Cass.Sez. III n. 19018 del 2 maggio 2013 (Ud 20 dic 2012)
Pres.Gentile Est.Andronio Ric.Accarino e altri
Rifiuti.Reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e danno ambientale
Ai fini della integrazione del reato previsto dall'art. 260 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non sono necessari un danno ambientale né la minaccia grave di esso, atteso che la previsione di ripristino ambientale contenuta nel comma quarto del citato articolo si riferisce alla sola eventualità in cui il pregiudizio o il pericolo si siano effettivamente verificati e, pertanto, non è idonea a mutare la natura della fattispecie da reato di pericolo presunto a reato di danno.
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Dott. GENTILE Mario - Presidente - del 20/12/2012
Dott. SAVINO Mariapia Gaetana - Consigliere - SENTENZA
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - N. 3253
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - rel. Consigliere - N. 17989/2012
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso proposto da:
ACCARINO SALVATORE N. IL 03/01/1953;
ACCARINO FRANCESCO N. IL 26/01/1972;
ACCARINO MARIO N. IL 07/09/1959;
BATTISTELLO MYRIAM N. IL 18/07/1964;
avverso la sentenza n. 3356/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del 30/11/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Nicola Lettieri, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza quanto alla qualificazione giuridica della fattispecie di cui al capo b) come art. 260, anziché come D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1;
Udito, per la parte civile, l'Avv. Nicoletta Mongentili per la Provincia di Novara, l'avv. Angela Bartolomeo per la Provincia di Milano;
Udito il difensore Avv. Giuseppe Fiorella per Accarino Salvatore e Accarino Mario e avv. Giuseppe Scozzari, in sostituzione dell'avv. Luciano Butti, per Battistello.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con sentenza del 30 novembre 2011, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza resa, all'esito di giudizio abbreviato, il 17 dicembre 2010 dal Gip del Tribunale di Busto Arsizio, ha assolto i quattro imputati odierni ricorrenti dal reato di associazione a delinquere, perché il fatto non sussiste, e dal reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, così riqualificato il reato di cui all'art. 483 c.p., loro rispettivamente contestato ai capi B, C, D, E dell'imputazione perché non previsto dalla legge come reato; ha confermato la condanna già pronunciata quanto ai restanti reati, nonché la condanna degli imputati Accarino Salvatore, Accarino Francesco, Battistello Myriam al risarcimento dei danni alla Provincia di Novara e di tutti gli imputati al risarcimento dei danni alla Provincia di Milano, nonché la confisca già disposta in primo grado.
I reati per cui è stata confermata la condanna di primo grado consistono in vari episodi, diversamente qualificati e circostanziati, di traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, anche attraverso la falsificazione dei formulari di trasporto quanto all'itinerario, al peso, alle tipologie, commessi in concorso tra loro e con altri soggetti, al fine di procurarsi un ingiusto profitto; profitto consistito, per il trasportatore, nel maggior guadagno derivante dall'aumento fraudolento del peso dei rifiuti trasportati e dalla minore effettiva incidenza del costo di conferimento dei rifiuti stessi. In particolare, dopo aver caricato i rifiuti presso il produttore, gli automezzi si recavano in un sito dove i rifiuti stessi erano sottoposti a un'operazione di cernita finalizzata alla separazione del materiale ferroso, del legno e della carta; i rifiuti privati di tali materiali erano ricaricati sugli stessi automezzi e trasportati a destinazione; il materiale ferroso, il legname e la carta erano successivamente venduti dagli imputati, i quali conseguivano un prezzo per il trasporto dei rifiuti caricati originariamente presso il produttore e non decurtati dei materiali prelevati e conseguivano l'ulteriore vantaggio di portare all'esito finale un quantitativo di rifiuti inferiore a quello originariamente caricato, pagando un prezzo di smaltimento inferiore. Vi era anche una truffa, consistita nell'indurre in errore la Cartiera Fornaci s.p.a., produttrice di rifuti, in ordine alla quantità di rifiuti frutto delle bonifiche e alla quantità dei viaggi effettuati per il loro trasporto, attraverso la sola fatturazione delle operazioni di carico, con corrispondente danno per la stessa Cartiera Fornaci s.p.a..
