Cass. Sez. III n. 10429 del 17 marzo 2025 (CC 6 feb 2025)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric. PG in proc. Natale
Urbanistica.Differenze tra dichiarazione di idoneità statica e certificato di collaudo
Una certificazione/dichiarazione di idoneità statica non equivale al certificato di collaudo e non ne costituisce equipollente. Un «certificato di collaudo statico» è il prodotto di un insieme di obblighi e regole normativamente ben determinati, relativi alla qualificazione dei tecnici, e della loro anzianità professionale, dei costruttori, dei materiali, della tipologia degli esami e delle ispezioni, ecc.; la certificazione di idoneità statica, no. Dal canto suo, la «dichiarazione di idoneità statica» contiene le stesse considerazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale, vale a dire, gli stessi elementi che portano il tecnico estensore, su sua responsabilità, al proprio convincimento sulla sicurezza delle opere strutturali della costruzione, di quelli contenute nel certificato di collaudo statico, e conduce alle medesime conclusioni sostanziali.
PREMESSO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli revocava l’ordine di demolizione dell’immobile sito in Casal di Principe, Via Vecchia di Vico, angolo Via Salieri, disposto con sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 07/10/2005, irr. 24/09/2010, nei confronti di Salvatore Natale.
2. Avverso tale ordinanza il Procuratore generale della Corte di appello di Napoli propone ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione degli articoli 9 e 31 d.P.R. 380/2001, in quanto la delibera di nuova dichiarazione di interesse pubblico del 2024 ha un valore meramente programmatico e non è stata seguita, contrariamente a quanto assunto dell’ordinanza impugnata, dalla verifica tecnica della compatibilità dell’immobile alla adibizione a sede degli uffici comunali, per cui, al più si sarebbe potuto procedere a sospensione, e non già a revoca, dell’ordine di demolizione, in attesa del compimento delle necessarie verifiche.
2.2. con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione.
L’ordinanza sarebbe illogica e contraddittoria laddove equipara il pubblico interesse dichiarato con delibera C.C. n. 9/2020 e quello a dichiararsi con delibera di G.C. n. 67/2024. Al contrario, le esigenze di interesse pubblico sono, nei due casi, radicalmente diverse, avendo la prima delibera ad oggetto le «esigenze alloggiative», mentre, la seconda, l’adibizione dell’immobile a «ufficio manutenzione» e «ufficio archivio» del comune.
Il provvedimento manca inoltre di motivazione, laddove non contiene alcuna valutazione in ordine alla verifica della sussistenza di un interesse pubblico alla conservazione del bene superiore all’interesse al ripristino della legalità violata (su cui la delibera di Giunta tace), limitandosi a valutare in via meramente formale la futura e incerta volontà di una delibera dichiarativa di interesse pubblico.
Evidenzia inoltre il ricorrente che tale valutazione avrebbe dovuto precedere, e non seguire, la dichiarazione di interesse pubblico, non essendo chiaro come un edificio, abusivo e privo di agibilità per essere adibito a residenza, possa essere adibito a sede di un ufficio comunale.
Trattandosi di immobile completamente abusivo, realizzato in totale assenza di un progetto statico, andava precedentemente valutata l’esistenza delle condizioni per procedere a collaudo statico, risultando a tal uopo inconferenti le «schede tecniche» allegate alla precedente delibera 9/2020, in cui si esplicita che tutte le verifiche sismiche, statiche e ulteriori adeguamenti sono ancora a farsi.
3. In data 3 febbraio 2025, l’Avv. Giuseppe Stellato, per il comune di Casal di Principe, depositava memoria con cui chiedeva rigettarsi il ricorso, ritenendo che la sussistenza di un interesse pubblico confliggente con quello alla demolizione emergesse chiaramente dalla delibera consiliare del 31 gennaio 2025, allegata alla memoria.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)», dopo avere definito, al comma 1, gli «interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire», dispone che l’amministrazione comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo o con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, «ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto» (comma 2); se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall’ingiunzione, «il bene e l’area di sedime […] sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune» (comma 3); l’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire «costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari» (comma 4); per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti a vincolo di inedificabilità, «l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune» (comma 6).
