Sul decreto legge 10 dicembre 2013, n.136 e sua conversione in legge 6 febbraio 2014, n.6: prime impressioni.

di Alberto PIEROBON

 

Riandando alle novità delle disposizioni ambientali di fine 2013- inizio 2014, va segnalato, seppur in estrema sintesi1, quanto dispone il decreto legge 10 dicembre 2013, n. 136 recante “Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate” e sulla sua conversione in Legge 6 febbraio 2014, n.62.

Già in sede di decreto erano emerse talune criticità, poi affrontate nell’ambito dei lavori di conversione (con emendamenti vari) in Legge.

(….viene omessa una parte dello scritto apparsa in Gazzetta enti locali on line….. )

Altra disposizione che ha suscitato, sin dall’inizio, feroci critiche è l’art. 3 sulla “Combustione illecita di rifiuti”.

Secondo esperta dottrina trattasi di una norma che non corrisponde – anche tecnicamente – al rispetto dei principi di ragionevolezza, tipicità, determinatezza e materialità3, ovvero costituisce un esempio di “sciatteria della redazione della norma”4.

Con questa disposizione si è voluto porre delle sanzioni alla nota situazione della cosiddetta “terra dei fuochi”5, introducendo un nuovo reato ambientale, oltre a quelli già previsti nel D.Lgs. n.152/2006 ss.mm.ii. negli artt. 255, 2566, 257, 259 e 260 nonché, volendo allargare la visuale: dall’art. 6 del decreto legge n.201/2008 relativo agli incendi di rifiuti nei territori emergenziali7, e (guardando in chiave ambientale al codice penale), all’art. 423 c.p. che riguarda l’incendio8 e all’art. 434 c.p. che riguarda il “disastro innominato”9.

Come si diceva, il comma 1 del nuovo articolo 256-bis introduce il reato della combustione illecita di rifiuti, che è un reato doloso e comune (a differenza dello smaltimento illecito, può essere commesso “da chiunque”) il cui elemento materiale consiste nell’appiccare il fuoco a rifiuti abbandonati o depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate.

La pena prevista è la reclusione da 2 a 5 anni; la stessa pena è applicabile anche al…. “reato preparatorio”, ovvero all’abbandono illecito di rifiuti (cfr. l’art. 255, comma 1) ove finalizzato alla loro combustione illecita10.

Volendo sconfinare un po’ nei nostri ragionamenti (ma è uno sconfinamento che rimane nell’orizzonte del nostro comprendere e vivere, soprattutto di quello europeo) si potrebbe dire che, anche per questo comportamento (come “fabbricato” dalla norma quale reato che….scivola, invero opinabilmente, sulla “intenzionalità”) non può adottarsi, per così dire, il criterio anarchico della poesia e il suo non realismo, quale leggibile, ad esempio, nel verso di Yeats: “Nei sogni incomincia la responsabilità”11.

La legge, come sappiamo – e, ci si perdoni la grossolanità - è una universalità posta in una convenzione- finzione voluta e imposta (quale giusta, opportuna, necessaria di obbedienza, volta all’interesse pubblico, etc. etc.) da un soggetto designato a fabbricarla ed emanarla, secondo note procedure istituzionali.

In essa convenzione che vuole essere una “funzione di verità” per la comunità tutta (e i suoi destinatari) non può adottarsi il linguaggio (e, mi si perdoni, l’apparente contraddizione....la “logica”) poetico o letterario (che sono parenti tra di loro), il quale linguaggio poetico-letterario, pur tentando di costruire un ordine, a partire dal caos del mondo, per così dire, “lucra” sulla parola per dare densità e peso esistenziale…. alla vita vissuta12.

Ecco che (paradossalmente) il diritto si allontana dalla parola (dalla letteralità): il che è sempre più testimoniato, ognun se ne avvede, dalla virulenza e proliferare delle norme tecniche dove abbondano numeri, formule, tabelle, etc.13.

L’intreccio è complesso e un utilizzo del linguaggio poetico-letterario, con le sue risonanze e intuizioni, condurrebbe il giurista necessariamente come dire… “fuori dal binario” (sic!), fornendo una lettura, una interpretazione errata e polemica (sempre meno “oggettiva”, mai approvata definitivamente e conclusivamente…).

Poiché nel diritto (mi pare) occorre rimanere ancorati, giocoforza – stante, sempre per dirla grossolanamente e provocatoriamente, la “mediocrità” e ignoranza dei più e l’utilità-consenso che si vuole ricavare dall’obbedienza dei medesimi più - ad una tecnica della norma che può (in questo “bersaglio” allargato, costruito – in prima istanza - con categorie secche e semplici: in ogni caso senza ricorrere alla poiesis), in quanto norma posta, non essere necessariamente vera (nonostante essa aspiri ad essere una funzione di verità per tutti i consociati).

