Cass. Sez. III n. 16209 del 9 aprile 2013 (ud. 14 mar. 2013)
Pres. Squassoni Est. Ramacci Ric. Bonomelli ed altro
Rifiuti. Responsabilità del trasportatore
La verifica dell'esistenza dell'autorizzazione in capo al titolare dell'impianto ove il rifiuto trasportato è destinato rientra tra quei dati verificabili dal trasportatore con la normale diligenza e l'inosservanza di tale elementare regola di condotta potrà essere riscontrata dal giudice del merito con adeguata valutazione degli elementi in fatto offerti al suo esame.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pavia, con sentenza del 15.3.2012, ha riconosciuto, tra gli altri, B.R. e C.N. responsabili del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4, condannandoli alla pena dell'ammenda e disponendo la confisca dei veicoli in sequestro, per avere effettuato il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi in difformità da quanto prescritto dal dispositivo di iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali Sezione Regione Lombardia, conferendo gli stessi presso lo stabilimento di una società non autorizzata alla gestione.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono distinti atti di appello, convertiti in ricorsi per cassazione.
2. In particolare, B.R. lamenta che il giudice del merito avrebbe omesso una completa valutazione delle deduzioni difensive, procedendo ad una errata lettura dell'art. 188, comma 1 e art. 193 D.Lgs. n. 152 del 2006, quest'ultimo nell'attuale formulazione ed attribuendo apoditticamente al trasportatore del rifiuto l'onere di assicurarsi della sussistenza di un'autorizzazione da parte dell'impianto che lo riceve.
Aggiunge che il giudice non avrebbe neppure individuato la fonte normativa dalla quale tale onere deriverebbe, mentre il Pubblico Ministero l'aveva erroneamente individuata nel D.Lgs. 152 del 2006, art. 188 che si riferirebbe, invece, al detentore, soggetto diverso dal trasportatore.
Osserva, inoltre, che il produttore dei rifiuti aveva consegnato al trasportatore il formulario identificativo (F.I.R.) completo in ogni sua parte, ivi compresa quella concernente l'autorizzazione in capo al destinatario sulla quale aveva fatto incolpevolmente affidamento.
Rileva, poi, che era rimasto inascoltato dal giudice del merito il richiamo effettuato al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193 ora vigente, il quale espressamente escluderebbe la responsabilità del trasportatore per quanto indicato nel formulario.
3. C.N. deduce invece che le risultanze dell'istruzione dibattimentale si presterebbero ad una diversa lettura, indicandone nel dettaglio le ragioni.
Entrambi insistono, pertanto, per l'accoglimento delle rispettive impugnazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Occorre preliminarmente osservare che la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, ha chiaramente precisato che qualora un provvedimento giurisdizionale sia impugnato con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente stabilito, il giudice che riceve l'atto di gravame deve limitarsi, secondo quanto stabilito dall'art. 568 c.p.p., comma 5, alla verifica dell'oggettiva impugnabilità del provvedimento e dell'esistenza della volontà di impugnare, intesa come proposito di sottoporre l'atto impugnato a sindacato giurisdizionale e, conseguentemente, trasmettere gli atti al giudice competente astenendosi dall'esame dei motivi al fine di verificare, in concreto, la possibilità della conversione (Sez. 5, n. 21581, 25 maggio 2009; Sez. 3, n. 19980, 12 maggio 2009; Sez. 3, n.2469, 17 gennaio 2008; Sez. 4, n. 5291, 10 febbraio 2004; Sez. 5, n. 27644, 26 giugno 2003; Sez. 4, n.17374, 14 aprile 2003; Sez. 2, n.14826, 28 marzo 2003; Sez. 2, n. 12828, 19 marzo 2003; Sez. 3, n.17474, 9 maggio 2002 SS. UU. n. 45371, 20 dicembre 2001).
Si è peraltro affermato che l'istituto della conversione della impugnazione previsto dall'art. 568 c.p.p., comma 5, ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l'automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l'atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta. (Sez. 1, n. 2846, 9 luglio 1999. V. anche ex pi. Sez. 4, n. 5291, 10 febbraio 2004; Sez. 3, n. 26905, 16 giugno 2004).
Nella fattispecie entrambi gli imputati, a fronte di una condanna alla sola pena dell'ammenda, inappellabile ai sensi dell'art. 593 c.p.p., u.c., hanno proposto appello correttamente convertito in ricorso per cassazione.
5. Ciò premesso, deve rilevarsi che l'impugnazione proposta da C.N. è inammissibile.
Invero, pur avendo la stessa qualificato genericamente l'impugnazione con un richiamo all'art. 571 c.p.p., (la qualificazione quale atto di appello è stata attribuita nell'annotazione di cancelleria in calce al provvedimento impugnato), deve rilevarsi che la proposizione dell'impugnazione è stata sottoscritta dal solo Avv. Guido PIGNATTI del Foro di Vigevano, il quale non risulta iscritto nell'albo speciale della Corte di Cassazione e tale circostanza determina l'inammissibilità dell'impugnazione medesima (Sez. 1, n. 45393, 6 dicembre 2011; Sez. 3, n. 16703, 29 aprile 2011 ed altre prec. conf.) cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende.
6. Quanto all'impugnazione di B.R. deve rilevarsi che la stessa risulta infondata.
Va preliminarmente osservato che la qualificazione giuridica del fatto e la effettuazione del trasporto e del successivo conferimento dei rifiuti da parte dell'imputato non sono oggetto di contestazione.
7. Come è noto, il trasporto dei rifiuti rientra tra le attività di gestione, come espressamente previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. n).
La stessa disposizione, alla lettera h), individua come "detentore" del rifiuto "il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso". Tale ampia definizione, rimasta sostanzialmente invariata rispetto alle numerose modifiche apportate all'art. 183, ricomprende evidentemente anche il trasportatore del rifiuto, cosicchè non risulta corretto quanto indicato nell'impugnazione circa una sostanziale diversità tra le diverse posizioni.
Del resto, dalla definizione delle diverse figure del "produttore" e del "detentore" dei rifiuti e degli altri soggetti menzionati dalla disposizione richiamata, nonchè dalla complessiva disciplina sui rifiuti, emerge con chiarezza la volontà del legislatore di estendere il campo dei soggetti obbligati e di prevedere norme di chiusura tali da impedire comodi trasferimenti di adempimenti e di responsabilità.
In tal senso, come è noto, dispone il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 188 che, all'epoca dei fatti per cui è processo, attribuiva gli oneri relativi alle attività di smaltimento al detentore "che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento", oltre che ai precedenti detentori o al produttore dei rifiuti.
8. Tra le modalità di assolvimento di tali oneri, la richiamata disposizione stabiliva, al comma 2, lett. b), che il conferimento dei rifiuti deve essere effettuato presso terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti.
L'espletamento degli incombenti indicati non esonera, di regola, il produttore o il detentore da responsabilità, essendo espressamente previsto che tali soggetti la conservino per l'intera catena di trattamento e che qualora trasferiscano i rifiuti per il trattamento preliminare a uno dei soggetti consegnatari indicati, tale responsabilità, di regola, comunque sussiste.
Nell'attuale formulazione l'art. 188 prevede, al comma 4, che i soggetti, enti o imprese, che provvedono alla raccolta o al trasporto dei rifiuti a titolo professionale, devono conferire i rifiuti raccolti e trasportati agli impianti autorizzati alla gestione ai sensi degli artt. 208, 209, 211, 214 e 216 e nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 177, comma 4.
Come è dato rilevare dal tenore letterale delle disposizioni menzionate, viene sempre espressamente previsto (e non poteva essere altrimenti), che il conferimento dei rifiuti avvenga presso soggetti autorizzati e ciò anche quando la disposizione prevede specifiche esenzioni di responsabilità, quali quelle indicate al comma 3.
9. Tale previsione normativa trova peraltro esplicita conferma nell'attuale formulazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193, nel quale il ricorrente erroneamente individua un espresso esonero di responsabilità rispetto ai fatti per i quali è imputato.
