Cass. Sez. III n. 10802 del 18 marzo 2025 (UP 20 feb 2025)
Pres. Sarno Est. Scarcella Ric. Di Fiore
Urbanistica.Lottizzazione abusiva negoziale e acquirente del lotto frazionato
Nel reato di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale, avente ordinariamente natura plurisoggettiva e la cui struttura unitaria è caratterizzata dall'intimo nesso causale che lega le condotte dei vari partecipi, l'acquirente del lotto frazionato non può considerarsi, solo per tale qualità, terzo estraneo, potendo tuttavia il medesimo dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto, cioè, di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione e, in tal modo, di contribuire causalmente alla concreta attuazione del disegno criminoso dell'alienante
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 aprile 2024, la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del tribunale di Palermo del 18 ottobre 2021, appellata da Anna Maria Di Fiore, Alessandra Gentile e Roberto Gentile, con cui: 1) i predetti erano stati prosciolti per prescrizione dal reato sub a) della rubrica (artt. 30, 44, lett. c) TU edilizia (reato di lottizzazione abusiva); 2) la Anna Maria Di Fiore, dai reati di cui ai capi b) e c), quanto all’immobile indicato al n. 2, per intervenuta prescrizione; 3) gli imputati Roberto Gentile e Alessandra Gentile, erano stati assolti dai reati loro ascritti ai capi b), c) e d), e l’imputata Anna Maria Di Fiore dai medesimi reati, ma limitatamente all’immobile di cui al capo 1), per non aver commesso il fatto. Con la medesima sentenza, veniva infine, disposta la confisca e l’acquisizione gratuita al Patrimonio comunale dei terreni censiti al NCEU del Comune di Palermo al foglio 14, p.lle 2647 e 5674 (ex 2648) e degli immobili ivi abusivamente realizzati.
2. Avverso la predetta sentenza Anna Maria Di Fiore, Alessandra Gentile e Roberto Gentile hanno proposto congiunto ricorso per cassazione, a mezzo del comune difensore di fiducia, deducendo due motivi, di seguito enunciati ex art. 173, disp. att., cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deducono, con un primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 30 e 44, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, anche in relazione agli artt. 129, comma 2, cod. proc. pen., 529 e 531, cod. proc. pen. e correlato vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione.
In sintesi, sostiene la difesa dei ricorrenti che i giudici di merito avrebbero dovuto adottare una pronuncia di proscioglimento nel merito dal reato di lottizzazione abusiva a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., comunque dovendo pervenire all’assoluzione degli imputati Roberto ed Alessandra Gentile per non aver commesso il fatto. Difettavano, infatti, i presupposti oggettivi dell’illecito lottizzatorio, non attribuibile comunque ai predetti due imputati sotto il profilo soggettivo. Quanto alla sussistenza del reato, sotto il profilo oggettivo, sostiene la difesa che la sentenza non avrebbe chiarito come la realizzazione dell’abuso edilizio contestato avrebbe determinato quella trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, di tale consistenza da incidere in modo rilevante sull’assetto territoriale della zona, tanto da necessitare la realizzazione o il potenziamento di opere di urbanizzazione. In realtà, si sostiene in ricorso, l’effettiva natura degli immobili realizzati con riguardo alla non eccessiva ampiezza e vastità nonché alla loro finalità abitativa senza finalità speculative, avrebbe consentito di qualificare giuridicamente il fatto ai sensi della lett. b) dell’art. 44 TU edilizia, escludendo l’illecito lottizzatorio. Non si sarebbe inoltre considerato che le due particelle interessate dagli interventi edilizi, risulterebbero riferibili a soggetti diversi ed assolutamente autonome l’una dall’altra, aggiungendosi inoltre come le aree interessate sarebbero interdette all’uso edificatorio sin dal 2001, per una prescrizione di rischio crolli del Genio Civile, ma le stesse sarebbero sicuramente urbanizzate. Sotto il profilo soggettivo, inoltre, sarebbe stato necessario differenziare la posizione dell’imputata Di Fiore da quella degli imputati Roberto ed Alessandra Gentile, non essendo stato chiarito in sentenza in che modo l’eventuale reato posto in essere dalla prima fosse attribuibile ai due coimputati Gentile. Mentre, infatti, la Di Fiore sarebbe l’esclusiva responsabile dell’abuso in quanto realizzato tra il 2011 ed il 2012 con riferimento all’immobile sub 2) del capo a) della rubrica (ma non sarebbe emerso in maniera inequivocabile che la stessa abbia realizzato l’intervento in contestazione con l’intenzione di dare luogo ad una trasformazione del territorio e, quindi, ad una lottizzazione abusiva, essendo solo emerso l’intento di realizzare un immobile con la volontà di dimorarvi), diversamente gli imputati Roberto ed Alessandra Gentile