I beni oggetto della disposta confisca erano essenzialmente, automezzi, cassoni, computer e documentazione contabile. 2. - Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, l'imputato Accarino Salvatore, chiedendone l'annullamento.
2.1. - Con un primo motivo di doglianza si rileva la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell'imputato per il reato di cui al capo C, al quale egli avrebbe concorso nella sua qualità di amministratore di fatto delle società cui erano intestati gli automezzi con cui trasporti venivano effettuati; automezzi attraverso i quali egli avrebbe agevolato la condotta del coimputato Accarino Mario che coordinava l'attività dei concorrenti nella gestione e nello smaltimento abusivo dei rifiuti. La difesa lamenta, in particolare, che la dichiarazione di responsabilità del ricorrente sarebbe sorretta dalla sola circostanza che i rifiuti avevano stazionato nel sito che si trovava nella sua disponibilità. La Corte territoriale non avrebbe considerato - prosegue la difesa - che le attività di trasporto erano svolte da Accarino Mario, il quale era l'unico titolare delle spese e dei ricavi e aveva compilato e utilizzato i documenti di trasporto; ne' erano stati utilizzati dipendenti di Accarino Salvatore quali autisti o ad altro titolo, come risulterebbe anche dal contenuto delle telefonate intercettate. 2.2. - Il secondo motivo di ricorso ha per oggetto l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione sul punto. Tale motivazione sarebbe, in particolare, carente quanto alla dimostrazione dell'effettiva messa in pericolo dell'ambiente, bene giuridico tutelato. Dagli atti risulterebbe, anzi, che i rifiuti gestiti non erano pericolosi e che il loro quantitativo era comunque compatibile con l'eventuale conferimento presso il centro di recupero.
2.3. - Con un terzo motivo di doglianza si sostiene che i fatti avrebbero dovuto essere ricondotti alla fattispecie contravvenzionale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256. Si tratterebbe - secondo la prospettazione difensiva - di operazioni cernita, qualificabili come smaltimento del rifiuto e, perciò, riconducibili a tale disposizione e non all'art. 260 dello stesso Decreto Legislativo. 2.4. - Il quarto motivo di ricorso ha per oggetto la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla dichiarata responsabilità per il reato di truffa ai danni della Cartiera Fornaci s.p.a. Rileva la difesa che l'unica fatturazione contestata all'imputato risulterebbe solo dai filmati predisposti dalla polizia giudiziaria attestanti la sosta dei camion contenenti le terre presso il sito dove i carichi venivano alleggeriti. Non si sarebbe invece indagato sul numero dei viaggi e sulla corrispondenza di questi tra quelli di cui alle fatture emesse nei confronti della Cartiera. Nè si sarebbe ricostruito l'esatto ammontare dei proventi della truffa, anche perché dalle intercettazioni telefoniche sarebbe risultato che, ogni quattro carichi reali, uno solo era fittizio. La Corte d'appello non avrebbe tenuto conto, infine, della dichiarazione prodotta in atti, dalla quale si evincerebbe che il legale rappresentante della Cartiera sostiene di non aver subito danni.
3. - La sentenza è stata impugnata da altro difensore e con distinto ricorso sia nell'interesse di Accarino Salvatore che in quello di Battistello Myriam. In detto ricorso si svolgono doglianze in parte analoghe a quelle già riportate sub 2.3.
3.1. - Vi è, poi, un motivo di doglianza relativo all'omessa motivazione circa gli ingenti quantitativi di rifiuti trattati, che costituirebbero l'elemento costitutivo del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260.
3.2. - Quanto alla specifica posizione della Battistello, si rileva la violazione degli artt. 62 bis e 69 c.p., perché non si sarebbe considerato che l'imputata era la mera esecutrice degli ordini del suo datore di lavoro, nonché dotata di diminuita capacità critica, per il legame affettivo con questo; ella aveva avuto, inoltre, una condotta processuale improntata a collaborazione, con la conseguenza che le attenuanti generiche avrebbero dovuto essere ritenute prevalenti sulle aggravanti contestate.
3.3. - Quanto al reato di truffa contestato alla Battistello, la difesa svolge considerazioni in parte analoghe a quelle già riportate sub 2.4. e rileva che l'imputata non aveva partecipato ai raggiri contestati, essendovi a suo carico solo un'intercettazione riferita ad un controllo dell'Agenzia regionale per l'ambiente. 3.4. - Si prospetta, in quarto luogo, la violazione dell'art. 240 c.p., affermando che Accarino Salvatore avrebbe interesse a contestare la legittimità di tale confisca, avendo essa per oggetto anche beni e quote sociali relative a soggetti terzi, quali la immobiliare Venezia tre s.r.l. e la Ferrari s.r.l., società che non avevano mai operato nel sito e che non potevano essere ritenute riferibili all'imputato.
4. - La sentenza è stata impugnata, tramite il difensore, anche da Accarino Francesco.
4.1. - Con un primo motivo di ricorso, si rilevano la manifesta illogicità della motivazione e il travisamento della prova. Le critiche del ricorrente si appuntano, in particolare: a) sulle riprese che hanno avuto per oggetto le attività di alleggerimento e cernita dei rifiuti svolte nel sito gestito dagli imputati; riprese che non promettendo una prospettiva integrale di quanto ivi avveniva, non erano in grado - secondo il ricorrente - di far cogliere l'effettuazione di rabbocchi, cernite o prelievi di rifiuti; b) sulle conversazioni intercettate, il cui contenuto e la cui portata probatoria non consentirebbero di definire ne' la quantità di rifiuti presuntivamente oggetto di illecita gestione ne' la loro tipologia.
4.2. - Un secondo motivo di doglianza si riferisce alla contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, con particolare riferimento all'offensività della condotta. Si sviluppano sul punto, argomenti analoghi a quelli contenuti nel ricorso di Accarino Salvatore e riportati sub 2.2.
4.3. - Si deduce, in terzo luogo, l'omessa motivazione in ordine alle ragioni che inducono a ritenere l'imputato concorrente nel reato di truffa ai danni della Cartiera Fornaci s.p.a. In particolare il suo ruolo si sarebbe sostanziato, secondo quanto ritenuto in sentenza, nell'aver organizzato gli autisti e regolato i loro trasporti, alla stregua delle direttive concordate con il padre Accarino Mario. Non si sarebbero adeguatamente prese in considerazione le dichiarazioni di Cattaneo, amministratore delegato della Cartiera, il quale avrebbe affermato che i trasporti erano corrispondenti a quelli effettivamente effettuati, così come i quantitativi di rifiuti riportati. Non emergerebbero, del resto, dalla motivazione della sentenza impugnata sufficienti elementi dei quali desumere artifici o raggiri da parte dell'imputato nei confronti della Cartiera. 5. - Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, anche l'imputato Accarino Mario.
5.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deducono la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità penale per i reati di cui ai capi B e C
dell'imputazione. Quanto al primo di tali reati, la responsabilità dell'imputato sarebbe stata desunta dal fatto che la sua società operava nel sito in cui veniva svolta l'attività di cernita e prelievo di rifiuti illecita; quanto al secondo di tali reati, la responsabilità dell'imputato consisterebbe nella illecita gestione dei rifiuti. Lamenta la difesa che i giudici di secondo grado non avrebbero considerato che l'imputato non aveva alcun ruolo nelle attività gestite dal fratello Accarino Salvatore nel sito in questione, anche se quest'ultimo consentiva all'imputato stesso di utilizzare detto sito e anche di utilizzare camion di sua pertinenza per il trasporto.
5.2. - Con un secondo motivo di doglianza, si svolgono argomentazioni analoghe a quelle già riportate sub 2.2. quanto alla sussistenza del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260.
5.3. - Il terzo motivo di doglianza è formulato in modo sostanzialmente analogo a quello già riportato sub 2.3. 6. - Vi è, poi, un ulteriore ricorso proposto da un diverso difensore nell'interesse della sola Battistello.
6.1. - Si rilevano, in primo luogo, la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, nonché la mancanza contraddittorietà della motivazione quanto alla responsabilità penale dell'imputata sul punto. Dopo avere svolto considerazioni analoghe a quelle già sopra esposte circa l'offensività del fatto contestato, la difesa passa a contestare la sussistenza del requisito della abusività della condotta. Ricorda la stessa difesa che la norma incriminatrice punisce solo le operazioni che si svolgono al di fuori della possibilità di un controllo da parte dell'autorità preposta e, dunque, al di fuori di una qualunque autorizzazione amministrativa o, quantomeno, in totale e palese difformità da quanto autorizzato. Sarebbe, dunque, infondata l'affermazione della Corte d'appello secondo cui non è possibile distinguere tra i quantitativi di rifiuti che costituivano oggetto di attività lecita i quantitativi di rifiuti che costituivano oggetto di attività illecita. La disposizione in questione sarebbe stata, inoltre, scorrettamente interpretata anche con riferimento al requisito dell'ingente quantitativo; requisito che non potrebbe essere desunto automaticamente dall'organizzazione e dalla continuità dell'attività di gestione di rifiuti, dovendosi, invece, fare riferimento al dato oggettivo della mole di rifiuti non autorizzati e abusivamente gestiti. Dalla lettura della sentenza emergerebbe, sul punto, che i quantitativi movimentati sarebbero ammontati ad un totale di 88 tonnellate; quantitativo che, ad avviso del ricorrente, non potrebbe essere ritenuto ingente. La sentenza conterrebbe una motivazione erronea anche quanto alla classificazione dei rifiuti, perché la Corte d'appello riterrebbe sussistente una loro pericolosità in mancanza di campionamenti eseguiti sul materiale trasportato.
6.2. - Quanto al concorso della Battistello nel reato di truffa aggravata si svolgono poi le argomentazioni analoghe a quelle già riportate sub 2.4. e 3.3.
6.3. - Si contesta, in terzo luogo, sotto il profilo della contraddittorietà, la motivazione della sentenza sulla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 2). Da un lato, infatti, la Corte d'appello avrebbe affermato che l'imputata aveva promosso e organizzato le attività dei concorrenti nel reato, dall'altro lato avrebbe, invece, affermato che la stessa imputata operava nell'ambito di una più ampia organizzazione predisposta da Accarino Salvatore.
6.4. - Con un quarto motivo di doglianza, si rileva la violazione degli artt. 99 e 106 c.p., nonché la mancanza di motivazione quanto alla sussistenza dei presupposti della ritenuta recidiva reiterata. La motivazione sul punto sarebbe inadeguata, perché non avrebbe preso in considerazione i singoli precedenti dell'imputata, che avrebbero dovuto essere ritenuti di scarsa rilevanza. 7. - La parte civile costituita Provincia di Novara, in persona del Presidente, ha depositato, tramite il difensore, memoria con cui chiede il rigetto del ricorso e la conferma della statuizioni civili, con riferimento alle posizioni di Accarino Salvatore, Accarino Francesco, Battistello Myriam. La stessa parte civile ha depositato in udienza conclusioni scritte e nota spese. 8. - All'udienza di discussione di fronte a questa Corte il difensore della parte civile Provincia di Milano ha depositato conclusioni scritte, con le quali chiede che i ricorsi siano rigettati, e nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
9. - I ricorsi sono inammissibili.
Va premesso che le censure proposte appaiono, indipendentemente dalla qualificazione giuridica loro conferita dai ricorrenti, per lo più volte a contestare l'apparato motivazionale della sentenza impugnata. Nella maggior parte dei casi, a fronte della ricostruzione e della valutazione della Corte d'appello, gli stessi ricorrenti non offrono (cosi come impone l'osservanza del principio di autosufficienza del ricorso) la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sè dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l'intrinseca incompatibilità degli enunciati. Essi si limitano, per lo più, a riproporre, senza nuove argomentazioni in punto di diritto e in punto di fatto, rilievi già motivatamente rigettati con le sentenze di primo e secondo grado. Devono, pertanto, essere preliminarmente richiamati i consolidati e noti orientamenti di questa Corte circa la portata dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), e comma 3.