Se restassimo nell’ambito della poesia, la responsabilità potrebbe forse tendere verso la vita in senso lato, ma qui (nel diritto, massimamente in quello penale) dobbiamo guardare alla vita cosiccome disciplinata nella società da uno Stato. Insomma, dobbiamo restare nel triste mondo delle regole (degli assiomi direbbe qualcuno).

Il peso della morale è quindi diverso nelle due “formalizzazioni”: nella prima (poetico-letteraria) è rimessa alla non lieve comprensione del significare; nella seconda conta perlopiù (almeno teoricamente) l’intellegibilità e la pragmatica14.

Ecco che sono le regole che forniscono “una” o “le” responsabilità (fermo restando gli aspetti valoriali giammai obnubilabili e/o accantonabili come fa il gretto “formalismo giuridico”) e che ci costringono ad una greve obbedienza “terrena”, di questa vita e di questo momento storico (quasi sempre perdendo il nostro slancio verso un trascendente, ovvero spingendoci in una immanenza che viene plasmata e condotta secondo certuni interessi o utilità, variamente spacciati, camuffati o proclamati, etc., etc.15).

 

Non si può non riconoscere in queste formulazioni normative16 (opinabili o accettabili o emendabili che siano per il lettore) una profonda, mi si consenta….. “economia morale”17.

Nel rassegnare la normativa, si tratta di capire (e non si sottovaluti questo aspetto) quanta e quale “moralità” è imbricata nelle disposizioni e quanto le medesime corrispondano al sentire, alle esigenze, ai desiderata, etc., de (a quanto si aspetta) la comunità destinataria delle medesime disposizioni.

Per l’intanto, prendiamo (nuovamente) atto di una torrenziale, ormai inarrestabile, legislazione che ….. continua una (o dà atto di una sempinterna) guerra in tempo di pace18.

Sto parlando, ognun se ne avvede, di tutta quella disciplina (dettata anche a …. “colpi di ordinanze”, nelle sue varie salse: soprattutto O.P.C.M.) che dichiara (con tutte le conseguenze che ne derivano) il /un regime emergenziale.

In questo ambito, da tempo, su proposta governativa (soprattutto tramite decreti legge, nell’urgenza e necessità continua e reiterata) vengono coniati, addirittura, nuovi reati (anche per territori limitati: ed è sintomatico quanto avvenuto per la Regione Campania!) che poi “rimangono” e che fanno “terra bruciata” della situazione precedente.

Siamo, infatti, in una sorta di pace ipocrita che si svela in realtà essere (quando non lo è diventato o non diventa) una vera e propria guerra, però condotta sotto altre forme rispetto a quelle tradizionalmente conosciute..…

Una guerra su diversi territori e livelli: non solo legislativo, non solo regolamentare, ma pure servendosi di una amministrazione attiva, con la consorteria (e corte) di soggetti e di aziende che sono ospiti (o che infestano) le anticamere delle stanze dove si decide cosa fare e come farlo e con che fondi (pubblici).

Ecco (come si diceva in precedenza) che viene alla luce, in questo contesto, il reato della combustione illecita dei rifiuti, ovvero (parodiando il linguaggio, per così dire… “buffo” – sic! - del legislatore) dell’appiccare il fuoco ai rifiuti.

Ed ecco, quindi, la necessità di comprenderne il perché, la funzione, la volontà e il meccanismo di questa nuova fattispecie delittuosa, cosiccome voluta e redatta dal nostro legislatore (governativo e parlamentare).

Sulla tematica de qua, richiamando quanto già segnalato nella parte precedente di questo scritto19, è stato notato che:

 

  • la norma si applica a tutto il territorio nazionale, nonostante l’elemento “scatenante” sia stato (ancora una volta, per noi …. eccessivamente ed enfaticamente) la nota e irrisolta questione criminal-ambientale della Campania20, ovvero di un territorio che richiedeva (stante la perdurante criticità ambientale e la altrettanto inossidabile21 presenza dei noti fenomeni criminali22) l’emanazione, appunto, di norme speciali23;

  • erano, per così dire, “bastevoli” le norme sanzionatorie già presenti nell’ordinamento24: donde una strumentalizzazione mediatica del decreto legge e dell’attivismo di nostri governanti su questo, invero “vecchio”, problema;

  • occorre provare l’esistenza di un “pericolo astratto” ove trattasi della combustione illecita di rifiuti pericolosi; mentre per la combustione illecita di rifiuti non pericolosi occorre provare il “pericolo concreto”;

  • quale sarebbe poi, in questa nuova fattispecie, il rapporto tra reato consumato o tentato? Per alcuni se il reato è di pericolo allora non sarebbe configurabile il reato in forma tentata (ex art. 56 c.p.)25.

Altri hanno, invece, affermato che il problema non si pone, poiché chi tenta la combustione, avendo preventivamente abbandonato o depositato irregolarmente i rifiuti, risponde del reato consumato ex art 256-bis, comma 3, il quale anticipa la tutela a una fase propedeutica all’incendio!26

  • le sanzioni sarebbero sproporzionate e incongrue, posto che la combustione di rifiuti non pericolosi prevede una sanzione minima della reclusione di 2 anni, per i rifiuti pericolosi di 3 anni (mentre, come viene ricordato da molti, l’omicidio colposo prevede una reclusione minima di 6 mesi!);

  • non si valuterebbe la oggettiva gravità del fatto, occorre quindi accertare la offensività al bene dell’ambiente e della salute pubblica, tra altro discriminando se trattasi di rifiuti pericolosi o non, ma anche andando oltre (si dovrebbe guardare, infatti, tra altro, alla propagazione dell’incendio e alla sua incisione ai suddetti beni tutelati)…. rimanendo comunque esclusa la…. “bruciatura di stoppie” da parte dei privati27 ex art. 255 (donde sanzioni amministrative) e art. 256-bis, comma 6 del D.Lgs. n.152/200628;

  • la problematicità dello stoccaggio per deposito incontrollato29 o in aree non autorizzate di rifiuti e (attenzione) della loro “successiva” combustione: anche qui sorgono problemi di accertamento sotto il profilo soggettivo (vedasi oltre);

  • sulla accennata “successiva combustione” l’elemento soggettivo da richiedersi è il dolo generico, ovvero è sufficiente riscontrare nell’autore la coscienza e la volontà ?

E per i rifiuti pericolosi posto che altrimenti si ricadrebbe nella colpa, non nel dolo)?30

Ma, forse, tutto cambia ove si tratti di un reato di pericolo presunto?

Inoltre, per l’art. 256-bis del D.Lgs. 152/2006, oltre gli elementi della coscienza e della volontà, è necessario accertare, in capo all’autore, anche il “dolo specifico”, inteso quali condotte finalizzate alla “successiva” combustione illecita di rifiuti: ancora qui emerge la difficoltà, in sede di prova, di acclarare la volontà, ma non solo.

E, il “dolo generico” viene richiesto nelle due “distinte figure di reato”?

La prima di cui all’art. 255 del D. Lgs. n.152/2006 (riguardante l’abbandono o il deposito dei rifiuti in violazione dell’art. 192, commi 1 e2; dell’art. 226, comma 2; dell’art. 231, commi 1 e 2, etc.).

La seconda nella funzionalizzazione successiva della combustione illecita31;

  • quali sono gli elementi, al minimo, che debbono provarsi?32

Quantomeno:

  • il rapporto causa-effetto tra il comportamento dell’autore e la combustione dei rifiuti;

  • la previsione e la volontà dell’agente di cagionare la combustione dei rifiuti;

  • la conoscenza dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato;

  • la condotta che deve essere realizzata in una area non autorizzata;

  • la conoscenza da parte dell’agente se trattasi di rifiuti pericolosi;

  • etc;

  • la confisca del mezzo di trasporto (ex art. 259, comma 2, del D.Lgs. 152/2006) sembra essere poco logica, posto che essa confisca riguarda il trasporto di rifiuti, non lo smaltimento illecito.

Tra altro siffatta previsione sanzionatoria sarebbe superflua alla luce dell’art. 260-ter, comma 5 (in relazione al comma 4) qualora vengano accertati reati ex art. 256, comma 1 , tra i quali rientrano quelli ivi contemplati dalla nuova normativa33;

  • La retroattività (di cinque anni) delle disposizioni de quibus , stante la dubbia ragionevolezza di una siffatta retroattività34;

  • dal punto di vista dell’accertamento delle condotte e delle prove per applicare le sanzioni le problematiche sarebbero notevolissime35, tanto che sembra così confermata l’impressione della natura per così dire “massmediatica” del provvedimento de quo (più che la sua efficacia e serietà sostanziale) e, forse, anche (addirittura) taluni nostri (allo stato) preoccupazioni-dubbi36 su questo intervento (letto nell’insieme della galassia della disciplina emergenziale).