sarebbero solo i proprietari dell’immobile di cui al punto 1) del medesimo capo a), avendolo acquistato lecitamente con atto pubblico nel 1999, venendo ritenuti responsabili, in concorso con la Di Fiore, del reato materialmente commesso da quest’ultima in relazione all’immobile sub 2) del capo a) della rubrica. I giudici territoriali, dunque, non avrebbero considerato che nella vicenda processuale i predetti due imputati Gentile si sarebbero limitati ad acquistare nel 1999 da tale Montalto l’immobile di cui al punto 1) del capo a) della rubrica, realizzato da altri nel 1993, senza aver però operato alcun frazionamento di particelle e/o realizzato alcuno degli immobili oggetto di abusiva lottizzazione. La Corte d’appello non avrebbe dunque spiegato come i due coimputati abbiano concorso, colposamente o dolosamente, nella consumazione del reato di lottizzazione abusiva, essendo inverosimile che gli stessi, all’atto dell’acquisto dei loro immobili, avvenuto nel 1999, potessero prevedere la futura condotta della Di Fiore. Che i predetti siano estranei all’illecito lottizzatorio, del resto, troverebbe conferma nel fatto che i predetti sono stati assolti per non aver commesso il fatto quanto alle ipotesi di reato di cui ai capi b), c) e d) della rubrica, pur in presenza della causa estintiva della prescrizione.
2.2. Deducono, con un secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, anche in relazione all’art. 30 d.P.R. citato, e agli artt. 129, comma 2, 529, 531 e 578-bis, cod. proc. pen. e correlato vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione.
In sintesi, si censura la sentenza impugnata per aver ordinato la confisca urbanistica dell’immobile di proprietà degli imputati Roberto ed Alessandra Gentile di cui al punto 1) del capo a) della rubrica, in mancanza di prova della loro partecipazione nella consumazione del reato di lottizzazione abusiva. Si sarebbe, infatti, dovuto accertare la loro eventuale buona fede e la partecipazione, consapevole o anche colposa, al reato di lottizzazione abusiva, nonché l’eventuale sproporzione dell’intervento ablativo disposto in loro pregiudizio. Come già esposto nel precedente motivo, i predetti avrebbero acquistato l’immobile nel 1999 sanato urbanisticamente, sicché in assenza di alcuna condotta partecipativa all’illecito lottizzatorio, erroneamente i giudici avrebbero esteso la loro partecipazione criminosa sol perché proprietari dell’immobile. Non si sarebbe, peraltro, dovuta applicare la confisca ma una sanzione meno afflittiva e idonea a ristabilire l’ordine giuridico violato, quale la demolizione o l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile di cui al punto 2) del capo a) della rubrica, di proprietà della Di Fiore, ovvero limitare la confisca solo al predetto immobile.
3. In data 11 gennaio 2025 sono state trasmesse a questo Ufficio le conclusioni scritte del Procuratore generale presso questa Corte, cui si è riportato nel corso dell’udienza di discussione, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso, per il PG, è palesemente infondato. Si ricorda, infatti, che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud., dep. 15/09/2009, rv. 244274, dirimendo un precedente contrasto giurisprudenziale, hanno tra l'altro affermato che la pronuncia assolutoria a norma dell'articolo 129 c.p.p., comma 2, è consentita al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, delle circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato o la sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Si è precisato in quella pronuncia che il controllo demandato al giudice deve appartenere più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento". Deve, pertanto, ritenersi che l'evidenza richiesta dall’art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone la manifestazione di una verità processuale talmente chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi pertanto un “quid pluris” rispetto a quanto la legge richiede per l'assoluzione ampia. La Corte di cassazione ha poi, ulteriormente precisato che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013 Ud., dep. 31/05/2013, rv. 256202; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014 Ud., dep. 04/03/2014, rv. 259445; Sez. 6, n. 27725 del 22/03/2018 Ud., dep. 15/06/2018, rv. 273679). Deve, pertanto, ritenersi che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei superiori principi ed è pertanto immune da censure in sede di legittimità, anche alla luce degli elementi acquisiti in sede di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ed in particolare dall’audizione del teste Collura Vincenzo, delegato del Comune di Palermo, che ha confermato che l’area in questione non solo si trova, dal 1995, in una zona classificata dal Piano Regolatore Generale come verde agricolo, ma dall’anno 2001 è stata interdetta dall’uso edificatorio, in quanto soggetta a rischio di crolli.