9.1. - Va dunque ricordato, in primo luogo, che il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione dell'espressa previsione normativa dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell'autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire la logicità e la linearità della motivazione del provvedimento impugnato, queste devono ritenersi inammissibili, perché proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in quanto non riconducibili alla categoria generale di cui al richiamato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), (ex plurimis, Sez. fer., 2 agosto 2011, n. 30880; Sez. 6^, 20 luglio 2011, n. 32878; Sez. 1^, 14 luglio 2011, n. 33028).
9.2 - Quanto, poi, allo specifico profilo della carenza di motivazione, deve rammentarsi il principio secondo cui il giudice del gravame non è tenuto a rispondere analiticamente a tutti i rilievi mossi con l'impugnazione, purché fornisca una motivazione intrinsecamente coerente e tale da escludere logicamente la fondatezza di tali rilievi (ex plurimis, Sez. 4^, 17 settembre 2008, n. 38824; Sez. 6^, 14 giugno 2004, n. 31080); con la conseguenza che, laddove i motivi di ricorso per cassazione si limitino a ricalcare sostanzialmente le censure già motivatamente disattese in secondo grado, questi devono essere ritenuti inammissibili, perché diretti a sollecitare una rivalutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.
10. - I motivi di ricorso, in parte tra loro analoghi, devono essere esaminati partendo dai principali nuclei tematici intorno ai quali ruotano.
10.1. - Un primo nucleo tematico è rappresentato dai motivi afferenti all'interpretazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, comma 1, al confine fra la fattispecie punita da tale disposizione e quella punita dal precedente art. 256, e, conseguentemente, alla motivazione della sentenza circa la sussistenza dei fatti di reato nel caso di specie (motivi 2.2., 2.3., 3., 3.1., 4.2., 5.2., 5.3., 6.1.).
10.1.1. - Elementi costitutivi di detto reato sono: a) la finalità di conseguire un ingiusto profitto; b) la pluralità delle operazioni e l'allestimento di mezzi e attività continuative e organizzate; c) la cessione, la ricezione, il trasporto, l'esportazione, l'importazione, o comunque la gestione di rifiuti; d) l'abusività di tali attività; e) l'ingente quantitativo di tali rifiuti. La sussistenza di detti elementi costituisce il discrimine fra la fattispecie di cui all'art. 260, e quella di cui al precedente art. 256, comma 1, la quale ultima non richiede ne' il dolo specifico di profitto, ne' la predisposizione di mezzi o la continuità della condotta, ne' l'ingente quantitativo di rifiuti.
Non rientrano invece tra i presupposti del reato ne' il danno ambientale, ne' la minaccia grave di danno ambientale, perché la previsione di ripristino ambientale contenuta nell'art. 260, comma 4, richiamato - secondo cui il giudice, con la sentenza di condanna o di patteggiamento "ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente" si riferisce alla sola eventualità in cui il danno o il pericolo si siano effettivamente verificati e non muta, perciò, la natura del reato da reato di pericolo presunto a reato di danno (argomento ex Cass. pen., sezione 3, 16 dicembre 2005, n. 4503, Rv. 233294). Non assume, perciò, alcuno specifico rilievo, ai fini della sussistenza del reato, il carattere pericoloso o non pericoloso dei rifiuti gestiti.
Quanto, poi, al requisito dell'abusività dell'attività, esso deve ritenersi integrato sia qualora non vi sia autorizzazione (sez. 3, 13 luglio 2004, n. 30373) sia quando vi sia una totale e palese difformità da quanto autorizzato (sez. 3, 6 ottobre 2005, n. 40828). Quanto, infine, all'ingente quantitativo di rifiuti gestiti, devono essere ritenute applicabili le normali regole sulla formazione e la valutazione della prova; di talché la quantità di rifiuti può essere desunta, oltre che da misurazioni direttamente effettuate, anche da elementi indiziaria quali i risultati di intercettazioni telefoniche, l'entità e le modalità di organizzazione dell'attività di gestione, il numero e le tipologie dei mezzi utilizzati, il numero dei soggetti che partecipano alla gestione stessa.
