TAR Campania (NA) Sez. III sent. 8713 del 25 maggio 2010
Urbanistica. Autorizzazione alla somministrazione di alimenti e regolarità urbanistica

Ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la somministrazione di alimenti e bevande, l’autorità amministrativa competente, come ha già avuto modo di affermare la sezione (sent. n. 9711/2006) “deve verificare non solo la ricorrenza di presupposti e requisiti previsti dalla medesima l. n. 287/1991 e, più in generale, dalle disposizioni volte alla disciplina delle attività commerciali, ma anche quelle più specificamente relative alla legittima utilizzabilità dei locali ai fini dello svolgimento dell’attività autorizzanda, sia sotto il profilo edilizio-urbanistico sia sotto il profilo igienico-sanitario. Ne consegue che l’accertamento della conformità del locale alla disciplina edilizia ed urbanistica, in primis asseverata attraverso la verifica della realizzazione del locale stesso sulla base di idonei e legittimi titoli autorizzatori, nonché alla disciplina igienico-sanitaria, asseverata attraverso idonea verifica, costituiscono presupposti indefettibili per il rilascio dell’autorizzazione. Di modo che, laddove il locale indicato come luogo di svolgimento dell’attività non risulti conforme alle citate prescrizioni, l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande non può essere rilasciata.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 08713/2010 REG.SEN.
N. 04828/2007 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)


ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 4828 del 2007, proposto da:
Catello Gloria, Maria Antonietta Di Costanzo e Maria Concetta Minopoli, rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso introduttivo dall’Avvocato Antonio Iacono, con il quale domiciliano in Napoli presso la segreteria del T.A.R. Campania;


contro


Comune di Ischia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato e in virtù di deliberazione di G.C. n. 34 del 31.8.2007 dall’Avvocato Alessandro Trani, con il quale elettivamente domicilia in Ischia alla via delle Fornaci n. 14;
Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta provinciale, rappresentata e difesa giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato e in virtù di deliberazione di G.P. n. 680 del 20 settembre 2007 dall’Avvocato Luciano Scetta, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla p.zza Matteotti n. 1;

nei confronti di

Mattia Pisano, rappresentato e difeso, dall’Avvocato Giuseppe Di Maio in sostituzione degli Avvocati Paolo Buono e Lorenzo Bruno Molinaro, con domicilio eletto in Ischia alla via Morgioni n. 113;

per l'annullamento

a) del provvedimento n. 470 del 29 maggio 2007 recante l’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande rilasciata dal Comune di Ischia a Mattia Pisano relativamente al locale sito in Ischia alla via Regina Elena n. 25

b) di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali ivi compreso, per quanto occorra: della certificazione di agibilità provvisoria del 17 maggio 2005 rilasciata a Mattia Pisano dal dirigente della 1° area del settore tecnico del Comune di Ischia; della relazione tecnica del geom. Ciro Di Meglio che certifica che le opere sono conformi a quelle oggetto dell’istanza di condono; dell’art. 86 del regolamento edilizio del Comune di Ischia;

e con motivi aggiunti, per l’annullamento

degli atti sopra indicati (sub a) e sub b).

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ischia;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Napoli;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Pisano Mattia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2010 il dott. Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso notificato il 31 luglio 2007 e depositato il successivo 27 agosto i ricorrenti hanno impugnato l’autorizzazione alla somministrazione al pubblico di alimenti e bevande rilasciata dal Comune di Ischia al controinteressato Mattia Pisano gestore dall’anno 2005 del Ristorante “La Conchiglia”.

Premettono i ricorrenti, proprietari di un fabbricato confinante con l’esercizio commerciale de qua, per lungo tempo inutilizzato, di subire di continuo le immissioni dannose (olfattive e acustiche) nonché l’occupazione del tratto di strada adiacente alla loro abitazione a causa dello svolgimento dell’attività di ristorazione.

A sostegno del gravame deducono i seguenti motivi di ricorso:

1) circa l’illegittimità del certificato di agibilità provvisoria ed in subordine dell’art. 86 del regolamento edilizio del Comune di Ischia: violazione degli articoli 24 e 25 del D.P.R. n. 380/2001, violazione dell’articolo 86 del regolamento edilizio comunale ed eccesso di potere in quanto nel locale sono stati realizzati lavori abusivi, pende istanza di condono per opere non conformi a quelle effettivamente poste in essere e non sussiste il requisito della destinazione d’uso consolidata ai sensi del predetto art. 86, visto che fino all’anno 2005 il locale era adibito a deposito;

2) circa l’illegittimità della licenza di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande: violazione degli artt. 3 e 6 della legge n. 287/1991, violazione del d.lg. n. 114/1998, difetto dei presupposti e difetto di istruttoria in quanto il locale non è conforme alla disciplina edilizia e urbanistica, non poteva essere rilasciato il certificato di agibilità provvisoria ai sensi dell’art. 86 del reg. edilizio comunale e andavano indicati limiti temporali all’autorizzazione alla somministrazione, inoltre, la superficie dell’esercizio è superiore a quella dichiarata, l’istanza di condono presentata nel 1995 non corrisponde alle opere realizzate e non è stato acquisito il parere della Commissione per il commercio.

Si è costituito per resistere al ricorso il Comune di Ischia che ha eccepito in rito il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.

Si è altresì costituita in giudizio la Provincia di Napoli che ha chiesto l’estromissione dal giudizio sussistendo il difetto di legittimazione passiva non avendo concorso all’emanazione degli atti impugnati.

Il controinteressato costituendosi in giudizio ha concluso per il rigetto del ricorso stante la sua inammissibilità e infondatezza.

Con atto per motivi aggiunti notificato il 23 ottobre 2007 e depositato il successivo giorno 25 i ricorrenti hanno depositato in giudizio copia del contratto di locazione stipulato in data 1° ottobre 2004 tra il proprietario dell’immobile e il controinteressato – locatario, dal quale risulta che il locale in questione era adibito a deposito. Ne deriva, a loro avviso, che l’apertura del ristorante “La Conchiglia” ha comportato un illegittimo cambiamento della destinazione d’uso (da deposito ad attività commerciale).

Con memoria depositata in data 25 novembre 2007 il controinteressato ha argomentato ulteriormente in ordine alla infondatezza del gravame eccependo in rito la tardività del ricorso principale in ordine alla impugnazione del permesso di costruire rilasciato in data 14 maggio 2005 e del certificato di agibilità provvisoria concesso in data 17 maggio 2005.

I ricorrenti hanno insistito per l’accoglimento del ricorso con la memoria depositata in data 22 novembre 2007.

La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 3395 del 22 novembre 2007.

Altre memorie sono state depositate in vista dell’udienza di definizione del merito della causa dai ricorrenti e dal controinteressato rispettivamente in date 12 febbraio e 25 febbraio 2010.

Alla pubblica udienza del 22 aprile 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. In via preliminare vanno esaminate le eccezioni in rito sollevate dal Comune, dalla Provincia e dal controinteressato.

In primo luogo viene dedotta da parte della difesa comunale la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti che non subirebbero una diretta lesione dal provvedimento impugnato.

L’eccezione non ha pregio.