 

 

37Ai sensi dell’articolo 280 del c.p.p. per questo nuovo reato (della combustione illecita di rifiuti)38 ricorre la custodia cautelare in carcere.

Non manca, poi, la previsione di circostanze aggravanti.

Infatti, se la combustione illecita:

  1. riguarda rifiuti pericolosi, la pena è la reclusione da tre a sei anni (comma 1);

  2. avviene nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata, la pena è aumentata di un terzo (comma 3);

  3. è commessa in territori che, al momento del reato e comunque nei 5 anni precedenti (vedi questione della retroattività dianzi accennata), siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge n. 225 del 1992, la pena è aumentata (comma 4)39.

 

Il comma 5, dell’articolo 256-bis, prevede altresì la confisca dei mezzi di trasporto utilizzati “per la commissione dei delitti di cui al comma 1”.

Ma si esclude la confisca nella circostanza che il mezzo appartenga a persona estranea al reato che dimostri la propria buona fede.

Ricorre altresì la confisca dei terreni sui quali sono stati bruciati i rifiuti, se di proprietà dell’autore e/o del compartecipe dei roghi illeciti.

Restano fermi a carico dell’autore del reato gli obblighi di bonifica ambientale e del ripristino dello stato dei luoghi.

Come abbiamo già ricordato, il comma 6, dell’articolo 256-bis prevede che - se ad essere bruciati illecitamente sono rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, come giardini, parchi e aree cimiteriali - si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 255 del D.Lgs. n.152/2006 per l’abbandono di rifiuti.

 

In sede di conversione del decreto in Legge, com’è noto, sono state apportate alcune modifiche (dalla Camera dei Deputati):

 

  • viene prevista la sussistenza del delitto di combustione illecita di rifiuti se è appiccato il fuoco a rifiuti depositati in maniera incontrollata in qualsiasi tipo di area (ciò avviene avendo soppresso il riferimento alle sole aree non autorizzate).

In effetti, il paradosso, inaccettabile dal punto di vista logico e valoriale, sarebbe stato che questa fattispecie delittuosa non sarebbe stata applicabile nel caso di appiccamento del fuoco ad un impianto autorizzato;

  • chi commette il reato di combustione illecita di rifiuti ha l'obbligo del ripristino dello stato dei luoghi o del pagamento (anche in via di regresso) delle spese relative alla bonifica: qui, come già detto, sarebbe da capire meglio in che consiste, cosa significa, questo ripristino. L’obbligo per l’autore del reato riguarda anche il risarcimento del danno ambientale;

  • le sanzioni di cui sopra sono state estese anche alle condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 del medesimo D.Lgs. n.152/2006, finalizzate alla successiva combustione illecita dei rifiuti.

Come già segnalato (da tutta la dottrina) la formulazione della norma esibisce una tecnica redazionale un po’ opinabile (mi si consenta il rinvio alla provocazione, dianzi accennata, tra il linguaggio poetico-letterario e la tecnica di redazione della norma penale).

Come è stato osservato: “se dovesse ritenersi che il comma 2 del nuovo articolo 256-bis fa riferimento all'ipotesi in cui le condotte di cui agli articoli 255, 256 e 259 sono poste in essere al fine di commettere la combustione illecita senza che questa abbia avuto luogo, allora - cioè in presenza soltanto di attività preparatorie dirette alla commissione del delitto di cui al comma 1 del nuovo articolo 256-bis - ci si troverebbe di fronte ad un caso di equiparazione, ai fini della pena da irrogare, fra reato tentato e reato consumato la cui compatibilità con il principio di ragionevolezza potrebbe ritenersi problematica”40;

  • è stata prevista una responsabilità per omessa vigilanza (sugli autori del reato) a carico del titolare dell'impresa o del responsabile dell'attività illecita organizzata (ai quali si applicano pure le sanzioni amministrative interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2001 recante la disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.)41.

Si tenga presente che "il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto in parola comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa".

Ove però si ritenesse che l'omessa vigilanza, oltre a fornire un contributo causale alla verificazione del fatto, sia accompagnata sul piano dell'elemento soggettivo dalla rappresentazione e dalla volizione dell'evento dannoso - allora la previsione potrebbe ritenersi inutile, in quanto a configurare la responsabilità dei soggetti in questione sarebbero già sufficienti le previsioni generali del codice penale in tema di concorso di persone nel reato.

