Cass. Sez. III n. 28225 del 10 luglio 2008 (Cc. 9 mag. 2008)
Pres. De Maio Est. Amoresano Ric. Di Stefano
Urbanistica. Poteri del giudice penale

Il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l\'esistenza ontologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l\'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell\'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio). E\' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l’atto amministrativo. Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art.101 Cost.) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all’aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali

OSSERVA

1) Con decreto del 21.11.2007 il GIP del Tribunale di Termini Imerese disponeva il sequestro preventivo dei terreni siti in (OMISSIS), contrada (OMISSIS) e delle opere edilizie sugli stessi realizzate (oggetto della concessione edilizia n. (OMISSIS) del 9.5.2006) sussistendo il fumus del reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c) e ricorrendo il presupposto di cui all'art. 312 c.p.p., comma 2 (essendo consentita la confisca).

Il reato contestato ad una pluralità di soggetti, tra cui S. G., legale rappresentante della società intestatario della concessione, D.S.G., direttore dei lavori, e A. V.D., progettista delle opere, riguardava la costruzione di due corpi di fabbrica, costituiti da più appartamenti, in zona (OMISSIS), e di 5 villette unifamiliari, in assenza di piano di lottizzazione ed in violazione del PRG, del Piano Urbanistico esecutivo e delle leggi regionali.

Secondo il GIP il piano di lottizzazione era necessario in forza delle disposizioni di cui al L.R. n. 21 del 1973, art. 28 e del L.R. n. 71 del 1978, art. 21, in quanto l'attività edificatoria riguardava un'area in parte ubicata in zona "C" (quella delle 5 villette), in cui il medesimo piano di lottizzazione è sempre e comunque richiesto, ed in parte in zona "B", per la quale non sussistevano i presupposti che consentissero di prescindere dal piano di lottizzazione (avendo perso efficacia per il decorso del termine quinquennale, già alla data del 25.5.2005 le prescrizioni esecutive del PRG).

Evidenziava inoltre il GIP che il rilascio della concessione edilizia presentava profili innumerevoli di irregolarità ed illegittimità.

Il Tribunale di Palermo, con ordinanza in data 14.12.2007 rigettava la richiesta di riesame proposta da D.S.G. avverso il decreto del GIP. Assumeva il Tribunale che la lottizzazione riguardava un'area di 10.000 metri quadrati interamente sottoposta a vincolo paesaggistico- ambientale ed in buona parte ricadente in zona "C" (8.000 mq) e che la concessione rilasciata era unica.

Il P.M., sulla base della consulenza espletata aveva individuato una serie di profili di illegittimità (valorizzati anche dal GIP), tra i quali meritava di essere considerato (ai fini dell'esistenza del fumus del reato di cui all'art. 30 configurato) il rilascio del parere della Soprintendenza.

Questa in un primo momento non aveva rilasciato il N.O. (determinazione del 25.9.2003); successivamente, sollecitata da tre distinte richieste (ciascuna relativa ad una parte delle opere da realizzare), rilasciava il N.O., sulla base però di elaborati (quelli riguardanti l'edificio plurifamiliare in zona B1) diversi da quelli presi in considerazione dalla C.E. per il rilascio della concessione (assunto non contestato neppure dalla difesa).

Altro profilo di palese illegittimità era rappresentato dalla difformità del progetto approvato rispetto alle prescrizioni esecutive contenute nel P.R.G. del Comune di (OMISSIS) sia in relazione alle "tipologie" degli edifici, che alla loro "disposizione" (aspetti quindi essenziali, non attenendo alla mera "sagomatura" come sostenuto dalla difesa).

Tali profili assumevano valore assorbente in relazione al fumus di un reato che anche il P.M. (pur in una fase in cui il capo di imputazione non circoscrive rigidamente la valutazione degli elementi disponibili) ricollega alla violazione del PRG e del Piano urbanistico esecutivo (in un momento in cui le prescrizioni esecutive erano certamente ancora operanti) e non solo all'assenza del piano di lottizzazione.

Tali considerazioni erano assorbenti anche a voler ritenere fondate le deduzioni difensive, secondo cui non è esatto che in zona "C" l'attività di edificazione è sempre subordinata all'approvazione del piano di lottizzazione e che i vincoli urbanistici previsti dal PRG non sono ancora scaduti (con conseguente non necessità di un piano di lottizzazione).

Riteneva infine il Tribunale del riesame che ogni valutazione sul periculum in mora rimaneva assorbita dalla previsione della confisca di cui all'art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001 in relazione all'art. 321 c.p.p..

2) Propone ricorso per Cassazione, a mezzo dei difensori, il D. S..

Dopo aver riepilogato le vicende relative all'acquisto del terreno ed al rilascio della concessione edilizia, con il primo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p., comma 2, D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, comma 1, lett. c) e comma 2.

