Consiglio di Stato Sez.IV n. 1663 del 17 febbraio 2023
Rifiuti.Competenza per la emanazione della ordinanza di rimozione

A seguito dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente la previsione, contenuta nell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 (che ha riprodotto l’art. 14 del decreto “Ronchi”) di una espressa competenza del Sindaco è stata infatti univocamente interpretata, sulla base del criterio cronologico e di specialità, come una chiara volontà del legislatore di riservare all’Organo politico la competenza all’adozione dei provvedimenti in materia, con espressa sottrazione degli stessi alla competenza generale del Dirigente.

Pubblicato il 17/02/2023

N. 01663/2023REG.PROV.COLL.

N. 07307/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7307 del 2016, proposto dalla società Anas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Federico Bucci, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via Santa Maria Mediatrice n.1;

contro

il Comune di Teramo, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio;

nei confronti

dell’Arap - Azienda regionale attività Produttive - Unità Terriotriale n.5 di Teramo (già Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Teramo), non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo (Sezione prima) n. 00169/2016, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il consigliere Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per l’Abruzzo l’Anas s.p.a. impugnava il provvedimento dirigenziale del 19 aprile 2004 con cui il Comune di Teramo aveva ordinato alla ricorrente, unitamente ed in solido al Consorzio per lo Sviluppo Industriale della provincia di Teramo, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 22 del 1997, la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti rinvenuti in località Sant’Ato di Teramo, sul tracciato della variante Teramo-Giulianova II Lotto, concedendo per l’adempimento volontario il termine di giorni dieci, in difetto del quale si sarebbe proceduto all’esecuzione d’ufficio.

1.1. Nella resistenza del Comune di Teramo, con sentenza breve n. 1164 del 2004, il T.a.r. dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, ed in ogni caso la tardività dell’impugnativa.

Con sentenza n. 506 del 2015, tuttavia, il Consiglio di Stato accoglieva l’appello proposto da A.n.a.s. ravvisando la giurisdizione del g.a. e la tempestività del ricorso originariamente proposto, con conseguente rimessione della causa innanzi al T.a.r.

1.2. L’Anas riassumeva il giudizio di primo grado, riproponendo le censure già dedotte avverso l’impugnata ordinanza dirigenziale.

2. Nella resistenza del Comune di Teramo il T.a.r. ha respinto il ricorso e condannato l’A.n.a.s. al pagamento delle spese di lite.

3. L’appello di A.n.a.s. è affidato ai seguenti motivi.

3.1. La società ha riproposto anzitutto l’argomentazione secondo cui la competenza in materia sarebbe sempre appartenuta al Sindaco, essendovi perfetta continuità tra l’art. 14 del d.lgs. n. 22 del 1997 e l’art. 192 del Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006).

La funzione di tale disposizione sarebbe stata appunto quella di superare la giurisprudenza, asseritamente minoritaria, che attribuisce prevalenza al riparto di competenze sancito dall’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Il legislatore non avrebbe infatti inteso derogare al d.lgs. n. 267 del 2000 ma solo richiamare le deroghe già contenute nella stessa normativa, riconducendo l’ordinanza di rimozione dei rifiuti alle ipotesi di cui agli artt. 50 e 54 d.lgs. 267 del 2000 (anche tenuto conto della riforma costituzionale del titolo V).

3.2. L’Anas non è comunque titolare sull’area di cui trattasi di diritti di proprietà o altri diritti reali né di diritti di godimento. La società è titolare di una concessione in uso di beni demaniali.

Inoltre, non rientrerebbe nella ordinaria diligenza l’installazione di idonea recinzione ovvero l’apposizione di cartelli con scritte dissuasive.

Il Comune avrebbe comunque dovuto svolgere una più approfondita istruttoria e fornire una congrua motivazione a sostegno della pretesa sussistenza di una condotta colposa agevolatrice dello specifico illecito.

4. Nessuno degli enti intimati si è costituito in giudizio.

5. Con ordinanza presidenziale n.114 del 3 febbraio 2021, sono stati disposti incombenti volti a chiarire la permanenza dell’interesse alla definizione del giudizio.

5.1. L’appellante ha dichiarato di avervi ancora interesse.

6. La società ha poi depositato due memorie in vista della pubblica udienza del 12 gennaio 2023, alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

8. Sul piano dell’individuazione dell’organo competente all’adozione dell’ordinanza che impone in capo al proprietario o gestore della strada la rimozione dei depositi incontrollati di rifiuti, la giurisprudenza è giunta a conclusioni non pienamente univoche nella vigenza dell’art. 14 del d.lgs 22 del 1997.

Un primo orientamento, sulla scorta del carattere speciale della previsione contenuta del decreto c.d. “Ronchi” ha statuito che la volontà del legislatore vada ricostruita nel senso di affermare la competenza del Sindaco ad emanare le ordinanze in materia di rimozione di rifiuti, ex art. 14 d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto Ronchi), anche successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il Testo unico degli enti locali) e fino all’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Codice dell’ambiente), che ha ribadito tale competenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4230, richiamata anche dall’appellante nelle memorie conclusionali).

Un secondo, ed invero prevalente, orientamento ha invece affermato la competenza del dirigente sulla base del criterio cronologico, con conseguente prevalenza dell’art. 107 d.lgs. n. 267 del 2000 (Cons. Stato, Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061; id., 10 marzo 2009 n. 1296; id., 12 giugno 2009 n. 3765; id. 29 agosto 2012 n. 4635; id, 11 gennaio 2016, n. 57; Sez. II, 9 marzo 2021, n. 2012).