10.1.2. - Ribadite queste premesse interpretative - peraltro facilmente desumibili dall'analisi del dato normativo e della giurisprudenza di questa Corte - deve rilevarsi che i motivi proposti dai ricorrenti risultano, oltre che manifestamente infondati in punto di diritto, anche inammissibili nella parte in cui si riferiscono alla motivazione della sentenza impugnata. Con essi, infatti, ci si limita a prospettare una valutazione alternativa del quadro probatorio, senza formulare sostanziali critiche all'impianto logico- deduttivo posto a fondamento della decisione.
La motivazione oggetto di critica - come, del resto, quella della sentenza di primo grado - risulta comunque adeguatamente e coerentemente motivata su tutti tali profili. E, in particolare: a) la finalità di profitto risulta ampiamente dimostrata sulla base della documentata falsità dei formulari di accompagnamento dei rifiuti, che denota l'intento di lucrare sia sul compenso versato dal soggetto conferente, sia attraverso la separazione e la rivendita di parte dei rifiuti, sia sul risparmio realizzato nel pagamento effettuato allo smaltitore finale; b) la pluralità e continuatività delle operazioni e l'organizzazione di mezzi emergono ampiamente dai risultati delle indagini svolte e, in particolare, dai filmati realizzati e dalle intercettazioni telefoniche; c) la condotta tenuta si è concretizzata nella gestione di rifiuti, oltre che attraverso il trasporto degli stessi, anche attraverso la cernita e la separazione, per la destinazione a rivendita, di alcune tipologie di rifiuti trasportati; d) l'abusività di tali attività emerge dal fatto che le stesse non erano autorizzate, tanto da rendere necessaria la falsificazione della documentazione che attestava la quantità e la qualità dei rifiuti trasportati e conferiti; e) dai filmati e dalle intercettazioni telefoniche - sulla cui valenza probatoria fra poco si dirà - oltre che dall'ampiezza dell'organizzazione, dal numero dei mezzi e dei soggetti coinvolti, dalle complesse modalità attraverso le quali gli illeciti si realizzavano, emerge il carattere ingente dei quantitativi gestiti. 10.2. -Un secondo nucleo tematico è rappresentato dai motivi afferenti alla valutazione del quadro probatorio, anche con riferimento alle videoriprese e alle intercettazioni effettuate (motivi 2.1., 2.4., 3.3., 4.1., 4.3., 5.1., 6.2.).
Anche tali motivi sono - come già anticipato - inammissibili, perché non si concretizzano in rilievi di illogicità o incongruità della motivazione, ma nella mera riproposizione di ricostruzioni alternative dei fatti già esaminate e disattese in primo e secondo grado.
10.2.1. - In particolare, quanto al concorso tra Accarino Salvatore e Accarino Mario nello smaltimento abusivo di rifiuti (motivo 2.1.), la Corte d'appello rileva motivatamente che entrambi i soggetti svolgevano presso il sito attività illecita di cernita e alleggerimento dei carichi, e ciò si desume: dai rilievi svolti dagli inquirenti direttamente sul posto (pagine 49 e 50 della sentenza); dalle intercettazioni telefoniche di conversazioni tra Accarino Salvatore e le società di smaltimento, relativamente ai pesi e alle caratteristiche dei rifiuti (pagine 50 e 51); dalla falsità dei formulari (pagine 51 e 52); dalle immagini presenti in atti, che riproducono l'entrata e l'uscita degli autocarri dal sito, in contrasto con quanto riportato nei formulari di identificazione dei rifiuti, i quali, ovviamente, non fanno alcuna menzione della sosta degli autocarri nel sito dove viene l'abusiva cernita (pagine 52-54).
10.2.2. - Analoghe considerazioni valgono relativamente al motivo riportato sub 4.1. e riferito alla valenza probatoria delle intercettazioni delle videoriprese, quanto alla posizione di Accarino Francesco.