Per quanto concerne la richiesta di revoca della confisca si ricorda che le Sezioni Unite della Corte di cassazione (n. 13539 del 30/01/2020 Ud., dep. 30/04/2020, rv. 278870 – 02) hanno statuito il seguente principio: “In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta prescrizione, il giudice d'appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull’impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001. (In motivazione la Corte, confermando la confisca disposta nel giudizio di merito, ha precisato che deve riconoscersi al richiamo contenuto nella norma citata alla confisca "prevista da altre disposizioni di legge", formulato senza ulteriori specificazioni, una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale)”. La Corte d’Appello di Palermo ha dato piena attuazione al disposto della giurisprudenza della Corte di cassazione, giungendo ad un giudizio di conferma del provvedimento di confisca, richiamando gli elementi di prova del reato di lottizzazione abusiva già valutati nel procedimento di prime cure in pieno contraddittorio delle parti (si segnala, sul punto, Sez. 3, n. 15310 del 25/02/2021 Ud., dep. 23/04/2021, rv. 281728), anche con riferimento ai profili di proporzionalità dell’atto ablatorio (si richiama, sul punto, la sentenza della Terza sezione della Corte di cassazione n. 15310 del 25/02/2021 Ud., dep. 23/04/2021, rv. 281728, che ha stabilito il seguente principio: “In tema di lottizzazione abusiva di carattere esclusivamente negoziale, ai fini della valutazione della conformità della confisca dei terreni al principio di protezione della proprietà di cui all'art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, il giudice deve valutare, alla luce degli interventi eventualmente adottati dall'interessato e da questi specificamente provati, la proporzionalità di tale misura ablatoria, accertando se la stessa sia l'unica misura adeguata a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata”. In sostanza, dalle risultanze istruttorie puntualmente esaminate emerge un quadro sicuramente lontano dal fornire la prova della "evidenza" dell'innocenza che, per quanto sopra si è detto, sola avrebbe imposto l'esito assolutorio e, quale conseguenza, la revoca della confisca).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, trattamenti oralmente a seguito di richiesta, accolta, di discussione orale, sono inammissibili.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Deve premettersi che, essendo stati gli imputati prosciolti per intervenuta prescrizione dell’illecito lottizzatorio sin dal giudizio di primo grado, il giudice di appello era tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Trova, infatti, applicazione il principio secondo cui in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 – 01).
2.2. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto che l’illecito lottizzatorio fosse integrato in maniera indubbia, avendo ognuno con le proprie rispettive condotte concorso alla trasformazione del territorio, così realizzando un insediamento di tipo residenziale costituito dalla concentrazione delle due ville chiaramente incompatibili con la disciplina urbanistica dettata dal PRG che, infatti, lo destinava sin dal 1995 a verde agricolo. Gli imputati hanno, inoltre, concorso alla trasformazione illegittima della destinazione dei luoghi senza la preventiva approvazione di un piano di lottizzazione ovvero di altro piano attuativo in linea con i piani urbanistici generali. Per quanto concerne la corresponsabilità di tutti e tre gli attuali ricorrenti, emerge chiaramente dalle sentenze di merito come gli imputati hanno consumato l’illecito lottizzatorio attraverso le fasi progressive dell’acquisto del possesso del terreno, previo frazionamento catastale propedeutico all’edificazione, realizzazione dei fabbricati abusivi descritte nell’imputazione, acquisto negoziale degli immobili da parte del proprietario del terreno, simulando che fosse stato lo stesso ad edificare.
È quindi emerso indubbiamente, evidenziano le sentenze di merito, che la lottizzazione delle particelle è progredita, dopo il frazionamento, in senso materiale aggravandosi per il tramite della costruzione dei fabbricati abusivi. Come, peraltro, specificato nella sentenza d’appello, all’esito dei controlli svolti, era peraltro emerso che le due particelle sono derivate da una più ampia particella 390, frazionata a seguito di tipo mappale nel 1995, e vendute alla famiglia Gentile nell’anno 1999 ai due fratelli Roberto ed Alessandra Gentile e nell’anno 2011 alla Di Fiore. L’area in questione insisteva già nel 1995 in zona a verde agricolo così classificata dal PRG e, a far data dal 2011, anche interdetta all’uso edificatorio in quanto soggetta a rischio crolli.