Se, invece, si ritenesse che la previsione configura una forma di responsabilità a titolo di colpa (appunto, per omessa vigilanza), allora potrebbe sorgere questione di eventuale compatibilità con il principio di ragionevolezza la mancata previsione, in relazione alla stessa, di un trattamento sanzionatorio meno grave rispetto all’ipotesi dolosa;

  • si prevede un aumento di pena di un terzo (e non fino ad un terzo come nel testo originario del decreto legge) per l'ipotesi in cui il fatto sia commesso in territori già dichiarati in stato di emergenza (pei rifiuti): comma 4, del nuovo art. 256-bis;

 

Altre novità sono state introdotte dall’art. 4 che modifica il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 relativo alle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, integrando – con il comma 3-ter - l’art. 129, relativo a specifici obblighi informativi del pubblico ministero in sede di esercizio dell’azione penale.

In buona sostanza, prima si prevedeva che quando il PM esercita l'azione penale nei confronti (tra altri) di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, Egli doveva informare – dando notizia dell’imputazione - l'autorità da cui l'impiegato dipende.

Se l'azione penale viene esercitata per un reato che ha cagionato un danno erariale, il PM informa altresì il Procuratore Generale presso la Corte dei conti.

Con il cit. art. 4 si è voluto estendere questi obblighi di informazione ai reati previsti dal D.Lgs. n. 152 del 2006 ss.mm.ii., nonché ai reati previsti dal codice penale comportanti un pericolo o un pregiudizio per l'ambiente e pure a quelli previsti da “leggi speciali”.

Com’è, infatti, noto (in proposito si rinvia alla nostra “parte quarta” del presente scritto) il nostro codice penale non contiene uno specifico titolo o capo dedicato ai reati contro l’ambiente.

Esiste, come sappiamo, un titolo dedicato ai "Delitti contro l'incolumità pubblica" - (tra i quali, l'incendio e l’incendio boschivo (artt. 423 e 423-bis), l'avvelenamento e l’adulterazione di sostanze alimentari (art. 439 e 440) - che però, come è stato osservato, dovrebbe essere meglio “funzionalizzato” alla tutela ambientale.

Invece, tra le “Contravvenzioni concernenti l’attività sociale della pubblica amministrazione” vi sono reati come la distruzione o il deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (art. 733-bis) e la distruzione o il deturpamento di bellezze naturali (art. 734).

 

Nella normativa, come modificata dall’art. 4 cit., viene previsto che il P.M., quando esercita l’azione penale per reati ambientali (ai sensi dell'art. 405 del c.p.p.) debba:

 

  • informare, oltre al Ministero dell’ambiente, anche la regione interessata dal reato se quest’ultimo è tra quelli contemplati dal D.Lgs. n.152/2006, ovvero se si tratta di un reato previsto dal codice penale che arrechi un pericolo o un pregiudizio per l’ambiente;

  • informare, nella stessa ipotesi, anche il Ministero della salute o il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali se l’azione penale riguarda uno dei predetti reati che comporti, rispettivamente, un concreto pericolo alla tutela della salute o alla sicurezza agroalimentare;

  • indicare le norme di legge che si ritengono violate anche quando l’indagato per i reati in questione sia stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare;

  • trasmettere l’estratto delle sentenze e dei provvedimenti che definiscono ciascun grado di giudizio al Ministero dell’ambiente, alle regioni interessate dal danno ambientale da reato nonché, ratione materiae, ai Ministeri della salute o delle politiche agricole;

  • Viene soppresso il richiamo alla possibile custodia cautelare dell’indagato (comma 3-ter);

  • nelle more del processo penale, i procedimenti di competenza dei Ministeri dell'ambiente, della salute o delle politiche agricole e alimentari, o delle Regioni, che abbiano ad oggetto, in tutto o in parte, fatti per i quali procede l’autorità giudiziaria, possono essere avviati o proseguiti. E, attenzione, per i casi di maggiore gravità, ove la sanzione consista nella revoca di autorizzazioni o nella chiusura di impianti, l'ufficio competente, ove sussistano situazioni di complessità circa l'accertamento dei fatti addebitati, può sospendere il procedimento amministrativo fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare strumenti cautelari.

 

1 Estratto dalla settima parte dello scritto “Legge di stabilità 2014, milleproroghe…” pubblicato a febbraio 2014 nella rivista on line Gazzetta enti locali della Maggioli.

2 La tematica si connette ad alcune mie precedenti analisi sull’emergenzialità e sull’attività commissariale in materia ambientale (si vedano i miei precedenti scritti, apparsi dal 2006 in poi, in questa Rivista, come pure in altre riviste di settore, oltre alle fonti ivi citate) e questa tematica offre una miniera di casi cui attingere, studiare e approfondire, anche sotto il profilo della tendenza della nostra politica criminale e ambientale.