Invero la richiamata disposizione contempla ora al comma 3, dopo le modifiche introdotte ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010, una espressa ipotesi di esenzione di responsabilità del trasportatore in ordine a quanto indicato nella Scheda SISTRI - Area Movimentazione o nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti e per le eventuali difformità tra la descrizione dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
10. In effetti è evidente che non può legittimamente pretendersi dal trasportatore la verifica di dati riscontrabili attraverso attività di analisi, uso di particolari tecnologie o strumentazione tecnica, ma il riferimento alla normale diligenza richiesta in relazione alla natura dell'incarico rende altrettanto evidente che il trasportatore deve considerarsi comunque un soggetto tecnicamente competente in relazione alla tipologia di attività svolta, nella quale risulta professionalmente inserito e non può, quindi, invocare la sua completa ignoranza circa la natura di quanto trasportato o disinteressarsi del tutto della natura effettiva del carico o della sua destinazione finale. La richiesta diligenza, inoltre, può ritenersi palesemente mancante allorquando taluni elementi sintomatici, quali, ad esempio, la quantità dei rifiuti, il loro stato di conservazione o confezionamento per il trasporto, le modalità di ricezione del carico, quelle di trasporto o la destinazione del rifiuto rendano evidente o, comunque, facilmente riscontrabile, la discrepanza tra documentazione e realtà.
E' indubbio che la verifica dell'esistenza dell'autorizzazione in capo al titolare dell'Impianto ove il rifiuto trasportato è destinato rientra tra quei dati verificabili dal trasportatore con la normale diligenza e l'inosservanza di tale elementare regola di condotta potrà essere riscontrata dal giudice del merito con adeguata valutazione degli elementi in fatto offerti al suo esame.
11. Ciò posto, deve rilevarsi che, nella fattispecie, il Tribunale ha correttamente motivato in punto di responsabilità dell'imputato, analizzando compiutamente le deduzioni difensive ed indicando le ragioni per le quali non potevano essere condivise.
Il giudice ha così rilevato che la esistenza di rapporti professionali ultra ventennali tra la società dell'imputato e quella presso la quale venivano conferiti i rifiuti non assumeva rilievo, in quanto la tipologia di rifiuto conferito al momento del fatto costituiva una novità (la vicenda relativa all'iter procedimentale è spiegata nella parte della sentenza dedicata alla posizione del titolare dell'impianto di recupero) e, riportando anche le dichiarazioni rese dall'imputato durante l'esame cui si è sottoposto, ha rilevato come lo stesso fosse pienamente consapevole dell'onere di informazione cui era tenuto, avendo ammesso che, normalmente, viene richiesta l'autorizzazione (".. in teoria bisogna farsi mandare l'autorizzazione") e di non avere neppure verificato a cosa si riferisse la dicitura "prot.2020" indicata nel FIR alla voce "autorizzazione numero".
12. Il Tribunale ha anche esaminato la questione concernente il richiamo al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 193 di cui si è detto in precedenza, correttamente osservando che l'esistenza dell'autorizzazione poteva essere accertata non soltanto mediante la prassi adottata dell'invio via fax dell'autorizzazione medesima, ma anche mediante una semplice visura presso l'Albo Nazionale Gestori Ambientali come quella prodotta in giudizio dalla difesa di altro imputato.
Tale possibilità di verifica mediante ordinaria diligenza, peraltro, non sarebbe venuta meno anche nel caso in cui, come rilevato in ricorso, l'impianto avesse operato in base a denuncia di inizio attività effettuata ai sensi del previdente D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 31 e 33, trattandosi di atto che poteva comunque essere facilmente esibito o reperito.
Si tratta, dunque, di argomentazioni del tutto coerenti e scevre da manifeste contraddizioni le quali correttamente valutano gli elementi fattuali acquisiti nel loro complesso, pervenendo ad un giudizio che supera agevolmente il vaglio di legittimità.
13. Alla luce delle considerazioni svolte dovrebbe procedersi al rigetto del ricorso del B., tuttavia, avuto riguardo alla data di consumazione del reato ((OMISSIS)) deve rilevarsi che risultano ormai spirati i termini massimi di prescrizione sin dal 30.5.2012, dovendosi conseguentemente disporre l'annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di C.N. che condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione a B. R. per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2013