8.1. Il sopra richiamato contrasto giurisprudenziale risulta comunque circoscritto al quadro normativo vigente nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del d. lgs 267/2000 e d.lgs. n. 152/2006 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 ottobre 2021, n. 6641).

A seguito dell’entrata in vigore del Codice dell’ambiente la previsione, contenuta nell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 (che ha riprodotto l’art. 14 del decreto “Ronchi”) di una espressa competenza del Sindaco è stata infatti univocamente interpretata, sulla base del criterio cronologico e di specialità, come una chiara volontà del legislatore di riservare all’Organo politico la competenza all’adozione dei provvedimenti in materia, con espressa sottrazione degli stessi alla competenza generale del Dirigente.

8.2. La Sezione osserva che, tra i due orientamenti quello prevalente, applicato dal primo giudice, è anche quello più convincente.

Va infatti considerato che all’epoca del d.lgs. n. 22 del 1997, il principio della separazione tra organi politici e organi di gestione non era ancora stato compiutamente declinato.

Nel quadro ordinamentale dell’epoca, l’attribuzione di una competenza amministrativa al Sindaco (piuttosto che al Dirigente) era priva di un connotato di specialità o, comunque, derogatorio.

Pertanto, è semmai l’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006 che va configurato come norma speciale sopravvenuta rispetto all’art. 107, comma 5, del Testo unico degli enti locali, d.lgs. n. 267/2000 (Cons. Stato., Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1199).

Tale disposizione ha infatti stabilito in via generale che “A decorrere dall'entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54”.

A ciò si aggiunga che l’art. 192 del Codice dell’ambiente non è norma di interpretazione autentica dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/1997.

Come detto, la sua prevalenza sull’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000, dipende dal criterio di specialità.

Tale disposizione, pertanto, non può essere utilizzata “a guisa di norma retroattiva, per individuare l’organo competente ad emanare le ordinanze previste dall’art. 14 del cd. Decreto Ronchi nel periodo che va dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 267/2000 a quella del d.lgs. n. 152/2006: per tale periodo resta ferma […] la disciplina stabilita dall’art. 107, comma 5, T.U.E.L., sulla base della quale – secondo il criterio cronologico – si deve interpretare la previsione dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22/1997” (Cons. Stato, Sez. II, sentenza n. 2012 del 2021, cit.).

8.3. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata è stata adottata nell’arco temporale tra l’entrata in vigore del Testo unico degli enti locali e quella del Codice dell’ambiente, ovvero in un’epoca in cui il potere di adottare le ordinanze di rimozione e smaltimento dei rifiuti - che l’art. 14, comma 3, del decreto Rocchi aveva attribuito al Sindaco - doveva intendersi, in base alla disciplina sopravvenuta dell’art. 107, comma 5, del T.u.e.l., come facente capo alla dirigenza del Comune.

9. È poi infondato anche il secondo mezzo.

9.1. Come ricordato dal primo giudice, l’art. 2 del d.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, stabilisce all’art. 2, comma 1, che tra i compiti della società A.n.a.s. rientrano la gestione delle strade e delle autostrade di proprietà dello Stato, nonché la loro manutenzione ordinaria e straordinaria.

Lo stesso obbligo si ricava dall’art. 14, comma 1, lett. a), del Codice della strada (d.lgs. n. 285 del 1992), il quale pone a carico degli enti proprietari la «manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi», precisando, al successivo comma 3, che «per le strade in concessione i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada […] sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito»;

La gestione e la manutenzione comportano anche l’obbligo in capo alla società concessionaria di evitare che sui beni da essa gestiti si accumulino rifiuti: la relativa negligenza di per sé implica la sussistenza di una colpa.

Nel caso in esame non può quindi essere messo in dubbio che spetti all’appellante, nell’ambito dei suoi compiti di manutenzione ordinaria, evitare lo spargimento di rifiuti o ancor più la formazione di discariche abusive nelle aree stradali ad essa affidate e su quelle di immediata pertinenza.

Come già evidenziato da questo Consiglio (sentenza n. 57 del 2016, cit.) “rimettere ai compiti dell’autorità concedente la pulizia delle aree in questione appare in netto conflitto con l’ampiezza dei compiti o meglio, con la devoluzione di tutto ciò che concerne la gestione degli assi viari, che non ricadano nel demanio degli enti locali o nella proprietà privata”.

9.2. Dall’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 22 del 1997 – applicabile ratione temporis - si evince poi come il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi vada esercitato senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l’animus derelinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale o personale di godimento (ai quali è assimilabile la concessione in uso di beni demaniali) cui la “violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa”.

Il comma 3 ritiene sufficiente la colpa. Tra le ipotesi tipiche di colpa, rientra la negligenza.

9.3. Tenuto conto di quanto precede, il provvedimento impugnato non presenta alcun deficit motivazionale in quanto si basa sull’individuazione di una condotta colposa in capo ad A.n.a.s., correlata agli obblighi di gestione e manutenzione delle strade in concessione, sulla stessa gravanti (cfr., per una fattispecie analoga, cfr. Cons. Stato, sez. 10 giugno 2014, n. 2977).

10. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

Non si fa luogo alla liquidazione di spese, stante la mancata costituzione degli Enti intimati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 7307 del 2016, lo respinge.

Nulla per le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere