TAR Calabria (CZ) Sez. II n. 936 del 23 aprile 2018
Urbanistica.Procedimento per l’annullamento di un titolo edilizio e contenuto comunicazione di avvio del procedimento
I procedimenti volti al ritiro, in autotutela, di provvedimenti amministrativi devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento che consenta agli interessati di apportare il proprio contributo all'istruttoria. Un affidamento consolidato, in esito in particolare a DIA o S.C.I.A. non resa oggetto di tempestiva contestazione, rende la comunicazione di avvio di cui trattasi non un mero adempimento formale, ma una atto prodromico dell'autotutela, da esercitare comunque con provvedimento motivato. Non si vede, pertanto, come detto fondamentale adempimento possa ritenersi validamente assolto con la comunicazione di avvio contenente solo alcuni motivi e non altri sostanziali motivi di ritenuta illegittimità della S.C.I.A., posti, poi, a fondamento dell’annullamento finale.Tale modus operandi integra una violazione del principio di necessaria corrispondenza tra i contenuti della comunicazione di avvio del procedimento e quelli del provvedimento definitivo, divenendo in tale modo la previa comunicazione solo una mera formalità che non consente un’effettiva partecipazione dell’interessato, essendogli preclusa la controdeduzione avverso i detti motivi.
Pubblicato il 23/04/2018
N. 00936/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01571/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1571 del 2017, proposto da:
Annamaria Barbara, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Farina, Angelica Maria Nicotina, domiciliata ex art.25 c.p.a.;
contro
Comune di Vazzano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Martelli, domiciliato ex art.25 c.p.a.;
nei confronti
Virgilio Filia, Franca Moscato non costituiti in giudizio;
per la declaratoria di nullità
e per l'annullamento
- dell'ordinanza a firma del Responsabile dell'Area tecnica del Comune di Vazzano n. 726 del 18/11/2017, prot. 1795 del 18/11/2017, avente ad oggetto "Annullamento in autotutela SCIA n. 1154/2017 in alternativa al permesso di costruire e ripristino dello stato dei luoghi (doc. 1);
- di ogni altro atto, connesso per presupposizione e consequenzialità;
nonchè per la conseguente condanna, ai sensi dell'art. 34 c.p.a., del Comune di Vazzano, a risarcire il danno patito dalla ricorrente, quantomeno nella misura di € 60.868,34 e con espressa riserva di dimostrazione del maggior danno in corso di causa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vazzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Parte ricorrente ha esposto che la vicenda de qua riguarda la pratica edilizia attivata dalla stessa per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della copertura della propria abitazione, con contestuale realizzazione della scala di collegamento tra piano sottotetto e il piano sottostante.
Su tale vicenda, questo Tribunale Amministrativo Regionale, con la sentenza n. 1581/2017, ha accolto il ricorso dell’odierna ricorrente, proposto per l’annullamento dei molteplici provvedimenti con cui il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Vazzano ha sospeso e poi definitivamente inibito l’esecuzione dei lavori di cui alla SCIA del 24 maggio 2017 e di cui alla SCIA alternativa al permesso di costruire del 31 luglio 2017. Con la richiamata decisione, in particolare, questo Giudice ha annullato gli atti in quella sede impugnati, accogliendo, in ragione del carattere assorbente e prioritario rispetto alle altre censure, il terzo motivo di impugnazione con cui la ricorrente aveva lamentato la tardività dell’intervento inibitorio comunale.
1.1. In fatto, la ricorrente, Barbara Annamaria, è proprietaria dell’unità abitativa sita al secondo piano e piano sottotetto del fabbricato residenziale, ubicato a Vazzano in Via Fazzalari n. 12.
Ha premesso che:
- in data 24 maggio 2017, la stessa presentava, presso il competente ufficio tecnico comunale, una SCIA, ai sensi degli artt. 22 e 23 del DPR 380/01, la quale prevedeva la realizzazione di un tetto con una forma e pendenza diverse rispetto al precedente, il che avrebbe comportato un aumento della superficie utile di 60,70 mq, un modesto aumento volumetrico pari a 173 mc, rientrante nella percentuale massima (15%);
- con nota dell’11 e 22 luglio 2017 e poi in data 1 agosto e 4 settembre, il Responsabile dell’ufficio tecnico inibiva l’esecuzione dell’intervento edilizio richiesto dapprima con semplice SCIA e poi con SCIA alternativa al permesso di costruire; in estrema sintesi con tali atti, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico contestava da un lato l’asserita inidoneità della SCIA, in quanto per quella tipologia di intervento sarebbe stato necessario un diverso titolo (nella specie il permesso di costruire); dall’altro, contestava la presenza di alcuni manufatti asseritamente difformi rispetto ai titoli rilasciati;
- seguiva la detta sentenza del T.A.R. e, a poche ore dalla pubblicazione di essa, veniva comunicato via pec l’avvio di un procedimento di autotutela per l’adozione dei provvedimenti di annullamento e/o revoca in autotutela della SCIA alternativa al permesso di costruire del 31 luglio 2017 per i motivi indicati;
- la ricorrente, quindi, presentava osservazioni, a cui seguiva il provvedimento di autotutela qui impugnato.
1.2. Avverso l’atto impugnato ha dedotto i seguenti motivi:
I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 della L.241/90. Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 1 lettera a), e comma 3 lettera h), 5, comma 4 lett. c), e art. 6 della L.R. 21/2010: vi sarebbe violazione del principio di necessaria corrispondenza tra i contenuti della comunicazione di avvio del procedimento e quelli del provvedimento finale, atteso che per la prima volta in quest’ultimo viene contestato un supposto contrasto tra l’intervento edilizio di recupero ai fini abitativi del sottotetto e le disposizioni della l.r. n.21/2010; comunque, non vi sarebbero gli ipotizzati contrasti con la normativa in questione;
II. Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 10 della L. n. 241/90: il provvedimento di annullamento ex art. 21– nonies sarebbe illegittimo perché in contrasto con l’art. 10 della L.241/90, nella parte in cui la predetta disposizione obbliga l’Amministrazione ad esaminare le osservazioni procedimentali presentate dal soggetto destinatario del provvedimento amministrativo, atteso che, nel caso, si farebbe solo uno scarno riferimento ad esse;
III. Eccesso di potere per erronea e falsa valutazione dei presupposti di fatto. Irragionevolezza ed illogicità manifesta. Difetto assoluto di istruttoria e di adeguata motivazione. Violazione del principio di buona fede e di proporzionalità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del DPR 380/01: il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per erronea valutazione di un presupposto di fatto; infatti, lo stesso farebbe riferimento ad una falsa rappresentazione della realtà, ma l’omessa indicazione di una quota sarebbe affatto diversa da una falsa rappresentazione dello stato di fatto; il sacrificio imposto al privato sarebbe sproporzionato ed eccessivo; in merito alla ritenuta difformità tra i dati tecnici riportati nella SCIA e quelli riportati negli elaborati trasmessi al Genio civile, non si comprenderebbe quali siano i dati tecnici difformi tra i due elaborati e quale sia la rilevanza di tale presunta difformità; l’atto di assenso del comproprietario del fabbricato (Barbara Domenico), relativamente all’utilizzo del volume inerente l’unità abitativa di sua proprietà, sarebbe stato allegato unitamente alla presentazioni delle osservazioni procedimentali;
IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del DPR 380/01: l’intervento in questione non sarebbe sprovvisto di un valido ed efficace titolo; non sarebbe necessario nel caso un permesso di costruire e in particolare l’intervento sarebbe assistito da SCIA del 24 maggio 2017 (che avrebbe ripreso efficacia per effetto della sentenza n.1581 del 2017 di questo Tribunale e che non sarebbe stata incisa dal provvedimento di annullamento in autotutela); comunque, nel caso, l’unico intervento che sarebbe stato realizzato prima della sospensione sarebbe la rimozione del tetto della propria abitazione, al fine di poterlo sostituire con un tetto di diversa tipologia;
V. Sulla mancata valutazione da parte del Comune di Vazzano della piena efficacia della SCIA del 24 maggio 2017, siccome risultante dalla sentenza emessa da questo TAR del 20 ottobre 2017, n. 1581; Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea rappresentazione della realtà normativa. Nullità del provvedimento impugnato per insussistenza della causa e dell’oggetto dell’atto. Violazione dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990: la citata sentenza avrebbe annullato tutti i provvedimenti inibitori assunti dal Comune, con la conseguenza che avrebbero trovato riviviscenza sia la SCIA del 24 maggio 2017 che quella alternativa al permesso di costruire del 31 luglio 2017; ne conseguirebbe che, avendo il provvedimento impugnato annullato solo l’ultima SCIA, la prima, avente il medesimo contenuto sostanziale della seconda, sarebbe pienamente efficace; il provvedimento impugnato, pertanto, sarebbe privo di oggetto e di causa e quindi nullo;
VI. Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per manifesta ingiustizia, irragionevolezza, difetto di motivazione: sarebbero carenti i presupposti di cui all’art.21 nonies ossia l’illegittimità della SCIA del 31 luglio 2017, l’interesse pubblico diverso ed ulteriore dal mero ripristino della legalità, la mancata considerazione dell’interesse della ricorrente e la motivazione sarebbe inconsistente ed apparente;
VII. Abuso del procedimento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione per violazione del principio di buon andamento della P.A.. Violazione del c.d. principio del “one shot temperato”. Eccesso di potere per manifesta ingiustizia, contraddittorietà, travisamento dei fatti. Sviamento di potere: l’atto in questione rappresenterebbe l’ennesima rinnovazione di plurimi provvedimenti sfavorevoli già adottati dal Comune di Vazzano a seguito di ulteriore istruttoria svolta dopo svariate determinazioni;
VIII. Risarcimento del danno ai sensi dell’art.34 c.p.a.
2. In data 5 gennaio 2018 si è costituita l’amministrazione comunale, la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica dello stesso al controinteressato necessario sig. Barbara Domenico, titolare della volumetria necessaria per effettuale gli interventi edilizi oggetto della SCIA.
3. All’esito della camera di consiglio del 10 gennaio 2018, il Collegio, con ordinanza n.10/2018, ha così disposto: “Ritenuto che le questioni prospettate necessitano dell’approfondito esame proprio della fase di merito e che le esigenze delle parti possono essere adeguatamente tutelate con la sollecita fissazione dell’udienza pubblica; Ritenuto opportuno, nelle more, sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato, alla luce delle argomentazioni di cui al ricorso, impregiudicati restando gli effetti della decisione di merito …. fissa per la trattazione nel merito del ricorso la pubblica udienza del 12 aprile 2018. Sospende, nei sensi di cui in motivazione, il provvedimento impugnato … ”.
4. In vista della pubblica udienza, le parti hanno prodotto documentazione, memorie e memorie di replica.
5. Alla pubblica udienza del 12 aprile 2018 il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Va, preliminarmente, dato atto, come correttamente eccepito da parte ricorrente, del tardivo deposito da parte del Comune della memoria del 13 marzo 2018 ex art.73, co.1, del cod. proc. amm., con la conseguente non utilizzabilità della stessa; risulta tardiva, con le conseguenze dovute, anche la memoria di replica prodotta in data 23 marzo 2018 dall’amministrazione, né vengono supportate le ragioni del ritardo con documentazione, che pure l’amministrazione si riservava eventualmente di produrre.
2. Va, quindi, esaminata l’eccezione sollevata dal Comune resistente di inammissibilità per mancata notifica al controinteressato necessario Barbara Domenico.
Secondo il Comune, inoltre, non sarebbero controinteressati i coniugi Filia-Moscato a fronte dell’annullamento della S.C.I.A. in questione.
2.1. L’eccezione è infondata nei seguenti termini.
È vero, come ritenuto dall’amministrazione comunale resistente, che non ogni vicino è, per ciò solo, controinteressato e che, in particolare, non è controinteressato il proprietario, confinante con l'immobile del destinatario di un provvedimento di annullamento d'ufficio del titolo edilizio, perché il potere di autotutela è esercitato per il conseguimento dell'interesse pubblico al quale è estraneo il privato e ciò anche se ha provocato interventi repressivi o in via di autotutela (T.A.R. Perugia, (Umbria), sez. I, 02/05/2017, n. 338; Consiglio di Stato, 6606 del 15 dicembre 2011); ma è anche vero che Barbara Domenico, padre dell’odierna ricorrente e titolare della volumetria ritenuta necessaria per effettuare gli interventi edilizi oggetto di SCIA in questione, non riveste, nel caso di specie, il ruolo di controinteressato.
Ciò si desume non tanto – come sostenuto da parte ricorrente - dalla posizione processuale dallo stesso assunta nel precedente giudizio R.G. 1118/2017, proposto dalla ricorrente per l’annullamento degli atti con cui sono state inibite le SCIA del 24 maggio 2017 e del 31 luglio 2017 (laddove il sig. Barbara Domenico concluse per l’accoglimento del ricorso), quanto dalla circostanza che il sig. Barbara Domenico ha prestato il proprio consenso a che la ricorrente utilizzasse, al fine di ottenere i benefici premiali della L.R. 21/2010, la volumetria espressa dall’intero immobile, di cui lo stesso è comproprietario; tale documentazione risulta essere stata prodotta dalla ricorrente in sede di presentazione di osservazioni ed era già presente agli atti del Comune al momento dell’emanazione del provvedimento finale.
Alla luce di tale atto di assenso non si vede come Barbara Domenico possa essere controinteressato al ricorso volto all’annullamento dell’atto con cui il Comune interviene in autotutela su SCIA relativa all’intervento edilizio, con riferimento al quale lo stesso ha prestato per iscritto la propria adesione; non si comprende cioè quali vantaggi e benefici il soggetto in questione potrebbe ritrarre dal provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione, tali da fondare la sussistenza di un interesse legittimo omologo e speculare rispetto a quello della ricorrente, che invece se ne ritiene lesa, tale da fargli assumere la veste di controinteressato (Consiglio di Stato, sez. IV, 27/01/2015, n. 360), essendo lo stesso, semmai, cointeressato nel ricorso de quo.
2.2. Alla luce delle superiori argomentazioni vanno, altresì, estromessi i controinteressati evocati.
3. Venendo al merito, costituisce jus receptum il principio per cui, affinché il potere di intervento "tardivo" sulla d.i.a. o sulla s.c.i.a. possa dirsi legittimamente esercitato, è indispensabile che, ai sensi dell'art. 21 nonies l. n. 241 del 1990, l'autorità amministrativa invii all'interessato la comunicazione di avvio del procedimento, che l'atto di autotutela intervenga tempestivamente e che in esso si dia conto delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e dei controinteressati (Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 2017, n.5018).
3.1. Quanto alla previa comunicazione di avvio del procedimento, parte ricorrente deduce che alcuni motivi che poi sono stati posti a fondamento del provvedimento finale – e precisamente quelli che fanno riferimento alla violazione della normativa sulla casa (L.R. N.21 del 2010) – non siano contenuti in essa.
In particolare, il supposto contrasto con la legge regionale in questione è stato rilevato per la prima volta con il provvedimento avversato, non facendosi menzione di tale aspetto né nella comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela nè negli originari provvedimenti inibitori annullati da questo Giudice con la sentenza n. 1581 del 20 ottobre 2017.
3.2. La censura è fondata.
Va ricordato che i procedimenti volti al ritiro, in autotutela, di provvedimenti amministrativi devono essere preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento che consenta agli interessati di apportare il proprio contributo all'istruttoria (T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VI, 02/07/2013, n. 3366).
Un affidamento consolidato, in esito in particolare a DIA o S.C.I.A. non resa oggetto di tempestiva contestazione, rende la comunicazione di avvio di cui trattasi non un mero adempimento formale, ma una atto prodromico dell'autotutela, da esercitare comunque con provvedimento motivato (Consiglio di Stato, sez. VI, 04/02/2014, n. 532).
Non si vede, pertanto, come detto fondamentale adempimento possa ritenersi validamente assolto con la comunicazione di avvio contenente solo alcuni motivi e non altri sostanziali motivi di ritenuta illegittimità della S.C.I.A., posti, poi, a fondamento dell’annullamento finale-
Tale modus operandi integra una violazione del principio di necessaria corrispondenza tra i contenuti della comunicazione di avvio del procedimento e quelli del provvedimento definitivo, divenendo in tale modo la previa comunicazione solo una mera formalità che non consente un’effettiva partecipazione dell’interessato, essendogli preclusa la controdeduzione avverso i detti motivi.
