Tar Lombardia (MI), Sez. II, n. 1542, del 11 giugno 2014
Urbanistica.Perequazione e compensazione urbanistica

Gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica trovano fondamento in due pilastri fondamentali del nostro ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali, e precisamente nella potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l'Amministrazione nell'esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’art. 42, comma primo, Cost. e, al contempo, nella possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli artt. 1, comma 1bis e 11 della legge n. 241 del 1990. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 01542/2014 REG.PROV.COLL.

N. 02168/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2168 del 2011, proposto da: 
IMMOBILIARE FUTURA s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. e COOP LOMBARDIA s.c., in persona del legale rappresentante p.t., entrambe rappresentate e difese dall'avv. Alessandra Noli Calvi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, Via De Togni n. 10;

contro

COMUNE di GALLARATE, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ercole Romano e Anna Laura Ferrario, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Viale Bianca Maria n. 23; 
REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituita;
PROVINCIA di VARESE, in persona del Presidente p.t., non costituita; 
CONSORZIO PARCO LOMBARDO del TICINO, i persona del Presidente p.t., non costituito;

per l'annullamento

delle deliberazioni con le quali il Consiglio Comunale di Gallarate ha prima adottato e poi approvato il nuovo Piano di Governo del Territorio e segnatamente: deliberazione n. 57 del 4 ottobre 2010, recante adozione del PGT; deliberazione 28 febbraio 2011 n. 20; deliberazione 8 marzo 2011 n. 23; deliberazione 9 marzo 2011 n. 24; deliberazione 10 marzo 2011 n. 25; deliberazione 11 marzo 2011 n. 26; deliberazione 14 marzo 2011 n. 27, tutte aventi ad oggetto “Esame osservazioni e controdeduzione all’esito di sedute in prosecuzione”, e deliberazione 15 marzo 2011 n. 28 recante “Approvazione definitiva del PGT”;

parere della Regione Lombardia per gli aspetti i compatibilità con il PTR a data 2 febbraio 2011 prot. N. 4106; parere della Provincia di Varese per la compatibilità al PTCP del 19 gennaio 2011 n. 1918; c) parere del Consorzio del Parco Lombardo della Valle del Ticino 26 gennaio 2011 prot. N. 3140.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gallarate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Le società ricorrenti fanno parte del Gruppo Coop Lombardia, di cui è capogruppo Coop Lombardia s.c. che possiede interamente Immobiliare Futura s.r.l.

2. Quest’ultima società è proprietaria di un vasto appezzamento di terreno situato nel territorio del Comune di Gallarate, posto a sud della strada statale n. 336 (d’ora innanzi anche “SS. 336”), identificato catastalmente ai fogli 11 e 12, mappali nn. 859, 930, 932, 934, 935, 938, 939, 940, 2391, 927, 4231, 4232, 2392, 5739, 2388, 926, 924, 925, 2390, 941, 923, 6943 parte e 6945 parte, ed avente un estensione complessiva pari a mq. 157.228.

3. Tale compendio, in origine destinato ad ospitare funzioni produttive, terziarie e commerciali in genere (con una capacità edificatoria pari a 3 mc/mq), nel corso degli anni è stato interessato da diverse varianti.

4. Una prima, approvata nell’anno 2003, riduceva di molto l’indice edificatorio dell’area e precludeva la possibilità di insediarvi funzioni commerciali ad eccezione delle strutture di vendita, anche di grandi dimensioni, formate da aggregazioni di esercizi di vicinato ovvero organizzate nella forma dell’outlet.

5. Il provvedimento di approvazione della variante fu impugnato dinanzi a questo Tribunale che, in accoglimento del ricorso, con sentenza n. 443 del 2007, ne dispose il parziale annullamento.

Successivamente, con deliberazione consiliare n. 83 del 24 novembre 2008, il Comune di Gallarate approvò una nuova variante che inseriva l’area della ricorrente in una zona di riqualificazione ambientale, priva di ogni possibilità di sfruttamento diretto ma interessata da un meccanismo perequativo/compensativo che le attribuiva comunque un virtuale indice di capacità edificatoria.

6. Anche questa variante veniva impugnata dall’interessata; e il Tribunale, con sentenza n. 1145 del 2010, in accoglimento del ricorso, annullava nuovamente gli atti gravati.