La motivazione della sentenza censurata risulta, del resto, pienamente sufficiente e logicamente coerente anche quanto a tale profilo, laddove rileva che: a) Accarino Francesco è il braccio destro del padre, svolge il ruolo di coordinatore degli autisti, ha continui rapporti con Accarino Salvatore relativamente alle quantità di rifiuti da conferire all'impianto di smaltimento (pagine 54-55 della sentenza); b) l'imputato si sostituisce alla Battistello in alcune circostanze per illustrare il programma dettagliato dei trasporti (pag. 55); c) la sua funzione di coordinamento degli autisti emerge dalle conversazioni telefoniche con gli autisti stessi e dalle conversazioni in cui riferisce alla ditta le modalità dei trasporti e gli inconvenienti occorsi (pag. 56); d) i trasporti dei quali l'imputato segue lo svolgimento sono quelli registrati dalle telecamere nel sito ove avviene l'abusiva cernita (pag. 55). Ne deriva l'inammissibilità della doglianza. 10.2.3. - Del pari inammissibile è il motivo sub 5.1., riferito alla motivazione della sentenza circa la posizione di Accarino Mario e, più in particolare, circa il suo concorso con Accarino Salvatore. Con esso, infatti, ci si limita a contestare nel merito la ricostruzione dei fatti fornita dei giudici di merito; ricostruzione dalla quale emergono con chiarezza - come largamente anticipato - i rapporti e gli accordi fra Accarino Mario e Accarino Salvatore circa lo svolgimento dell'illecita attività di cernita e alleggerimento dei rifiuti presso il sito gestito dal secondo. Ulteriori dettagliati e circostanziati rilievi sul punto sono rappresentati - sempre secondo la corretta ricostruzione delle sentenze di merito - dagli accertamenti svolti grazie alle conversazioni intercettate, dalle quali emerge un pieno coinvolgimento di Accarino Mario nella programmazione dei trasporti, nell'ideazione delle certificazioni false con relativi cambiamenti dei codici CER, nella scelta degli automezzi. Si tratta di fatti che trovano, del resto, ampiamente riscontro nelle ispezioni effettuate dagli inquirenti e nelle videoriprese in loco (pagine 47- 49 della sentenza).
10.2.4. - I motivi 2.4., 3.3., 4.3., 6.2. si riferiscono, in particolare, alla prova della truffa ai danni della Cartiera Fornaci s.p.a., quanto alle specifiche posizioni di Accarino Salvatore, Accarino Francesco, Battistello Myriam.
Si tratta, anche in questo caso, di motivi inammissibilmente riferiti alle condivisibili e coerenti valutazioni del quadro probatorio contenute nella sentenza impugnata.
La correttezza delle valutazioni dei giudici di merito emerge, del resto, con evidenza dal fatto che la responsabilità di Accarino Salvatore è stata desunta dalle intercettazioni telefoniche, dalle quali è emerso che egli conduceva personalmente le operazioni di bonifica presso la Cartiera. La responsabilità della Battistero è stata, in particolare, desunta dalle sue stesse ammissioni e dalle intercettazioni telefoniche, da cui è emerso che aveva provveduto alla redazione e alla gestione dei falsi formulari che accompagnavano i trasporti, al fine di predisporre gli artifici e raggiri necessari per la truffa. Infine, dalla sentenza impugnata emerge che la posizione di Accarino Francesco è, anche in questo caso, di supporto rispetto all'organizzazione degli autisti, alla regolazione dei trasporti alla stregua delle direttive concordate col padre, nonché alle verifiche presso gli smaltitori finali dei rifiuti. Quanto, poi, all'obiezione difensiva secondo cui l'amministratore delegato della Cartiera avrebbe affermato che i viaggi esposti in fattura risultavano corrispondenti a quelli effettuati e alla documentazione in mano alla Cartiera, la Corte d'appello ha condivisibilmente rilevato che tali dichiarazioni non appaiono idonee a far venire meno la portata probatoria degli elementi sopra evidenziati. Esse consistono, infatti, nella semplice constatazione della formale corrispondenza fra una documentazione della quale è stata provata la falsità e i trasporti svolti; corrispondenza che è proprio indice degli artifici e raggiri realizzati dagli imputati e che ha permesso di determinare i viaggi e i quantitativi di rifiuti in entrata. Nè la mancata ricostruzione dell'esatto ammontare dei proventi della truffa muta tale quadro indiziario, essendo emersi tutti gli elementi costitutivi del reato.