In particolare, costituisce principio consolidato quello diretto a sancire che la funzione degli art. 7 e 8 della L. n.241/90 è quella di garantire una partecipazione alla formazione del provvedimento definitivo, mediante un’effettiva collaborazione tra privato e Amministrazione che, in quanto tale, si instaura nella fase procedimentale.
Detta partecipazione procedimentale parte dal presupposto della necessità di realizzare una formazione “progressiva” del provvedimento definitivo, circostanza quest’ultima che comporta l’impossibilità di sancire un'assoluta identità tra il contenuto dell'avviso e la decisione finale.
In sintesi, tra atto preannunciato con l’avviso iniziale ed atto effettivamente emesso deve sussistere un rapporto di congruità e di aderenza (Cons. Stato Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2961; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 9 maggio 2014, n. 584), non di identità, tra gli elementi essenziali, in modo che, da un lato, il provvedimento finale non rappresenti un esito imprevedibile del procedimento come comunicato e, dall’altro, sussistano spazi per l’accoglimento delle risultanze istruttorie emerse (Con. St. Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2961).
Orbene, ritiene il Collegio che il detto rapporto di congruità e di “aderenza” non sussista allorquando l’amministrazione, come nel caso, abbia preannunciato alla parte di aver iniziato un procedimento per l’annullamento di un titolo edilizio consolidato sulla base di motivazioni, che, in parte, vengono meno nel provvedimento finale, sostituite da altre, di rilevanza sostanziale, non preannunciate, sulle quali la parte non ha avuto alcun modo di interloquire e che, comunque, non costituiscono l’esito delle risultanze istruttorie emerse in contraddittorio.
4. Viene, poi, contestato da parte ricorrente la violazione dell’art. 10 della L.241/90, nella parte in cui obbliga l’Amministrazione ad esaminare le osservazioni procedimentali presentate dal soggetto destinatario del provvedimento amministrativo. Si è, invero, dimostrato che l’Amministrazione ha completamente obliterato l’esame delle puntuali ed analitiche osservazioni presentate dalla ricorrente.
Nel provvedimento impugnato l’Amministrazione si è limitata ad una motivazione di mero stile, laddove afferma che “dalla disamina di dette osservazioni non sono emersi elementi tecnico– amministrativi nuovi da quelli già in atti”.
Nel caso, ritiene il Collegio che, fermo restando che l’amministrazione non è obbligata a dare puntuale e rigoroso riscontro ad ogni singola osservazione di parte, è pur vero che, a fronte anche di elementi di novità – quali ad esempio l’assenso del padre della ricorrente all’utilizzazione della volumetria necessaria –, il riferimento generico alle osservazioni non è sufficiente ad integrare la necessaria esplicitazione della PA, con un adeguato impianto motivazionale, delle ragioni per le quali le medesime osservazioni non siano state considerate idonee a modificare in alcun punto l’orientamento negativo assunto con la comunicazione di avvio del procedimento (cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. I, 16 dicembre 2015, n. 1199).
5. Ulteriore elemento che deve sussistere ai fini della legittimità di un atto di annullamento di S.C.I.A., per come su detto, è un adeguato impianto motivazionale a sostegno dell’atto.
Dal punto di vista dei presupposti di cui all’art.21-nonies della legge n.241 del 1990, risultano altresì carenti ed insufficienti l’indicazione dell’interesse pubblico ulteriore, nonché la presa in considerazione dell’affidamento o comunque della situazione del privato (Cons. St., sez. VI, n.5018/2017).
L’amministrazione resistente, richiamando i principi di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n.8 del 2017, fa riferimento alla necessità di onere motivazionale attenuato in virtù della falsa rappresentazione dello stato di fatto e della concomitante violazione della disciplina urbanistica – edilizia del territorio.
Le false dichiarazioni, difformità e falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, in particolare, quali desumibili dal provvedimento impugnato, consisterebbero: a) nella incongruenza tra quanto descritto/asseverato e rappresentato negli elaborati di progetto a corredo della s.c.i.a.con lo stato di fatto , “ciò in considerazione dell’assoluta carenza di quote dimensionali di alcun tipo nei disegni grafici del progetto rilevabili documentalmente in atti”; b) nella difformità dei dati tecnici descritti e riportati negli elaborati depositati presso l’ex Genio civile e quelli presentati al Comune; c) nella carenza dell’atto di assenso del comproprietario dell’immobile relativo all’utilizzo del volume inerente la parte dell’unità abitativa di sua proprietà, che è stato allegato successivamente alle osservazioni ma non alla SCIA per come dovuto.
Parte ricorrente, in memoria, fa presente che, nelle osservazioni procedimentali, ella aveva spiegato come l’intervento edilizio proposto riguardasse unicamente il piano sottotetto, con la conseguente invarianza delle altre quote dimensionali dell’immobile che erano le stesse di quelle indicate nel progetto originario e che, per tale ragione, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica, il progettista ha ritenuto di non riportare le quote che non subivano alcuna modifica, limitandosi a riportare quelle afferenti le parti di immobile oggetto di intervento.
Osserva il Collegio che, comunque, la carenza delle quote dimensionali (secondo parte ricorrente ricavabili facilmente per essere gli elaborati progettuali redatti in scala) non può integrare, di per sé, una falsa rappresentazione della realtà; peraltro, non è dato comprendere, dalla lettura del provvedimento, con chiarezza in cosa consista la lamentata generica “incongruenza”.
L’amministrazione osserva che l’indicazione delle quote dimensionali non può essere lasciata alla discrezionalità tecnica del progettista e che anzi l’omessa indicazione di esse costituisce violazione dell’art.33 del regolamento edilizio comunale; ma non spiega per quale ragione tale omissione, in sé e senza ulteriori elementi a supporto, debba essere considerata falsa rappresentazione della realtà rilevante ai fini del provvedimento in autotutela in questione.
5.2. Né le difformità tra la relazione tecnica allegata alla SCIA in alternativa al permesso a costruire del 31 luglio 2017 presentata al Comune di Vazzano rispetto a quella presentata presso l’ufficio servizio tecnico regionale (ex Genio civile), in assenza di ulteriori osservazioni e valutazioni, di per sé integrano i presupposti della falsa rappresentazione della realtà rilevante ai fini dell’annullamento con motivazione attenuata.
5.3. L’amministrazione fa riferimento, poi, alla circostanza che, se il Comune non avesse attivato la procedura in autotutela, la ricorrente avrebbe realizzato un intervento edilizio senza averne la legittimazione per carenza di volumetria in assenza dell’atto di assenso del sig. Barbara Domenico, padre della stessa e comproprietario della volumetria necessaria, atto reso dalla ricorrente solo in sede di controdeduzioni a seguito dell’avvio del procedimento di annullamento in autotutela.
Il punto è se ciò possa considerarsi falsità rilevante ai fini dell’annullamento della S.C.I.A.
Ritiene, piuttosto, il Collegio che, a fronte di tale atto di assenso – ancorchè sopravvenuto –, le ragioni sostanziali fondanti l’annullamento su tale specifico punto siano venute meno; né ancora l’annullamento risulta giustificato dall’eventuale mancata trascrizione dell’atto di trasferimento della volumetria o dalla circostanza che, a fronte dell’atto di assenso, dovrebbe essere poi l’amministrazione a emanare il relativo provvedimento; e ciò in quanto si tratta di elementi eventualmente sanabili e regolarizzabili e non tali, in assenza di elementi sostanziali, da giustificare l’atto di autotutela in esame (in carenza, peraltro, di eventuali accertamenti, anche giudiziali, che esulano dal presente giudizio).
5.4. Quanto agli ulteriori motivi che dimostrerebbero la falsa rappresentazione della realtà, essi sono stati specificati ed introdotti solo successivamente con gli atti difensivi, integrando pertanto un’inammissibile integrazione postuma della motivazione.