7. Da ultimo, l’Amministrazione resistente, con deliberazione consiliare n. 28 del 15 marzo 2011, ha definitivamente approvato il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT).

8. Il nuovo strumento urbanistico inserisce il compendio di Immobiliare Futura s.r.l. in “zona RA1 – di riqualificazione ambientale”, la cui disciplina è analoga a quella previgente: la zona è priva di ogni possibilità di sfruttamento diretto ma con assegnazione, a fini perequativi, di un indice edificatorio virtuale pari a 0,19 mq/mq.

9. Le ricorrenti, ritenendo che tale disciplina sia per loro penalizzante, con il presente ricorso, impugnano gli atti con cui è stata disposta l’adozione e l’approvazione del PGT, oltre agli atti a questi presupposti (fra cui quelli di controdeduzione alle osservazioni) in epigrafe indicati.

10. Si è costituito in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Gallarate.

11. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.

12. Tenutasi la pubblica udienza in data 3 aprile 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

13. Con il primo motivo di ricorso, viene contestata la scelta di impedire lo sfruttamento edificatorio dell’area di cui è causa. In particolare, le ricorrenti rilevano che nella controdeduzione alla loro osservazione, l’Amministrazione ha affermato che la necessità di impedire la trasformazione del compendio è connessa a due ragioni: la prima è quella di mantenere un’area inedificata fra i territori dei Comuni di Gallarate e Busto Arsizio al fine di impedire la conurbanizzazione; la seconda è quella di conservare un varco di permeabilità ecologica, considerato che l’area in questione è stata individuata nella Rete Ecologica Regionale di cui alla delibera di Giunta Regionale n. VIII/10962 del 30 dicembre 2009 e nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

14. Secondo le interessate tali ragioni sarebbero inadeguate, posto che, a loro dire, l’area in questione presenterebbe caratteristiche tali da rendere assolutamente impossibile il perseguimento delle finalità espresse dall’Amministrazione. Invero, per quanto riguarda il problema della conurbazione, si sottolinea che il sito sarebbe già fortemente antropizzato e che la stessa Amministrazione intende insediarvi nuove infrastrutture di rilevante impatto (ospedale, cimitero multi confessionale ecc..). Per quanto concerne poi la volontà di mantenimento di un varco di permeabilità ecologica si evidenzia come la stessa area sia interessata da infrastrutture di tale consistenza (superstrada per Malpensa, Strada Statale del Sempione, Ferrovia Milano – Domossola, scalo Hupac, Pedemontana), alcune già realizzate altre in corso di realizzazione, che rendono impossibile il passaggio della fauna da una zona all’altra del sito.

15. In proposito il Collegio osserva quanto segue.

16. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale le scelte compiute dall’amministrazione in sede di pianificazione urbanistica costituiscono espressione di ampia discrezionalità, censurabile dal giudice solo nel caso in cui sia ravvisabile una manifesta irragionevolezza ovvero in caso di travisamento dei fatti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV 10 maggio 2012 n.2710; id. 8 giugno 2011 n.3497).

17. Fatta questa premessa, si deve rilevare che la decisione assunta nel concreto dal Comune di Gallarate non appare inficiata dai suindicati vizi.

18. Difatti va in primo luogo rilevato che, come ha messo bene in luce la parte resistente, l’approvazione del nuovo strumento urbanistico è stata preceduta da ampia istruttoria che ha permesso di acquisire tutti gli elementi utili ad una corretta rappresentazione della situazione fattuale su cui è calata la decisione amministrativa.

19. Dalla lettura delle relazioni generali che accompagnano il Documento di Piano ed il Piano dei Servizi emerge che l’Amministrazione resistente è ben conscia della forte antropizzazione che caratterizza l’area; ed è altresì ben conscia della presenza di barriere infrastrutturali che ostacolano il passaggio della fauna da un luogo all’altro del sito.

20. Ciononostante la stessa Amministrazione ha inteso dettare una disciplina volta a mantenere ed a potenziare le caratteristiche naturali del compendio il quale, sebbene compromesso, costituisce ancora una zona cuscinetto fra i territori dei Comuni di Gallarate e Busto Arsizio, ponendosi dunque quale ultimo baluardo di contrasto al fenomeno della conurbazione che il pianificatore intende assolutamente scongiurare.

21. Sul punto lo strumento di pianificazione comunale si conforma peraltro a quello della Provincia, considerato che anche il PTCP pone l’obiettivo di consolidare e riqualificare le aree libere inedificate interposte fra i centri abitati dei due summenzionati Comuni.

22. Né si può ritenere che la scelta di allocare nel sito infrastrutture di interesse pubblico, quali il centro ospedaliero e il cimitero multiconfessionale, sia in qualche modo contraddittoria rispetto alla volontà di salvaguardia dei valori naturalistici che insistono in loco.

23. Si deve, infatti, osservare (come peraltro già messo in luce nella sentenza n. 1145 del 2010 alla quale si rinvia per la dovizia delle argomentazioni sviluppate) che, considerato il rapporto fra l’estensione complessiva del compendio (pari come detto a circa 150.000 mq.) e il volume delle opere pubbliche da insediare, l’incidenza di queste non appare in grado di compromettere i valori naturalistici che caratterizzano il primo; valori che ovviamente sarebbero invece del tutto compromessi qualora si consentisse lo sfruttamento edificatorio dell’intera area.

24. Per quanto concerne poi la volontà di utilizzare il sito ai fini della permeabilità ecologica, va innanzitutto osservato come tale sito sia individuato nella rete ecologica regionale di cui alla delibera di Giunta Regionale n. VIII/10962 del 30 dicembre 2009 e al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

25. Per rete ecologica si intende quell’insieme di aree non compromesse che si interpongono, quali varchi ecologici, fra le aree urbanizzate, consentendo così la migrazione della fauna fra un sito naturalistico ed un altro.

26. Il Comune di Gallarate mostra di essere ben conscio del fatto che il compendio di cui è causa è interessato dall’attraversamento di infrastrutture che allo stato rendono impossibile l’assolvimento delle funzioni suindicate. Cionondimeno, va rilevato che la relazione generale allegata al Piano dei Servizi spiega che i varchi ecologici vanno distinti fra varchi già funzionali, da mantenere, e varchi compromessi da “deframmentare”, caratterizzati dalla presenza di infrastrutture che interrompono la continuità ecologica, per i quali è necessaria la realizzazione di interventi atti rimuovere o, almeno, mitigare gli ostacoli che si oppongono alla permeabilità.

27. Ebbene, il compendio delle ricorrenti è individuato proprio fra i varchi compromessi da “deframmentare” al fine di ripristinare la connessione faunistica fra le aree naturalistiche della valle del fiume Ticino e quella del fiume Olona.

28. Come si vede il Comune ha mostrato di aver ben presente lo stato delle aree sulle quali è stata calata la decisione amministrativa assunta con l’atto di pianificazione; ed ha poi effettuato scelte in linea con le caratteristiche oggettive dell’area, prevedendo che questa debba essere “de frammentata” al fine configurala quale varco naturale di permeabilità ecologica.

29. La parziale antropizzazione del sito e la presenza di barriere che ostacolano la migrazione della fauna non costituiscono dunque elementi ignorati che denotano l’illogicità della scelta compiuta, ma rappresentano invece i presupposti che hanno indotto alla decisione di recuperare l’area sotto il profilo naturalistico.

30. Le scelte operate dall’Amministrazione intimata non si appalesano pertanto illogiche o contraddittorie; per questa ragione si sottraggono al sindacato di questo giudice.

31. Il motivo in esame non può di conseguenza essere accolto.

32. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione dell’art. 11 della legge regionale n. 12 del 2005. In particolare, a loro dire, l’Amministrazione, con gli atti impugnati, avrebbe implementato un meccanismo di perequazione non aderente ai modelli di cui alla citata norma, operando una commistione fra perequazione d’ambito e perequazione estesa. Illegittima sarebbe poi la previsione di indici di fabbricabilità differenziati fra aree di trasformazione ed aree soggette a riqualificazione, e fra le diverse aree soggette a riqualificazione. Sostengono infine le interessate che il modello implementato sarebbe di impossibile attuazione, posto che i diritti edificatori attribuiti alla loro area sono spendibili solo a favore di specifiche altre aree per le quali non è detto vi sia reale volontà di trasformazione da parte dei rispettivi proprietari.

33. In proposito si osserva quanto segue.

34. L’art. 11 della legge regionale 15 marzo 2005 n. 2005 disciplina gli istituti della perequazione, della compensazione e della incentivazione urbanistica.

35. La prima ha la finalità di eliminare le diseguaglianze che la pianificazione tradizionale produce fra proprietari di aree aventi caratteristiche simili. Tali diseguaglianze si creano in quanto, come noto, nell’ambito della pianificazione, accanto alle aree destinate ad ospitare la “città privata”, e cioè quella parte dell’edificato di pertinenza privata destinata ad ospitare edifici funzionali al soddisfacimento degli interessi della proprietà, si colloca la cd. “città pubblica” cui vanno ascritte le aree destinate ad ospitare servizi pubblici. Queste ultime, nel modello di pianificazione tradizionale, sono private di ogni capacità edificatoria ed hanno, quindi, un valore di mercato molto basso se non nullo, a differenza delle aree che appartengono invece alla città privata le quali, proprio perché dotate di capacità edificatoria, hanno in genere valori di mercato molto alti.

36. Al fine di ovviare a tale sperequazione, i comuni italiani, in sede di pianificazione, hanno di recente adottato diverse soluzioni, perlopiù basate sull’attribuzione di un indice di edificabilità virtuale alle aree destinate alla città pubblica, non utilizzabile su tali aree ma trasferibile sui suoli suscettibili di sfruttamento edificatorio. Si assicura in tal modo la valorizzazione delle aree della città pubblica, giacché esse assumono in tal modo un valore commerciabile generato appunto dal valore dei diritti edificatori che esse esprimono.

37. I modelli di perequazione previsti dalla legislazione lombarda sono due, disciplinati rispettivamente dal primo e dal secondo comma del citato articolo 11.

38. Il primo modello si identifica nella cosiddetta perequazione di comparto, in quanto incidente su aree limitate del territorio comunale inserite in un medesimo comparto.

39. Stabilisce il primo comma dell’art. 11 che “sulla base dei criteri definiti dal documento di piano, i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale possono ripartire tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l'attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale, confermate le volumetrie degli edifici esistenti, se mantenuti. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall'indice di edificabilità attribuito, i predetti piani ed atti di programmazione individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l'edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi, per la realizzazione di servizi edinfrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche in permuta con aree di cui al comma 3”.

40. In base a questo modello, alle aree inserite in uno stesso comparto viene attribuito un identico indice edificatorio (reale), a prescindere dal fatto che le stesse siano in concreto destinate allo sfruttamento ovvero alla cessione alla mano pubblica. Il piano attuativo individuerà poi i suoli ove concentrare l’edificazione e quelli destinati ad ospitare le opere di urbanizzazione.

41. Anche queste ultime aree esprimono dunque capacità edificatoria; di conseguenza, i loro proprietari conseguono comunque un beneficio economico che rende indifferente, sotto il profilo economico appunto, la scelta dei siti ove verrà concentrata in concreto l’edificazione.

42. Il secondo comma dell’art. 11 disciplina invece la perequazione cd. “estesa” in quanto riferita all’intero territorio comunale.

43. Stabilisce tale norma che “sulla base dei criteri di cui al comma 1, nel piano delle regole i comuni, a fini di perequazione urbanistica, possono attribuire a tutte le aree del territorio comunale, ad eccezione delle aree destinate all'agricoltura e di quelle non soggette a trasformazione urbanistica, un identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario, differenziato per parti del territorio comunale, disciplinandone altresì il rapporto con la volumetria degli edifici esistenti, in relazione ai vari tipi di intervento previsti. In caso di avvalimento di tale facoltà, nel piano delle regole è inoltre regolamentata la cessione gratuita al comune delle aree destinate nel piano stesso alla realizzazione di opere di urbanizzazione, ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche o di interesse pubblico o generale, da effettuarsi all'atto della utilizzazione dei diritti edificatori, così come determinati in applicazione di detto criterio perequativo”.

44. Come si vede la norma prevede l’individuazione di due indici: un indice territoriale che, con riferimento alle aree omogenee aventi caratteristiche similari collocate in specifiche parti del territorio comunale, deve essere identico; ed un indice minimo fondiario, di valore più elevato rispetto all’indice territoriale, che costituisce un valore soglia al di sotto del quale lo sfruttamento edificatorio dell’area non può avvenire. In questo modo i titolari delle aree suscettibili di sfruttamento sono costretti ad acquisire diritti edificatori dai proprietari delle aree destinate alla città pubblica; e a trasferire, dunque, a questi, parte del valore economico dei propri fondi.