2.3. Risulta, quindi, evidente per i giudici di merito, proprio in considerazione della natura progressiva della trasformazione del territorio operata, e, in particolare, preordinata attraverso l’acquisto dei due lotti di terreno attigui aventi ingresso dal medesimo numero civico, sul primo dei quali (particella 2647 del foglio di mappa 14) insisteva un immobile a due elevazioni, suddiviso in due unità immobiliari, rispettivamente, una di proprietà del Gentile Roberto, l’altra di proprietà della Gentile Alessandra, oggetto dell’istanza di condono edilizio ex lege n. 724 del 1994; sull’altro lotto (particella 5674) insisteva una costruzione a due elevazioni di proprietà della Di Fiore, da essa abitata, e dal Gentile Salvatore. L’immobile del secondo lotto, peraltro, non aveva un accesso autonomo, come affermato dal teste Maone. Dunque, appare evidente come la realizzazione della fattispecie lottizzatoria (posto che, come attestato dalle dichiarazioni dell’ing. Collura, l’area non era urbanizzata, atteso che era destinata sin dal 1995 a verde agricolo e, successivamente, dal 2001 era stata interdetta all’uso edificatorio in quanto soggetta a rischio di crolli), era stata realizzata in maniera progressiva via via perfezionatasi con l’acquisto del possesso del terreno, il frazionamento catastale e l’edificazione dei fabbricati abusivi, così (essendo i proprietari dell’area e gli esecutori delle opere, peraltro, tutti appartenenti allo stesso nucleo familiare, poiché la Di Fiore è la madre dei germani Alessandra e Roberto Gentile, e, il Gentile Salvatore, ex marito della Di Fiore e padre dei predetti germani, essendosi peraltro accertato l’allontanamento della Di Fiore solo nel 2012 a seguito della separazione dal marito), rendendo evidente come la trasformazione del territorio, in totale spregio alle norme di urbanizzazione contenute nel PRG vigente al momento della loro realizzazione, si fosse tradotta in una condotta complessivamente idonea ad incidere sull’ordinato sviluppo e sulla programmazione urbanistica del territorio riservata alla pubblica amministrazione.
2.4. E’, quindi, evidente l’impossibilità di poter pervenire, in base alle emergenze processuali a quel giudizio assolutorio ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., in base alla regula iuris indicata dalle Sezioni Unite “Tettamanti”. Se, poi, a ciò si aggiunge la circostanza che la difesa dei ricorrenti, nel censurare l’approdo della sentenza impugnata, ha dedotto il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, risulta oltremodo impossibile per questa Corte procedere oltre in assenza di costituzione di parte civile. Va, infatti, in questa sede ribadito che in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 – 01).
Ne consegue, conclusivamente, l’inammissibilità del motivo dedotto.
3. Anche il secondo motivo è, conseguentemente, inammissibile.
3.1. Richiamato quanto sopra esposto a proposito del coinvolgimento dei germani Gentile nella consumazione del reato oggetto di volontà comune, non può ritenersi che gli stessi, sol perché proprietari, siano stati ritenuti compartecipi nell’illecito lottizzatorio, alla luce della natura di reato progressivo nell’evento del reato di cui all’art. 44, comma 2, TU Edilizia.
3.2. La giurisprudenza, infatti, sin dalla originaria previsione normativa di cui all’art. 28, l. n. 1150 del 1942, ha sempre affermato che la lottizzazione abusiva è integrata da elementi strutturali urbanistici o edilizi o anche meramente negoziali. Tali elementi possono anche non concorrere contestualmente: la lottizzazione abusiva può aversi anche senza suddivisione in lotti se viene realizzato un insediamento abusivo costituito da un unico complesso immobiliare; allo stesso modo potrebbe aversi lottizzazione abusiva anche per effetto di vendite plurime di lotti. Ciò che rileva, ai fini del coinvolgimento degli attuali ricorrenti Roberto ed Alessandra Gentile (la cui estraneità è sostenuta dalla difesa), è che la condotta illegittima, pur nella sua unitarietà, può essere attuata in forme e momenti diversi e da una pluralità di soggetti, in concorso fra loro (proprietari, costruttori, geometri, architetti, mediatori di vendita, notai, esecutori di opere, ecc.) sicché correttamente si può configurare la figura del reato progressivo nell'evento lesivo dell'interesse urbanistico protetto (si v., ad es., nella giurisprudenza precedente: Sez. 3, n. 2976 del 25/01/1984, Rv. 163426 – 01; in quella più recente, ad esempio, si v. Sez. 3, n. 14053 del 20/02/2018, Rv. 272697 – 01, che ha ribadito come la contravvenzione di lottizzazione abusiva è reato a forma libera e progressivo nell'evento, che sussiste anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o all'esecuzione delle opere, posto che tali iniziali attività non esauriscono l'"iter" criminoso, che si protrae attraverso gli ulteriori interventi che incidono sull'assetto urbanistico, con ulteriore compromissione delle scelte di destinazione ed uso del territorio riservate all'autorità amministrativa competente).
