria ex art. 36 TUE, dopo esser tale per quella speciale dell’art. 38, ecco che il numerus clausus delle sanatorie edilizie non può conoscere incremento per via pretoria, pena la violazione dell’art. 12 delle Preleggi e dell’art. 102 della Costituzione, attraverso quell’errata, e ormai tanto nota quanto è praticata dai Comuni, interpretazione delle disposizioni generali dell’art. 21 nonies L. 241/1990 in tema di annullamento d’ufficio. Un’interpretazione che finisce, nei provvedimenti comunali, per giustificare il rifiuto all’annullamento dei titoli edilizi pur in presenza di vizi sostanziali, schermandosi – gli inadeguati funzionari e componenti di organi collegiali – dietro all’insussistenza di un interesse pubblico diverso (sic!) da quello contenuto nella speciale disciplina urbanistico-edilizia.
Del resto, se nel prosieguo del corpo della sentenza, segnatamente al punto 7.1, i Giudici affermano che < La tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio … >, non si riesce a comprendere come, una volta uscita dalla porta, quella sorta di condono amministrativo paventata dai Giudici debba rientrare dalla finestra della norma generale dell’art. 21 nonies L. 241/1990 sull’annullamento d’ufficio.
Ne consegue che solo l’impossibilità nel concreto a demolire abilita l’ente locale, in presenza di un’opera priva di doppia conformità, costruita con un titolo annullato ottenuto in buona fede, ad applicare la sanzione pecuniaria ex art. 38 TUE il cui integrale pagamento produce i medesimi effetti del permesso a sanatoria ex art. 36.
Impossibilità a demolire non significa eccessiva onerosità della demolizione: < … Deve, pertanto, risultare in maniera inequivoca che la demolizione, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità dell’edificio nel suo complesso (cfr., con riferimento a fattispecie analoghe, Cons. Stato, V, 29 novembre 2012, n. 6071; Cons. Stato, V, 5 settembre 2011, n. 4982). Non possono, pertanto, venire in rilievo aspetti relativi alla “eccessiva onerosità” dell’intervento. Se si potessero prendere in esame anche questi profili si rischierebbe di trasformare l’istituto in esame in una sorta di “condono mascherato” con incidenza negativa grave sul complessivo assetto del territorio e in contrasto con la chiara determinazione del legislatore … >, così Cons. Stato, n. 1912/2013.
Tantomeno può aprire a considerazione ragioni di equità o al limite di opportunità senza cadere in quella sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, da cui l’Adunanza plenaria ha voluto rifuggire, il quale sarebbe manifestamente incostituzionale sol per impossibilità di garantire il principio di eguaglianza su tutto il territorio nazionale.
Trattasi quindi di stretta impossibilità tecnica, da suffragarsi con approfondite analisi del sistema strutturale e dei materiali. Un caso, ai giorni d’oggi, più unico che raro.
Concludendo, la pronuncia dell’Adunanza plenaria appare essere, al di là delle apparenze, una pietra miliare per impedire che creativi Comuni continuino, in caso di abusi insanabili ex artt. 36 e 38 TUE, ad aprire procedimenti volti a valutare l’applicabilità dell’art. 21 nonies L. 241/1990 per poi concluderli con provvedimenti di non annullamento – integranti sostanziali condoni mascherati – per assenza di interesse pubblico ulteriore rispetto a quello della disciplina urbanistico-edilizia violata.