10.3. - Il motivo sub 3.4. - con cui si prospetta la violazione dell'art. 240 c.p., affermando che Accarino Salvatore avrebbe interesse a contestare la legittimità di tale confisca, avendo essa per oggetto anche beni e quote sociali relative a soggetti terzi estranei ai reati, quali la immobiliare Venezia tre s.r.l. e la Ferrari s.r.l. - è inammissibile, perché formulato in modo non specifico.
La difesa si limita, infatti, a sostenere che alcuni dei beni confiscati afferirebbero a soggetti terzi, ma non muove alcuna puntuale contestazione all'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui le risultanze probatorie in atti, dettagliatamente descritte nella pronuncia di primo grado, hanno smentito che le società in questione siano soggetti terzi, perché esse sono in maniera inconfutabile riconducibili ad Accarino Mario e Accarino Salvatore, trattandosi di compagini sociali solo fittiziamente intestate a terzi.
10.4. - Residua il solo esame dei motivi 3.2., 6.3., 6.4., relativi alla specifica posizione della Battistello.
Si tratta, ancora una volta, di doglianze che devono essere ritenute non ammissibili, perché non dirette a contestare la motivazione della sentenza sulle circostanze del reato sotto il profilo della logicità o della congruità e perché aventi ad oggetto elementi già ampiamente valutati in primo e secondo grado.
Correttamente, del resto, la sentenza impugnata rileva, ponendosi in totale continuità con quella di primo grado, quanto alla mancata prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate (motivo 3.2.), che l'imputata non ha fornito particolari contributi alle indagini, essendosi limitata ad ammettere quanto già risultante da inconfutabili emergenze processuali; per contro, le condotte tenute assumono una rilevante gravità, per la loro continuatività, per l'organizzazione di mezzi dispiegata, per intensità del lavoro svolto.
Quanto alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 112 c.p., n. 2), (motivo 6.3.) nessuna contraddizione emerge dall'avere la Corte d'appello, da un lato, affermato che l'imputata aveva promosso e organizzato le attività dei concorrenti nel reato e, dall'altro lato, rilevato che la stessa imputata operava nell'ambito di una più ampia organizzazione predisposta da Accarino Salvatore. La stessa Corte d'appello aggiunge, infatti, a tale ultima affermazione che l'imputata determinava con sua autonoma iniziativa i quantitativi in entrata in modo che questi risultassero adeguati al flusso in uscita predeterminato e concordato. Quanto, infine, alla pretesa mancanza di motivazione circa la sussistenza dei presupposti della ritenuta recidiva reiterata (motivo 6.4.), è sufficiente rilevare che una motivazione, quale quella della sentenza impugnata - che si riferisce alla personalità dell'imputata, quale emerge dal complesso dei rilievi analiticamente svolti circa la sua responsabilità penale e ai numerosi precedenti penali, anche specifici, riportati - risulta sufficiente ad escludere in radice ogni rilevanza di prospettazioni difensive dirette a proporre in sede di legittimità inammissibili rivalutazioni della gravità o della specificità di tali precedenti.
11. - I ricorsi devono dunque essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00. I ricorrenti Accarino Salvatore, Accarino Francesco, Battistello Myriam devono essere anche condannati al rimborso delle spese sostenute, nel presente grado di giudizio, dalla parte civile Provincia di Novara, liquidate in complessivi Euro 2500,00, oltre Iva e accessori di legge. Tutti i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Provincia di Milano, liquidate in Euro 2500,00, oltre Iva e accessori di legge.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese i processuali e della somma di Euro 1.000,0 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonché tutti i ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Provincia di Milano, liquidate in Euro 2.500,00 per compenso, oltre Iva e accessori di legge, e i soli Accarino Salvatore, Accarino Francesco, Battistello Myriam anche alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile Provincia di Novara, liquidate in Euro 2.500,00 per compenso, oltre Iva e accessori di legge. Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2013