45. Poiché, come detto, l’istituto della perequazione ha quale propria finalità quella di evitare ingiusti trattamenti differenziati, esso presuppone che le situazioni di fatto su cui va ad incidere presentino caratteristiche analoghe. In proposito si può richiamare il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost. che, come noto, impone un trattamento differenziato per situazioni fattuali fra loro diverse, e ciò in quanto trattare in maniera uguale fattispecie diverse significa creare surrettizie diseguaglianze.

46. Per questa ragione, i commi primo e secondo dell’art. 11 della l.r. n. 12 del 2005 prevedono che la perequazione operi solo per gli ambiti soggetti a trasformazione (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. II, 17 settembre 2009 n. 4671). Solamente quando le caratteristiche ontologiche dei suoli siano simili e tali da renderli tutti destinati all’edificazione, si rende necessario evitare che i diversi proprietari ricevano trattamenti differenziati. Non è invece possibile perequare aree che abbiano caratteristiche ontologiche diverse, giacché in tal caso si creerebbero quelle surrettizie forme di diseguaglianza, che contrastano con l’art. 3, comma secondo, Cost., di cui sopra si è fatto cenno.

47. La legge come detto esclude quindi che siano oggetto di perequazione i suoli agricoli e quelli inseriti in ambiti non soggetti a trasformazione (esplicito in tal senso è, come visto, l’art. 11, comma 2, della l.r. n. 12 del 2005).

48. Per questi ultimi può entrare in gioco il diverso istituto della compensazione di cui al terzo comma dello stesso articolo 11.

49. Stabilisce questa disposizione che “…alle aree destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione, possono essere attribuiti, a compensazione della loro cessione gratuita al comune, (…) diritti edificatori trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT…”.

50. L’istituto della compensazione, a differenza di quello della perequazione, non ha quale precipua finalità quella di mitigare le disuguaglianze che si producono con la pianificazione urbanistica: esso semplicemente mira ad individuare una forma di remunerazione alternativa a quella pecuniaria per i proprietari dei suoli destinati all’espropriazione, consistente nell’attribuzione di diritti edificatori che potranno essere trasferiti, anche mediante cessione onerosa (cfr. comma 4 dell’art. 11 cit.), ai proprietari delle aree destinate all’edificazione.

51. Illustrata in questo modo la disciplina di riferimento, ci si deve chiedere a questo punto chiedere se i modelli configurati dal legislatore regionale abbiano carattere stringente ovvero se detti modelli possano essere, per determinati aspetti, adattati dai comuni al fine di assecondarli alle specifiche esigenze di pianificazione.

52. Ritiene il Collegio che la seconda soluzione sia quella esatta.

53. Militano a favore di questa tesi le seguenti considerazioni.

54. Come ha più volte chiarito la giurisprudenza, gli istituti della perequazione e della compensazione urbanistica trovano fondamento in due pilastri fondamentali del nostro ordinamento, che travalicano le previsioni contenute nelle diverse leggi regionali, e precisamente nella potestà conformativa del diritto proprietà di cui è titolare l'Amministrazione nell'esercizio della propria attività di pianificazione, ai sensi dell’art. 42, comma primo, Cost. e, al contempo, nella possibilità di utilizzare modelli consensuali per il perseguimento di finalità di interesse pubblico, secondo quanto previsto dagli artt. 1, comma 1bis e 11 della legge n. 241 del 1990 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2010 n. 4545; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 5 luglio 2002 n. 670, T.A.R. Veneto sez. I, 19 maggio 2009, n. 1504).

55. Si deve pertanto ritenere che, nell’esercizio dei propri poteri di pianificazione, le amministrazioni locali, in applicazione delle suindicate norme di portata generale, possano in qualche modo adattare i modelli configurati dalla legislazione regionale al fine di renderli più aderenti alle proprie esigenze contingenti.

56. Va peraltro osservato che questa interpretazione si pone in linea con i rilievi espressi da una parte della dottrina che, nel commentare le esperienze di alcuni comuni che, nei propri atti di pianificazione avevano per primi introdotto modelli di perequazione urbanistica in assenza di normativa specifica di riferimento, aveva auspicato l’astensione dei legislatori regionali dal dettare normative stringenti in materia; e ciò proprio al fine di evitare che in tal modo si imbrigliassero eccessivamente le scelte compiute in sede di pianificazione.