I ricorrenti lamentano i notevoli disagi che derivano loro dall’attività di ristorazione svolta dal Pisano e resa possibile dall’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande rilasciata dal Comune e impugnata con l’odierno ricorso. La sezione (sent. n. 2043/2005) si è già espressa in un caso analogo nel senso della sussistenza delle condizioni dell’azione processuale statuendo che: “l’interesse ad impugnare gli atti amministrativi concernenti l'esercizio del potere autorizzatorio relativo ad una attività commerciale in giurisprudenza è stato per lo più ravvisato con riferimento all'illegittimo allargamento della concorrenza e quindi in favore di coloro che si trovano in rapporto di possibile competitività con il gestore dell'azienda (cfr. questa sezione n.47 del 4.6.1996 e Consiglio di Stato,sez.V, n. 231 del 5.2.1993). In altri termini non vi sono dubbi che sia legittimato a contrastare l'autorizzazione commerciale “de qua” colui che subisce un danno dal nuovo esercizio e quindi il soggetto che esercita la stessa attività, o attività similare, nella stessa zona. Tuttavia, anche se la legge sul commercio è posta a tutela del consumatore e della concorrenza, non può essere certo disconosciuto l'apprezzamento ed il valore di altri interessi, in particolare di quelli degli abitanti della zona, eventualmente pregiudicati da attività nociva o molesta, qualora la loro posizione sia presa in considerazione e tutelata da una specifica norma. Nel caso di specie, la posizione differenziata e qualificata è configurata dall'espressa disposizione dell'art. 3 della legge 25.8.1991 n. 287, la quale - nel prescrivere che l'esercizio commerciale è subordinato al “rispetto delle vigenti norme, prescrizioni ed autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria nonché di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici” - amplia la sfera delle situazioni soggettive tutelabili a tutti coloro che si trovino giuridicamente collegati in modo non effimero con la situazione sulla quale incide il titolo abilitativo. Ne consegue che va riconosciuta in capo all'odierna ricorrente la legittimazione attiva a far valere l'interesse di tipo oppositivo, teso ad impedire l'atto ampliativo della posizione soggettiva del controinteressato, avendo la stessa censurato, quale proprietaria confinante (con spazi esterni in comune), la pretesa violazione delle norme urbanistico-edilizie nonché allegato e comprovato il pregiudizio che detta violazione ha arrecato alla sua sfera giuridica (Consiglio di Stato n.758 del 23.4.1997).”

In secondo luogo, risulta fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Provincia di Napoli. Quest’ultima è stata infatti evocata in giudizio pur non avendo in alcun modo contribuito alla adozione dei provvedimenti impugnati.

In terzo luogo, sempre in rito, il controinteressato ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per l’intervenuta inoppugnabilità del permesso di costruire rilasciato in data 14 maggio 2005 e del certificato di agibilità provvisoria del 17 maggio 2005.

L’eccezione è infondata.

Quanto al permesso di costruire è sufficiente osservare che lo stesso non è stato né oggetto di impugnazione da parte dei ricorrenti né posto a base di alcuno dei motivi di ricorso se non per richiamare genericamente l’abusività del manufatto dove si svolge l’attività in contestazione.

Riguardo al certificato di agibilità provvisoria rilasciato nel maggio 2005, la lesività di tale atto si è concretizzata solo al momento della concessione in data 29 maggio 2007 dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande per un esercizio commerciale a carattere permanente che ha sostituito la precedente licenza concessa in data 27 maggio 2005 per un esercizio di carattere stagionale per la medesima attività. Dalla piena conoscenza dell’esistenza dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande del 29 maggio 2007 decorre pertanto il termine per l’impugnazione che, nella fattispecie, in mancanza di specifiche controdeduzioni, si deve ritenere rispettato visto che il ricorso è stato notificato il 31 luglio 2007.

2. Sgombrato il campo dalle eccezioni processuali il ricorso è fondato.

Risulta in particolare fondata e assorbente la violazione dell’art. 3 della legge n. 287 del 1991 che, al comma 7, dispone che “le attività di somministrazione di alimenti e bevande devono essere esercitate nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni ed autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica ed igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici”. Ai fini del rilascio delle autorizzazioni per la somministrazione di alimenti e bevande, l’autorità amministrativa competente, come ha già avuto modo di affermare la sezione (sent. n. 9711/2006) “deve verificare non solo la ricorrenza di presupposti e requisiti previsti dalla medesima l. n. 287/1991 e, più in generale, dalle disposizioni volte alla disciplina delle attività commerciali, ma anche quelle più specificamente relative alla legittima utilizzabilità dei locali ai fini dello svolgimento dell’attività autorizzanda, sia sotto il profilo edilizio-urbanistico sia sotto il profilo igienico-sanitario. Ne consegue che l’accertamento della conformità del locale alla disciplina edilizia ed urbanistica, in primis asseverata attraverso la verifica della realizzazione del locale stesso sulla base di idonei e legittimi titoli autorizzatori, nonché alla disciplina igienico-sanitaria, asseverata attraverso idonea verifica, costituiscono presupposti indefettibili per il rilascio dell’autorizzazione. Di modo che, laddove il locale indicato come luogo di svolgimento dell’attività non risulti conforme alle citate prescrizioni, l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande non può essere rilasciata.”

Nel caso di specie è incontestato che il locale adibito all’attività commerciale è stato oggetto di lavori abusi tanto è vero che il proprietario ha presentato in data 1.3.1995 domanda di condono ai sensi della legge n. 724 del 1994, non ancora esitata dal Comune. Risulta, dunque, accertato che l’immobile non è allo stato conforme alla disciplina edilizia e urbanistica, e, pertanto, non potrebbe ottenere il certificato di agibilità ai sensi dell’art. 24 del D.P.R. n. 380 del 2001. L’accertamento, infatti, delle condizioni di sicurezza, di igiene, di salubrità e di risparmio energetico dell’immobile rispetto alle specifiche destinazioni d’uso del locale non può prescindere dalla positiva verifica della conformità edilizia e urbanistica dello stesso (cfr. T.A.R. Lazio, IIbis 25 maggio 2005, n. 4219, C. d. S., sez. V 5 aprile 2005 n. 1543).

Per superare l’impasse rappresentato dalle numerose domande di condono a fronte della necessità di assicurare la continuità delle attività economiche in essere, che si svolgono in immobili non conformi alle disposizioni edilizie e urbanistiche, e appunto in attesa di condono, il Comune ha introdotto nel proprio regolamento edilizio l’art. 86 che disciplina il certificato di agibilità provvisoria. Detto articolo prevede testualmente che: “…per quanto riguarda il requisito di agibilità, fermo restando che, ai sensi del d.lg. n. 380/2001, per gli edifici oggetto di istanze di condono edilizio la sospensione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali, anche penali, comporta che i titolari hanno facoltà di continuare ad utilizzare gli immobili per le destinazioni d’uso consolidate ed in atto alla data di presentazione delle istanze, pur in assenza di un formale certificato di agibilità, qualora il titolare formuli richiesta di certificato di agibilità questo può essere rilasciato a titolo provvisorio, nel rispetto delle condizioni dettate dall’art. 4 del D.P.R. n. 425 del 1994, con la precisazione che nella dichiarazione del direttore dei lavori, altro tecnico incaricato, deve essere certificato che le opere sono conformi a quelle oggetto della istanza di condono. L’esercizio delle facoltà di cui ai commi precedenti non pregiudica né condiziona l’esito delle istanze di condono. Esso è comunque escluso in tutti i casi di istanze rigettate o incomplete della documentazione prescritta dalla legge nonché di opere eseguite in zone dove si verifica l’insanabilità…”.

A prescindere dalle contestazioni formulate dai ricorrenti circa la non corrispondenza della domanda di condono presentata nel 1995 rispetto alle opere effettivamente realizzate, meritevole di attenzione è la dedotta mancanza del requisito della “destinazione d’uso consolidata” nel momento in cui è stato concesso il certificato di agibilità provvisoria di cui all’art. 86. Più in particolare, rilevano i ricorrenti che il locale in contestazione, dove un tempo si trovava il “Ristorante Carolina” è stato per lunghi anni adibito a deposito e solo di recente, nel 2005 riattivato dal controinteressato. Tale stato di fatto, risulta inequivocabilmente dalla documentazione prodotta in atti e non è smentito dal controinteressato. Il 1° ottobre 2004, infatti, il Pisano dopo aver preso in locazione il “locale già adibito a deposito” ha chiesto e ottenuto dal Comune il permesso (in data 14 maggio 2005) per effettuare, tra l’altro, opere di adeguamento igienico sanitario al fine di acquisire il certificato di agibilità provvisoria e l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande.

In proposito il cotrointeressato, pur non smentendo la sequenza degli eventi sopra riportata, controdeduce che “il locale in questione è ed è da sempre stato destinato a ristorante”. Ciò troverebbe conferma sia da quanto riportato nella sentenza penale del 1992 che fa riferimento alla realizzazione di una struttura “soprastante un vecchio ristorante” sia dall’istanza di condono edilizio presentate nel 1995 riguardante un’“opera adibita a ristorante denominato “Trattoria Carolina”.

Tutto ciò premesso, rileva il Collegio che il cuore della controversia sta nell’interpretare l’articolo 86 del regolamento edilizio laddove consente ai richiedenti il condono di continuare nelle more della definizione dello stesso “a utilizzare gli immobili per le destinazioni d’uso consolidate ed in atto alla data di presentazione delle istanze” attraverso la procedura del certificato di agibilità provvisoria.

Dal tenore letterale della disposizione sembrerebbe possibile ottenere il certificato di agibilità provvisoria per immobili che avevano “in atto” alla data di presentazione della domanda di condono una certa “destinazione d’uso consolidata”. In altri termini una volta “fotografata” la situazione esistente al momento della richiesta di condono sarebbe possibile chiedere la certificazione di agibilità anche se nel frattempo quella particolare destinazione d’uso è cessata. Tale interpretazione indirettamente sostenuta dal controinteressato, non può essere condivisa.

Fondamentale al riguardo la considerazione che ci si trova di fronte a una norma di natura eccezionale che deroga al principio secondo il quale la concessione del certificato di agibilità pur essendo teso a verificare le condizioni di salubrità e di abitabilità dell’edificio in relazione al suo utilizzo non può riguardare manufatti non conformi alla disciplina edilizia e urbanistica. Si impone, dunque una interpretazione rigorosa e restrittiva dell’istituto dell’agibilità provvisoria introdotto dal regolamento comunale, valorizzando l’elemento della continuità nelle destinazioni d’uso degli immobili. Destinazioni d’uso consolidate, che devono quindi sussistere sia alla data di presentazione delle domande di condono sia nel momento in cui si richiede il certificato di agibilità provvisoria.

Se si guarda poi alla ratio dell’articolo 86 del regolamento edilizio non si può non far prevalere l’interpretazione teleologica su quella letterale. L’obiettivo perseguito dall’amministrazione con la norma de qua è infatti quello di non determinare un blocco delle attività commerciali esistenti nelle more della definizione delle istanze di condono. In altri termini la disposizione è volta a salvaguardare le attività commerciali in essere al momento della domanda di condono ma che continuano a esercitarsi anche dopo quella data e segnatamente allorquando viene richiesta l’agibilità. Altrimenti, lungi dal garantire al titolare dell’istanza di condono il mantenimento della situazione dell’immobile ossia nella specie la destinazione commerciale e l’uso in atto, si consentirebbe per questa strada di avviare nuove e diverse attività in immobili non conformi alle norme edilizie e urbanistiche.

Tornando al caso che occupa il controinteressato non poteva legittimamente ottenere il certificato di agibilità provvisoria per l’immobile, difettando il requisito voluto dall’articolo 86 della “destinazione d’uso consolidata”. Infatti, il manufatto pur adibito a ristorante alla data di presentazione della domanda di condono è stato successivamente, e per molti anni usato solo come deposito e lo era ancora quando ne è stata chiesta l’agibilità allo scopo di riaprire il ristorante.

In conclusione risulta fondata la dedotta violazione dell’articolo 3 della legge n. 281 del 1997 in quanto l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande è stata illegittimamente accordata sulla base di un certificato di agibilità provvisoria illegittimo.

L’illegittimità della licenza di somministrazione di alimenti e bevande rileva altresì sotto altro profilo (secondo motivo di ricorso) laddove è stata concessa a tempo indeterminato in presenza di un certificato di agibilità per natura provvisorio in quanto condizionato all’esito dell’istanza di condono.

Per quanto precede il ricorso va accolto restando assorbiti gli ulteriori motivi proposti.

3. Stante la particolarità della materia trattata sussistono giusti motivi per compensare le spese tra tutte le parti del giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e su quello per motivi aggiunti di cui in epigrafe (R.G. 4828/2007), li accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22/04/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Saverio Romano, Presidente
Ida Raiola, Primo Referendario
Paola Palmarini, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2010