6. A fronte di una non dimostrata falsa prospettazione rilevante (ai fini del rilascio o della formazione del titolo edilizio) delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto ritenuto illegittimo favorevole a parte ricorrente e quindi in assenza di una circostanza in cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione può dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte (Ad. Pl. n.8 del 2017), il provvedimento di autotutela – pure possibile nella sussistenza dei presupposti – deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'adozione dell'atto di ritiro, anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole; il che non è avvenuto nel caso in questione ove si fa generico riferimento alla violazione di norme giuridiche in materia urbanistico-edilizia ed alla falsa rappresentazione dello stato di fatto nei termini su descritti.
In assenza di tali presupposti, il provvedimento si palesa illegittimo per le ragioni esposte, con conseguente annullamento dello stesso.
7. Ritiene il Collegio di specificare, per ragioni di completezza, che:
- la SCIA del 24 maggio 2017 è stata sostituita e superata dalla SCIA in alternativa al permesso di costruire depositata in data 31 luglio 2017, per cui l’argomentazione di parte ricorrente, secondo cui la prima SCIA sarebbe efficace in quanto non annullata dal provvedimento impugnato, non appare adeguatamente supportata;
- ulteriori valutazioni anche in merito al titolo in sanatoria esultano dall’oggetto del presente giudizio;
- ulteriori motivi a sostegno dell’annullamento non esplicitati nel provvedimento impugnato ma introdotti solo con gli atti difensivi o con la documentazione prodotta in corso di causa, integrando la motivazione costituiscono un’inammissibile integrazione postuma della stessa.
8. Il ricorso, pertanto, va accolto per le motivazioni di cui sopra e soprattutto per la fondatezza delle doglianze relativa alla mancata corrispondenza tra comunicazione di avvio del procedimento e provvedimento finale e per carenza di adeguata motivazione, a fronte di un atto di annullamento di titolo edilizio consolidatosi ed in assenza di dimostrata falsa rappresentazione della realtà in grado di incidere sulla legittimità del provvedimento edilizio stesso, con assorbimento delle ulteriori censure sin qui non esaminate; restano salvi gli ulteriori atti dell’amministrazione a seguito di compiuta istruttoria e nel rispetto delle garanzie procedimentali di legge.
9. La domanda risarcitoria va, invece, rigettata alla luce delle medesime ragioni che hanno condotto al rigetto della relativa domanda nel precedente giudizio inter partes conclusosi con la citata sentenza di questo T.A.R. n.1581/2017.
In essa si è affermato, con argomentazioni valevoli anche nella presente sede, che: “Occorre tenere presente che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, “nel giudizio risarcitorio che si svolge davanti al giudice amministrativo, nel rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, co. 1 e 64, co. 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non può avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; pertanto, il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutivi della domanda” (così, tra le ultime, Cons. Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2015, n. 4823).
È, quindi, onere della parte allegare e dimostrare tutti gli elementi costituitivi della fattispecie risarcitoria, inclusa l’esistenza e l’entità del danno subito. Conseguentemente, il ricorso alla valutazione equitativa del giudice, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ.,è ammesso soltanto in presenza di una situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull'ammontare del danno (ex multis: Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6450), fermo restando, peraltro, che la parte deve avere dato dimostrazione che il pregiudizio allegato si sia effettivamente verificato.
9.1. Alla luce di tali coordinate, deve quindi concludersi che, nel caso di specie, la domanda risarcitoria sia sfornita di prova in ordine all’an e al quantum del danno subito, e debba, conseguentemente, essere respinta.
Né a diversa conclusione conducono la perizia allegata e le dichiarazioni sostitutive di atto notorio prodotte da controparte, che non dimostrano che il danno lamentato si sia veramente prodotto e nei termini come quantificati.
10. Conclusivamente, il ricorso va accolto per i detti motivi, ma le spese, in considerazione del complessivo esito del giudizio e della peculiarità e complessità della fattispecie, possono essere, in via d’eccezione, compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
- estromette i controinteressati evocati;
- accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, salvi i successivi atti dell’amministrazione;
- compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Nicola Durante, Presidente
Giuseppina Alessandra Sidoti, Primo Referendario, Estensore
Silvio Giancaspro, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppina Alessandra Sidoti Nicola Durante