Ai sensi del comma 5, l’opera acquisita «è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti».
3. Tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte (v., ex multis, Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012, dep. 2013, Oliva, Rv. 254426 – 01; Sez. 3, n. 38997 del 26/09/2007, Di Somma, Rv. 237815 - 01) è ferma nel ritenere che «in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione delle opere abusive è sottratto alla regola del giudicato, sicché ne è sempre possibile la revoca (in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione) ovvero la sospensione (quando sia ragionevolmente prospettabile che, nell'arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà un provvedimento incompatibile con la demolizione)», ferma restando – tuttavia - la natura «eccezionale» della delibera comunale che dichiari l'esistenza di un interesse pubblico prevalente sul ripristino dell'assetto urbanistico violato (cfr. Sez. 3, n. 30170 del 24/05/2017, Rv. 270253).
Tale «eccezionalità» impone che tale delibera comunale non possa fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti genericamente più edifici, ma debba dare conto delle specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto, precisamente individuato, non potendo sopperire all'esigenza di una specifica determinazione meri richiami a disposizioni normative, ad altri provvedimenti o a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell'opera abusiva sia giustificato dalla «sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all'esito di adeguata istruttoria» (Sez. 3, n. 13746 del 29/01/2013, Falco, Rv. 254752 – 01; Sez. 3, n. 11419 del 29/01/2013 Rv. 254421).
Pertanto, a fronte di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune e alla destinazione ad alloggi per edilizia residenziale, ostativi all'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, «il sindacato del giudice dell'esecuzione sull’atto amministrativo, concernendo il carattere attuale e non meramente eventuale di detto interesse, può avere ad oggetto l'esistenza di approfondimenti tecnico-amministrativi inerenti l'immobile che siano indice del fondamento e della specificità della decisione dell'organo comunale, in linea con il necessario coordinamento tra funzioni dell'organo comunale collegiale e valutazioni tecnico amministrative» (Sez. 3, n. 35013 del 03/07/2024, Cirillo, n.m.; Sez. 3, h. 12529 del 14/01/2022, Crescente, non mass.; Sez. 3, n. 9098 del 15/01/2021, Crescente, Rv. 281478 - 01).
Rientra pertanto pacificamente nei poteri del giudice ordinario, anche in funzione di giudice dell’esecuzione, accertare la sussistenza e la necessità di eventuali approfondimenti istruttori prodromici all’emanazione della delibera comunale.
4. Ciò posto, l’articolo 1, comma 65, della legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Campania (Legge finanziaria regionale 2013)», stabilisce che gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono:
- essere destinati prioritariamente ad alloggi di «edilizia residenziale pubblica»;
- essere destinati prioritariamente ad alloggi di «edilizia residenziale sociale», in base alla legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata);
- essere destinati a programmi di «valorizzazione immobiliare», anche con l'assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo;
- essere destinati a programmi di «dismissione immobiliare».
In tal caso, prosegue la norma, il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in euro per metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica.
I comuni stabiliscono, entro il 31 dicembre 2021 e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell'acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongono di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi.
Nel caso di specie, la deliberazione di consiglio comunale n. 9/2020 aveva dichiarato il preminente interesse pubblico dell’immobile abusivo per essere destinato ad alloggio di edilizia residenziale.
Successivamente, il responsabile dell’Area tecnica del comune di Casal di Principe, con provvedimento n. 18204/2021, aveva attivato la procedura di sgombero dell’immobile.
Allegate al provvedimento, si trovano delle «schede tecniche descrittive», le quali danno atto della assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici (il cui contenuto è riprodotto a pag. 3 dell’ordinanza).
5. Il Procuratore generale ricorrente contesta che, dalle stesse schede tecniche allegate alla delibera, emerge che l’opera abbisogna di certificato di collaudo statico, tuttora mancante, per cui non è possibile procedere alla adibizione del manufatto a ufficio pubblico senza avere prima verificato la compatibilità dello stesso con la normativa antisismica e munito lo stesso di collaudo statico.