Da modesto artigiano mi soffermerò - prossimamente - in un apposito focus sulla paradossalità (se non un’assurdità, che grida “vendetta”) di talune implicazioni e/o degli esiti di questo modo di legiferare e anche di questo modo di agire da parte della pubblica amministrazione, nonchè dei corsetti operativi imposti al settore e ai soggetti ivi operanti.

In questa situazione l’esperienza ancora non viaggia “parallelamente” alle teorie (se non fantasie, ovvero alle intenzionalità) dei legiferanti (siano essi politici o meno: forse sarebbe meglio dire – in prima battuta - della partitica che viene però assistita –se non talvolta condizionata - dai “mandarini” dell’apparato burocratico e da prezzolati pseudo-consulenti o lobbisti poco sani).

Veramente siffatto disegno disciplinare sempre più mi preoccupa e (nonostante da tempo abbia abbandonato l’ingenuità giovanile) mi scandalizza.

D’altro canto mi è difficile ipotizzare, in questo momento storico e conoscendo i meccanismi istituzionali, ad una “svolta” anche nella produzione normativa e, soprattutto, anche ammettendosi questa “nuova” legiferazione e/o regolamentazione, anche nella conseguente (a seconda: lunga, tortuosa, adattata, depistata, ostacolata, etc.) deriva attuativa (burocratica o non) e interpretativa.

3 A.L. VERGINE, Tanto tuonò….che piovve! A proposito dell’art. 3 del decreto legge 136/2013, in Ambiente&Sviluppo, n.1/2014, pag. 7.

4 Ivi, pag. 9.

5 Si veda il mio primo commento redatto e pubblicato in questa Rivista nel mese di dicembre 2013 e allo scritto (di imminente pubblicazione, concluso sempre a dicembre 2013), dal titolo: “E’ vero, ma non ci credo!”.

6 L’art. 256 D.Lgs. n. 152/06 sotto la voce della gestione illecita (smaltimento) dei rifiuti riguarda anche chi provvede ad incenerirli.

7 l’art. 6 del decreto legge n. 210/2008, recante misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, già punisce con un delitto chiunque (soggetto privato o titolare di imprese e responsabile di enti), nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della Legge n. 225/92 “incendia rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non”. Le pene qui sono meno severe rispetto a quelle dell’art. 256- bis del D.Lgs. n.152/2006 ss.mm.ii..

8 Come leggibile nella Scheda Senato: “lo stesso reato di incendio di cui all’art. 423 c.p. (punito con la reclusione da 3 a 7 anni) - come rilevato dalla stessa relazione al decreto-legge - non è applicabile nel caso degli incendi, pur pericolosi ma di modeste proporzioni nella terra dei fuochi. Giurisprudenza concorde, infatti, distingue il concetto di fuoco da quello di incendio, ravvisando il reato di cui all’art. 423 c.p. solo in presenza di incendi di notevole proporzioni (Cass., sent. n. 2805/1989 ravvisa il reato di incendio “solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato di persone” (nello stesso senso, Cass, sent. n. 4417/2009). Analogamente, Cass., sentt. nn. 1802/1995 e 4981/2004 precisano che il delitto di incendio “deve essere caratterizzato dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento…”).

9 su queste tematiche, ovvero delle proposte in materia di delitti ambientali si rinvia alla quarta parte del presente scritto, fermo restando l’ approfondimento sul cosiddetto “disastro ambientale”.

10 Che il reato sia in funzione della combustione illecita di rifiuti diventa dal punto di vista penale ampiamente criticabile in quanto si torna allo elemento della intenzionalità: si veda, ancora, A.L. VERGINE, op.cit.

11 W.B. YEATS, Old Play. Epigraph, Responsabilities: “in dreams begins responsability”.

12 Si veda “Una lettura contro Shakespeare” nel bel libro di G. STEINER, Nessuna passione spenta, cit., pag. 50, ove poco prima in “Vere presenze” (pag. 47) afferma: “Oggi l’avversario è soltanto la forma. Lo shadow-boxing può essere tecnicamente stupendo e formativo. Ma come gran parte dell’arte moderna, rimane solipsistico. Lo sfidante supremo se n’è andato con gran parte del pubblico. Nella nostra situazione agnostica e positivista non penso sia possibile farlo tornare”.