57. Di questa esigenza è peraltro avvertita la stessa Regione Lombardia che, con la delibera di Giunta Regionale n. VIII/1681 del 29 dicembre 2005, ha chiarito che, con l’art. 11 della l.r. n. 12 del 2005, il legislatore ha individuato dei modelli di riferimento, che lasciano comunque grande spazio ad una vasta gamma di soluzioni soprattutto di tipo intermedio (cfr. punto 2.1.3 della citata delibera).

58. Ciò premesso occorre analizzare lo schema seguito dal Comune di Gallarate.

59. In proposito, va innanzitutto precisato che tale Comune ha esplicitamente escluso il ricorso alla perequazione estesa di cui al secondo comma del ridetto art. 11 (anche se poi ha mutuato da tale modello alcuni meccanismi che verranno nel prosieguo illustrati).

60. In tal senso sono espliciti la relazione generale al Documento di Piano (DDP) e l’art. 5 della Norme Tecniche di Attuazione (NTA) dello stesso Documento il quale stabilisce che “…la perequazione urbanistica, non ha carattere (…) generalizzato su tutto il territorio comunale”.

61. L’Amministrazione resistente ha invece introdotto un modello misto perequativo circoscritto/compensativo che si caratterizza per i seguenti elementi.

62. A tutte le aree di trasformazione è assegnato un indice di edificabilità “proprio” o “di base” valutato in relazione al contesto urbano in cui si collocano, un indice di edificabilità “minimo” al di sotto del quale non è ammessa edificazione, ed un indice di edificabilità massimo.

63. Per garantire la partecipazione di tutti i proprietari al mercato edilizio (sia dei proprietari delle aree “di atterraggio” che di quelle “di decollo”) la differenza tra l’indice di edificabilità di base e l’indice di edificabilità “minimo” rende necessaria l’acquisizione dei diritti volumetrici assegnati alle aree dette “di decollo”.

64. Le aree “di decollo” sono costituite preferibilmente dalle aree di riqualificazione ambientale (R.A.) cui è ascrivile il compendio di proprietà delle ricorrenti.

65. In base all’art. 38 delle NTA del Piano delle Regole (PDR), le aree R.A. sono aree non soggette a trasformazione e, quindi, sottratte a qualunque forma di utilizzazione che comporti uno scostamento urbanisticamente significativo rispetto allo stato di fatto preesistente (l’art. 39 delle NTA del PDR consente sugli edifici residenziali inclusi nelle zone RA solo interventi di restauro, di risanamento conservativo, di ristrutturazione e di ampliamento concessi sino al raggiungimento dei 200 mc assentibili per nucleo familiare ivi residente).

66. La relazione generale del PDR ammette peraltro che in queste zone possa essere previsto l’insediamento di servizi di interesse generale, così come specificato nel Piano dei Servizi.

67. Quest’ultimo, a sua volta prevede che nell’ambito R.A. 1 (quello della ricorrente) debbano insediarsi un ospedale ed un cimitero multiconfessionale.

68. Lo stesso Piano dei Servizi (PDS), all’art. 7 delle NTA, prevede inoltre che le aree R.A, debbano passare alla mano pubblica e che, a tal fine, quale misura compensativa, sia attribuito loro un indice di edificabilità virtuale.

69. All’ambito R.A. 1 è stato attribuito un indice pari a 0,19/mq/mq (cfr. Allegato C alle NTA del PDS) da collocare preferibilmente sull’ambito di trasformazione AT 15 posto a nord della SS 336, di proprietà di soggetti diversi dalle odierne ricorrenti.

70. Queste ultime, come detto, censurano il modello configurato dal Comune di Gallarate in quanto, a loro dire, opererebbe una commistione fra le due categorie di perequazione (di “comparto” ed “estesa”) sopra illustrate; ed inoltre in quanto attribuirebbe illegittimamente alle diverse aree indici di edificabilità differenziati e non identici come previsto invece dalla legge.

71. Il Collegio non può che convenire con le ricorrenti allorquando affermano che il modello seguito dall’Amministrazione resistente non è perfettamente aderente a quello tracciato dalla normativa regionale.