3.3. E, in tale contesto, il ruolo degli acquirenti del primo lotto, i germani Gentile, è stato dianzi descritto in quanto si è evidenziato come la loro condotta fosse preordinata alla iniziale trasformazione urbanistica dell’area, innestandosi, per così dire, armonicamente, con quella degli altri soggetti, tra cui la madre Di Fiore, per portare a consumazione l’illecito lottizzatorio. L’asserita condizione di “buona fede” dei germani Gentile, del resto, non è stata idoneamente supportata da elementi difensivi a sostegno dell’assunto, essendosi i ricorrenti limitati semplicemente a contestare che i giudici di merito li avrebbero ritenuti responsabili sol perché proprietari, senza tuttavia addurre elementi di supporto alla loro condizione soggettiva di buona fede.
3.4. Merita, a tal proposito, di essere ribadito che nel reato di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale, avente ordinariamente natura plurisoggettiva e la cui struttura unitaria è caratterizzata dall'intimo nesso causale che lega le condotte dei vari partecipi, l'acquirente del lotto frazionato non può considerarsi, solo per tale qualità, terzo estraneo, potendo tuttavia il medesimo dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto, cioè, di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione e, in tal modo, di contribuire causalmente alla concreta attuazione del disegno criminoso dell'alienante (Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, Rv. 243749 – 01): dimostrazione, tuttavia, che è mancata nel caso in esame.
3.5. Quanto, infine, all’asserita violazione del principio di proporzionalità della confisca urbanistica, estesa ai terreni ed agli immobili, si tratta di motivo generico per aspecificità, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 12) che afferma chiaramente come l’irrogazione della confisca come disposta fosse conforme ai principi di proporzionalità e di equo bilanciamento delle esigenze di tutela penale e tutela degli interessi patrimoniali degli imputati, laddove si consideri, si legge in sentenza, che l’attività edilizia abusiva aveva sostanzialmente interessato, nel caso concreto, tutti i lotti indicati nel capo di imputazione.
Risulta, dunque, evidente da quanto argomentato dal giudice di appello, come sia stata eseguita un’attenta valutazione della conformità della confisca dei terreni al principio di protezione della proprietà di cui all'art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, avendo infatti la Corte territoriale valutato, alla luce degli interventi eseguiti, la proporzionalità di tale misura ablatoria, accertando che la stessa fosse l'unica misura adeguata a ripristinare la conformità urbanistica dell'area interessata, proprio perché l’illecito lottizzatorio aveva interessato tutti i lotti, su cui erano stati eseguiti gli immobili abusivi. Del resto, osserva la Corte, è sufficiente evidenziare come la confisca fosse misura proporzionata sol che si consideri che l’area abusivamente lottizzata su cui insistevano gli immobili abusivamente costruiti, sin dal 1995, era area a verde agricolo, divenuta poi dal 2001 area interdetta all’uso edificatorio, donde la limitazione richiesta alla sola demolizione dell’immobile di cui al punto 2) del capo a) della Di Fiore, non sarebbe stata idonea a riportare l’area al suo originario assetto territoriale. Trova, pertanto, applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui in tema di lottizzazione abusiva, è conforme al principio di protezione della proprietà di cui all'art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, la confisca di tutta l'area oggetto della lottizzazione, compresi gli edifici sulla stessa realizzati, laddove la complessiva operazione edilizia realizzata abbia determinato il completo stravolgimento della destinazione urbanistica dei terreni, modificandola, nella specie, da zona destinata all'allevamento e all'agricoltura a zona residenziale (Sez. 3, n. 7756 del 03/10/2019, dep. 2020, Rv. 278167 – 01).
4. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella loro proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 20/02/2025