13 Sulle norme tecniche in materia ambientale e, segnatamente, dei rifiuti, mi sia permesso rinviare al volume (a cura di A.LUCARELLI-A.PIEROBON, “Governo dei rifiuti. Idee, proposte, percorsi”, Napoli, 2009.

14 Senza poi dire (è noto) che nel diritto ci sono dei criteri e delle tecniche di riferimento e da rispettare (ancorchè rimaneggiabili o sfondabili parzialmente per loro stessa natura), mentre nella letteratura e nell’arte siamo nel campo della finesse pascaliana.

15 Una immanenza che lascia al soggetto la possibilità di coltivare la trascendenza, perlopiù nel suo “giardino privato”.

16 Vedasi la precedente parte (settima) del presente scritto, sempre in gazzetta enti locali on line.

17 Estratto dalla ottava parte dello scritto “La legge di stabilità 2014, Milleproroghe…..”, pubblicato il 3 marzo 2014 nella rivista on line Gazzetta enti locali della Maggioli.

18 Ovvero che dimostra che la guerra perdura anche in tempo di pace, o, ancora, che la pace è una guerra che continua in una altra forma e modo. Invece, secondo VON CLAUSEWITZ, la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi.

Si vedano, in proposito, ex multiis, i fondamentali ( vari) scritti del cosiddetto “giurista di Hitler”, C. SCHMITT, che è stato come autore “riscoperto” , anche relativamente alle sue originali tesi (dello “amico/nemico”; del “partigiano”, della “guerra”, del “partito” guida e capo del “popolo” ed altro ancora), ciò, recentemente, anche da taluni teorici marxisti o da “eretici” della sinistra (come pure della estrema sinistra, dai movimentisti, etc.).

19 Dove le critiche alla tecnica redazionale della norma come pure la sua inutilità pratica continuano, si parla infatti di “condensato di cattiva tecnica normativa e di ambiguità”, di “inutilità pratica della norma” (poiché serve cogliere in flagranza l’autore del comportamento ovvero serve identificare prima il soggetto che appicca il fuoco) si veda V.PAONE, Bruciare i rifiuti è reato, ma sulla carta!, www.lexambiente.it. Per altri si tratta di “sciocchezze giuridiche” anche “perché, sia chiaro, con questa norma chi fa un fuocherello all’aperto con una vecchia cassetta di legno per riscaldarsi rischia almeno 2 anni di reclusione” così G. AMENDOLA, Viva viva la terra dei fuochi, www.lexambiente.it.

20 Che sia irrisolta è sotto gli occhi di tutti. Perché non si voglia veramente risolverla mi pare sia sotto gli occhi di chi abbia coraggio e voglia di approfondire, fuori dai soliti imbonitori o comunicator.

21 Nel senso che nel sostrato socio-economico del territorio non viene a mancare quel forte collegamento o embricamento con la criminalità organizzata.

Però va detto che questa ultima (camorra e altri) si sono da tempo “spostati” nei territori di altre regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Veneto, etc.) dove i “riflettori” dei controllori sono meno accesi o meno “attenzionati” rispetto al territorio campano.

22 Siamo ancora ai films e ai siparietti della criminalità.

Nel senso comune e pure in molti cosiddetti “servitori dello Stato” si omette che i veri (più potenti e più pericolosi) criminali siedono ai tavoli del potere, frequentano i Palazzi e si muovono finemente, utilizzando la crema della consulenza e degli studi professionali (altro che pistolettate e inseguimenti con le forze dell’ordine, altro che coloro che svolgono i ruoli di comparse o altri ruoli secondarie, quali le “sentinelle”, la manovalanza, le teste di legno, e così via).

23 E non si dica che qui il legislatore (governo e parlamento) si è limitato ad intervenire a fronte di una preoccupazione sociale e altre baggianate.

Il collegamento “forte” tra criminalità e politica spesso strumentalizza queste situazioni di pericolo o dannose, creando ad hoc un consenso da parte della collettività tale da potere bellamente poi imporre norme emergenziali tali da creare corridoi privilegiati di spesa (anche nelle modalità straordinarie, fuori dalle garanzie ordinarie delle procedure fisiologiche), allocando budget e fondi appetibili e, sembra spesso, già preordinati in questo “disegno” scellerato.

In questo “sistema” è chi parla fuori dal coro che viene marginalizzato o espulso in vari modi, proprio perché la maggioranza beota viene inculcata ad arte tramite comunicazione massmediatica in modo tale da far loro (addirittura) assentire e plaudire agli interventi straordinari, agli uomini forti, alle maniere forti. In realtà di forte rimane solo questo disegno perverso tra politica e criminalità dove ormai si confondono anche i vari soggetti, financo tra le forze di polizia e la magistratura.