E' pacifico che il Tribunale del riesame debba limitarsi ad un controllo di astratta compatibilità tra fattispecie concreta e quella legale ipotizzata e che il fumus vada valutato con riferimento all'ipotesi di reato per cui si procede e non già con riferimento a qualsiasi norma incriminatrice.

Nella richiesta di decreto di sequestro era stato addebitato il reato di lottizzazione abusiva di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 41, comma 1 lett. c) e non quello di esecuzione lavori in assenza o con permesso illegittimo.

Ed il GIP motivava ampiamente sulla necessità del piano di lottizzazione.

Di fronte alle contrarie deduzioni difensive il Tribunale del riesame ha ritenuto non rilevanti tali questioni, in presenza di assorbenti profili di illegittimità della concessione (quelli attinenti al parere della Sovrintendenza ed alla difformità rispetto alle prescrizioni esecutive contenute nel PRG avrebbero rilievo in vista dell'affermazione dell'esistenza del fumus del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30).

E' evidente però l'errore di diritto in cui incorre il Tribunale:

seguendo l'assunto dell'ordinanza impugnata si arriverebbe, infatti, all'assurdo di affermare che la realizzazione di opere in forza d'un permesso illegittimo (perchè rilasciato in violazione di strumenti urbanistici) integrerebbe sempre il reato di lottizzazione abusiva e non le altre fattispecie del D.P.R. citato, art. 44.

I tre profili di illegittimità della concessione riportati nella richiesta del P.M. non costituivano palesemente un autonomo capo di imputazione, ma venivano richiamati per dimostrare che l'iter della concessione mirava a celare l'elusione del piano di lottizzazione.

Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 24 e 30 e art. 44, comma 1, lett. c), non potendo il direttore dei lavori essere chiamato a rispondere del reato di lottizzazione abusiva addebitato con il decreto di sequestro, tranne che non abbia concorso, quale extraneus nel reato proprio altrui (ipotesi questa non rappresentata "in fatto" nè nella richiesta di sequestro nè nel decreto del GIP).

Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p., comma 2, alla L.R. n. 71 del 1978, art. 36, al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 11.

Il Tribunale, con rilievi estranei alla tematica della lottizzazione, è comunque incorso in violazione di legge in relazione alla presunta illegittimità della concessione.

Non vi è stata, in primo luogo, alcuna illegittimità nella intestazione della concessione allo S., consentendo sia la L.R. n. 71 del 1978, art. 36 che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 11 il rilascio del permesso a costruire anche a chi, oltre il proprietario, abbia titolo per richiederlo (i proprietari in forza della promessa di vendita avevano espressamente autorizzato l'intestazione della concessione allo S.).

Il reato di lottizzazione non è configurabile in caso di presunte difformità del progetto rispetto alle prescrizioni esecutive contenute nel P.R.G..

Peraltro non sussisteva alcuna difformità, in quanto il progetto rispettava i parametri tecnici prescritti, la tipologia e la disposizione degli edifici.

Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'art. 321 c.p.p., comma 2, al D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 9 e 59 e L.R. n. 7 del 2002, art. 36, non essendovi alcuna necessità di una lottizzazione.

Per la zona B infatti l'edificazione può avvenire in base a concessioni singole, in quanto la zona medesima è dotata (come emerge dalla perizia giurata prodotta) delle urbanizzazioni richieste (rete stradale, idrica, fognaria).

I vincoli urbanistici previsti dal PRG del Comune di Santa Flavia non erano scaduti alla data del rilascio della concessione edilizia e quindi l'edificazione in zona C poteva avvenire senza necessità di un piano di lottizzazione, essendo presente lo strumento attuativo.

Chiede pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata con i provvedimenti consequenziali anche in ordine alle spese.

3.1) Va premesso che, a norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per Cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge.

Secondo orientamento, consolidato e ribadito dalle sezioni unite (cfr. sent. n.2/2004- Terrazzi), nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art. 606 c.p.p., lett. e), nè tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.

3.2) Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare sez. unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi) ritiene che nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzarle una "piena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.

L'accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (ex multis Cass.pen.sez.,3 n.40189 del 2006 - ric.Di Luggo).

4.1) Il Tribunale si è attenuto a tali principi evidenziando, correttamente, la configurabilità del fumus commissi delicti.

Risulta, pacificamente, che l'intervento edilizio riguardava la costruzione su un'area di complessivi 10.000 metri quadri nel Comune di Santa Flavia, interamente sottoposta a vincolo paesaggistico - ambientale, di due corpi di fabbrica (un edificio unifamiliare ed un altro plurifamiliare, costituiti da piano scantinato, piano terra, primo e secondo piano) nonchè di 5 villette unifamiliari composte da piano terra, primo e secondo livello.