La doglianza, alla luce delle considerazioni svolte al par. 3, è fondata, in quanto – effettivamente - dette schede tecniche danno atto della perdurante mancanza del certificato di collaudo statico dell’immobile.
Nell’esercizio del proprio potere di valutazione incidentale, pertanto, il giudice dell’esecuzione avrebbe potuto rigettare l’istanza ovvero – in attesa del completamento delle verifiche tecniche necessarie, tra cui l’acquisizione, ove tecnicamente possibile, del certificato collaudo statico dell’immobile - sospendere l’ordine di demolizione, ma ha certamente errato nel revocare lo stesso senza che prima fosse accertata la compiuta verifica della insussistenza di preminenti motivi di interesse pubblico che giustificassero attualmente la demolizione, quale la perdurante incompatibilità del manufatto con la vigente disciplina antisismica, in tal modo violando l’articolo 31, comma 5, d.P.R. 380/2001.
6. Né, del resto, argomenti di segno contrario possono ritrarsi dalla memoria depositata dal Comune di Casal di Principe e dalla delibera di Consiglio comunale allegata, posto che, per consolidato orientamento di questa Corte, il sindacato di legittimità (nel caso di specie si trattava dell'ordinanza del tribunale del riesame, ma il principio ha natura generale) non può avvalersi della sopravvenienza intervenuta successivamente alla decisione che costituisce oggetto del ricorso per cassazione (Sez. 3, n. 13691 del 11/01/2011, Fascella, Rv. 249927 – 01; Sez. 3, n. 23151 del 24/01/2019, Zamparini, Rv. 275982 – 01; Sez. 2, n. 24328 del 27/04/2022, Collufio, n.m.), fermo restando che la produzione, come evidenziato nelle premesse della delibera, da parte del condannato (ossia un soggetto spossessato del bene confiscato in quanto totalmente abusivo), di un certificato di idoneità statica, non può certo surrogare il certificato collaudo statico.
Quanto al rapporto tra i due atti, si segnala come questa Corte abbia affermato che, salvo che la legge altrimenti disponga (come nel caso dell’articolo 17 della L.R. Marche 20 aprile 2015, n. 17, che espressamente equipara i due atti) una certificazione/dichiarazione di idoneità statica non equivale al certificato di collaudo e non ne costituisce equipollente.
Nella succitata pronuncia si è evidenziato che un «certificato di collaudo statico» è il prodotto di un insieme di obblighi e regole normativamente ben determinati, relativi alla qualificazione dei tecnici, e della loro anzianità professionale, dei costruttori, dei materiali, della tipologia degli esami e delle ispezioni, ecc.; la certificazione di idoneità statica, no (Sez. 3, n. 10235 del 15/02/2024, Paolini, Rv. 286035 - 02).
Dal canto suo, la «dichiarazione di idoneità statica» contiene le stesse considerazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale, vale a dire, gli stessi elementi che portano il tecnico estensore, su sua responsabilità, al proprio convincimento sulla sicurezza delle opere strutturali della costruzione, di quelli contenute nel certificato di collaudo statico, e conduce alle medesime conclusioni sostanziali.
Non a caso, l’art. 24, comma 5, lettera c), del d.P.R. n. 380/2001 (come modificato dal d.lgs. 25/11/2016, n. 222) espressamente prevede che la «segnalazione certificata di agibilità» (che ha sostituito il certificato di agibilità) sia accompagnata dal certificato di collaudo statico di cui all’articolo 67 del decreto (ovvero, per i solo interventi di cui al comma 8-bis del medesimo articolo, ossia gli interventi di riparazione e per gli interventi locali sulle costruzioni esistenti, dalla «dichiarazione di regolare esecuzione» resa dal direttore dei lavori) e non dalla dichiarazione di idoneità statica.
L’immobile, pertanto, è tuttora sprovvisto di agibilità.
7. L’ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 06/02/2025.