Insomma, non si capisce più chi si ha davanti, non si comprende più quale sia la cosiddetta “verità” dei fatti e così via.

Questa è la vera e nuova (insidiosa e temibile per noi tutti) guerra!

24 Vedasi la nostra parte precedente del presente scritto dove si indicavano le norme rilevanti in parte qua.

L’art. 423 del codice penale sarebbe mutuabile all’art. 256-bis, primo capoverso, del D.Lgs. n.152/2006 se l’intensità è tale da costituire un concreto pericolo per l’ambiente : vedasi A. DI TULLIO D’ELISIIS, Il delitto di combustione illecita di rifiuti, www.lexambiente.it. L’inadeguatezza dell’art. 423 c.p. impone di assicurare una sufficiente tutela per l’ambiente e la salute collettiva: così la Corte Suprema della Cassazione, Ufficio del Massimario, Relazione n. III/4/2013 del 18 dicembre 2013 , redattore P. CORBO, leggibile in www.lexambiente.it.

25 Cfr. A. DI TULLIO D’ELISIIS, op. cit., che cita come dottrina il Manuale di FIANDACA-MUSCO.

26 C. RUGA RIVA, Il decreto “terra dei fuochi”: un commento a caldo…., www.lexambiente.it.

27 G. AMENDOLA, op.cit.

28 L’unica eccezione è rappresentata dai “rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali”: in tal caso all’autore della relativa combustione si applicheranno le più mite sanzioni dell’art. 255 d.lgs. n. 152/2006 (art. 256-bis, co. 6: così C. RUGA RIVA, op.cit.

29 Quale stoccaggio di rifiuti che poi non vengono recuperati o smaltiti, ovvero abusivamente ammassati.

30 Si cita la nota questione del trasporto di rifiuti da parte del trasportatore che non conosce (limitandosi, si afferma, a svolgere un ruolo da “corriere”) se trattasi realmente di rifiuti pericolosi o non.

31Corte Suprema della Cassazione, Ufficio del Massimario, Relazione n.III/4/2013 del 18 dicembre 2013 , cit..

32 R. BERTUZZI, Abbruciamento dei rifiuti: terra dei fuochi è legge, www.lexambiente.it.

33 G. AMENDOLA, viva viva…cit.

34 C. RUGA RIVA, Il decreto “terra dei fuochi”…cit.

35 “ Condivisibilissima è l’affermazione di V. PAONE, op.cit., ove “Chiunque abbia un po’ di esperienza giudiziaria in materia di tutela dell’ambiente e della salute pubblica, sa invece che molte volte le denunce riguardano fatti di agevole accertamento (quasi sempre sono anche i fatti di minore gravità) e sa che comunque i processi per questo tipo di reati languono e si trascinano fino ad arrivare, troppo spesso, alla prescrizione”.

36 Che abbiamo espresso, sempre in questa rivista, nel primo commento al decreto legge “terra dei fuochi” e ILVA, ovvero che si tratti di un ennesimo provvedimento che sulla scia del terrorismo pubblico impone interventi straordinari (allocando risorse appetibili) per bonifiche e altro. Insomma, come dire…. una ennesima occasione per qualcuno di fare soldi sulle spalle della comunità col pretesto dell’emergenza ambientale.

37 Estratto dalla parte nona dello scritto “Legge di stabilità 2014, milleproroghe….”, pubblicato il 9 marzo 2014 nella rivista on line Gazzetta degli enti locali, Maggioli.

38 Vedi parte precedente (ottava) di questo scritto in progress.

39 non essendo determinata l’entità dell’aumento, questo può arrivare fino ad un terzo ex art. 64 c.p..

 

40 Sul punto si rinvia integralmente alle considerazione contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 26 del 1979, ove:

" le norme che assoggettano il tentativo e la consumazione allo stesso regime penale costituiscono pur sempre alcunché di eccezionale rispetto ai principi ispiratori del diritto italiano.

Il nostro sistema normativo s'informa invece al criterio, espresso nell'art. 56 codice penale, della disciplina autonoma del tentativo nei confronti del corrispondente reato consumato: con la conseguenza che il primo é sottoposto a quelle sanzioni più miti, che il legislatore ha ritenuto adeguate alla mancata verificazione dell'evento peculiare del secondo".

41 interdizione dell'esercizio dell'attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, divieto di contrattazione con la P.A., esclusioni e revoca da finanziamenti, sussidi, ecc.