Con valutazione fattuale argomentata, non sindacabile stante i limiti di cui all'art. 325 c.p.p., si è ritenuto che detta area non fosse urbanizzata.

"Ed infatti, dal verbale di sopralluogo del 27.6.2006, successivo al rilascio della concessione edilizia n. (OMISSIS), risulta che l'intera area interessata all'intervento edificatorio, non presentava a detta data- e a maggior ragione, non presentava allorquando fu presentata la domanda di concessione-opere di urbanizzazione primaria nè risulta che in detta area siano previste dal P.R.G. le opere di urbanizzazione secondaria. Del resto è sufficiente l'esame puntuale delle carte progettuali, sia quelle relative all'intervento originario che quelle relative all'intervento definitivo per apprezzare l'inesistenza delle opere di urbanizzazione primaria. Una ulteriore indiscutibile conferma in tal senso, infine, è costituita dalla rappresentazione risultante dalle positive fotografiche inserite nel fascicolo del pubblico ministero, le quali mostrano chiaramente come l'intera area oggetto dell'intervento edificatorio in questione sia priva di strutture di urbanizzazione" (pag.6 decreto GIP).

4.2) Il tribunale ha ineccepibilmente ritenuto che l'intervento edificatorio sopra indicato, eseguito in un'area siffatta ed in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, integrasse il fumus del reato di lottizzazione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c) contestato.

Hanno opportunamente ricordato i giudici del riesame che, a norma del citato D.P.R., art. 30, "Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione" e che quindi il reato può configurarsi anche in presenza di una trasformazione urbanistica od edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici".

La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare che il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche quando vengano realizzate opere per le quali sia stato rilasciato un provvedimento di autorizzazione, ove dette opere comportino una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e dalla legge, restando a tal proposito indifferente se la violazione dipenda dalla carenza del necessario piano di lottizzazione o se piuttosto l'intervento risulti precluso in radice per le sue connotazioni obiettive, tali da porlo in contrasto con lo strumento generale di pianificazione... (Cass. sez. 6, 8.2.2005 n.4424).

Il Tribunale ha, puntualmente, evidenziato come le opere realizzate fossero in contrasto con le prescrizioni esecutive contenute nel P.R.G. del Comune di Santa Flavia, sia per "tipologia" degli edifici che per "disposizione" (e quindi per aspetti essenziali), confutando le argomentazioni difensive in quanto non si trattava di una mera "sagomatura" (suscettibile questa di una successiva, più specifica, determinazione); con conseguente irrilevanza della concessione edilizia rilasciata.

Non si verte infatti in tema di disapplicazione di atti amministrativi.

Dalla sentenza a sezioni unite del 21.12.1993, ric. Borgia si evince il principio che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria.

Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio).

E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (cfr. Cass. pen. sez. 3 21.1.1997 - Volpe ed altri). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art. 101 Cost.) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali (Cass. pen. sez. 3, 2.5.1996 n. 4421 - Oberto ed altri). Tutti tali condivisibili principi sono stati ribaditi da Cass. sez. 3 n. 11716 del 29.1.2001.

4.3) Non hanno ragion d'essere le preoccupazioni manifestate dal ricorrente (pag. 10 ricorso).

E' evidente che non ogni realizzazione di opere edilizie in esecuzione di un permesso illegittimo (perchè asseritamente emanato in violazione di una prescrizione degli strumenti edilizi o della legge) verrebbe punita a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c).

Perchè possa configurarsi il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 (con applicazione della sanzioni previste dall'art. 44) è necessario che si abbia una lottizzazione, vale a dire la suddivisione del suolo a scopo edificatorio.

Al fine di definire la distinzione tra semplice abuso edilizio e lottizzazione abusiva, "va qualificata come lottizzazione quell'insieme di opere o di atti giuridici che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni a scopo edificatorio intesa quale conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse collettivo, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano "(cfr.

Cass. pen. sez. 3, 11 maggio 2005 n. 17663). E che nella specie sia stato conferito all'area un diverso assetto territoriale nei termini sopra enunciati non può essere minimamente revocato in dubbio, stante la complessità e rilevanza dell'intervento (due corpi di fabbrica e cinque villette), con conseguente lottizzazione "materiale" della stessa.

4.4) La estraneità al reato di lottizzazione abusiva del D. S., nella sua qualità di direttore dei lavori, è questione che può eventualmente essere dedotta nella sede cognitiva ordinaria, ma non in questa fase cautelare reale, che riguarda il "bene" a prescindere dalle posizioni soggettive dei singoli indagati.

4.5) Quanto al periculum, il Tribunale ha correttamente ritenuto che ogni valutazione resta assorbita dal rilievo che l'art. 321 c.p.p., comma 2 prevede il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca. E il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, stabilisce che la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2008.