72. Tale modello ha prevalentemente finalità compensative, posto che esso mira innanzitutto a far conseguire ai proprietari delle aree comprese nelle zone RA un indice virtuale di edificabilità quale compenso alla cessione dei loro beni alla mano pubblica.

73. Il modello ha anche finalità latamente perequative, dato che attraverso di esso si assicura un trasferimento di valori economici fra i proprietari delle aree di decollo e quelle di atterraggio.

74. Può quindi affermarsi che lo schema presenta una commistione fra elementi della compensazione e della perequazione di comparto. Vengono poi mutuati, come anticipato, alcuni meccanismi propri della perequazione “estesa”, in quanto alle aree destinate all’edificazione è attribuito un indice minimo fondiario che obbliga i proprietari di queste ad avvalersi della capacità edificatoria delle aree R.A.

75. Questa commistione tuttavia non può essere ritenuta di per sé causa di illegittimità in quanto, si è detto, i comuni, nell’esercizio delle proprie potestà, possono, in qualche misura, modellare gli schemi previsti dalla legge regionale per meglio adattarli alle proprie esigenze di pianificazione.

76. E nel caso concreto, il Comune di Gallarate, pur mischiando gli elementi dei diversi modelli, ha implementato un meccanismo che non si discosta eccessivamente dallo schema legale e, comunque, non presenta caratteri di manifesta irragionevolezza o illogicità che renderebbero la scelta sindacabile da questo giudice.

77. Bisogna aggiungere in proposito che le doglianze sollevate delle ricorrenti, riguardanti la riferita impossibilità di funzionamento del modello, sono del tutto generiche e, soprattutto, indimostrate, considerato che qualsiasi meccanismo perequativo/compensativo (anche quelli perfettamente aderenti agli schemi della legge regionale) presenta caratteri di aleatorietà, e presuppone il necessario accordo fra i proprietari delle diverse aree.

78. A questo punto diviene agevole anche la replica alle argomentazioni che fanno leva sulla non identicità dell’indice di edificabilità attribuito ai vari compendi.

79. Se, come detto, la finalità precipua del modello implementato dal Comune di Gallarate non è quella perequativa bensì quella compensativa, e ovvio che il suddetto indice non necessariamente debba essere identico. Le aree delle ricorrenti e quelle comprese nell’ambito di trasformazione AT 15 hanno, nell’ottica del pianificatore, caratteristiche ontologiche diverse (si veda in proposito quanto illustrato nella trattazione del primo motivo); pertanto, non avrebbe senso introdurre un meccanismo che determini un trattamento omogeneo per i diversi proprietari.

80. Analogo discorso può essere svolto con riferimento alle aree ricomprese in altri ambiti di riqualificazione ambientale diversi da quello delle ricorrenti.

81. Per queste ragioni il motivo in esame non può essere accolto.

82. Con l’ultimo motivo si deduce la lesione dell’affidamento delle ricorrenti a vedere realizzato sulla loro area funzioni commerciali, così come asseritamente riconosciuto dalla sentenza di questo Tribunale n. 443 del 2007, che aveva annullato la variante al PGT dell’anno 2003.

83. Anche questo motivo è infondato.

84. Con la sentenza n. 1145 del 2010, la Sezione ha già escluso che la precedente decisione possa aver ingenerato un affidamento qualificato in capo alle ricorrenti, rilevando che tale decisione va letta nel contesto particolare della vicenda su cui essa ha statuito. In particolare, il quadro in cui si è innestata la decisione del 2007 era caratterizzato dalla sussistenza di una pianificazione che prevedeva la possibilità di insediare sull’area funzioni commerciali, anche di grande e media distribuzione; e in tale quadro il Tribunale aveva ritenuto meritevole di considerazione la posizione delle ricorrenti che avevano proposto istanza per la realizzazione di due medi esercizi commerciali.

85. Il quadro attuale è invece del tutto analogo a quello su cui è calata la decisione del 2010, posto che il vigente PGT, come allora la variante del 2008, non consente assolutamente l’insediamento di grandi strutture di vendita.

86. Va pertanto ribadita l’infondatezza della censura.

87. In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere respinto.

88. Poiché tutti i motivi esaminati sono infondati, anche la domanda risarcitoria non può essere accolta.

89. La complessità delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione, fra le parti, delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in ogni sua domanda.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Zucchini, Presidente FF

Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore

Floriana Venera Di Mauro, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/06/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)